Sentenza della Corte di Appello di Milano
Il delinquente n° 1 interdetto dai pubblici uffici
Sarà processato per la compravendita dei senatori

Il 19 ottobre il delinquente numero uno, Silvio Berlusconi, è stato condannato a due anni di interdizione dai pubblici uffici dai giudici della Corte di Appello di Milano chiamati a rimodulare al ribasso la pena accessoria relativa alla condanna definitiva rimediata dal neoduce al processo sulla compravendita dei diritti televisivi.
La richiesta della difesa di ridurre a un anno la pena accessoria è stata dunque respinta. Il collegio presieduto da Arturo Soprano ha invece accolto la richiesta del procuratore generale, Laura Bertolè Viale, e ha condannato l'ex premier.
Il ricalcolo arriva dopo la decisione della Cassazione del primo agosto scorso e modifica la durata dell'esclusione dai pubblici uffici inflitta all'ex premier in primo e secondo grado.
La decisione della Corte d'Appello non incide sul percorso già intrapreso dalla Giunta per le elezioni del Senato che, sulla base della legge Severino, ha chiesto all'Aula di votare la decadenza del neoduce dallo scranno di palazzo Madama. Dopo che la Giunta per il regolamento avrà sciolto, presumibilmente entro la fine di ottobre, il nodo voto palese-voto segreto, sarà l'Aula a pronunciarsi pro o contro la proposta della Giunta per le elezioni.
Ma i guai giudiziari di Berlusconi non finiscono certo qui. Il 23 ottobre si è mossa anche la procura di Napoli che ha disposto il rinvio a giudizio del "delinquente matricolato Silvio Berlusconi" coimputato insieme all'ex senatore PDL Sergio De Gregorio e al direttore dell'"Avanti!" Valter Lavitola nell'inchiesta sulla compravendita di parlamentari avviata nel 2006 per far cadere l'ultimo governo Prodi.
L'ipotesi di reato è corruzione e, secondo la procura, Berlusconi è stato "l'istigatore prima e l'autore materiale poi" della cosiddetta "Operazione Libertà" imbastita per reclutare a suon di milioni senatori utili al centrodestra per far cadere Prodi, in bilico su una maggioranza di 158 senatori contro 156. Tra i tanti testimoni sfilati in procura anche De Gregorio (attualmente agli arresti domiciliari per la vicenda dei finanziamenti al direttore dell'"Avanti!" Lavitola) che ha raccontato di aver ricevuto 3 milioni (uno alla sua associazione Italiani nel mondo e due in nero) e la presidenza della commissione Difesa per passare armi e bagagli tra le file del PDL. "L'accordo si consumò nel 2006. - ha riferito De Gregorio ai giudici - Il mio incontro a palazzo Grazioli con Berlusconi servì a sancire che la mia previsione di cassa... era di 3 milioni e immediatamente partirono le erogazioni. Ho ricevuto 2 milioni in contanti da Lavitola a tranche da 200/300mila euro... Discussi a palazzo Grazioli con Berlusconi di una strategia di sabotaggio". Tutto confermato, secondo la ricostruzione dei Pm, dai documenti sequestrati agli imputati e dalle dichiarazioni di Lavitola nelle vesti di intermediario.
Non a caso il Giudice per l'udienza preliminare ha accolto la richiesta di patteggiamento della pena di 20 mesi per De Gregorio, che ha ammesso di aver ricevuto le mazzette "a rate", persino mezzo milione portato sulla scrivania in Senato, per passare nelle file berlusconiane. Mentre nelle stesse ore Lavitola veniva condannato in Cassazione a tre anni e 8 mesi proprio per la bancarotta fraudolenta del quotidiano. Si tratta di vicende che vanno dal 1998 al 2000, quando L'Avanti usufruì di ingenti fondi pubblici per un giornale che non si trovava nemmeno in edicola. Altri 2 anni e 8 mesi Lavitola li ha rimediati per la tentata estorsione da 5 milioni ai danni dello stesso Berlusconi. Non a caso, sottolineano i giudici, Lavitola era il "mediatore" specializzato in missioni delicate per conto dell' ex premier, l' uomo che per anni si è mosso come persona a lui "vicinissima" tanto da agire come "uomo di Stato di incognita".
Il processo che si aprirà l'11 febbraio davanti alla quarta sezione penale vede per la prima volta il neoduce Berlusconi andare alla sbarra per difendersi da un'accusa direttamente riconducibile alla sua attività politica e istituzionale e non per reati legati alla sue attività imprenditoriali.
In Aula nelle vesti di testimoni sfileranno anche Romano Prodi, Anna Finocchiaro, Antonio Di Pietro, tutti già sentiti durante le indagini coordinate dai Pm Alessandro Milita, Vincenzo Piscitelli, Fabrizio Vanorio e Henry John Woodcock e condotte dalla tributaria diretta dal colonnello Nicola Altiero.

30 ottobre 2013