Pressione golpista del nuovo Mussolini per avere subito le leggi che lo mettano al riparo dai processi
Berlusconi: "I magistrati vogliono la guerra civile"
Ultimatum a Fini: con me o fuori dal PDL
Napolitano difende il governo e ammonisce la magistratura

Pressato dall'ansia di far approvare al più presto la legge sul "processo breve" per bloccare i procedimenti in corso a Milano, esasperato dalle ambiguità e dagli accenni di fronda dei finiani e allarmato dalle voci sempre più insistenti sull'arrivo di un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa dalle procure che indagano sulle stragi di mafia del 1992-93, Berlusconi ha deciso ancora una volta di ribaltare il gioco con una mossa in tre direzioni ispirata al principio che la miglior difesa è l'attacco: riaffermando cioè il suo potere assoluto nel Popolo della libertà (PDL), ribadendo che in testa alle priorità del governo ci sono le leggi ad hoc per metterlo al riparo dai processi, la controriforma della giustizia e il presidenzialismo, e sferrando un pesante attacco preventivo ai magistrati per intimidirli e isolarli e trasformarsi da accusato in accusatore.
Lo ha fatto convocando a sorpresa il 26 novembre nella sua residenza privata di palazzo Grazioli l'Ufficio di presidenza del PDL, dove affiancato dal suo azzeccagarbugli Ghedini e dal suo gerarca alla Giustizia, Alfano, ha tenuto un furibondo monologo con al centro una violenta filippica contro la magistratura che "vuol far cadere il governo" e "sta portando il Paese sull'orlo della guerra civile", e concludendo con una dura ammonizione a Fini e a chiunque pensasse di smarcarsi dalla linea da lui dettata: "Il programma di governo è chiaro ed è stato sottoscritto da tutti in campagna elettorale. Su ogni tema si decide a maggioranza e chi non è d'accordo occorre che si adegui, altrimenti è fuori", ha sentenziato minacciosamente il neoduce.
Se tra la trentina di gerarchi presenti a questa sorta di "Gran Consiglio" di mussoliniana memoria c'erano dei finiani, questi si sono ben guardati dal rifiatare, visto che il comunicato finale, che riporta fedelmente tutti gli imperativi ribaditi dal nuovo Mussolini è stato votato all'unanimità. Il documento, intitolato significativamente "Riportare equilibrio tra poteri e ordini dello Stato", si apre infatti con l'affermazione che "anche il corso dell'attuale legislatura è stato turbato dall'azione di una parte tanto esigua quanto dannosa della magistratura, dimentica del proprio ruolo di imparzialità". Il documento prosegue sostenendo che l'Italia "è l'unico Paese in cui la magistratura ha finito per acquisire un peso così abnorme nella vita democratica e di converso il potere politico fondato sulla sovranità popolare rischia di apparire impotente a svolgere le proprie finalità". E conclude che "per questo il Popolo della Libertà si sente impegnato a sostenere con forza in Parlamento una riforma delle istituzioni che consenta una maggiore efficacia dell'azione dell'esecutivo, anche nell'ambito dell'elezione diretta del capo del governo e di un sistema di contrappesi fondati anche su un maggior potere di controllo e di indirizzo del Parlamento".
Ma intanto, in attesa della controriforma presidenzialista della Costituzione, che dia tutti i poteri al nuovo Mussolini, il PDL "ritiene urgente una riforma della giustizia che ridisegni i rapporti fra i diversi poteri e ordini dello Stato, nel segno dell'equilibrio e della reciproca autonomia e indipendenza"; e naturalmente, in tale ambito, assumono carattere di priorità e di urgenza "l'opportunità di una legge che ponga un limite alla durata indefinita dei processi" (il famigerato "processo breve" già presentato al Senato che il neoduce vuole approvato a passo di carica, entro febbraio), nonché un nuovo lodo Alfano, che la maggioranza decide spudoratamente di ripresentare in parlamento per farlo approvare stavolta con legge costituzionale.

L'appello raggelante di Napolitano
In mezzo al silenzio e all'indifferenza agghiaccianti con cui il nuovo proclama Mussoliniano di Berlusconi è stato accolto dalle altre forze politiche parlamentari, in particolare dal PD del "nuovo corso" bersaniano tutto intento solo a ritessere la trama del dialogo sulle "riforme", è risuonata pressoché isolata la voce dei magistrati, con il membro del Consiglio superiore della magistratura (Csm), Mario Fresa, che ha giustamente richiamato l'attenzione sulla pericolosità, "per la tutela della democrazia", delle frasi pronunciate da Berlusconi, in particolare quella dell'Italia "sull'orlo della guerra civile", anche se poi il neoduce, come al solito e solo per ragioni tattiche, ha fatto smentire dal suo ufficio stampa di averle mai pronunciate. Il magistrato aveva infatti annunciato che il Csm avrebbe acquisito quelle gravi dichiarazioni "nell'ambito di una pratica già aperta a tutela dei magistrati di Milano e dei pm di Palermo e scaturita da altre affermazioni di Berlusconi". Un atto che "sarebbe gravissimo, inusitato e grottesco", avevano subito abbaiato i capigruppo del PDL Gasparri e Cicchitto.
Ma la cosa più sconcertante e raggelante è stato l'intervento di Napolitano. Costui, che se ne era stato in perfetto e impenetrabile silenzio dopo la bocciatura del lodo Alfano, la riproposizione immediata dell'ennesima legge ad personam per rimpiazzarlo, l'esplodere delle proteste tra i magistrati e nell'opinione pubblica democratica per le sue inique, devastanti e anticostituzionali conseguenze sui processi in corso e quelli futuri, improvvisamente, il giorno dopo il proclama del neoduce, ha convocato i giornalisti al Quirinale, sentendo - ha detto - "il bisogno di dire qualcosa in questo particolare momento". Ma non per rispondere all'allarmata invocazione di un altro consigliere del Csm, Livio Pepino, che dopo la frase del premier sulla "guerra civile" aveva dichiarato che "se vera è una frase di inaudita gravità" che non sarebbe "certamente sfuggita al capo dello Stato". Tutto al contrario! Il rinnegato del Quirinale è intervenuto, sì, ma per difendere Berlusconi e il suo governo, bacchettare i magistrati e richiamare il parlamento a fare urgentemente proprio quella "riforma" della giustizia che il nuovo Mussolini invoca minacciando sfracelli.
A parte il solito richiamo ipocrita rivolto a tutti indistintamente ad abbassare i toni e fermare "la spirale di una crescente drammatizzazione", il suo intervento non poteva essere più esplicito, non appena è entrato in merito ai temi sul tappeto, mettendo subito in chiaro che "nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento, in quanto poggi sulla coesione della coalizione che ha ottenuto dai cittadini-elettori il consenso necessario per governare", e che "è indispensabile che da tutte le parti venga uno sforzo di autocontrollo nelle dichiarazioni pubbliche, e che quanti appartengono alla istituzione preposta all'esercizio della giurisdizione, si attengano rigorosamente allo svolgimento di tale funzione". In tal modo ha avallato la tesi di Berlusconi della sua "persecuzione" da parte dei giudici, ha ammonito questi ultimi a tacere e a lasciarlo in pace e lo ha rassicurato che per quanto lo riguarda egli può tranquillamente continuare a governare anche se dovesse ricevere un avviso di garanzia per reati di mafia.
Ma non basta. Il nuovo Vittorio Emanuele III ha sentito pure il bisogno di esortare il parlamento (leggi la cosiddetta "opposizione") ad "esaminare, in un clima più costruttivo, misure di riforma volte a definire corretti equilibri tra politica e giustizia". In altre parole ad aprire alla controriforma della giustizia per mettere le briglie e la mordacchia al potere giudiziario e assoggettarlo al potere esecutivo proprio come pretende il nuovo Mussolini.

Applausi corali al rinnegato Napolitano
Altro che "presidente di garanzia", come insistono a chiamarlo e osannarlo la "sinistra borghese", i trotzkisti e certi antiberlusconiani che si illudono ancora nel suo ruolo "super partes" e di garante della Costituzione formale, peraltro già calpestata e stravolta da quella materiale del regime neofascista imperante! La verità è che Napolitano si comporta con Berlusconi come il re Vittorio Emanuele III con Mussolini. Non per nulla il suo intervento è stato accolto con manifestazioni di giubilo da parte dei più stretti gerarchi e portavoce del neoduce, come Cicchitto, Gasparri, Bondi e Capezzone, nonché dai mass-media al suo servizio, che hanno messo in evidenza soprattutto i passaggi sull'intangibilità del governo e sulla strigliata ai magistrati.
La cosa più paradossale è che anche la "sinistra" borghese esalta l'intervento quirinalizio, lasciando completamente isolati e sotto attacco i magistrati che cercano di fare il loro dovere andando a fondo nelle indagini sui trascorsi mafiosi del premier. Paradossale per modo di dire, se si considera che il PD di Bersani si dichiara pronto a discutere la "riforma" della giustizia in parlamento alla sola condizione che la maggioranza ritiri la legge sul "processo breve". Pronto però a trattare su altre ipotesi di salvataggio del neoduce dai processi, come ad esempio il cosiddetto "legittimo impedimento"; mentre con il destro Violante, nominato non a caso responsabile per le riforme del PD, sta già trattando sulle "riforme" costituzionali, tra cui il rafforzamento dei poteri del premier, contenute nella bozza che porta il suo nome.
Come Mussolini nel 1924-25 si trovò con le spalle al muro per lo sdegno generale suscitato dall'assassinio di Matteotti e dalle brutali violenze dei suoi squadristi, ma riuscì ad uscire dall'angolo con l'aiuto del re e rilanciando la sfida agli imbelli e tremebondi partiti dell'opposizione, vincendola su tutta la linea e inaugurando così il nero ventennio fascista, così il suo emulo Berlusconi ha capito che può fare lo stesso stante l'imbelle e rimbambita "sinistra" borghese e il servile opportunismo di Vittorio Emanuele Napolitano, che teme come la peste la fine prematura della legislatura e il caos che potrebbe seguire ad una crisi di governo (la "guerra civile" evocata ad arte da Berlusconi), sia per la difficile situazione economica del Paese che per le "riforme" costituzionali che verrebbero rimandate ancora una volta.
Ed è per questo che nonostante sia assediato dai processi e screditato come nessun altro leader al mondo, il nuovo Mussolini rilancia continuamente la posta e tiene tutti sotto scacco con le sue sortite golpiste, minacciose e ricattatorie, mentre va avanti come un carro armato e sostanzialmente indisturbato con le vergognose leggi ad personam e gli altri neri provvedimenti del suo governo neofascista, razzista, mafioso e piduista. Più che mai è di viva attualità la parola d'ordine del PMLI: È ora di muovere la piazza per liberarsi del nuovo Mussolini.

2 dicembre 2009