Intervenendo alla Camera, dopo che Bossi gli ha tirato la volata
BERLUSCONI LANCIA IL PRESIDENZIALISMO MUSSOLINIANO
Il neoduce vuole pieni poteri. Fassino e Castagnetti fanno finta di non capire
Umberto Bossi rilancia il 18 luglio, in un convegno alla presenza di Ciampi, il presidenzialismo alla francese e l'elezione diretta del capo dello Stato, candidando ovviamente Berlusconi ad occupare il futuro incarico. Il giorno dopo, il premier ringrazia e si dichiara pronto all'"estremo sacrificio'' per il 2006.
"Intendo ripresentarmi - dice il neoduce ai giornalisti che lo interrogano in transatlantico un minuto prima di entrare nell'aula della Camera per il voto di fiducia sul decreto Omnibus - per governare altri cinque anni questo paese. Se invece facciamo la riforma istituzionale e governare il paese significa diventare presidente della Repubblica, io mi sacrificherò''. E così spiega: "Siccome si sono fatte tante ipotesi, tante illazioni, in Forza Italia o nella coalizione, su chi ci sarà dopo di me, vorrei dire che il percorso è molto chiaro: se avremo ancora questo sistema istituzionale io mi candiderò alla guida del governo per un secondo periodo. Se invece entro questa legislatura riusciremo a realizzare una riforma costituzionale, per cui il presidente della Repubblica dovesse diventare presidente secondo il sistema francese o americano, in quel caso i partner della maggioranza, in coerenza con la mia decisione di candidarmi alla guida del governo, mi hanno in maniera chiara proposto di essere io il candidato come presidente della Repubblica che è il capo dell'esecutivo''. "Se restassimo nella situazione attuale'', continua infatti Berlusconi, "io non ho nessuna intenzione di candidarmi alla presidenza della Repubblica. Io sono uno operativo, e continuerei a candidarmi, se la coalizione me lo chiedesse, a responsabile del Consiglio dei ministri. Non vorrei che su questo ci fossero dubbi: è chiaro?''. Più che chiaro. A Berlusconi non interessa la carica di presidente della Repubblica così com'è, priva cioè di potere esecutivo.
Ed è altrettanto chiaro che il suo modello non è né il presidenzialismo all'americana, né quello alla francese, ma il presidenzialismo mussoliniano, l'unico attuabile nella realtà storica e nella contingenza politica e istituzionale del nostro Paese. Tant'è vero che Berlusconi si è già messo ad invocare pieni poteri e confessa: "Io auspico che il premier abbia più poteri per poter più efficacemente dirigere l'esecutivo''. Anche Mussolini nel suo discorso alla Camera del 16 novembre 1922 chiese "pieni poteri'' per riuscire a ottenerli interamente con la legge del 24 dicembre 1925, allorché il potere esecutivo fu sganciato dalla designazione parlamentare.
"Colpo di teatro'', "mossa propagandistica'', "esternazione tattica'', "raptus di megalomania'': così alcuni commenti definiscono la sortita di Berlusconi, contestando più la prematura candidatura al Quirinale che il contenuto del suo discorso.
La verità è che il presidenzialismo mussoliniano rappresenta la "riforma'' delle "riforme'' per chiudere il cerchio della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, il nodo cruciale della nuova architettura istituzionale di stampo fascista dello Stato. Un disegno strategico da sempre sostenuto dai fascisti, rilanciato dalla P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi, e oggi da quest'ultimo ereditato con la volontà di realizzarlo compiutamente.
E invece c'è ancora chi cerca di minimizzare e di ridicolizzare i progetti del neoduce proprio come i liberali, i popolari e i riformisti fecero a suo tempo con Mussolini, sottovalutandolo e spalancandogli le porte del potere. Il capogruppo della Margherita Pierluigi Castagnetti e il segretario diessino Piero Fassino hanno infatti così commentato le parole di Berlusconi: "è un mortaretto per distrarre, con un po' di fumo e di rumore, dai problemi economici che il governo sta creando'' (Castagnetti), "Quando non sa uscire dalle difficoltà, Berlusconi parla d'altro'' (Fassino). Insomma, per loro quelle di Berlusconi sono parole al vento, e lui intanto ha rimesso, grazie anche alla loro omertà e attiva collaborazione, la camicia nera all'Italia e ora attende solo l'investitura plebiscitaria.

29 agosto 2002