A Berlino, dopo il colloquio col ministro delle Finanze tedesco
Bersani: "prontissimo a collaborare con Monti"
Il premier è disponibile, ma non vuole Vendola, che annaspa

Il 5 febbraio, nel pieno della campagna elettorale, Pierluigi Bersani è volato a Berlino, dove ha avuto un incontro definito "cordialissimo" col ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble. Scopo della sua visita era rassicurare le cancellerie europee, e soprattutto quella tedesca di Angela Merkel, che la sua probabile vittoria elettorale con l'avvento di un governo di "centro-sinistra" da lui guidato non metterà in discussione l'adesione dell'Italia alla UE e all'euro, né cambierà nella sostanza la linea del "rigore" rigidamente attuata e garantita finora dal governo Monti.
Con il banchiere liberista borghese, anzi, Bersani ha ribadito di essere pronto a collaborare, anche per un possibile governo di coalizione che assicuri la continuità della politica dell'attuale governo: "Il premier - ha spiegato infatti nella successiva conferenza stampa - ha costruito una sua forza politica. Ci sono le schermaglie elettorali, ma ho sempre detto che sono prontissimo a una collaborazione con tutte le forze contrarie al berlusconismo e al leghismo, certamente anche con il professor Monti". Del resto "Monti è arrivato da solo, era il Professor Monti, non aveva forza politica, non aveva maggioranza parlamentare, gliel'abbiamo data noi, noi abbiamo affrontato il popolo per spiegare le riforme", ha sottolineato il leader del PD, rivendicando in pratica davanti all'arcigna stampa tedesca il "merito" di aver fatto passare sulla testa delle masse alcune tra le più inaudite e feroci misure antipopolari di questi ultimi anni, come i tagli alle pensioni e l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Se poi questa "collaborazione" con l'attuale premier "sarà per le riforme o per il governo, si vedrà", ha aggiunto Bersani, rinnovando da Berlino un segnale di apertura senza pregiudiziali al suo interlocutore in Italia. Il quale gli ha subito risposto positivamente dichiarando di apprezzare "ogni apertura e ogni disponibilità e anche questa frase che Bersani ha detto dalla Germania". Ma neanche 24 ore dopo, precisando che "non c'è stato nessun accordo tra Bersani e me. Il tema delle alleanze è prematuro, verrà dopo il voto", Monti ha rinnovato le sue condizioni al leader del "centro-sinistra": "Immagino che se Bersani è interessato, come dichiarato, ad una collaborazione con le forze che rappresento, dovrà fare delle scelte all'interno del suo polo". Un chiaro invito, cioè, a scegliere tra lui e Vendola.
Sentendosi scavalcato da tale dialogo a distanza passato sopra la sua testa, quest'ultimo ha cercato a sua volta di mettere i suoi paletti. Di primo acchito il suo vice Nicola Fratojanni aveva addirittura fatto la voce grossa, dichiarando che "se vogliono stare con Monti, auguri. Siamo pronti a rompere con il PD". Ma poi Vendola aveva abbassato i toni, contentandosi di ribadire che "Monti è incompatibile con me nel governo del Paese. Il centrosinistra non ha bisogno della sua presenza". Successivamente ha abbassato ulteriormente l'asticella, e pur ripetendo che "i programmi di Monti e del centrosinistra sono inconciliabili", ha anche riconfermato, come aveva già fatto in precedenza, che con il banchiere liberista è possibile "lavorare insieme per riordinare l'architettura dei poteri dello Stato".
Preoccupato dal calo nei sondaggi, il leader di SEL si muove col passo del gambero, sforzandosi con scarso successo di non fare la figura del reggicoda di Bersani di fronte al suo elettorato, ma nello stesso tempo guardandosi bene dal tirare troppo la corda con il leader del PD; che non a caso, irritato dai continui mugugni dell'alleato pugliese, alla fine è sbottato ricordandogli che "le primarie hanno anche stabilito chi dirige il traffico", e che se sarà "necessario, opportuno, praticabile" allearsi coi centristi "lo decido io". E anche, Monti, capendo al volo la situazione e le difficoltà in cui si dibatte il leader di SEL, e per non chiudere la porta a Bersani, ha cercato a sua volta di smorzare i toni, e pur confermando che "io e Vendola siamo lontani anni luce come visione del mondo e di quello che serve per fare aumentare l'occupazione e soprattutto per i giovani", ha anche voluto precisare che "se dovesse cambiare opinione, si può sempre ridiscutere tutto".
E dopo questi ultimi interventi a tenaglia dei due leader borghesi parrebbe proprio che l'interessato abbia capito bene l'antifona a non disturbare le prove di inciucio in corso, visto che intervenendo la scorsa domenica dal palco del comizio del "centro-sinistra" a Milano, Vendola ha assicurato che "nel futuro governo non sarò un elemento di disturbo ma garanzia di governabilità e stabilità. Non sarò quello che rincorrerà Bersani per tirarlo per la giacchetta". Confermando così il suo ruolo di imbroglione trotzkista e di portatore d'acqua al PD del liberale Bersani e al probabile futuro governo della "sinistra" borghese alleata col finanziere liberista Monti.

20 febbraio 2013