Penosa intervista a "la Repubblica'' del segretario di Rifondazione
Bertinotti si arrende a Berlusconi
Accogliendo l'invito del neoduce a espellere le forme di lotta violente dai movimenti
Il copione è sempre lo stesso, trito e ritrito, ma qualcuno abbocca sempre, specie se ansioso di rifarsi una verginità politica agli occhi della borghesia come il neorevisionista e trotzkista Bertinotti. Ci riferiamo alla violenta campagna di diffamazione della Cgil e dei movimenti di lotta antigovernativi, che il neoduce Berlusconi ha scatenato prendendo a pretesto l'iscrizione al sindacato di alcuni dei brigatisti "rossi'' recentemente arrestati, e servendosi delle dichiarazioni a "La Repubblica'' di un terrorista "pentito'' come l'ex "giustiziere'' di Prima linea Sergio Segio, mandato avanti a dire che il terrorismo oggi si annida e si alimenta nel movimento sindacale e nei cortei dei contestatori del sistema.
Tutto questo, manco a dirlo, per chiedere a sindacati e movimenti di espellere dalle manifestazioni e dai cortei "qualsiasi forma di violenza'', e di condannare ogni forma di lotta sindacale e politica che possa anche lontanamente turbare l'"ordine'' costituito (vedi gli attacchi alla lotta dei metalmeccanici della Fiom per i pre-contratti). Una manovra talmente sporca e scoperta da fare ben poca presa sui destinatari, eccezion fatta però per il segretario del PRC, che con un tempismo e uno zelo assai sospetti l'ha invece accreditata in pieno, e proprio con un'intervista sullo stesso quotidiano che si era prestato compiacentemente ad ospitare le dichiarazioni di Segio. Che tra l'altro Bertinotti definisce "persona che stimo'', cosa che, riteniamo, dovrebbe far sobbalzare i militanti del suo partito.
In questa penosa intervista a "La Repubblica'', infatti, il leader di Rifondazione non solo non denuncia come tali le prezzolate insinuazioni di Segio pilotate dalla Casa del fascio, con la complicità del quotidiano portavoce della "sinistra'' borghese, ma le fa sue, dichiarando che "il tema del rapporto tra lotta armata e cultura politica può essere una straordinaria occasione (sic!) offerta alla sinistra e non solo per affrontare un nodo cruciale della cultura del '900. La violenza''. Dopodiché si produce in uno dei suoi più cervellotici sermoni, che vi risparmiamo nel dettaglio, per sostenere in sostanza che la violenza è parte integrante "di tutti i movimenti e le culture del '900'': ovviamente senza fare alcuna distinzione tra reazione e rivoluzione, tra fascismo e socialismo, tra colonialismo e lotte di liberazione nazionale ecc. Né tantomeno tra violenza reazionaria e violenza rivoluzionaria, la quale è anzi per lui particolarmente riprovevole e scandalosa, in quanto "nell'intera storia del movimento operaio è presente la distruzione dell'avversario''.
Ma oggi no, oggi per Bertinotti siamo in una situazione completamente diversa, anche se si guarda bene dallo spiegare in cosa poi sarebbe tanto diversa dal secolo appena passato. Oggi (grazie al suo maestro Ingrao che gli ha aperto gli occhi già vent'anni fa) il concetto di violenza necessaria, spiega l'imbroglione trotzkista, "non mi appartiene più, né appartiene più alla storia della sinistra e del Movimento di questo secolo. Perché oggi, la scelta non può essere altra che respingere ogni atto di violenza. In un mondo in cui la violenza si riassume nel binomio guerra preventiva-terrorismo, non può aver diritto di cittadinanza alcuna violenza politica. Perché in quel binomio è inevitabilmente risucchiata''.
Morale del "rifondatore del comunismo'' Bertinotti: alla classe dominante borghese e all'imperialismo il monopolio della violenza, al proletariato e a tutte le masse sfruttate e oppresse quello della non-violenza e del pacifismo. E chi vivrà vedrà. E come si fa a riconoscere se una manifestazione, un corteo di protesta, una lotta di piazza sono "un'espressione di inaccettabile violenza ovvero di legittima tutela dei propri diritti sia pure attraverso strumenti di coazione'' ? Semplice, attraverso il criterio della "donna incinta'', sostiene serafico il segretario del PRC: "Se una donna incinta è costretta a scappare dalla piazza, allora vuol dire che quella piazza non ha legittimazione''.
Davvero la deriva liberale, cattolica (vedi la difesa del crocifisso nelle scuole) e ora anche ghandiana di questo imbroglione politico è ormai sempre più sbracata e galoppante.
Evidentemente è il dazio che gli stanno chiedendo di pagare per entrare nel vagheggiato nuovo governo di "centro-sinistra'' i suoi alleati elettorali dell'Ulivo. Ammesso che la base di Rifondazione riesca a sopportare il disgusto fino ad allora e non lo molli prima al suo destino.