Documento del PMLI.Campania
Il bilancio fallimentare della giunta Bassolino
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IL LAVORO

La desertificazione industriale

L'ulteriore ecatombe di posti di lavoro in Campania è la conseguenza della politica ferocemente affamatrice del Mezzogiorno portata avanti dal governo del neoduce Berlusconi ma anche il segno del fallimento della politica liberista e centrata soltanto sul turismo e sul terziario propagandata ad ogni pie' sospinto dalla giunta Bassolino come "il rinascimento della Campania". Una politica che ha portato alla desertificazione industriale e all'incremento del divario con le regioni del Nord del paese.
Sono decine infatti, se non centinaia, le fabbriche in crisi e migliaia i lavoratori scaricati in cassa integrazione ordinaria e straordinaria, prepensionamenti, mobilità se non, nei casi peggiori, licenziamenti in tronco. In lotta per evitare la chiusura degli impianti, solo per citare i casi più eclatanti, ci sono: gli operai della "Montefibre" di Acerra, della "Ixfin" di Marcianise, dell'Exide di Casalnuovo, delle due fabbriche storiche "Peroni" e "Fag" di Napoli.
Per evitare la perdita dei posti lavoro lottano gli operai della Fiat di Pomigliano d'Arco, della Cirio, dell'Alenia, della "World", delle ditte subappaltatrici dell'Arin, della Ferrarelle di Riardo. Nel solo 2004 sono stati 5mila gli operai buttati fuori dal ciclo industriale; nel 2005, secondo stime prudenti dei sindacati confederali, la stessa sorte toccherà a circa 10mila operai metalmeccanici (incluso il settore informatico) e a diverse migliaia di operai edili, per un totale complessivo che si aggira sulle 20-25 mila unità; se così fosse la Campania avrebbe a fine 2005 più di un milione di disoccupati, praticamente 1/5 della popolazione totale. L'ex ministro del "lavoro" del governo D'Alema, Antonio Bassolino, cosiccome quella parte delle direzioni sindacali a lui asservite, non hanno mosso un dito per fare fronte a questa drammatica emergenza come nulla è stato fatto per arginare la piaga del lavoro nero, supersfruttato e senza alcun diritto, che avanza sempre più soprattutto nel settore agricolo ed edilizio e tra i lavoratori immigrati. Sono centinaia le aziende, soprattutto sotto 15 dipendenti, pericolose per la salute e l'integrità psico-fisica delle lavoratrici e dei lavoratori, con un incalcolabile numero di incidenti e un gravissimo stillicidio di morti sul lavoro. Su tutti ricordiamo la strage sul lavoro avvenuta a Caivano il 13 aprile del 2003 quando morirono dilaniati dallo scoppio di un silos della fabbrica di vernici "PPG" quattro operai e la denuncia "Bassolino ci ha abbandonato" del padre del giovane Francesco Iacomino, operaio edile morto sul lavoro il 13 ottobre 2004 in un'azienda "fantasma" di Ercolano.
I rinnegati dirigenti dei partiti falsi comunisti hanno avallato silenziosamente le politiche anti-operaie portate avanti da Bassolino (ricordiamo che Corrado Gabriele di Rifondazione trotzkista ha in mano l'assessorato al lavoro della provincia da ben 5 anni) così come hanno fatto le amministrazioni comunali di "centro-sinistra". Ne è un esempio il neopodestà di Pomigliano d'Arco, Michele Caiazzo, che ha firmato lo scellerato patto con i pescecani industriali e sindacati collaborazionisti guidati dal burocrate della Cgil D'Errico (DS), sui ritmi di lavoro infernali del modulo detto "TMC2", sperimentato in Campania per la prima volta alla Fiat di Pomigliano.

L'inganno dei corsi di formazione professionale
Nel secondo opuscolo elettoralistico spedito a casa della popolazione campana Antonio Bassolino parla di passi in avanti fatti sul fronte dell'occupazione e si esalta per come la Regione sta utilizzando i 9 miliardi di euro stanziati dalla Ue per le politiche sul lavoro da "consumare" tra il 2000/2006. L'ex operaista non dice però che tali fondi sono controllati dall'agenzia governativa Agensud-Sviluppo Italia, una Spa acchiappa soldi, controllata e amministrata dai padroni come non dice che i 100 milioni di euro stanziati per il progetto Aifa, progetto di finanziamento della formazione presso imprese che si impegnano ad assumere a tempo indeterminato, sono spariti tra incentivi, agevolazioni e sgravi fiscali a grandi e piccoli pescecani capitalisti. Egli parla di occupazione e sviluppo "nel settore calzaturiero, orafo, della ceramica, del vetro e del ferro", fingendo di non sapere che si tratta di aziende sotto i 15 dipendenti che non applicano lo "statuto dei lavoratori" e ripropone la politica fallimentare dell'imprenditorialità giovanile attraverso i "progetti di start-up per l'autoimpiego" e "ifts, istruzione formativa tecnica superiore".
In realtà in Campania, da quando Bassolino è al potere, non è stato creato un solo posto di lavoro, stabile a salario pieno e sindacalmente tutelato, mentre dilagano le agenzie private per l'intermediazione di manodopera, versione moderna del caporalato, che fanno profitto selezionando e affittando manodopera a basso costo per le imprese. A queste agenzie Bassolino, attraverso bandi di gara e finanziamenti, vuole affidare il settore della "formazione professionale" in nome dello slogan "la formazione sa dove andare, è il filo rosso che ci collega alle imprese".
La già misera somma di 15 milioni di euro stanziati dal fondo nazionale del lavoro per coprire l'accordo istituzionale firmato il 23 luglio 2002 tra il governo, la regione Campania, le province e l'agenzia "Italia Lavoro", con l'ausilio dei "Job center" (che con la controriforma Biagi hanno sostituito gli uffici di collocamento) per assunzioni a tempo determinato (agricoltura e turismo) e a tempo indeterminato, ha seguito un percorso tortuoso e si è rivelato un percorso ad ostacoli per i senza lavoro. Tutto ciò che la "cabina di regia" governo-istituzioni locali è stata in grado di fare concretamente è un progetto di 9mila corsi di "pre-formazione e orientamento" della durata di 4 mesi per 350 euro mensili, una goccia nel mare della disoccupazione. I disoccupati della "prima trance" che hanno terminato la pre-formazione non hanno ricevuto ancora un euro e gli assessori al "non lavoro" di Regione, Provincia e Comune di Napoli, Buffardi (Ds), Oddati (Ds) e Gabriele (Prc) hanno già annunciato che "i corsi di formazione finalizzati saranno soltanto 1500" mentre centinaia di migliaia di persone saranno letteralmente scartate e parcheggiate in una banca dati come vecchie macchine inutilizzabili e in attesa di rottamazione. Agli inganni e alla repressione delle istituzioni hanno risposto i movimenti di lotta per il lavoro, da anni in piazza contro precarietà e licenziamenti.

L'elemosina elettorale del "reddito di cittadinanza"
"Un aiuto concreto per chi non ce la fa"; con queste parole l'opuscolo di Bassolino promuove l'ingannevole legge elettorale regionale sul reddito di cittadinanza (n° 2\2004)
Se tutto va bene, ossia verrà trovata copertura finanziaria al provvedimento, il "reddito di cittadinanza" consisterà nella miseria di 350 euro al mese per coloro che hanno un reddito inferiore a 4.999,99 euro all'anno, calcolato nel nucleo familiare di appartenenza. Si tratta quindi nient'altro che di un'elemosina caritatevole agli affamati, di una riproposizione in altra salsa del "reddito minimo d'inserimento", varato con la finanziaria del 1998 e non rifinanziato dal governo del neoduce Berlusconi.
Il "reddito di cittadinanza", esaltato da tutte le cosche partitiche parlamentari da An al Prc, è un tentativo "di ricomposizione sociale" per usare le parole dell'assessore Buffardi, incentrato sulla solita politica assistenzialista e familista di stampo liberale fondata sull'"elemosina" e sul "contentino" prelettorale, ormai strategica per la classe dominante borghese in camicia nera. Esso in realtà ha lo scopo di contenere le rivolte popolari, preservare l'"ordine pubblico" e prevenire una generalizzata diserzione in massa dalle urne. Tradotto in cifre, il "reddito di cittadinanza" svela l'inganno: i criteri di accesso sono calcolati sul reddito del nucleo familiare, quindi un solo elemento di una famiglia che superi i 4.999 euro l'anno impedisce alla famiglia di accedervi, e allora ci si chiede: come può una famiglia numerosa, non certo un'eccezione in Campania, vivere con 5.000 euro annui, quando questa cifra non è neanche lontanamente sufficiente a un single per mettere insieme tutti i giorni il pranzo con la cena? La legge poi dice che le spese di acqua, luce, gas e telefono possono essere dedotte dal reddito dichiarato soltanto da chi ha un regolare contratto d'affitto. Eppure lo sanno anche i sassi che la maggior parte delle famiglie, proprio perché povere, sono soggette ai soprusi dei padroni di casa, che minacciando lo sfratto, non stipulano quasi mai un regolare contratto d'affitto per frodare il fisco e mantenere alto il valore dell'immobile sul mercato.

L'AMBIENTE

La disastrosa politica sui rifiuti
Durante la campagna elettorale regionale del 2000 che diede la "vittoria" a lui ed al "centro-sinistra" il rinnegato del comunismo Antonio Bassolino aveva presentato un programma che testualmente prevedeva "l'opposizione agli inceneritori, la riduzione, raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti, la bonifica del territorio depauperato dalle attività delle ecomafie, la costituzione di un Osservatorio Regionale e di Osservatori provinciali sull'attuazione dei piani di raccolta differenziata, il superamento del commissariamento e dell'emergenza, la trasformazione dei rifiuti in una risorsa offrendo opportunità di sviluppo economico e posti di lavoro reali". Dopo 5 anni egli si ricandida e noi facciamo i conti di quanto e cosa è stato fatto. L'emergenza rifiuti non è affatto sparita, anzi è diventata la "normalità", la raccolta differenziata e il riciclaggio, che avrebbe potuto dare lavoro a centinaia di migliaia di giovani e disoccupati, non è mai stata seriamente avviata, le aziende municipali di raccolta, come l'Asia di Napoli, sono state privatizzate, gli inceneritori in costruzione sono 2 e ben 7 sono i cosiddetti impianti di Cdr (combustibile derivato dai rifiuti), vere e proprie bombe ecologiche dove vengono messi insieme, impacchettati in "balle" e parcheggiati in attesa di destinazione, tutti i tipi di rifiuti: organici, medicinali, tossici, pile, vernici, plastica ed altro.
La Campania è disseminata di piccole e grandi discariche, "legali" e illegali, appartenenti alla camorra locale o a quella delle multinazionali, a cielo aperto o coperte da teloni di plastica, immancabilmente situate vicino ai centri abitati. L'agricoltura, soprattutto quella della province di Napoli e Caserta è stata messa in ginocchio dall'inquinamento, con contadini e braccianti alla fame ed agricoltori disperati e disoccupati. Questo perché Bassolino non appena messo piede nella stanza dei bottoni ha stretto alleanza e rapporti economici miliardari con la multinazionale Fibe-Fisiaimpianti di proprietà della famiglia Romiti, regalandole, in qualità di commissario straordinario per l'emergenza rifiuti (2000-2003), il ciclo dei rifiuti dell'intera Regione. E' la Fibe spa infatti che, beneficiando di un enorme flusso di denaro pubblico, ha costruito e gestisce (senza tener conto di leggi e norme tecniche di sicurezza e protezione ambientali) i Cdr e sta costruendo i due termoinceneritori di Acerra (Napoli) e Santa Maria la Fossa (Caserta), oltre a essere proprietaria di varie discariche che può gestire in piena autonomia, senza cioè ascoltare e manco interpellare le stesse istituzioni locali. Dietro il cantiere del mostruoso e pericolosissimo Termoinceneritore di Acerra, imposto con la repressione delle masse popolari e la militarizzazione del territorio, è emersa la longa manus della P2: il generale piduista Carlo Jean è infatti il proprietario della Sogin spa, una società a cui Bassolino ha affidato la "valutazione di impatto ambientale" degli inceneritori per fare piacere alla Fibe e il ministro fascista dell'ambiente Matteoli il criminale progetto di smaltimento delle scorie nucleari nel territorio di Scanzano Ionico.
Si capisce bene allora perché la raccolta differenziata e il riciclaggio dei rifiuti siano stati sabotati e sono fermi ad una media dell'8%. Dinanzi a questa criminale politica ambientale, a questo disastroso sperpero di denaro pubblico a favore dei pescecani capitalisti, con impareggiabile sfacciataggine, il neocommissario governativo Corrado Catenacci, il governatore Bassolino e il suo fido Massimo Paolucci (entrambi proprio sulla questione rifiuti già indagati dalla Procura di Napoli per "abuso d'ufficio e violazioni delle norme in materia di difesa dell'ambiente) hanno il coraggio di definire "camorriste" le popolazioni che lottano contro l'imposizione di inceneritori e discariche, per il diritto alla vita e alla salute e per la difesa dell'ambiente dei loro territori, già violentati da tassi record di inquinamento della terra, dell'acqua e dell'aria e dalla micidiale diossina. Quando le masse popolari campane, da Montecorvino Rovella a Montesarchio, da Ariano Irpino a Campagna, da Villa Literno a Pianura a Palma Campania, non si sono fatte turlupinare dalle promesse e dagli inganni dei signori del palazzo gli strilli dei servi del capitale si sono levati al cielo, sono spuntati fuori i manganelli e il regime neofascista ha mostrato il suo vero volto. Al rinnegato Bassolino, ai dirigenti falsi comunisti e ai falsi ambientalisti che gli reggono il sacco da oltre un decennio, ricordiamo per tutte la grande manifestazione per la difesa della salute e dell'ambiente svoltasi ad Acerra il 30 agosto 2004: oltre 70 tra feriti e intossicati dai gas, tra cui donne incinte, disabili, anziani e bambini.

La privatizzazione dell'acqua
La foga privatizzatrice di Antonio Bassolino non si è fermata davanti a nulla, ricordiamo agli elettori di sinistra la privatizzazione delle aziende di trasporto, delle ex-municipalizzate, dell'aeroporto di Capodichino, il primo privatizzato in Italia, l'utilizzo indiscriminato del project financing (il privato finanzia e gestisce) la dichiarata volontà di trasformare in Fondazione privata l'Istituto per la lotta ai Tumori Pascale di Napoli, la privatizzazione delle Stu (società di trasformazione urbana) come quella impegnata nella svendita alla speculazione edilizia della zona orientale di Napoli o come la Bagnoli futura Spa a cui è stata affidata la "bonifica" dell'area ex-Italsider di Coroglio e la contemporanea cessione a lotti dei terreni edificabili dei quartieri di Bagnoli, Cavalleggeri e Fuorigrotta, fino all'ultima gravissima privatizzazione del bene più essenziale per l'umanità: l'acqua.
A dicembre dello scorso anno infatti con due delibere della giunta regionale della Campania, firmate in calce proprio dal governatore Bassolino, è stata ceduta alla multinazionale Eniacqua la gestione dell'acquedotto della Campania nord-occidentale, comprese le sorgenti. Il 23 novembre del 2004 il Consiglio d'amministrazione dell'Ato2 Napoli-Volturno, con il voto favorevole della maggioranza dei sindaci dei due poli del regime neofascista e dei loro delegati, vara una delibera che spalanca la porta ai privati per la gestione dei servizi idrici di 136 comuni tra Napoli e Caserta. Bassolino, insieme alla neopodestà di Napoli Iervolino, ai presidenti delle province di Napoli e Caserta, Di Palma (Verdi) e Ventre (FI), cerca in tutti i modi di nascondere all'opinione pubblica il grave crimine commesso ai danni delle masse popolari. La delibera prevede infatti a brevissima scadenza l'espletamento di un bando di gara di appalto per l'affidamento ad un soggetto privato del 40% dei servizi idrici e la privatizzazione totale nel giro di due anni. E ciò significherà che gli appalti e il patrimonio campano di infrastrutture e di finanziamenti pubblici finiranno nelle mani della camorra, di piccoli e grandi pescecani capitalisti; la popolazione e gli enti locali saranno costretti a elemosinarla dai privati proprietari degli acquedotti, delle reti, delle sorgenti; lieviterà il prezzo dell'acqua, ci sarà un'ondata di licenziamenti tra i lavoratori del settore e peggiorerà ulteriormente il sistema dei controlli sanitari.
Infine, nel quadro del federalismo, la parcellizzazione privatistica delle fonti idriche sarà causa di contenziosi e "guerre" tra i comuni, le province e le regioni-Stato.

Il dissesto idrogeologico
Il 5 maggio del 1998 l'alluvione di Sarno, emblema del degrado dell'ambiente naturale e urbano della Campania: 160 morti, centinaia di feriti, migliaia di sfollati, danni stimati in oltre 1.100 miliardi di vecchie lire. Quel giorno dalla montagna che separa la provincia di Salerno da quella di Avellino si staccarono milioni di metri cubi di acqua e fango che travolsero Sarno, Quindici, Siano, Bracigliano e cancellarono le frazioni di Episcopio e Lavorate. Nonostante le vibrate proteste dei familiari delle vittime le responsabilità politiche non sono state accertate; ancora oggi, manca una relazione tecnica attendibile che potrebbe - e dovrebbe - specificare le cause e le innegabili responsabilità di amministratori ed enti preposti alla salvaguardia dell'ambiente e della cosa pubblica; la ricostruzione è ancora in alto mare; ad Episcopio molte case sono abbandonate e l'ospedale, in cui persero la vita numerose persone, ha ancora la scia di fango sulle mura. Sembra di rivivere lo sciacallaggio compiuto dalla camorra, in combutta con i partiti governativi, sul disastro del terremoto che devastò l'Irpinia: "Sarno ripropone il circuito perverso sperimentato con il terremoto dell'Irpinia - ha affermato il rappresentante dell'Associazione Rinascere Antonio Milone. L'aggravante è che il disastro ha investito un'area molto limitata, sulla quale si poteva e si doveva intervenire con rapidità ed efficacia".
Il Commissario straordinario, il Presidente della Regione Bassolino e la commissione grandi rischi della Protezione civile, hanno invece sperperato fiumi di denaro pubblico (854 miliardi già stanziati) in modo molto discutibile: non solo non è decollato il ripristino dello stato dei luoghi ma non sono state neanche realizzate quelle opere minime per prevenire disastri futuri, come i canali di contenimento dei fanghi, i cassoni per la raccolta delle acque, l'imbrigliamento dei valloni, il rimboschimento della montagna. I soldi sono stati spesi per costruire nuove e inutili strade e la camorra, con il monopolio nei subappalti, sta facendo nuovamente la parte del leone. Nei paesi colpiti ogni pioggia è un'emergenza, è un rivivere il terrore dell'alluvione. Cosicché a quasi 7 anni di distanza nulla è stato fatto sul fronte del dissesto idrogeologico della Campania e per prevenire i disastri. Tra giovedì e venerdì 4 marzo sono bastate 12 ore di pioggia per mettere in ginocchio l'intera regione: frane, smottamenti, voragini, allagamenti, fiumi straripati dai Camaldoli di Napoli a Nocera Inferiore, da Pozzuoli a Benevento, dalla provincia di Caserta a quella di Avellino. Un vero e proprio bollettino di guerra con quattro morti accertati, decine di feriti e di dispersi, 1500 sfollati, interi paesi completamente isolati. "In Campania esistono 23 istituti di ricerca e 7 centri attivi nel settore ambientale - dice Costantino Severino, segretario dell'Ordine dei geologi campani - ma ogni disastro avviene senza preavviso. E' venuto il momento di sapere che fine fanno i soldi che vengono stanziati".

Il fiume Sarno, il più inquinato d'Europa
"La salvaguardia e la valorizzazione delle risorse ambientali della nostra Regione è compito prioritario e irrinunciabile. L'elaborazione degli strumenti di salvaguardia ambientale deve avvenire con la massima rapidità e deve essere improntata a principi unitari di valorizzazione dell'ambiente, da definire all'interno di un documento di indirizzo dello sviluppo regionale". Dopo cinque anni qual è la situazione del fiume Sarno? è ancora tristemente noto come il più inquinato d'Europa, è un fiume privo di vita che si presenta come una enorme cloaca a cielo aperto dato che raccoglie le acque di un bacino imbrifero esteso per circa 600 kmq che interessa le province di Avellino, Napoli e Salerno, attraversando i comuni di Sarno, S. Marzano sul Sarno, Angri, Scafati, Pagani, Nocera Superiore, Nocera Inferiore, Cava de' Tirreni, Castel S. Giorgio, Roccapiemonte, Mercato S. Severino, S. Valentino Torio (Salerno), Striano, Poggiomarino, Boscoreale, Pompei, Torre Annunziata, Castellammare di Stabia (Napoli), Solofra, Montoro Inferiore, Montoro Superiore (Avellino). Molte sono le industrie, soprattutto le concerie dell'area di Solofra, che vi scaricano i loro rifiuti chimici e centinaia di condotte fognarie vi si immettono abusivamente. Il fiume viene utilizzato come fogna poiché dei 39 comuni del Bacino del Sarno, ben 19 hanno un sistema fognario che copre meno del 33% della popolazione. Secondo un sondaggio di Legambiente il 66% dei cittadini dell'agro-nocerino-sarnese ritiene la Regione responsabile dell'inquinamento del fiume, il 51% l'amministrazione comunale, il 47% la provincia di Salerno, il 43% il Consorzio di Bonifica, il 33% l'Asl, il 31% l'Autorità di Bacino e il 18% la Prefettura. L'opera di bonifica, oltre mille miliardi di vecchie lire di stanziamenti, è stata affidata al commissario straordinario governativo, generale Jucci.

LA SANITA'

Federalismo, privatizzazione e collasso finanziario

Sotto la mannaia dei tagli del governo nazionale e regionale il diritto all'assistenza sanitaria pubblica e gratuita è quotidianamente calpestato. Qui il crimine più grave commesso da Bassolino è quello di avere sostenuto a più riprese il federalismo sanitario, spacciandolo per "solidale", ben sapendo invece che porterà allo spezzettamento dell'Italia e alla disintegrazione del Sistema sanitario nazionale con conseguenze devastanti per le condizioni di salute delle masse popolari del nostro paese, e del Mezzogiorno in particolare.
A devoluzione completata, infatti, scomparirà il residuo di fondo sanitario nazionale (nel 2002 il 50% è andato alle regioni del Nord), i fondi per il ripiano dei disavanzi regionali e i fondi "perequativi" tra le regioni che ad oggi attenuano, non certo colmando, le differenze qualitative e quantitative dei servizi sanitari tra le regioni più ricche e quelle più povere del paese.
A fronte dello sfascio della sanità pubblica che è sotto gli occhi di tutti, la politica sanitaria della regione Campania è stata all'insegna della privatizzazione sempre più spinta dei servizi, l'estensione della sanità a pagamento, il ridimensionamento di quel che resta della sanità pubblica e lo sperpero di risorse. Ingenti finanziamenti pubblici sono stati destinati alle strutture private parificate e accreditate che hanno ormai il monopolio assoluto del settore farmaceutico, della riabilitazione, terapia dialitica, lungodegenza e sempre più spazio anche nei settori della diagnostica per immagini e di laboratorio e nel campo dell'assistenza ospedaliera. Per anni i centri privati, che fanno della salute unicamente una merce per massimizzare il profitto, sono stati rimborsati a peso d'oro dalle Asl, spesso per esami mai eseguiti e prestazioni mai effettuate. Cosicché, legato il cappio intorno al collo della sanità pubblica, Bassolino ha lasciato irresponsabilmente lievitare i debiti contratti con le farmacie, con i centri diagnostici, laboratori di analisi, i centri di riabilitazione privati. Ha affrontato la situazione indebitando la Campania con le banche (factoring), lasciando per mesi e mesi che le farmacie vendessero i farmaci solo a pagamento e infine, decidendo con la odiosa e antipopolare delibera del delisting, varata nell'autunno del 2002, di spostare nella fascia C a pagamento oltre 500 farmaci del prontuario farmaceutico.
A fronte di tutto ciò non si può dire certo che l'assessore regionale alla sanità, la DC Rosalba Tufano e l'eminenza grigia del settore Catenacci, abbiano voltato pagina rispetto ai tempi bui di sanitopoli, limitando gli sprechi e arginando la corruzione: manager, direttori sanitari e amministrativi di tutte le Asl e aziende ospedaliere della Campania sono stati nominati in base ad accordi spartitori tra le principali cosche partitiche della giunta regionale, premiati con profumati contratti miliardari secondo un manuale di lottizzazione degno dei tempi di Gava. Bassolino ha speso miliardi di denaro pubblico, ed è sotto inchiesta, per avere distribuito consulenze d'oro e "incarichi esterni" milionari ad appartenenti alla sua lobby mentre il bilancio investigativo del 2003 segnalava la Campania in cima alla classifica delle truffe ai danni del SSN, con 20 organizzazioni criminali impegnate in questo settore. Uno dei casi più eclatanti quello del "Centro ricerche" di Ermes Tornatore, proprietario di 4 centri di analisi e diagnostica, di una clinica privata e di una ditta che ha il monopolio nella fornitura di reagenti per analisi di laboratori. Il centro era accreditato e finanziato dalla regione, da marzo a dicembre del 2002 gli erano stati rimborsati ben 18 milioni di euro per migliaia di costosissimi esami di funzionalità tiroidea mai effettuati, ma registrati a carico dell'intera popolazione anziana di Scampia.
Si capisce bene allora il motivo per cui il "sistema sanitario regionale" rischia il crack finanziario con un deficit che ha raggiunto i 7mila miliardi di vecchie lire e che puntualmente si vuole scaricare sui lavoratori e le masse popolari.

Il piano sanitario regionale
Il fiore all'occhiello di Bassolino è il varo del piano sanitario regionale (PSR) 2002-2004 dove si tracciano le linee guida della riorganizzazione federalista del settore sanitario e socio-sanitario e del conseguente spezzettamento e distruzione del "sistema sanitario nazionale" e si sancisce per la prima volta che i cardini del "nuovo sistema" sono il "libero mercato", la "legge della domanda e dell'offerta", "la competizione" e la "parità tra pubblico e privato". Da queste concezioni thatcheriane, liberiste e federaliste emerge una sanità supermarket di servizi entro la quale la salute è una merce come le altre dalla quale è legittimo trarre il massimo profitto al minimo costo.
Le conseguenze si stanno già vedendo: Asl sempre più managerializzate e vincolate al pareggio di bilancio e che, per fare fronte al prosciugamento dei finanziamenti statali e regionali, estendono i servizi a pagamento ed "affidano a terzi i propri servizi e le proprie attività", ossia li svendono a pezzi; medici di base e pediatri con i loro "budget" che si aggregano in gruppi in competizione tra loro, taglio drastico dei piccoli ospedali, dei posti letto pubblici e della durata delle degenze tramite l'utilizzo indiscriminato del day-hospital e del day-surgery. A "riforma" completata, dopo il varo del nuovo piano ospedaliero, accadrà né più e né meno di ciò che è accaduto in Puglia con il governatore della Casa del fascio Fitto. Il mastino bassoliniano Andrea Cozzolino (DS, vicepresidente della commissione bilancio della Regione Campania) invitò così ad andare avanti nel taglio degli ospedali senza ascoltare le proteste popolari: "Voglio ricordare che quando si è trattato di difendere scelte sacrosante, Bassolino il polso fermo con la piazza lo ha tenuto. Un esempio per tutti, la vicenda delle liste dei disoccupati" ("Il Mattino" del 22 agosto 2002).
C'è poi il capitolo del personale sanitario cui il Psr dedica un paragrafo dal titolo inequivocabile: "indirizzi strategici: flessibilità" per "allineare le aziende pubbliche ai principi della gestione delle risorse umane del settore privato tramite la riconversione del personale, la stipula di contratti a tempo determinato in alternativa a quelli a tempo indeterminato, la mobilità orizzontale interna e la mobilità nell'ambito del Ssr". Non si esclude quindi il dirottamento del personale pubblico in esubero verso le strutture private. Non potevano mancare infine alcuni passaggi sugli incentivi alla creazione di fondi privati e mutue corporative integrative rispetto ai "livelli essenziali" di assistenza.
In alcuni passaggi si afferma addirittura che "il Sistema sanitario regionale è una holding con a capo la regione come impresa capogruppo".
Altro punto "qualificante" del piano è la restaurazione di nuove forme di assistenza caritatevole tramite lo sfruttamento a costo zero di un esercito di volontari a cui affidare in via sussidiaria i servizi meno produttivi come ad esempio l'assistenza ad anziani e disabili.

Le condizioni di salute della popolazione
Dai dati presentati nel piano sanitario regionale 2002-2004 si evince che in Campania si muore di più che nel resto d'Italia: i tassi di mortalità standardizzati per età su 100mila abitanti nel periodo 1990-1994 rivelano un eccesso di mortalità complessivo rispetto alla media italiana del 32,8%, con decessi più alti della media nazionale, sia per gli uomini che per le donne, per tutte le principali cause di morte: ictus +41,3%, infarto +10,4, bronchite, enfisema ed asma +55,5, cirrosi epatica +92,8, diabete mellito +76,6, insufficienza renale +46,0, ipertensione +58,1. Ancora altissima, sia per gli uomini che per le donne, la mortalità per tumori del fegato e cirrosi epatica dove il tasso di mortalità in Campania è il più alto d'Italia (51,7%) ed il doppio di quello medio nazionale (26,7%), a Napoli (64,7%) quasi il triplo. Un altro dato che testimonia le carenze del sistema sanitario regionale e la fallimentare politica bassoliniana sono i cosiddetti "viaggi della speranza" fuori regione o all'estero dei cittadini campani. Ben 100mila persone l'anno si ricoverano altrove, altro triste record nazionale della nostra regione. Ancora nel 2002 ben l'87% dei trapianti di fegato è avvenuto fuori regione e ben il 17% dei trapianti di fegato effettuati in Italia ha riguardato malati residenti in Campania. Secondo un'indagine epidemiologica condotta da un ricercatore del Cnr di Pisa in Campania esiste persino un "triangolo della morte" causato dall'inquinamento nel territorio a Nord di Napoli.

Lo sfascio degli ospedali "pubblici"
Per quanto riguarda gli ospedali e i posti letto essi sono in numero inadeguato nei capoluoghi di provincia, del tutto insufficienti nelle zone interne della Campania, cosicché accade ancora che in media circa 200 pazienti vengano parcheggiati quotidianamente in barella nell'inferno dell'ospedale Cardarelli di Napoli, come negli altri fatiscenti nosocomi napoletani del Vecchio Pellegrini, Ascalesi, Annunziata. Addirittura nell'estate scorsa il reparto di otorinolaringoiatria dell'ospedale Gesù e Maria del centro di Napoli portò letti e barelle sul tetto del nosocomio per mancanza di spazio. Altri casi eclatanti: l'ospedale di Giugliano, utenza di 250 mila abitanti, solo 4 posti letto di pronto soccorso, l'ospedale di Gragnano, lavori in corso da 35 anni, l'ospedale di Poggerola (Amalfi), costruito ma mai entrato in funzione, l'ospedale di Sarno distrutto dall'alluvione e non ancora ricostruito, l'Ospedale di Torre del Greco e quello di Castellammare (utenza 550mila persone) dove manca la Tac e spesso addirittura il filo di sutura in sala operatoria. Per non parlare della neo "Azienda Ospedaliera Universitaria" di piazza Miraglia, nel pieno centro antico di Napoli, una realtà assistenziale nata con carenze di personale infermieristico e socio sanitario, con condizioni operative del servizio ambulanza ai limiti del collasso: due macchine poste in fermo dalla polizia municipale per mancanza di revisione, una terza dismessa per anzianità e adibita a trasporto salme, a parte l'unità mobile di rianimazione, una sola ambulanza, senza sirena né radio, per trasportare decine di pazienti, per visite e consulenze, da un capo all'altro della città.
In queste condizioni da Terzo mondo uno scandalo è il fatto che posti letto, strutture e macchinari delle aziende ospedaliere pubbliche vengano sempre più spesso riservati per l'attività intramoenia, ossia privata e a pagamento, cosicché le liste di attesa per le visite e gli esami, per coloro che non hanno "santi in paradiso" e non possono permettersi di rivolgersi al privato, si allungano sempre più. L'assistenza domiciliare è una chimera. Infine, un complimento a Bassolino per avere finalmente stanziato i fondi per la costruzione del polo pediatrico più grosso della Campania, peccato che sorgerà di fronte all'inceneritore di Acerra.

Le carenze dei servizi di base territoriali
Anche i servizi essenziali dei distretti sanitari delle Asl come i poliambulatori, i consultori, i servizi di prevenzione, di salute mentale, per la cura della tossicodipendenze sono in agonia, alle prese con sempre più croniche carenze di personale, orari di apertura dimezzati ed ospitati in locali fatiscenti, come per il Sert dell'Ospedale S. Paolo di Napoli arrangiato in una roulette-prefabbricata o come il Sert del centro di Napoli dove quattro infermieri e 5 medici devono quotidianamente sostenere un afflusso medio di 150-200 pazienti. Per non parlare del Sert di Brusciano recentemente chiuso a tempo indeterminato perché sfrattato dal proprietario dei locali dov'era ospitato. Più in generale bisogna sapere che l'Asl Napoli1, con il bacino d'utenza più grande d'Europa, lavora con una pianta organica che ha un buco di 4mila unità, e fa ricorso a contratti precari e a termine, ad una esasperata mobilità interna e all'utilizzo indiscriminato del lavoro "straordinario".
Il cosiddetto 118, sistema per l'emergenza territoriale, non è ancora decollato e nonostante i miliardi spesi e regalati a ditte private per gli appalti e i subappalti, è ancora niente più di un centralino telefonico.
Non possiamo dimenticare infine le responsabilità di Bassolino per il rogo nella struttura di S. Gregorio Magno (Salerno) del 2001, dove morirono bruciati vivi per un corto circuito 19 anziani e malati di mente. Dalle indagini sulla strage si venne a sapere che Asl e Regione avevano da anni abbandonato i pazienti in condizioni disumane e pericolose: "vivevano" in una struttura baracca-container inviata dalla Francia al tempo del terremoto dell'Irpinia.

LA SCUOLA E L'UNIVERSITA'

L'operato della giunta di "centro sinistra" guidata dal Bossi del Sud Antonio Bassolino sull'istruzione si è fondata sostanzialmente sull'avallo di tutte le politiche neofasciste centrali volute dal governo e dalla gentiliana Moratti, mentre l'accesso all'istruzione in Campania si sta trasformando in un grosso problema per il proletariato e le masse popolari.

L'abbandono delle strutture scolastiche e universitarie
Scuole e università pubbliche versano in condizioni disastrose. Il 20% degli edifici presenti sul territorio non ha il certificato di agibilità statica, il 22,7% non ha il certificato di agibilità igienico sanitaria. Esasperante ancor di più il dato relativo alla prevenzione incendi, infatti, in Campania il 70% non ha il certificato prevenzione incendi. Le scuole prive di scale di sicurezza e porte antipanico sono il 24,32%. Negli ultimi 5 anni il 96% delle scuole ha richiesto interventi manutentivi e strutturali e solo la metà è stata soddisfatta.
Per quanto riguarda l'edilizia universitaria, la situazione è a dir poco disastrosa, la scorsa primavera in uno dei palazzi affittati all'Istituto universitario Orientale è caduto il soffitto sui banchi di studio. Anche le altre università, con poche eccezioni, sono prive di servizi per gli studenti, come biblioteche, mense, aule studio. In alcuni casi, come alla Partenope, gli studenti sono costretti a seguire i corsi nei cinema. Gli studentati si contano sulla punta delle dita.
La dispersione scolastica è in continuo aumento a causa della mancanza di lavoro e del generale impoverimento delle masse popolari. Inoltre la deindustrializzazione dell'intero territorio campano non dà nessuna possibilità di occupazione né ai giovani diplomati né tanto meno ai laureati. A tutto questo si sommano lo spropositato aumento dei testi scolastici ed universitari e delle tariffe dei mezzi di trasporto e le elevate tasse universitarie, una vera mannaia.

La precarietà della docenza
Per ciò che attiene la docenza nella scuola, la precarietà sta portando nel Mezzogiorno il numero dei precari con contratto a tempo determinato annuale a 7.025 e quelli con contratto a tempo determinato fino al termine delle attività didattiche a 21.959. I docenti precari rappresentano il 13,6% del totale, di cui in Campania (rispetto al numero totale precari e non) abbiamo il 9,4%. Senza contare che in Campania c'è stata solo nel 2003 una diminuzione del corpo docenti di 1.343 unità, l'1,5% dell'organico regionale.
Il direttore scolastico regionale Antonio Bottino con la connivenza della Regione Campania, ha ridotto il numero dei docenti di sostegno, nonostante il numero in aumento degli studenti affetti da handicap, passato dai 20.100 nell'anno 2003/04 a 21.000 nel 2004/05. Questo ha generato la riduzione del numero delle classi, facendo in modo che il numero medio di alunni per classe, pari a 23,9 risulta il più alto d'Italia e rendendo complesso l'apprendimento, il tutto a favore delle scuole private parificate.
Per quel che riguarda la docenza nell'Università, l'autonomia economica e finanziaria, l'intensificarsi della privatizzazione, la neofascista controriforma Moratti e il ddl Moratti/De Maio sul riordino della docenza, rendono invivibile l'università, confermando il ruolo dei baroni al suo interno che dettano le leggi e i modi di spesa dei singoli dipartimenti.

Le leggi regionali filomorattiane
Per rimuovere questo stato di cose gli assessori regionali alla istruzione e formazione Adriana Beffardi (DS) e alla universita' e ricerca scientifica e tecnologica, Luigi Nicolais (DS) non hanno fatto nulla. Le risposte delle istituzioni per le studentesse e gli studenti medi che si sono opposti alla neofascista controriforma Moratti sono state tutte incentrate sulla repressione di stampo fascista. Tutti d'accordo, presidi, questure, dirigenti scolastici e assessori hanno messo a punto un piano per militarizzare le scuole in Campania, con telecamere e presidi costanti delle "forze dell'ordine". Per le università basti ricordare l'ultima trovata dell'Edisu: la schedatura con le impronte digitali degli studenti che accedono ai punti mensa.
Le leggi che la Regione ha adottato sono state 2. La prima dal titolo "Norme regionali per l'esercizio del diritto all'istruzione e alla formazione" è stata sbandierata da Bassolino e Buffardi come una grande conquista sociale e accolta positivamente dai miopi dirigenti e della "Sinistra giovanile", e persino dall'Uds. Questa legge, in realtà non dice una parola sulla controriforma Moratti, di fatto avallandola. E' fondata sulla meritocrazia e sulla parificazione degli istituti privati. Il nero, quanto subdolo, obiettivo di Bassolino e dei suoi tirapiedi è quello di parificare le scuole private, rette dal clero in Campania, con quelle pubbliche, in nome della nuova parola d'ordine emersa dal neonato statuto campano "Dio, patria e famiglia", visto che a causa del federalismo fiscale le scuole pubbliche campane sono destinate ad arrancare se non addirittura perire. Tutti i bei propositi demagogici che la legge si pone relativamente al diritto allo studio non trovano nessun tipo di riscontro nella pratica visto che non ci sono fonti a cui attingere. Inoltre Bassolino con questa legge-contentino consegnata alle masse studentesche, guarda caso subito prima delle elezioni regionali, mira a frenare l'astensionismo di sinistra dilagante radicato soprattutto nei giovani. Insomma due neri piccioni con una fava per questo piccolo duce. L'altra legge varata dalla federalista e presidenzialista giunta regionale si intitola: "Promozione e valorizzazione delle università in Campania". Una legge questa senza precedenti che apre il campo ai privati senza limite e crea delle lobby di potere che inevitabilmente influenzeranno il corso della gestione universitaria e la sua linea di indirizzo. La legge riconosce valore alle aberranti scuole di eccellenza e ai master, dei quali promuove l'istituzione e il finanziamento, precludendo di fatto i massimi livelli dell'istruzione alle masse popolari e al proletariato e avallando nel metodo e nella forma la controriforma Moratti in campo universitario. La legge istituisce un organo denominato "Comitato di indirizzo e programmazione". Una vera e propria lobby di cui fanno parte come presidente l'assessore all'università e alla ricerca scientifica e 3 professori ordinari. Tale comitato ha potere per tutto ciò che riguarda i finanziamenti alle università. Insomma, una legge in pieno stile neofascista e berlusconiana che spinge verso l'autonomia finanziaria e organizzativa e la privatizzazione dell'università e le masse popolari nel baratro dell'ignoranza.
In sostanza Bassolino ha fatto molto per invitare i padroni a mettere le mani sull'università, nulla per le masse popolari e il proletariato campani: è dunque nostro dovere marxista-leninista smascherare l'operato di questo rinnegato del comunismo, invitare l'elettorato ad astenersi, disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco, e lottare per scuola e università pubbliche, gratuite e governate dagli studenti.

LA CASA

Nei cinque anni di governo, Bassolino, assieme ai governi cittadino e provinciale napoletani di "centro-sinistra", della neopodestà DC Iervolino e del rinnegato Lamberti, non ha combinato un bel nulla sul fronte dell'incentivazione dell'edilizia popolare. Anzi, la politica dell'edilizia abitativa è in uno stato pietoso con migliaia di sfratti esecutivi che hanno colpito, stanno colpendo e colpiranno altrettante famiglie campane; la svendita del patrimonio pubblico, soprattutto nella città di Napoli, a grandi cartelli immobiliari come i padroni del mattone "Romeo" e "Pirelli"; l'emergenza per centinaia di migliaia di famiglie di trovare un alloggio alternativo a quello sito alle falde del Vesuvio; l'abbandono definitivo di qualsiasi politica per il rilancio dell'edilizia abitativa, per il riutilizzo degli edifici abbandonati da anni e mai riutilizzati a favore delle masse popolari.
Sono ben 10mila gli sfratti pendenti o esecutivi che hanno colpito le masse popolari campane (maggiormente a Napoli) tra il 2002 e 2005. Una nuova pioggia di sfratti si avrà dagli inizi di aprile dopo la volontà della Casa del fascio (e il silenzio-assenso del governatore Bassolino) di non prorogarli oltre il 31 marzo 2005. Nessuna alternativa per le famiglie se non quelle di avere i ridicoli contributi elargiti da Regione o governo (a seconda dei casi). All'interno della zona rossa del Vesuvio ci sono ben 20mila famiglie in 18 comuni diversi, la Regione e l'assessore di riferimento, l'ex craxiano Di Lello, hanno varato una legge regionale che assegna bonus di 30mila euro alle famiglie che vogliono lasciare le proprie abitazioni. Legambiente ha denunciato che questa legge è stato un fallimento dall'anno del suo varo (2003): ben il 75% delle famiglie ha rigettato l'ipotesi di poter prendere in considerazione il bonus, denunciando il fatto che 30mila euro sono una vergogna perché niente affatto sufficienti per acquistare una casa in alternativa.
La svendita del patrimonio pubblico e la possibile cartolarizzazione dei monumenti (con l'affidamento della gestione ai privati!) sono altre due decisioni che graveranno e moltissimo sulle masse popolari. Migliaia e migliaia di abitazioni dal centro di Napoli fino alla periferia e all'hinterland metropolitano saranno svendute. Prima a fare l'affare è stata la Romeo Immobiliare, che ha oggi in appalto la "manutenzione e il controllo" di decine di migliaia di case popolari. Sulla svendita delle case dell'ex-Risanamento di Napoli l'affare d'oro è stato afferrato dal pescecane Tronchetti Provera, padrone di Pirelli, Telecom e "La7", e fondatore del nuovo mercato del mattone targato "Pirelli immobiliare" che ha creato di fatto in Campania (e soprattutto a Napoli) il mercato unico della casa, distruggendo la concorrenza degli altri padroni di Tecnocasa, cui ha lasciato solo le briciole. Il patrimonio della ex-Risanamento consta di ben 5.000 tra alloggi e negozi e numerose sono state le proteste di inquilini e dei piccoli commercianti (per lo più aziende a conduzione familiare) per i fitti altissimi che i dirigenti Pirelli hanno imposto per costringere le masse ad acquistare per forza le case e i negozi, sotto il ricatto dello sfratto. Anche in questo caso con il silenzio-assenso delle istituzioni locali in camicia nera, prima fra tutte la regione Campania, che tramite il governatore Bassolino non è mai intervenuta sull'argomento.

I TRASPORTI

Per quanto riguarda il trasporto pubblico sia su ferro che su gomma c'è stata molta propaganda e pochi fatti concreti. ll fantomatico "sistema integrato dei trasporti regionali" è ancora di là da venire checché ne dica l'assessore regionale ai trasporti, il bassoliniano doc Ennio Cascetta. Dopo oltre 30 anni di lavori, la holding Metronapoli spa, che gestisce due linee metropolitane e quattro funicolari, ha aperto la tratta Piscinola-Dante della linea1, di 12,5 km e appena 14 stazioni. Insomma, non è stata completata neanche tutta la tratta napoletana; manca il collegamento con l'aeroporto. Si è aperta una pericolosa guerra con Trenitalia spa sulla proprietà dei binari. L'intera provincia a nord di Napoli non è per nulla servita, ci sono autobus a singhiozzo e collegamenti affidati a ditte private e gestione lasciata alla discrezionalità delle amministrazioni comunali e provinciali. L'Alifana è stata chiusa, ora è in costruzione un nuovo tragitto in cui le stazioni previste sono lontane dal centro dei paesi. La FS di Giugliano, che collega Napoli, Fuorigrotta e Roma è lasciata allo sfascio, mancano controlli e non vi sono sistemi di trasporto navetta con i comuni limitrofi, per raggiungerla si passa tra le discariche, la sera è inagibile, spesso vi sono notizie di ragazzi morti per mancanza di opportuni sistemi di sicurezza. Simile è la situazione della stazione FS di Aversa. Mancano completamente i trasporti per arrivare all'area industriale di Marcianise (Caserta). La realtà è che molte grandi e piccole città delle varie province sono isolate. Nel Cilento e nel Vallo di Diano spostarsi con i mezzi è un'odissea, vi sono centinaia di paesi di collina e di montagna isolati dalla rete ferroviaria e raggiungibili solo con autobus di ditte private che non rispettano gli orari e stabiliscono arbitrariamente le tariffe. La maggior parte del sistema ferroviario campano è ancora a binario unico. L'autostrada Napoli-Salerno, a pagamento, è permanentemente punteggiata di lavori in corso, subappaltati alle cosche camorristiche (come è successo anche per la "grande opera" dell'alta-velocità Napoli-Roma, per la LTR e per la linea1 della metropolitana di Napoli), mancano sistemi di informazioni agli utenti, vi sono sempre file chilometriche. E' rincarata la tariffa per accedere alla caotica tangenziale di Napoli.

Il dissesto e la privatizzazione del trasporto marittimo
Alle regioni e agli enti locali il D.L.vo n. 422/97 affida compiti in materia di servizi pubblici di trasporto. La Regione Campania s'è data la legge n. 3/2002 relativa al trasporto e alla mobilità, ma le inadempienze della giunta di "centro-sinistra", in continuità con quella precedente di "centro-destra", sono tante e gravissime. La stessa L.R. prevede la l'istituzione della Consulta Regionale per la Mobilità, che, se applicata, sarebbe servita a richiamare l'attenzione sulle carenze e sulle proposte. Eppure, questa giunta, nel timore di essere controllata, non ha avuto né il coraggio né la forza di attuarla. A briglie sciolte, invece, la giunta Bassolino ha potuto continuare, indisturbata a: operare discriminazioni ai danni della Società di Stato ed a favore degli armatori privati; favorire la politica delle lottizzazioni; ignorare le esigenze delle masse, dei lavoratori pendolari, dei viaggiatori e dei turisti; negare alle popolazioni delle isole servizi minimi; ignorare le esigenze dei diversamente abili; non tenere conto delle proteste e delle proposte dei lavoratori e di associazioni di utenti del trasporto marittimo. Troppe illegalità sono avallate dalla Regione Campania per favorire abusi e strapotere degli armatori privati nei porti del Golfo di Napoli e delle isole, spesso con gravi ripercussioni sulla stessa incolumità di lavoratori pendolari, viaggiatori e turisti; troppe illegalità riguardano le stesse gare indette dalla Regione in contrasto con le stesse norme comunitarie. Le discriminazioni a favore dei padroni sono ormai sotto gli occhi di tutti: basti citare il fatto che la società di Stato Caremar si è vista annullare la concessione sui collegamenti veloci da Napoli per Capri e viceversa, pur avendoli sempre effettuati in modo puntuale ed efficiente, in seguito a un ricorso presentato dagli armatori privati; e che la Regione Campania ha affidato lo stesso servizio al Consorzio Neapolis, tra le proteste dei pendolari, dei residenti e dei sindaci di Capri ed Anacapri vista anche la mancanza di garanzie per la mobilità. Insistenti sono le proteste delle isole di Ischia e Procida, le cui esigenze relative ai servizi minimi di spostamento vengono continuamente ignorate dalla Commissione della Regione Campania. Le stesse isole sono ancora escluse dai benefici del Metrò del Mare che potrebbe sopperire alle carenze di collegamento nell'ambito flegreo. La presenza di navi vecchie e inadeguate, non più rispondenti alle norme e alle esigenze, rappresenta una grossa contraddizione con la necessità di garantire servizi efficienti e moderni in località che vivono di turismo e che hanno bisogno di servizi adeguati ad un movimento internazionale.

LO STATUTO REGIONALE NEOFASCISTA E FEDERALISTA

Con l'approvazione in prima lettura dello statuto regionale, il Bossi del Sud, al pari del neoduce Berlusconi, ha sottoscritto definitivamente il neofascismo. Ispirato dal motto "Dio, patria, famiglia". Il nuovo statuto è un mostro normativo che fa del presidenzialismo, del federalismo e del neoliberismo le nuove bandiere dello strapotere del governatore regionale. Il presidenzialismo bassoliniano ricalca, a livello locale l'idea di Mussolini e Berlusconi del cosiddetto "premierato forte", il cui scopo è accentrare tutto il potere nelle mani dell'"uomo della provvidenza" e di eliminare man mano la funzione del parlamento, ridotto a mera cassa di risonanza dell'esecutivo; così sarà anche per il Consiglio regionale.
Come abbiamo denunciato su "Il Bolscevico" n.2/2005 con questa controriforma costituzionale il governatore diventa di fatto un piccolo neoduce regionale. In questo quadro i richiami formali ai principi democratici e alla separazione dei poteri servono solo a nascondere che il consiglio regionale non rappresenta affatto la "centralità politico-istituzionale della Regione", bensì un organo totalmente sottomesso al governatore-duce della giunta eletto in maniera plebiscitaria. Per acquietare i consiglieri regionali, privati di funzioni e poteri classici di una Repubblica democratico-borghese, lo statuto ha previsto l'aumento delle poltrone da 60 a 80 consiglieri, e l'equiparazione dello "status dei consiglieri regionali a quello dei parlamentari nazionali".
Nel testo troviamo poi solo chiacchiere sui temi scottanti del diritto al lavoro, alla casa, alla salute, nulla sul tema della lotta contro la camorra mentre i principi fondamentali, ribaditi in maniera martellante sono quelli del federalismo e della sussidiarietà, ossia il disimpegno definitivo dello Stato nelle materie attribuite alle Regioni che dovranno sbrigarsela da sole. Il federalismo "solidale", abbiamo già detto è un grande imbroglio di Bassolino, a cui si affiancano i riferimenti demagogici ed elettoralistici al femminismo piccolo-borghese e al "bilancio partecipato".
Gravissimo e inaccettabile l'abbandono dei valori dell'antifascismo, relegati in un cantuccio per far posto alle "radici cristiane della Campania", introdotte nel testo per compiacere le oscurantiste gerarchie ecclesiastiche.

ASTIENITI (Diserta le urne, annulla la scheda o lasciala in bianco)

L'esperienza del governo comunale prima e regionale poi di Antonio Bassolino è la dimostrazione più evidente che le istituzioni rappresentative borghesi a tutti i livelli, non sono altro che degli orpelli con cui la classe dominante borghese maschera la propria dittatura sul proletariato e le masse popolari, anche quando esse sono governate dalla "sinistra" borghese. L'abbiamo verificato durante i cinque anni del governo centrale del "centro-sinistra" e lo constatiamo da decenni nelle tante regioni, province e comuni, non solo campani, in cui la "sinistra" borghese, incluso il PRC, è al governo. Il proletariato e le masse debbono ribaltare la disumana realtà di oggi, negando la fiducia e il voto ai partiti che ne sono responsabili e che hanno governato e governano la Campania. Per questo diciamo che l'arma elettorale più efficace per contrastare il regime neofascista, rappresentato dal neoduce Berlusconi a livello nazionale e dai candidati a governatore a livello regionale è l'astensionismo elettorale. Disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco, si può infatti, assestare un duro colpo ai quattro candidati in lizza, che sono: Il governatore regionale uscente Bassolino, per l'Unione, il fascista Italo Bocchino per la Casa del fascio, Gianfranco Rotondi per la Democrazia Cristiana, Alessandra Mussolini, nipote del boia Mussolini per la fascistissima "Alternativa sociale" appoggiata da un coacervo di rottami della destra eversiva e golpista degli anni '70. L'astensionismo marxista-leninista è l'unico voto anticapitalista, antimperialista, antifascista, antipresidenzialista, antifederalista e antirazzista, l'unico voto che eleva la combattività delle masse e la loro coscienza politica, che ci aiuta ad educare le nuove generazioni alla lotta rivoluzionaria, antistituzionale e antiparlamentare, a coinvolgere sempre più le masse nella lotta di classe, a renderle sempre più fiduciose nelle proprie possibilità, indebolendo, delegittimando e disgregando le istituzioni rappresentative borghesi e i partiti che le appoggiano. L'astensionismo cosciente è un voto dato al PMLI e al socialismo. Diversamente si va esattamente nel senso opposto, si dà di fatto il consenso agli oppressori ed agli sfruttatori, agli imbroglioni ed ai nemici del popolo. Il nostro astensionismo non è fine a se stesso, ma parte della nostra strategia volta all'unione delle masse astensioniste, anticapitaliste e fautrici del socialismo nelle Assemblee popolari.
Le Assemblee popolari basate sulla democrazia diretta devono essere costituite su base territoriale da tutti gli abitanti residenti dai 14 anni in su, che si astengono alle elezioni, che dichiarano di essere anticapitalisti, antifascisti e fautori del socialismo, disposti a combattere le istituzioni, il potere centrale e locale e il sistema capitalistico.
Ogni Assemblea popolare dotata di un proprio regolamento interno che ne garantisce la massima democraticità ed operatività, elegge il proprio governo, denominato Comitato popolare.
I membri del Comitato popolare sono eletti con voto palese e mandato revocabile in qualsiasi momento dall'Assemblea popolare territoriale, sono eleggibili fin dall'età di 16 anni indipendentemente dalla razza, dal loro orientamento sessuale e dalla loro confessione religiosa o ateismo, inoltre devono essere rappresentati in modo paritetico le donne e gli uomini.
Dai Comitati popolari di quartiere, a ruota, sempre per elezioni basate sulla democrazia diretta si passerà all'elezione dei Comitati popolari cittadini, provinciali e regionali, sino ad arrivare al Comitato popolare nazionale, che rappresenta il governo centrale delle masse astensioniste, anticapitaliste, antifasciste e fautrici del socialismo. Con questo sistema prenderanno vita le istituzioni rappresentative delle masse popolari, che potranno contrapporsi alle istituzioni borghesi a tutti i livelli, da quello regionale a quello nazionale, la centrale democratica alternativa ed antagonista, che fungerà da guida per il raggiungimento delle rivendicazioni delle masse in lotta e da contraltare democratico alla falsa e solo apparente democrazia borghese.
Contro lo spezzettamento dell'Italia e il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. PER L'ITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA. Astieniti (diserta le urne, annulla la scheda o lasciala in bianco).
Abbandoniamo le illusioni elettorali ed istituzionali!
Costruiamo le istituzioni rappresentative delle masse!
Per la Campania governata dal popolo ed al servizio del popolo!
Buttiamo giù il neoduce Berlusconi!
Lottiamo per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri e il PMLI vinceremo!

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
Campania

Napoli, 6 marzo 2005