Documento del PMLI.Campania
Bilancio fallimentare della giunta Bassolino
La proposta alternativa del PMLI

Domenica 28 marzo e lunedì 29 marzo 2010 si svolgeranno le elezioni regionali. Il PMLI.Campania a beneficio dell'elettorato presenta di seguito un bilancio sintetico dell'operato del governatore Antonio Bassolino, al suo secondo mandato. Al contempo proponiamo l'alternativa del PMLI.

Il lungo elenco del disastro
La giunta Bassolino lascia una Regione dove si contano oltre un milione di disoccupati e si perpetua l'ecatombe di posti di lavoro nell'industria, nell'agricoltura e anche nel tanto decantato terziario.
Una Regione dove dilagano la povertà, la miseria, l'emarginazione sociale, il lavoro nero con il suo corollario di schiavitù e stragi camorriste, l'evasione scolastica e l'analfabetismo.
Una Regione affamata, dove per portare qualche soldo a casa bisogna fare i salti mortali, come durante i tempi più duri dell'occupazione nazista.
Una Regione dove è ripresa massiccia l'emigrazione di manodopera qualificata e non, con tassi altissimi anche in confronto alle altre regioni meridionali.
Una Regione dove gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali sono più frequenti che altrove se vengono rapportati ai posti di lavoro. Sono centinaia le aziende campane, soprattutto sotto i 15 dipendenti, pericolose per la salute e l'integrità psico-fisica delle lavoratrici e dei lavoratori, con un incalcolabile numero di incidenti e un gravissimo stillicidio di morti sul lavoro.
In Campania il 2008 si è chiuso con il bilancio di 84 lavoratori ammazzati dal dio profitto. Ma nulla è cambiato nel 2009, se non fiumi di lacrime da coccodrillo versate del governatore Bassolino e del suo assessore al non lavoro Corrado Gabriele rispetto al dramma delle morti sul lavoro.
Una Regione sfregiata dal dissesto idrogeologico, dalla speculazione edilizia, dall'avvelenamento del mare, dei fiumi, della terra, dell'aria.
Una Regione con il più basso tasso di raccolta differenziata dei rifiuti e l'inceneritore più inquinante del mondo (ad Acerra) dove non c'è più luogo che non sia asfissiato da una cappa di veleni tossici.
Una Regione dove l'onnipresenza dei trust camorristici è sempre più sfacciata non solo nel monopolizzare il settore del commercio della droga, della speculazione edilizia, dello smaltimento criminale dei rifiuti ma anche nei settori della finanza, del commercio, del turismo, e sopratutto nelle istituzioni.
Una Regione con una Asl e il record di Comuni sciolti per infiltrazione camorristica, citiamo solo il clamoroso caso della cupola diessina che governava Orta di Otella, nel casertano e il caso della holding dei Casalesi che spadroneggia da Casal di Principe al litorale domizio fino alle porte di Roma.
Una Regione che a fronte di una torchiatura fiscale incredibile per le condizioni in cui versano i servizi, è piena di balzelli, come la tassa dei rifiuti (Tarsu) tra le più alte d'Italia.
Una Regione dove le scuole, gli ospedali, le sedi universitarie cadono a pezzi.
Una Regione dove gli immigrati clandestini sono sfruttati come schiavi da negrieri e caporali nei campi, in terra di lavoro, nella piana del Sele, nell'agro-nocerino-sarnese, i quali oltre allo sfruttamento bestiale dei padroni devono anche subire la criminale ondata di razzismo e xenofobia scatenata dal nero governo del neoduce Berlusconi.
Una Regione dove quotidianamente si consumano delle vere e proprie estorsioni camorristiche ai danni delle masse popolari, come è il caso degli esattori della Gest-line-Equitalia spa, concessionaria degli enti creditori, la quale per una multa o una bolletta non pagata non si fa scrupoli di gettare sul lastrico migliaia di famiglie, arrivando persino a mettere all'asta gli appartamenti in combutta con le agenzie immobiliari.
Una Regione dove gli ammalati sono sempre più falcidiati con balzelli, ticket, taglio dei reparti, degli ambulatori e dei posti letto e dove viceversa sono stati regalati miliardi di euro agli insaziabili pescecani della sanità privata (diagnostica e riabilitazione su tutti) e dove persino l'Istituto dei tumori Pascale è stato trasformato in Fondazione, con tutto ciò che ne consegue.
Una Regione dove persino beni pubblici essenziali come l'acqua e i servizi idrici sono stati consegnati nelle mani delle multinazionali e della mafia, comunque denominata (si veda il caso dell'Ato3 sarnese-vesuviano).
Una Regione dove non si intravede nessun segnale positivo di ripresa e di sviluppo neanche nel tanto decantato settore dei trasporti governato dal papabile sostituto di Bassolino (il prof. Ennio Cascetta del Pd), con l'eterna incompiuta linea1 della metropolitana bloccata ad appena 13 fermate. Con il trasporto merci che grava tutto sulle arterie viarie, come l'"autostrada" Napoli-Salerno e l"Asse Mediano" sistematicamente costellate di "lavori in corso" e lottizzate dai clan. Con il servizio pubblico marittimo affondato e alla deriva a causa della "concorrenza" piratesca degli armatori privati. Con l'aeroporto di Capodichino nelle mani degli inglesi della Baa (primo esempio di privatizzazione di un servizio aereo in Italia) e la collegata Atitech (ex-Alitalia) messa in cura dimagrante per cederla al presidente dell'Unione Industriali di Napoli, Gianni Lettieri. Per non parlare del degrado infinito in cui versa la antica domiziana, sotto tutti i punti di vista una strada da Terzo Mondo!
E che dire di Napoli, il capoluogo, da sempre lo specchio delle condizioni in cui versa la Campania e il Mezzogiorno d'Italia: non c'è bisogno di scendere nelle fogne, abbandonate dall'epoca borbonica, basta guardare la condizione dei quartieri: le strade, i palazzi, le piazze, i trasporti, le scuole, gli ospedali. Basta contare il numero delle fabbriche, degli asili nido pubblici e gratuiti, basta contare il numero dei senza tetto, di chi sopravvive con pochi spiccioli al mese, delle persone costrette a sfamarsi facendo l'elemosina o rivolgendosi agli usurai!

L'arroganza del caporione Bassolino
Per queste ragioni Antonio Bassolino avrebbe dovuto lasciare da tempo la dorata poltrona, ma l'arroganza propria di ogni politicante borghese del regime neofascista è diventata in lui, "passo dopo passo", vera megalomania e tracotanza. Le sue sconfinate ambizioni sono arrivate al punto che neanche a seguito del rinvio a giudizio per "truffa ai danni dello Stato, abuso d'ufficio e frode in pubbliche forniture", emesso dalla Procura di Napoli nell'ambito dell'inchiesta sull'ecatombe ambientale causata dal Commissariato all'emergenza rifiuti, ha pensato minimamente alle dimissioni, invocate peraltro anche da governatori e sindaci del suo stesso partito come Chiamparino, Bresso, Cacciari.
Anzi, convertitosi al modello di governo in auge a livello nazionale, mano a mano che gli scandali e l'astensionismo ne corrodevano la tradizionale base elettorale, popolare e progressista, egli si è spostato sempre più a destra presentandosi come un fido rappresentante della borghesia più parassitaria non facendosi alcuno scrupolo, ad esempio, di "neutralizzare" gli esponenti dell'"opposizione" tramite la più sfacciata cogestione di prebende e poltrone, con l'ausilio degli intrighi trasversali delle lobby affaristiche a lui legate come "Diametro", controllata dal sopracitato Ennio Cascetta, ed "Emily", controllata da sua moglie, la deputata ex-Ds Annamaria Carloni.
Scrupoli non ne ha avuti neanche quando a più riprese le "forze dell'ordine" manganellavano selvaggiamente le popolazioni in lotta contro discariche e inceneritori.
Tra i suoi maggiori crimini va ricordato però quello di avere spinto sul tasto della devoluzione federalista e sul presidenzialismo di stampo mussoliniano, fino a varare il nuovo Statuto regionale che ne sancisce le prerogative: accentramento del potere nelle mani del governatore, azzeramento del ruolo costituzionale delle assemblee elettive, sussidiarietà e federalismo fiscale.
Gli agguerriti alleati-rivali, come Ciriaco De Mita, Vincenzo De Luca, Clemente Mastella nei momenti di difficoltà hanno pensato di fargli le scarpe. In che modo ha resistito? Sacrificando sulla graticola la fedele alleata democristiana Rosa Russo Iervolino. È lei che alle prese con i tagli governativi e una ben più limitata capacità di spesa rispetto al governatore, ha dovuto fare da parafulmine alle accuse degli intellettuali di "sinistra" napoletani di avere "smarrito per strada lo spirito del Rinascimento bassoliniano".
Evidentemente, sia a livello locale che nazionale, Bassolino dispone ancora della protezione di personaggi potenti e altolocati, come il pluri-inquisito Alfredo Romeo, Gianni Lettieri, la famiglia Romiti, i Punzo, i De Vizia, i Caltagirone, i De Laurentiis, De Feo, Cola, Nerli. Tutti pronti, mantenendo in sella il loro "burattino" o un suo delegato, a succhiare i lauti finanziamenti europei per il completamento del "ciclo industriale dei rifiuti", per le bonifiche, per la chiusura dell'anello della metropolitana, nonché a gettarsi a capofitto sul piano di privatizzazioni a tappeto, dall'immondizia all'acqua, dai trasporti ai porti agli enti del turismo e a mettere le mani sulle megaspeculazioni urbanistiche previste a Bagnoli, Napoli Est, Miano, Sorrento, Salerno.

La determinante copertura dei falsi comunisti
Il potere bassoliniano si fonda, fin dalla prima ora, sulla copertura a sinistra dei falsi comunisti. È utile quindi ripercorrere in breve la lunga storia d'inganni di questi imbroglioni e traditori del proletariato e delle masse popolari della Campania.
Quando nel 1993, con le prime "elezioni dirette", Bassolino è eletto neopodestà di Napoli, il PRC di Bertinotti e Cossutta è già, appena nato, solida stampella di governo, in largo anticipo rispetto al quadro politico nazionale. Gennaro Migliore (ex capogruppo alla Camera del PRC e attuale esponente di Sel), Raffaele Tecce (ex assessore al commercio, oggi deputato), Corrado Gabriele (più volte assessore al lavoro nelle giunte Bassolino ed europarlamentare), Vito Nocera (ex responsabile regionale del PRC), appoggiano senza colpo ferire tutte le sue decisioni, anche le più scellerate ed antipopolari. Su tutte la rapidissima deindustrializzazione delle zone orientale e occidentale della città che ha portato all'immiserimento estremo della popolazione, all'abbandono di interi quartieri al degrado e al controllo asfissiante delle cosche camorriste. Vorrebbero forse questi signori che il popolo dimentichi che l'ex operaista ingraiano Bassolino nello stesso momento in cui gli garantiva le dorate poltrone dava il ben servito ai caschi blu dell'Italsider che hanno dato il sangue, senza creare come alternativa un solo posto di lavoro stabile, a salario pieno e sindacalmente tutelato?
Vorrebbero forse che il popolo dimentichi che quelli che ancora oggi, con la stessa enfasi propagandistica di allora, definiscono gli "anni d'oro del Rinascimento", della "Napoli della cultura e del turismo", sono stati in realtà gli anni delle grandi manifestazioni dei disoccupati represse con brutali cariche delle "forze dell'ordine"?
Erano quelli gli anni in cui si delineava il ruolo determinante e preziosissimo che è stato assegnato ai dirigenti del PRC nell'ultimo decennio: scongiurare una grande rivolta per il lavoro. Ci riferiamo agli infiltrati trotzkisti nei comitati dei disoccupati che hanno avuto il compito preciso di deviarli in vicoli ciechi, di impantanarli, di dividere e sabotare la costituzione di un unico grande movimento di lotta per il lavoro.
Come dimenticare, sempre a questo proposito, l'operato degli assessorati al lavoro guidati, guarda caso, proprio dai lacchè del PRC come Riccio e Gabriele con i quali si è tornati ai metodi classici dei Lauro, dei Gava, dei Di Donato: sfruttare la disoccupazione e la precarietà estrema delle masse per alimentare nuove "speranze" e nuove forme di elemosina. Un esempio su tutti l'infinita storia dei "corsi di formazione", come il "progetto Isola", da utilizzare sfacciatamente come arma di ricatto nelle campagne elettorali per rastrellare voti, non di rado con il contributo della camorra, che non a caso Antonio Bassolino ha derubricato rapidamente dalle priorità d'intervento della sua agenda politica.
Il PRC, il PdCI, i Verdi sono corresponsabili, anche perché non hanno mosso un dito per smascherare l'opera pubblicitaria e propagandistica messa in atto dallo staff di S. Antonio da Afragola (coordinato dal dalemiano Velardi), con tanto d'annuale inchino e bacio all'ampolla di S. Gennaro, mentre la periferia nord di Napoli diventava il più grande centro di smistamento di droga d'Europa, mentre morivano civilmente i quartieri popolari e le spettrali periferie della megalopoli partenopea, lontane anni luce dai riflettori mediatici piazzati sul "salotto buono" della città. Perché non hanno mosso un dito per denunciare la spregiudicata applicazione del famigerato manuale Cencelli con cui Bassolino spartiva i posti manageriali nelle aziende partecipate, nell'Arsan, nell'Arpac, negli ospedali, negli enti del parastato e del turismo. Le nomine sono avvenute con trattativa privata o addirittura, come nel caso dell'ultima lottizzazione della dirigenza delle Asl (prima che si decidesse di dimezzarle per far fronte al dissesto finanziario!), tramite accordi telefonici tra i boss Bassolino, De Mita e Mastella. Questi servi hanno omertosamente taciuto sui miracoli di Sant'Antonio, come la sparizione di miliardi di euro di denaro pubblico destinati alla sanità, per non scardinare un sistema di potere che in nulla è stato dissimile da quello democristiano.
L'orgia di omologazione nei confronti della politica di Bassolino è stata talmente vasta anche sui mass-media che nessuno dagli scranni del PRC, del PdCI e dei Verdi ha chiamato alla rivolta di piazza quando elargiva un'infinità di strapagate, quanto inutili, consulenze a beneficio del baronato universitario, quando moltiplicava, con attenzione bipartisan, le commissioni consiliari, né quando alla presidenza del Consiglio regionale Bassolino piazzava la moglie dell'allora ministro della giustizia del governo Prodi, l'allievo di Gava, Clemente Mastella, e neanche quando il figlio dell'assessore demitiano alla sanità, Angelo Montemarano, andava disinvoltamente a occupare una poltrona nel Consiglio comunale di Napoli.
Non è detto che l'ex potere di Bassolino sia finito in quanto con la vittoria di D'Alema e Bersani nel PD egli ha ancora il controllo degli ex DS con la segreterie regionali e provinciali in mano ai fidi Enzo Amendola e Massimo Paolucci, perché può contare ancora su solidi residui di omertà nella dirigenza dei partiti falsi comunisti e nei vertici sindacali, a partire dalla Cgil del crumirone Michele Gravano, che dal capo ha mutuato gli stessi metodi nepotistici, clientelari, autoritari e antidemocratici.

Il tradimento e l'alternativa
A ben guardare la disastrosa politica bassoliniana non è solo il segno di più o meno recenti tradimenti individuali, bensì la inevitabile conclusione di una lunga storia di tradimenti che coinvolge tutto il gruppo dirigente PCI revisionista, che è confluito nel mostriciattolo neoliberale del PDS prima, dei DS poi, e infine del PD.
Il PCI revisionista è stato politicamente assente e inconcludente prima, durante e dopo le gloriose Quattro giornate di Napoli, ha condotto una inesistente opposizione al neofascismo laurino, così come ha condotto una inesistente opposizione e fornito una attiva copertura al gavismo doroteo che riportò a Napoli il colera. Il PCI revisionista ha svolto un'opera di attivo sabotaggio della Grandi Rivolte del '48, del '68, del '77, per non parlare dell'antipopolare governo cittadino dell'amico del presidente Napolitano, Maurizio Valenzi (1975-1983) sotto i cui occhi "bendati" si consumava la depredazione dei fondi per la ricostruzione dal terremoto dell'80, lo scempio del centro direzionale, le devastazioni della speculazione edilizia, l'ascesa della camorra.
Come i suoi predecessori, Bassolino e i suoi lacché negli anni '80 saranno ricordati per l'opposizione di cartone ai banditi-predoni filo mafiosi e filo camorristi della DC, del PSI, del PSDI, del PLI, etc.
Nei primi anni '90 saranno ricordati come coloro che hanno dato opportunistico appoggio alle inchieste di tangentopoli solo per arrivare al potere e dalla "stanza dei bottoni" pilotare il passaggio alla seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista.
Infine l'esperienza del governo comunale prima e regionale poi di Antonio Bassolino è la dimostrazione più evidente che le istituzioni rappresentative borghesi a tutti i livelli, non sono altro che degli orpelli con cui la classe dominante borghese maschera la propria dittatura sul proletariato e le masse popolari, anche quando esse sono governate dalla "sinistra" borghese. L'abbiamo verificato durante i cinque anni del governo centrale del "centro-sinistra" e lo constatiamo da decenni nelle tante regioni, province e comuni, non solo campani, in cui la "sinistra" borghese, incluso il PRC, è al governo.
È giunta l'ora quindi che la base del PRC, del PdCI e delle loro appendici o frazioni abbandoni Bassolino e i suoi lacché nella pattumiera della storia che è il posto che gli spetta, e si unica al PMLI per combattere insieme a noi contro il capitalismo per l'Italia unita, rossa e socialista. Innanzitutto negando la fiducia e il voto ai partiti che hanno governato e governano la Campania a favore della borghesia e del capitalismo e contro gli interessi del proletariato e delle masse.

Astensionismo e istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo
L'arma elettorale più efficace per contrastare il regime neofascista, rappresentato dal neoduce Berlusconi a livello nazionale e dai candidati a governatore a livello regionale, è l'astensionismo elettorale. Disertando le urne, annullando la scheda o lasciandola in bianco, si può infatti, assestare un duro colpo ai candidati e ai partiti borghesi in lizza. L'astensionismo marxista-leninista è l'unico voto anticapitalista, antimperialista, antifascista, anticamorrista, antimafioso, antipresidenzialista, antifederalista e antirazzista; l'unico voto che distacca le masse dal capitalismo e dalle sue istituzioni ed eleva la loro combattività e la coscienza politica; è l'unico voto che ci aiuta ad educare le nuove generazioni alla lotta rivoluzionaria, antistituzionale e antiparlamentare, a coinvolgere sempre più le masse nella lotta di classe e renderle sempre più fiduciose nelle proprie possibilità; l'unico voto che indebolisce, delegittima e disgrega le istituzioni rappresentative borghesi e i partiti che le appoggiano. L'astensionismo cosciente è un voto dato al PMLI e al socialismo. Diversamente si va esattamente nel senso opposto, si dà di fatto il consenso agli oppressori ed agli sfruttatori, agli imbroglioni politici ed ai nemici del popolo.
Il nostro astensionismo non è fine a se stesso, ma parte della nostra strategia volta all'unione delle masse astensioniste e anticapitaliste nelle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo rappresentate dalle Assemblee popolari e dai Comitati popolari.
Le Assemblee popolari basate sulla democrazia diretta devono essere costituite su base territoriale da tutti gli abitanti residenti dai 14 anni in su, che si astengono alle elezioni, che dichiarano di essere anticapitalisti, antifascisti e fautori del socialismo, disposti a combattere le istituzioni, il potere centrale e locale e il sistema capitalistico.
Ogni Assemblea popolare dotata di un proprio regolamento interno che ne garantisce la massima democraticità ed operatività, elegge il proprio governo, denominato Comitato popolare.
I membri del Comitato popolare sono eletti con voto palese e mandato revocabile in qualsiasi momento dall'Assemblea popolare territoriale, sono eleggibili fin dall'età di 16 anni indipendentemente dalla razza, dal loro orientamento sessuale e dalla loro confessione religiosa o ateismo, inoltre devono essere rappresentati in modo paritetico le donne e gli uomini.
Dai Comitati popolari di quartiere, a ruota, sempre per elezioni basate sulla democrazia diretta si passerà all'elezione dei Comitati popolari cittadini, provinciali e regionali, sino ad arrivare al Comitato popolare nazionale, che rappresenta il governo centrale delle masse astensioniste, anticapitaliste, antifasciste e fautrici del socialismo.
In tal modo le istituzioni rappresentative delle masse popolari si contrappongono alle istituzioni rappresentative borghesi a tutti i livelli, da quello comunale e regionale a quello nazionale, costituendo la centrale democratica alternativa ed antagonista a quella antidemocratica borghese, che fungerà da guida per il raggiungimento delle rivendicazioni delle masse in lotta e da contraltare democratico alla falsa e solo apparente democrazia borghese.
Le battaglie di carattere locale per i diritti negati devono essere intrecciate a quelle di livello regionale e nazionale, in quanto la domanda fondamentale è quali sono le premesse per rimettere al centro ed avviare a soluzione la questione meridionale? La prima premessa è abbattere il governo Berlusconi, il governo dell'abbandono del Mezzogiorno, un governo neofascista dalla testa ai piedi che va avanti come un carro-armato nella macelleria sociale e nella totale restaurazione del fascismo anche sui piani istituzionali e costituzionali secondo il "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli. La seconda: affossare la devoluzione e il federalismo fiscale il cui scopo è azzerare i fondi statali destinati alla scuola e all'università, alla sanità, al cosiddetto "Welfare", all'industralizzazione del Mezzogiorno, spaccare l'unità di classe dei lavoratori attraverso i licenziamenti di massa, l'abolizione del contratto nazionale di lavoro e la reintroduzione delle gabbie salariali, regalare alle cosche mafiose il governo del territorio, dalle città ai piccoli comuni. La terza: colpire i santuari economici e finanziari della camorra che ha i piedi ben piantati in Campania, ma la testa nei palazzi romani, nelle banche, nella borsa di Milano.
Abbandoniamo le illusioni elettorali, governative ed istituzionali!
Costruiamo le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo!
Uniamoci nel voto astensionista per il PMLI e il socialismo!
Per la Campania governata dal popolo ed al servizio del popolo!
Abbattiamo con la lotta di piazza il governo del neoduce Berlusconi!
Lottiamo per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Partito marxista-leninista italiano
Campania

Napoli, 30 novembre 2009