Bocciare il "patto per l'università" di Mussi e Padoa Schioppa

Lo scorso 2 agosto, con una lettera indirizzata al Cun, Crui, Cnsu, Cnsvu e Civr, il ministro dell'Università e Ricerca Fabio Mussi e il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa hanno presentato il cosiddetto "Patto per l'Università" con allegato il documento dal titolo "Misure per il risanamento finanziario e l'incentivazione dell'efficacia e dell'efficienza del sistema universitario", licenziato dalla Commissione Muraro il 31 luglio.
Si tratta di un altro "pacco" del governo del dittatore democristiano Prodi, che fa il paio con il "patto per la salute" e il "patto per il Welfare", e che dev'essere rispedito senza indugio al mittente.
Per comprendere questa necessità basta non farsi abbindolare dalle solite chiacchiere introduttive atte a fungere da specchietto per le allodole: "A monte dell'investimento diretto in ricerca, occorre aumentare e riqualificare quello in formazione universitaria (dallo 0,88% attuale all'1,2% rispetto al Pil, compatibilmente con i vincoli finanziari)... Il necessario investimento, seppure nel quadro delle compatibilità finanziarie, in direzione degli obiettivi di Lisbona e in coerenza con le strategie impostate nel 2007 (blocco dei fenomeni incontrollati di proliferazione e frammentazione; reclutamento di nuovi ricercatori e ringiovanimento del corpo docente; potenziamento del sistema di valutazione attraverso l'Agenzia Nazionale di valutazione dell'Università e della Ricerca; ristrutturazione dei tre livelli della formazione universitaria) dovrà dunque essere proseguito con una ampia stagione di riforme!".
Bisogna andare alla sostanza dei provvedimenti proposti.

Niente fondi per gli atenei al collasso
Balza all'occhio allora il carattere antistudentesco, antipopolare e berlusconiano dell'azione del governo Prodi. I tanto agognati fondi per le università e gli enti di ricerca pubblici in agonia e che rischiano di chiudere i battenti, non ci sono!
Nel novembre 2006 la CRUI (Conferenza dei rettori delle Università italiane) aveva criticato il governo parlando di un mancato finanziamento del comparto università di 1 miliardo di euro. Con il "Patto", quel buco sarebbe colmato con 350 milioni. E gli altri 650 milioni? Secondo Mussi e Padoa Schioppa questi soldi gli atenei che hanno sforato o sforeranno il tetto del 90% del FFO dovranno trovarli sui propri bilanci, già privi come sono di finanziamenti aggiuntivi. Come?

Aumento delle tasse, blocco degli stipendi e del turn over
Innanzitutto bloccando "i costi derivanti dagli automatismi degli incrementi  stipendiali del personale docente e tecnico-amministrativo". In secondo luogo aumentando le già spropositate tasse universitarie: "Sarebbe auspicabile - scrivono i ministri sanguisuga - un ampliamento dell'autonomia degli atenei per quanto riguarda le tasse universitarie. In coerenza con il livello medio della contribuzione studentesca negli altri paesi europei, si suggerisce di consentire che gli atenei aumentino le tasse, fino ad un'incidenza pari al 25% del FFO (oggi 16%), con vincolo di destinazione di almeno il 50% dei maggiori introiti ai servizi agli studenti e alle borse di studio per i meritevoli". In tal modo dalle tasche degli studenti e delle loro famiglie verranno "700 milioni di euro in più all'anno". Formalmente introdotte con l'infame legge Ruberti del 1990, le tasse "autonome" dovrebbero essere interamente destinate ai servizi per gli studenti e al diritto allo studio (per il quale peraltro è prevista una quota regionale fissa annuale di 77,47 euro). Ora, con l'indicazione del 50%, forse gli atenei non saranno tentati di abbassare al massimo la quota destinata ai servizi? Tanto più che nel testo si è ribadita la volontà di proseguire sulla via della privatizzazione, introdotta tramite il grimaldello dell'autonomia universitaria che "appare una scelta ormai irreversibile che anzi deve realizzarsi in forma più compiuta rispetto al presente... con sperimentazioni e innovazioni anche rilevanti".
In terzo luogo il taglio delle spese dovrà avvenire tramite l'inasprimento del blocco del turn over: "i vincoli di bilancio - scrivono i relatori della lettera - possono costituire l'occasione per ristrutturare organizzativamente gli atenei, anche attraverso il meccanismo attentamente gestito del turn over". In concreto, specificano i membri della Commissione Muraro ritengono che "misure specifiche vadano previste per gli atenei che hanno già superato il limite del 90% delle spese di personale sul FFO e sono in stato di potenziale dissesto" perché negli ultimi due anni hanno avuto un saldo di bilancio negativo. Per queste Università va previsto l'obbligo di presentare un "Piano di risanamento, da sottoporre all'approvazione congiunta del MUR e del MEF, di durata non superiore a 10 anni, compatibilmente con un livello di turn-over del 20% da calcolare in base ai costi medi", che tradotto significa limitare le assunzioni al 20% dei pensionamenti.

19 atenei rischiano il commissariamento
Se queste odiose misure non dovessero bastare a far quadrare i bilanci degli enti pubblici, per scongiurare la chiusura si passerebbe al Commissariamento. Nel 2006 questo rischio lo correvano 4 atenei (Trieste, Pisa, Firenze e l'Orientale di Napoli), con i nuovi criteri di Mussi e Padoa Schioppa diventerebbero 19!
Per il resto i finanziamenti statali saranno erogati soltanto alle "strutture di eccellenza", concetto meritocratico di morattiana memoria: "Le incentivazioni, per una quota già inizialmente significativa di nuove risorse, andranno agli atenei e ai settori che risultino oggettivamente sottofinanziati e che si dimostrino qualitativamente migliori quanto alle politiche di bilancio, alla gestione del personale docente e non docente, all'offerta didattica e alla produzione scientifica sulla base di parametri oggettivamente stabiliti e verificati; a questo fine la griglia dei validi criteri elaborati dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario potrà essere ulteriormente perfezionata". Il governo considera quest'agenzia, voluta con forza dall'imbroglione Mussi sin dal dicembre scorso e che si occuperà di verificare il rispetto di criteri privatistici di gestione delle università, un fiore all'occhiello: "Un salto di qualità nel governo del sistema... da completare con la riforma della governance" (Mussi in conferenza stampa). Di converso, "Il finanziamento privato alla ricerca molto carente nel nostro paese, potrà essere aumentato con opportuni interventi di natura fiscale".
Per quanto detto non è assolutamente condivisibile il giudizio espresso all'unanimità dalla Conferenza dei rettori, riunita in seduta straordinaria dopo l'incontro del 12 settembre con i ministri dell'Università e Ricerca e dell'Economia e Finanze, secondo cui il "patto" è "una conferma dell'attenzione che il Governo ha deciso di prestare alla situazione particolarmente grave e preoccupante nella quale versano le università".
Cosa ne pensano gli studenti, i ricercatori e i lavoratori dell'università? Quale credibilità può ancora essere riposta in un imbroglione del calibro di Mussi, che parla di "un grande confronto ed un serrato lavoro di analisi e proposta", e come al solito ha deciso da solo?

3 ottobre 2007