Al comizio di Venezia
Bossi invoca la secessione
Il caporione della Lega designa il figlio Renzo suo successore e promuove Calderoli suo "braccio destro" a Roma. Minacce fasciste ai giornalisti

Protetto dalle "forze dell'ordine" agli ordini di Maroni, che il giorno precedente avevano blindato la città e caricato selvaggiamente i manifestanti anti-lega ed anti-governativi, il neofascista, golpista, razzista e xenofobo Umberto Bossi, dal palco allestito per la 15a volta sulla Riva degli Schiavoni a Venezia, dinanzi a non più di 5mila persone, ha invocato nuovamente la secessione, per via referendaria o con le armi.
Un "comizio", provocatorio quello pronunciato il 19 settembre scorso dal caporione leghista, intriso del consueto triviale odio antimeridionale e di una demagogia populistica sempre più simile a quella di Goebbels. Un comizio assai pericoloso, con toni da guerra secessionista, da non sottovalutare. Soprattutto dal punto di vista tattico.
Bossi ha infatti provato a porre un arginare alla crisi di consensi nel suo elettorato, cercando peraltro di prendere tre piccioni con una fava.
1) Spostare, con le invettive contro il Sud, l'attenzione della propria base in subbuglio per l'operato del governo. Si temevano infatti contestazioni "interne" per l'arrivo di gruppi di 'epurati' dalle segreterie locali, rei di avere dato segnali di non poterne più dell'appoggio incondizionato dei dirigenti, dei parlamentari e dei ministri della Lega al puttanaio della "Roma ladrona" del plurinquisito neoduce Berlusconi, Bossi non lo ha citato neanche una volta, tanto più dopo l'approvazione della manovra di lacrime e sangue, ed in vista del voto contrario della Lega all'arresto del braccio destro e consigliere politico del ministro Tremonti, Marco Milanese, accusato di corruzione, associazione a delinquere e rivelazione di segreti d'ufficio.
2) Rilanciare apertamente, dopo l'ultima rivendicazione-provocazione dello spostamento dei Ministeri al Nord, "la svolta" secessionista per fare a pezzi definitivamente l'Italia: sganciare il più rapidamente possibile il Nord dal Mezzogiorno d'Italia, agganciare l'area più industrializzata del paese alle economie trainanti, e lasciare quella più sottosviluppata alla deriva verso il Terzo Mondo. Un infame e criminale progetto eversivo, che ha fatto passi da gigante negli ultimi due decenni, in quanto sostenuto ufficialmente della "Fondazione Agnelli" e dai circoli economici e finanziari del Centro-Nord d'Italia è sposato anche dal "centro-sinistra".
3) Porre fine alle divisioni e alle diatribe (vere o presunte) tra i candidati alla sua successione. Sul palco galleggiante sono rimasti infatti defilati "maroniani" e "cerchi magici" - ed è apparso sempre ben visibile - Renzo Bossi, detto "il trota", che aveva ricevuto, qualche giorno prima, dal padre una prima investitura sulle rive del Po, alla maniera medioevale. La squallida parata organizzata dal padre-padrone della Lega a Venezia, è servita per confermare ufficialmente l'investitura nepotistica del figlio, alla maniera della mafia, con tanto di santini e di ampolla. Non a caso attorno al caporione e al figlio del caporione, per legittimare l'evento, c'erano gli altri gerarchi in camicia nero-verde: il ministro per la semplificazione Roberto Calderoli, i capo-gruppo Reguzzoni e Bricolo, i governatori Cota (Piemonte) e Zaia (Veneto) il neopodestà di Treviso, Gianpaolo Gobbo (rinviato a giudizio per banda armata), la vicepresidente della Senato Rosy Mauro, il sottosegretario Francesca Martini.
A dispetto delle illusorie aspettative della opposizione di burro del PD di Bersani, veri contrasti tra i capibastone Calderoli e Maroni non ce ne sono stati. Anzi: ''ci hanno spaccato i coglioni i giornalisti che continuano a scrivere che nella Lega ci sono divisioni'' ha tuonato paonazzo Calderoli, senza lesinare di vomitare un po' di bile su quei sindaci leghisti, tentati in questi giorni dal prendere parte alle proteste di piazza contro gli spaventosi tagli agli enti locali, come i neopodestà di Verona, Flavio Tosi, e quello di Varese, Attilio Fontana. "Sono fratelli coltelli" li ha bacchettati, forte della promozione a "braccio destro" di Bossi a Roma: ''Polvere siete e polvere ritornerete. Io, Maroni, gli altri non saremmo un cazzo senza Bossi''. Che scoperta! La novità semmai è che tra le righe dei comizi di Venezia si è potuto leggere una chiara divisione dei compiti nel "gran consiglio del fascismo": al neoduce Berlusconi il compito di aggredire e minacciare i magistrati che fanno il loro dovere, e di proteggere con l'immunità parlamentare gli indagati per mafia, associazione segreta o corruzione. A Maroni quello di pestare i manifestanti (operai, studenti, precari, pensionati, ambientalisti e chiunque osa protestare in maniera dura e combattiva contro il governo nelle piazze), e di imprigionare gli immigrati, lasciandoli affogare all'occorrenza. A Bossi e Calderoli il compito di minacciare e imbavagliare la base della Lega, i sindaci non allineati e soprattutto i giornalisti. "Lo dico ai giornalisti: prima o dopo piglierete una mano di botte, non ci distruggerete con i vostri insulti" minacciava il 25 settembre dal palco di una festa del partito nel Varesotto.
La parola passa ora alla piazza, al popolo, unito, dal Nord, al Centro al Sud. Tutti a Roma il 15 ottobre per spazzare via per sempre il governo fascio-legista del massacro sociale e dell'abbandono del Sud e tutti i suoi lacchè!

28 dicembre 2011