Ennesimo e provocatorio attacco della Lega secessionista all'Unità d'Italia
Bossi: "il Nord si prepara alla guerra di liberazione"
Il caporione fascioleghista: "Occorrono milioni di uomini pronti a morire per la libertà"
Berlusconi minimizza, l'Ulivo si raccomanda a Fini
Appena un mese fa aveva minacciato il ricorso ai fucili per sostenere la rivolta fiscale, e ora il caporione della Lega neofascista, secessionista e razzista è tornato di nuovo a minacciare, impudente e impunito come sempre, la "guerra di liberazione" armata contro lo Stato unitario. L'occasione per l'ennesimo proclama eversivo di Bossi è stata la festa di compleanno per Berlusconi organizzata lo scorso 29 settembre presso il sedicente "parlamento padano" a Vicenza, dove il cavaliere piduista è stato accolto con tutti gli onori e con tanto di torta con sole celtico, in omaggio all'alleato politico più stretto e fidato della Lega.
Dopo il discorso torrenziale dell'ex premier, e quasi a smentire le sue ottimistiche assicurazioni che "presto si andrà a votare" e che il federalismo sarà messo "al primo posto quando torneremo al governo", il caporione fascioleghista ha preso la parola per lanciare questo minaccioso proclama: "Il Paese non ha più libertà, non ha più democrazia, in questa situazione non si può cambiare la Costituzione". E ha aggiunto: "La libertà non si può conquistare in parlamento ma con uomini lanciati in una lotta di liberazione". Poi, con accanto Berlusconi che assisteva impassibile alla delirante arringa dell'alleato, Bossi ha concluso con aria minacciosa: "Da qui, dal parlamento del Nord, possono partire gli ordini per lanciare all'attacco il Nord. Io sono sicuro di portarmi dietro 10 milioni di lombardi e altrettanti di veneti. Una massa enorme di uomini disposti anche a morire per difendere la libertà, se non si può cambiare la Costituzione".
Prevedendo le reazioni allarmate e indignate dell'indomani, Berlusconi ha cercato subito di minimizzare la gravità della nuova sparata bossiana, commentando con i giornalisti che "Bossi usa sempre un linguaggio colorito, ma poi nella pratica ha sempre dimostrato grande responsabilità". E atteggiandosi come il domatore sempre capace alla fine di tenere a freno l'orso, ha aggiunto: "Sono toni che sento tutte le settimane a Arcore, ma io rassicuro tutti che la Lega ha sempre avuto un comportamento corretto e responsabile". Sembra di sentire gli stessi discorsi che Vittorio Emanuele III faceva ai leader parlamentari che andavano da lui a lamentarsi delle prevaricazioni e dei soprusi di Mussolini, prima che su di loro e sul Paese calasse definitivamente la scure della dittatura fascista. Se non fosse che il suo modello ispiratore non è il certo il re "gambine", ma lo stesso duce del fascismo.
Reazioni che ci sono effettivamente state, ma non tanto allarmate e indignate quanto la gravità del proclama bossiano avrebbe richiesto. Intanto, attenendosi sostanzialmente all'imbeccata del suo leader tutt'ora in sella, tutta la Casa del fascio ha fatto orecchio da mercante. Fini e Casini se ne sono stati rigorosamente zitti, limitandosi a far parlare per loro Alemanno e Cesa, che del resto non sono andati più in là del criticare l'uscita di Bossi come una delle sue solite "intemperanze". Gravissima poi l'omertà del rinnegato Napolitano, che ha evitato di intervenire energicamente e pubblicamente come gli competeva istituzionalmente per condannare l'inaudita minaccia di attacco armato allo Stato unitario profferita da Bossi. Si è invece limitato a far trapelare che riteneva ancora valido il "monito" che aveva espresso dopo la precedente esternazione bossiana del 26 agosto, quando aveva elevato un "forte richiamo alla moderazione del linguaggio (sic) e al rispetto dei valori nazionali e dei principi costituzionali".
Più o meno lo stesso atteggiamento da struzzo di Bertinotti, che ha definito quelle di Bossi dichiarazioni che "possono contribuire in modo drammatico a generare odio, in una società dove sono in atto tendenze disgregatrici". Ma poi anche il guardiano della Camera si è affrettato a ridurre tutto a una questione di intemperanze verbali, limitandosi a concludere: "Capisco che è un periodo in cui chi la spara più grossa ha i titoli. Ma io non sono per accettare come innocente chi la spara più grossa".
Quanto alle reazioni nel "centro-sinistra", sono apparse più improntate a sollecitare un intervento censorio da parte degli alleati di Bossi che a dare al caporione fascioleghista la risposta che si meritava, come traspariva dall'invito alla Casa del fascio a un dibattito in parlamento avanzato dai capigruppo dell'Ulivo alla Camera e al Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro: "Di fronte ad affermazioni tanto preoccupanti e inaccettabili - dichiarava quest'ultima - chiedo ai Fini, ai Matteoli, agli Schifani, a Casini e a tutti gli alleati di Bossi che siedono in parlamento una parola chiara di condanna nei confronti di questo suo ennesimo attacco. Berlusconi non ci garantisce".
Dello stesso tenore la dichiarazione del neopodestà di Roma Walter Veltroni: "Le affermazioni di Bossi sono lesive della Costituzione e delle istituzioni repubblicane, la Cdl dica se vuole governare l'Italia assieme con chi rifiuta la bandiera nazionale e dice certe frasi".
Votare in parlamento, come ha precisato il leader scontato del costituendo PD, "un documento che a stragrande maggioranza si proclami contro gli apprezzamenti lesivi della Costituzione e delle istituzioni", ovvero raccomandarsi agli alleati di Bossi per una dichiarazione censoria "bipartisan", sembra essere quindi il massimo dell'indignazione e delle contromisure che la "sinistra" borghese è capace di esprimere e mettere in campo contro le minacce di secessione armata del caporione della Lega Nord.
Non c'è da stupirsene troppo, dal momento che con costui la "sinistra" borghese non ha mai smesso e non smetterà di cercare un accordo sul federalismo fiscale, che insieme al rafforzamento dei poteri del premier, all'abolizione del bicameralismo perfetto e all'istituzione del Senato federale, resta pertinacemente in testa al programma di controriforma costituzionale del nascente PD del liberale anticomunista Veltroni.

10 ottobre 2007