La "pulizia" promessa dall'ex ministro degli Interni è un bluff
Bossi ha rubato almeno 2 milioni di euro
Maroni era al corrente dei fondi neri. Coinvolto Calderoli. Indaga anche la Corte dei Conti. La Procura di Milano a caccia dei lingotti d'oro e dei diamanti comprati con i soldi rubati al popolo

Travolto dalle inchieste giudiziarie inerenti la distrazione dei lauti rimborsi elettorali, il 12 aprile il vertice fascio-leghista ha riunito il consiglio federale della Lega Nord e all'unanimità ha deciso l'espulsione dal partito dell'ex tesoriere Francesco Belsito, indagato a Milano per riciclaggio, appropriazione indebita e truffa aggravata ai danni dello Stato e di Rosy Mauro, vicepresidente del Senato e segretaria del Sinpa, il Sindacato Padano, accusata tra l'altro di aver pagato con i soldi del partito una visita medica, una laurea per sé e una per il suo caposcorta.
L'adunata di via Bellerio in realtà ha seguito il diktat del probabile futuro segretario Roberto Maroni che il 10 aprile al raduno "dell'orgoglio padano" a Bergamo aveva promesso di "fare pulizia".
Contro Renzo Bossi invece il gran consiglio leghista non ha adottato alcun provvedimento disciplinare. Però hanno dimissionato l'assessore regionale allo Sport Monica Rizzi "colpevole" di aver curato la campagna elettorale del Trota. E infine hanno deciso di affidare la cassa del partito al deputato Stefano Stefani, fedelissimo di Umberto Bossi, leghista della prima ora, responsabile del Settore Media e Comunicazione del partito, presidente federale del partito (incarico dato ora a Umberto Bossi) dal 1995 al 2002 e ex senatore dal 1994 al 2008.

La polvere sotto il tappeto
Con ciò, i triumviri che reggono la segreteria del partito (Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago) col compito di traghettare la Lega fino al prossimo congresso federale del 30 giugno, pensavano di aver chiuso la scandalosa vicenda dei fondi neri su cui indagano ben tre procure: Milano, Napoli e Reggio Calabria.
Insomma un gattopardesco repulisti di facciata che non fa certo "pulizia" in casa leghista ma conferma il pieno e attivo coinvolgimento nello scandalo dei massimi vertici del Carroccio. Non caso, proprio mentre Maroni annunciava che: "le pulizie di primavera sono finite... Ora diamo vita alla fase due... agire secondo le nuove regole, fare cose concrete, fare politica", gli sviluppi delle indagini hanno portato alla luce nuovi e inquietanti episodi che chiamano direttamente in causa la cupola leghista a cominciare da Bossi, Tremonti, Calderoli, Castelli e per finire allo stesso Maroni che, come risulta dagli atti era perfettamente e costantemente informato di tutto il mercimonio leghista che faceva capo alla famiglia Bossi e al suo cosiddetto "cerchio magico".

Lingotti d'oro e diamanti
A poche ore dalla sua nomina a nuovo tesoriere della Lega, Stefani, presente anche Maroni, ha ricevuto l'ordine da parte del procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dei Pubblici ministeri (Pm) Roberto Pellicano e Paolo Filippini di esibire "tutta la documentazione riguardante le proprietà immobiliari e mobiliari della Lega o comunque intestate a rappresentanti o fiduciari del movimento politico".
L'inchiesta milanese ha accertato che Belsito 'truccando' i bilanci del Carroccio avrebbe fatto ottenere al partito rimborsi elettorali non dovuti che, solo per il 2011, ammontano a circa 18 milioni di euro. Ma, secondo gli inquirenti che indagano sulle distrazioni di fondi, "mancano all'appello" altri 200 mila euro di diamanti che sarebbero stati acquistati dall'ex tesoriere Belsito con i soldi del partito. Nei giorni scorsi infatti era emerso che gli inquirenti erano "a caccia" di cinque chili di lingotti d'oro per il valore di 200 mila euro comprati dalla società "8853" di Pero (Milano) e di un lotto di diamanti per 100 mila euro acquistati dalla "intermarket diamond business". Ora è certo che l'ex amministratore avrebbe comprato diamanti per un totale di 300 mila euro.
Da qui, la decisione della Procura della Corte dei Conti della Lombardia che ha aperto un nuovo procedimento sul caso dei bilanci del Carroccio con l'accusa di aver riscosso rimborsi elettorali non dovuti.

Maroni sapeva dei fondi esteri
Nel rapporto della Dia di Reggio Calabria, per quanto riguarda i fondi investiti in Tanzania e a Cipro, si legge fra l'altro che: "Sia Bossi che Tremonti erano d'accordo sul fatto che la Lega Nord, con l'operazione, avesse voluto diversificare i loro risparmi".
Il rapporto, suffragato anche dall'intercettazione di alcune telefonate fra Belsito e l'imprenditore veneto Stefano Bonet, titolare della Polaris (Polytechnic Laboratory of Research) nonché consulente finanziario occulto della Lega Nord, prosegue sottolineando che i dirigenti del Carroccio cercano di "gestire" la situazione. Bossi, Maroni, Castelli si affannano per risolvere la situazione. Bossi arriva a garantire a Francesco Belsito che non sarà rimosso dal suo posto (ma è Belsito a raccontarlo al telefono ai suoi amici). Castelli tratta direttamente con Bonet, l'imprenditore veneto amico di Belsito, lo stesso Bonet dice che deve vedere Castelli, Maroni e Bossi. Addirittura l'ex ministro della Giustizia "avrebbe riconosciuto", secondo gli investigatori, "le spese di rientro dei fondi investiti in Tanzania e Cipro". Un rimborso non dovuto, secondo la Dia, perché "di fatto il rientro dei fondi non comportava alcuna spesa, ma poteva essere utilizzata da parte loro per ottenere un indennizzo da Belsito".
Gli importi bonificati erano riportati in bilancio anche perché, con il 2009 e 2010 il movimento politico aveva chiuso con un attivo di 16,5 milioni di euro. In una telefonata il tesoriere della Lega rivela anche a Bonet che "Bossi mi ha fatto divieto di rilasciare interviste". Non solo, sempre l'ex tesoriere del Carroccio racconta che in occasione dello stanziamento a favore del fondo della Tanzania, l'ex ministro dell'Economia Tremonti suggeriva: "Fate bene a diversificare perché tra due mesi l'euro salta".
Insomma, concludono gli investigatori: "Scenari che non lasciano alcun dubbio - sottolineano gli inquirenti - circa l'esistenza di un sistema contaminato di malaffare a cui si alimentavano poteri istituzionali, politici e dell'economia". Anche perché per comunicare fra loro i "mariuoli" leghisti hanno utilizzato, nei giorni in cui sui giornali si incominciava a parlare del giro di investimenti all'estero, schede telefoniche nazionali e internazionali intestate a extra-comunitari del tutto inconsapevoli di fare da "filtro" per gli investigatori.
Mentre la famigerata cartellina intestata alla famiglia Bossi con su scritto "The Family", sequestrata dalla cassaforte della Camera dell'ex tesoriere Francesco Belsito, si sta rivelando un autentico vaso di Pandora da dove continuano a saltare fuori oltre al carnet di assegni di Banca Aletti (istituto da cui sono partiti gli investimenti all'estero e nel quale ci sarebbero diversi conti riconducibili alla Lega) nuovi documenti comprovanti fatture e bonifici fra cui alcuni firmati direttamente da Umberto Bossi e destinati alla moglie, Manuela Marrone, presso la Banca Popolare di Lodi. Tra la documentazione anche un fax spedito dal geometra Pedretti dello studio di architetti di Curno in cui è scritto: "Come da accordi il sottoscritto vi inoltra la fattura dell'impresa Coimber esecutrice dei lavori di impermeabilizzazione" della villa di Gemonio. Per non dire della serie di acquisti di immobili da parte di Bossi (18 intestati alla moglie), delle multe di Renzo Bossi, della plastica al naso di Eridano Sirio Bossi, delle spese mediche e dentistiche e perfino della polizza assicurativa di 779,38 euro di casa Bossi. Tutto pagato coi soldi pubblici incassati dalla Lega e documentato da Belsito che all'epoca era anche sottosegretario alla presidenza del Consiglio del Ministri del governo Berlusconi e usava la carta intestata della presidenza del Consiglio.
Fatti e circostanze confermati dai documenti sui conti riconducibili all'ex tesoriere Belsito sequestrati nei giorni scorsi dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Milano nella sede genovese di Banca Aletti e di altri sette istituti di credito.
In totale si calcola che la famiglia Bossi fra case, ville, terreni e proprietà varie ha accumulato un discreto patrimonio blindato in un fondo patrimoniale per metterlo al riparo da eventuali pignoramenti del valore di oltre 2 milioni di euro rubati al popolo dal 1994 ad oggi.

Coinvolto Calderoli
Mentre gli accertamenti della Procura di Milano "tirano in ballo" Roberto Calderoli. Secondo gli inquirenti, l'ex ministro della Semplificazione avrebbe cercato di 'coprire' le attività dell'ex tesoriere Belsito. E non sarebbe stato l'unico, visto che anche su Piergiorgio Stiffoni (membro del comitato amministrativo) e Giancarlo Giorgetti si concentra il lavoro della Procura, che sta cercando di far luce su tutta una serie di possibili depistaggi. Per quanto riguarda Calderoli, sotto la lente degli investigatori ci sarebbe una telefonata tra l'ex ministro e l'avvocato di Belsito, Paolo Scovazzi. È il 24 febbraio scorso quando i due concordano la linea pubblica che Calderoli avrebbe dovuto seguire per rispondere alle domande di un giornalista del quotidiano Secolo XIX di Genova sul caso dell'ex tesoriere. E gli investigatori annotano proprio il nome "Calderoli" tra i soggetti destinatari di "rilevanti somme di denaro (...) utilizzate per sostenere esigenze personali (...) estranee alle finalità ed alle funzionalità del partito Lega Nord''.

18 aprile 2012