Una misura senza precedenti dall'abbattimento del fascismo e introdotta dal federalismo fiscale
Brunetta: "Col federalismo contrattuale non ci sarà più contratto unico uguale per tutti"
Sarà demolito il contratto nazionale e ripristinate le "gabbie salariali"
La trattativa tra Confindustria e sindacati confederali per la "riforma" del "modello contrattuale" e insieme delle relazioni sindacali è ancora in corso. Anche se la Cgil ha dichiarato chiusa questa fase e giudicato irricevibile l'ipotesi di accordo avanzata da parte confindustriale perché, per usare le parole del CC della Fiom: "Tutto viene totalmente subordinato alle esigenze delle imprese, annullando l'autonomia del sindacato". "Il Contratto collettivo nazionale di lavoro - continua la Fiom - diventa, in questo modo, strumento di programmazione della riduzione del potere d'acquisto delle retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori, con il superamento della titolarità negoziale delle categorie". "Allo stesso tempo, il Ccnl diventa strumento regolatore per definire i confini della contrattazione aziendale con la possibilità di prevedere deroghe che rompono il vincolo di solidarietà generale". "La contrattazione aziendale viene limitata ad ambiti precisi, cioè a materie delegate dal Ccnl, e gli aumenti retributivi possono essere soltanto variabili, legati alla redditività e alla produttività di ogni singola impresa". "Gli Enti bilaterali tra Associazioni industriali e sindacali - è sempre la Fiom che parla - intervengono e gestiscono su tutti gli aspetti più rilevanti dello Stato sociale, a partire dalla formazione e dal collocamento".
Nello stesso momento c'è il ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, che opera per modificare-cancellare il modello del contratto nazionale vigente in modo unilaterale, senza accordo sindacale, per legge. Un fatto questo di gravità inaudita, senza precedenti dalla caduta del fascismo e la ricostituzione dei sindacati. Contenuto nella legge delega per il federalismo fiscale, facente parte della legge finanziaria approvata dal consiglio dei ministri il 27 settembre scorso. È lo stesso Brunetta a rivelarlo con queste parole. "Oltre al federalismo fiscale - dice - per mia espressa volontà, ci sarà il federalismo contrattuale, saranno contratti articolati regione per regione, settore per settore, in maniera tale che chi è più produttivo, più efficiente, sarà pagato di più".
L'affermazione, già di per sé molto chiara, foriera di pesanti conseguenze sindacali e contrattuali per i lavoratori, riguarda la pubblica amministrazione e si basa sull'art.2 del suddetto ddl che stabilisce la "tendenziale corrispondenza tra autonomia impositiva e autonomia di gestione delle proprie risorse umane e strumentali da parte del settore pubblico". Il che vuol dire che gli enti locali, e di conseguenza la pubblica amministrazione, dovranno organizzare il proprio personale in base alla propria capacità fiscale. È specificato che l'autonomia gestionale deve essere intesa "anche in relazione ai profili contrattuali di rispettiva competenza".
Tradotto in parole povere, si potranno differenziare stipendi e salari su base locale. Con la cancellazione del contratto nazionale e il ritorno pieno alla vecchie e odiose "gabbie salariali" spazzate via con le grandi lotte sindacali e sociali degli anni '70. È sempre il ministro che lo conferma con una faccia di bronzo senza pari. "Non ci sarà più - afferma - un contratto unico uguale per tutti ma, sulla base della responsabilità dei singoli livelli di governo", regione per regione, comune per comune e seguendo il principio "della produttività si potrà pagare in maniera differenziata".
La cancellazione del contratto nazionale, la diversificazione dei trattamenti salariali e normativi per aree territoriali, porta inevitabilmete alla rottura della solidarietà di classe, alla frantumazione dell'unità sindacale dei lavoratori e alla riduzione ai minimi termini del loro potere contrattuale nel negoziare le condizioni di lavoro. Le imprese avranno vita facile nell'imporre le nefandezze più estreme. Insomma, il federalismo contrattuale proposto da Brunetta va bene al governo e al padronato ma è una jattura totale per i lavoratori che devono respingerlo con la massima fermezza.

8 ottobre 2008