Un passo fondamentale della secessione legale del Nord e della divisione dell'Italia in staterelli
La Camera approva il federalismo fiscale
Il Pd maschera l'accordo con l'astensione. L'Idv vota a favore. La Lega: "Si sono convertiti tutti"

Tra lo sventolio di fazzoletti verdi e lo spuntare improvviso di una bandierona veneta con il Leone di San Marco, il 24 marzo la Camera dei deputati ha approvato il federalismo fiscale con 319 voti a favore (Pdl, Lega e Idv), 195 astenuti (il Pd) e 35 contrari (l'Udc più i "democratici" Furio Colombo e Pierluigi Mantini).
Dato che alla Camera l'astensione suona come un sì, oltre a Di Pietro Bossi ha ringraziato pure Franceschini, sottolineando che ormai "è fatta... si pentono tutti e hanno tutti perso i dubbi iniziali".
Grazie alla finta opposizione parlamentare di Idv e Pd e alla larghissima condivisione delle forze politiche al testo, dopo il voto i fascio-leghisti si sono dati ai brindisi per celebrare la "giornata storica" attesa da 30 anni, per Maroni "il giorno più bello della mia vita". Calderoli, che per il dipietrista Donadi "merita un bel 10 per il lavoro svolto", inebriato dallo "spirito costituente" dimostrato dal parlamento nero per quella che è chiaramente la prima "riforma" dal sapore istituzionale approvata dall'attuale legislatura, ha già annunciato che metterà presto in cantiere anche la "riforma" costituzionale: "Ora torniamo al Senato per l'ultimo passaggio e subito dopo federalismo costituzionale. È già pronto e anche quella è una bella riforma. E non perché l'ho scritta io...".

Il ruolo del Pd
Marina Sereni, vicecapogruppo del Pd, ha motivato l'astensione spiegando che il Pd non ha votato no perché "ci siamo misurati con il problema e abbiamo ottenuto modifiche: a quel punto votare contro sarebbe stato un errore". La realtà è ben diversa: il voto della Camera legalizza il secessionismo padano, tanto è vero che nel suo intervento prima del voto, il capogruppo fascio leghista Roberto Cota ha spiegato che ora "le risorse rimarranno sul territorio; allo Stato andranno soltanto le risorse necessarie, vorrei ribadire necessarie". Non per nulla l'intervento di Cota è stato pubblicato integralmente l'indomani sulla Padania sotto il titolo "Cota, ora più padroni a casa nostra".
La cosa ancora più grave, ricordiamo ai rinnegati dirigenti del Pd, è che oltretutto non si sa neppure quanto costerà la "riforma" federalista dello Stato: siamo di fronte a un salto nel vuoto che comporterà o un aumento delle tasse o del debito. Comunque sia, per le masse ci sarà poco da stare allegri. Il voto del Pd serve solo a rincorrere i fascio legisti sul loro terreno. Come ha spiegato il padrone vicentino Massimo Calearo (Pd), "questo voto serve al Pd al Nord, fa capire che gli siamo vicino". Un punto a favore della fronda "nordista" dei Cacciari, Penati, Chiamparino, Bresso che non vedono l'ora di dare vita al Pd del Nord, pronto in prospettiva ad aprire alle alleanze con la Lega per conservare le poltrone.

Il ruolo di Franceschini
La verità è che il Pd è dentro fino al collo nella costruzione della terza repubblica neofascista. Non dimentichiamo che il segretario Franceschini, nell'assemblea del gruppo parlamentare a pranzo, prima del voto sul federalismo fiscale, ha serrato le file dei parlamentari, richiamando alla disciplina di partito gli 11 deputati contrari (tra cui i prodiani Santagata, Zampa e La Forgia). "Su queste questioni non vale l'obiezione di coscienza", ha intimato mostrando per la prima volta ai suoi le zanne.
Come se non bastasse, durante le votazioni sul federalismo fiscale, Franceschini è riuscito perfino a fare approvare dalla Camera un suo ordine del giorno, distinguendosi così come uno dei servi più fedeli della borghesia, proprio come Silvio Veltroni. L'odg di Franceschini, incalzando il testo della riforma costituzionale preparata da Calderoli, raccomanda infatti l'adozione della "bozza Violante" rilanciata lo scorso novembre ad Asolo da Fini e D'Alema come traccia delle future "riforme" istituzionali: riduzione del numero dei parlamentari, trasformazione del Senato in camera di rappresentanza delle autonomie territoriali, presidenzialismo con potere del premier di sfiduciare i suoi ministri. In poche parole un progetto di riforma costituzionale che ricalca fedelmente il programma eversivo della P2 del fascista dichiarato Licio Gelli.
Chissà, forse Franceschini, per non rimanere troppo indietro al neoduce Berlusconi tra i fondatori della terza repubblica neofascista, smania per ricevere anche lui dagli schermi di Odeon Tv il plauso e la benedizione del "Venerabile" golpista?

1 aprile 2009