Per finanziare le "grandi opere'' che cementificheranno l'Italia
LA CAMERA APPROVA LA SVENDITA DEL PATRIMONIO PAESAGGISTICO, STORICO E CULTURALE
Possono essere venduti persino le spiagge, i parchi demaniali e i beni culturali
NASCE LA PATRIMONIO SPA. MONORCHIO DIRIGERA' LA INFRASTRUTTURE SPA

Il 16 maggio, con la conversione in legge alla Camera del decreto cosiddetto "salva-deficit'', il parlamento nero della seconda repubblica neofascista ha dato il primo via libera alla privatizzazione dell'intero patrimonio paesaggistico, storico e culturale del nostro Paese. Con questa colossale svendita il neoduce Berlusconi si propone di cogliere due altrettanto colossali obiettivi: permettere al grande capitale finanziario e immobiliare privato, di cui egli stesso è un esponente di primissimo piano, di mettere le mani sull'immenso patrimonio pubblico, e contemporaneamente finanziare con la sua alienazione il gigantesco piano di cementificazione del Paese che va sotto il nome di "grandi opere infrastrutturali'' e che ha disegnato insieme al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Lunardi e al ministro dell'Economia, nonché suo fiscalista personale, Tremonti.
Questo è il vero nocciolo del decreto presidenziale n. 63 recante "disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture'' che è stato spacciato dal governo come una "manovrina'' per coprire il "buco'' nel deficit dello Stato e che Ciampi ha vergognosamente controfirmato lo scorso 15 aprile: provvedimento che ora, dopo la conversione della Camera con poche e non sostanziali modifiche è stato inviato al Senato per l'approvazione definitiva, dopodiché la svendita del patrimonio pubblico potrà essere concretamente avviata.
Che cosa prevede, infatti, il decreto in questione? All'articolo 7 prevede la nascita di una società per azioni, gestita dal ministero dell'Economia e denominata Patrimonio dello Stato S.p.a., creata appositamente "per la valorizzazione, gestione ed alienazione del patrimonio dello Stato''. La società avrà un capitale sociale di 1 milione di euro, e ad essa potranno essere trasferiti "diritti pieni o parziali sui beni immobili facenti parte del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato, sui beni immobili facenti parte del demanio dello Stato e comunque sugli altri beni compresi nel conto generale del patrimonio dello Stato''. Cioè non solo i beni immobili dello Stato, come terreni ed edifici pubblici, ma anche i beni del demanio (spiagge e parchi demaniali, per esempio), e perfino i beni culturali (opere d'arte, edifici storici, ecc.).
Ma non solo. Il ministero dell'Economia potrà cedere in tutto o in parte le azioni della società ad altre società di cui detenga direttamente l'intero capitale. Tra queste (art. 8) la Infrastrutture S.p.a., una società finanziaria che sarà creata presso la Cassa depositi e prestiti, con sede a Roma e capitale iniziale di 1 milione di euro, alla cui direzione è stato destinato l'ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, che ha lasciato il posto a Vittorio Grilli. La società Infrastrutture sarà creata appositamente per finanziare "sotto qualsiasi forma le infrastrutture e le grandi opere pubbliche'' e per concedere "finanziamenti sotto qualsiasi forma finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico'', concedendo altresì le necessarie "garanzie'' a copertura dei suddetti finanziamenti.
Cosa significa questo in concreto? Significa che la Infrastrutture S.p.a. potrà emettere titoli e sottoscrivere finanziamenti da parte di banche e altri enti privati, a breve e a lungo termine, a garanzia dei quali può destinare i propri beni o i diritti su di essi, vale a dire il patrimonio pubblico conferitole da Patrimonio dello Stato S.p.a. Il patrimonio pubblico potrà perciò essere ipotecato per finanziare le "grandi opere'' del neoduce Berlusconi, a cominciare dal ponte sullo stretto di Messina. Ne consegue che qualora alla scadenza dei suddetti titoli o finanziamenti la società non fosse in grado di onorare i suoi debiti, il patrimonio ipotecato passerebbe ai privati creditori. Cos'è questo se non un sistema furbastro per aggirare i vincoli al patrimonio paesaggistico, storico, culturale e artistico del Paese e renderlo accessibile alla speculazione privata in forma legale e alla luce del sole?
Un patrimonio vastissimo che una volta messo sul mercato muoverebbe interessi ed appetiti enormi. Si valuta infatti che il suo valore nominale sia intorno a 500 miliardi di euro (un milione di miliardi di lire), valore che salirebbe a 2 mila miliardi di euro se tali risorse dovessero essere trasferite a una società per azioni per essere immesse sul mercato.
Si tratta dunque di un provvedimento di gravità senza precedenti, che non deve assolutamente passare, pena la svendita pezzo per pezzo del nostro amato Paese ai ricchi privatizzatori, agli speculatori immobiliari, alle multinazionali del turismo, della ristorazione e della moda, e finanche alla mafia interna e internazionale. Purtroppo i segnali sono preoccupanti, vista la facilità con cui il decreto è passato alla Camera, dove l'opposizione di cartone dell'Ulivo più Rifondazione si è contentata di apportare qualche modifica marginale che non ne cambia l'impatto devastante: come l'aver inserito che la creazione di Patrimonio dello Stato S.p.a. dovrà avvenire "nel rispetto dei requisiti e delle finalità propri dei beni pubblici'', che i suoi indirizzi strategici stabiliti dal ministero dell'Economia sono sottoposti alla "previa definizione da parte del Cipe delle direttive di massima'', che in merito alla cessione di beni in favore di Infrastrutture S.p.a. siano fatte salve "le competenze in materia di gestione di beni demaniali attribuite agli enti locali dalle norme vigenti'', e poco altro.
Su questo provvedimento mostruoso non sono ammissibili compromessi di alcun genere, e occorre invece fare fuoco e fiamme a livello di principio per affossarlo in blocco. Compreso un referendum popolare se dovesse essere approvato definitivamente dal parlamento nero.

29 maggio 2002