Colpo di mano della leader riformista di destra
Camusso firma il famigerato accordo del 28 giugno senza consultare gli iscritti Cgil
Dopo avergli chiesto di ritirare la firma, la sinistra della Cgil la ritiene: "Decisione sbagliata e grave"

Infischiandosene della richiesta che FIOM e la sinistra interna le avevano rivolto di ritirare la firma e comunque non sottoscrivere nulla fintantoché non fossero consultati gli iscritti della Confederazione, tradendo la promessa, sancita in ben due direttivi nazionali, che questa consultazione sarebbe stata effettuata in via preliminare per ottenere un mandato vincolante, dimenticando il suo stesso "monito" lanciato dalla piazza di Roma nel corso dello sciopero generale del 6 settembre scorso a Confindustria, CISL e UIL "o l'accordo o l'articolo 8 della manovra del governo", violando le stesse norme previste nello Statuto della CGIL, Susanna Camusso ha tirato a diritto con un piglio autoritario di stampo "presidenzialista". Infatti, con un incontro a sorpresa il 21 settembre si è incontrata nella foresteria di Confindustria in via Veneto a Roma, con la presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, e con i segretari generali di CISL e UIL, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, per sottoscrivere in modo definitivo l'accordo del 28 giugno. Che noi bollammo subito come un accordo che restaura le relazioni industriali mussoliniane introdotte da Marchionne negli stabilimenti FIAT. Perché permette di derogare il contratto nazionale con quello aziendale, di sostituire le RSU elette dai lavoratori con le RSA nominate dai sindacati firmatari degli accordi, non prevede il voto dei lavoratori, limita il diritto di sciopero e introduce la soglia di sbarramento del 5% nella rappresentanza sindacale.
Rispetto al testo originario, al momento della sigla è stata aggiunta una nota integrativa che recita: "Confindustria, Cgil, Cisl e Uil concordano che le materie delle relazioni industriali e della contrattazione sono affidati all'autonoma determinazione delle parti sociali. Conseguentemente - continua - si impegnano ad attenersi all'accordo interconfederale del 28 giugno applicandone compiutamente le norme e facendo sì che le rispettive strutture a tutti i livelli si attengano a quanto concordano". Pare che queste righe siano state pretese dalla Camusso per rendere più forte il vincolo delle parti in causa nell'applicazione di questa sorta di nuovo "Patto Vidoni". Il che rende ancor più grave la decisione della leader riformista di destra della CGIL che così diventa un alfiere del suddetto patto. Si comprendono bene le dichiarazioni di esultanza della rappresentanza del grande padronato e dei sindacalisti collaborazionisti di CISL e UIL per essere riusciti a far affermare un modello di relazioni industriali e un sistema di contrattazione e di rappresentanza sindacale padronale e corporativa già sostenuta nell'accordo separato del gennaio 2009 e oggi, in buona sostanza, sancito con il consenso della CGIL. Del tutto ingiustificate, incomprensibili e mistificanti le dichiarazioni di "vittoria" della Camusso. La quale, per puntellare il suo operato racconta balle una più grande dell'altra. La prima è che la firma definitiva dell'accordo avrebbe superato, reso inutile l'art. 8 del decreto 138, facente parte della manovra del governo di 54 miliardi di euro. Non è vero! Finché questa norma di legge rimane in vigore, e il ministro Sacconi ha ribadito che non ha alcuna intensione di cancellarla, essa è più forte di qualsiasi accordo sindacale conseguito da soggetti privati, quali sono le rappresentanze degli imprenditori e dei lavoratori. Cosicché ogni imprenditore può richiedere di potersene avvalere. Tra l'altro, allo stato attuale sull'intesa mancano le firme delle altre associazioni padronali, commercio, artigiani, comparto bancario, ecc. La seconda è che così si sarebbe sventato il pericolo del superamento dell'art.18 dello Statuto dei lavoratori e della libertà di licenziamento senza "giusta causa". Falso! Non solo perché, come si è detto, l'art.8 della manovra lo prevede ma anche perché nel testo dell'accordo del 28 giugno non c'è alcuna esclusione in tal senso.
In realtà siamo di fronte a uno smaccato voltafaccia del vertice della CGIL rispetto alle posizioni tenute fino a pochi mesi fa, a un tradimento degli ultimi due anni di lotte contro la controriforma delle relazioni industriale e della contrattazione a un cedimento plateale nei confronti di Confindustria e dei sindacati collaborazionisti di Bonanni e Angeletti. Da qualsiasi parte lo esamini, questo accordo del 28giugno-21 settembre è per i lavoratori indigeribile, inaccettabile, da rifiutare. Giacché esso contiene gli elementi per la messa in mora del contratto collettivo nazionale attraverso l'uso improprio e spropositato del contratto aziendale e delle deroghe. Nel punto 7 è scritto a questo proposito che "I contratti collettivi aziendali possono definire ... specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro". Quali materie possono essere derogate"? E' precisato nel punto 3 là dove si legge che: "la contrattazione collettiva aziendale si esercita per le materie delegate in tutto o in parte dal contratto collettivo nazionale di lavoro". C'è poi una grave e intollerabile limitazione delle libertà sindacali e del diritto di sciopero attraverso l'introduzione delle "clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l'esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva". Oltretutto senza che i lavoratori abbiano la possibilità di votare su di essi dal momento che per la loro validità "erga-omnes" è sufficiente il consenso della maggioranza delle RSU. E quando non ci sono queste saranno le RSA (elette direttamente dalle burocrazie sindacali territoriali) a decidere sugli accordi. Molto ci sarebbe da dire in modo critico sulle norme individuate per certificare la rappresentanza sindacale a partire della soglia di sbarramento del 5% messa per garantire il monopolio agli attuali sindacati confederali.
Non si sono fatte attendere le reazioni della sinistra interna alla CGIL. Duro il giudizio di Gianni Rinaldini, coordinatore nazionale de "La CGIL che vogliamo" sia sul metodo che sul merito dell'accordo sottoscritto dalla Camusso. "Sottoscrivere un Accordo senza la consultazione degli iscritti - ha affermato - come esplicitamente previsto nello Statuto della Cgil, è un atto di gravissima lesione della democrazia interna". "Pensare poi, di aver messo sotto tutela i lavoratori dai guasti dell'art.8 con quell'intesa applicativa - ha aggiunto - è pura illusione perché la legge è comunque superiore a qualsiasi accordo". Per Rinaldini l'intesa sottoscritta non fa che rafforzare il principio contenuto nell'articolo 8, secondo il quale si può derogare da una legge con un accordo sindacale".
Anche Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della FIOM, con una nota pubblicata nel sito di "Rete 28 aprile" giudica la decisione della segreteria di firmare l'accordo del 28 giugno "una gravissima violazione dello Statuto e, per questo, nessuno dell'organizzazione può ritenersi impegnato nel rispetto di tale atto". A proposito dell'art.8 della manovra del governo e delle deroghe sui contratti nazionali e sulle leggi sono "ridicole le assicurazioni da parte della Confindustria che non si avvarrà della legge" in ogni caso "non impegnano alcuna azienda , alcuna altra organizzazione padronale". "Il cedimento della segreteria della CGIL - aggiunge - viola le regole ma anche lo spirito profondo dell'organizzazione. Abbiamo già chiesto più volte le dimissioni della segretaria generale". "A questo punto nel rinnovare la richiesta, possiamo solo dire che ci impegnando alla disobbedienza organizzata nei confronti di questo accordo".
Preoccupante e contraddittorio invece l'atteggiamento di Maurizio Landini, segretario generale della FIOM. Proprio lui che, nell'ultima riunione del vertice dell'organizzazione dei metalmeccanici aveva presentato una proposta che chiedeva alla CGIL di non apporre la firma sull'accordo del 28 giugno perché diventato carta straccia dopo la decisione del governo di varare l'art.8 della manovra sui temi del lavoro, della contrattazione e della rappresentanza sindacale, al dunque non si è fatto praticamente sentire. Anzi, in occasione dell'Assemblea nazionale della FIOM tenutasi a Cervia il 22 e 23 settembre per approvare la piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro si è riscontrato una convergenza tra la sua relazione e l'intervento della Camusso non pensabile e non prevista fino a qualche settimana fa. E siccome la leader della CGIL non ha fatto alcun passo indietro, non ha rivisto nessuna posizione che lo stesso Landini aveva più volte criticato, occorre capire cosa è successo e quali siano le ragioni che hanno indotto il segretario della FIOM a metter la sordina al dissenso.

28 settembre 2011