Nel faccia a faccia col presidente della Confindustria alla festa della Cgil
Camusso tuba con Squinzi: per ora non ci sono le condizioni per lo sciopero generale

Era già successo ad aprile quando la Fiom aveva avuto la pessima idea di invitare la Marchionne del governo Monti, il ministro del welfare, Elsa Fornero, a partecipare all'assemblea dei lavoratori dell'Alenia di Caselle (Torino) per discutere della sua "riforma" del "mercato del lavoro" e sembra essere diventata l'ultima moda concertativa la smania della Cgil di offrire su un piatto d'argento ai massacratori dei lavoratori la platea sindacale.
L'occasione questa volta è la festa della Cgil a Serravalle Pistoiese, alla quale il 7 luglio è intervenuto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, invitato a un faccia a faccia con il segretario della Cgil, Susanna Camusso. Nelle vesti di mezzano del mostruoso inciucio, immortalato dalla foto del la Repubblica dell'8 luglio che ritrae Squinzi mentre tiene affettuosamente sotto braccio la Camusso, un entusiasta Massimo Giannini, vicedirettore de la Repubblica.
Si ricordano altri faccia a faccia del genere, come quello sempre a Serravalle Pistoiese che si tenne tra l'allora segretario della Cgil, Sergio Cofferati, e il presidente onorario della Fiat Gianni Agnelli che diede il via alle danze mielate tra Cgil e Confindustria: "Caro Cofferati, la sua proposta di una riforma dello Statuto dei lavoratori mi è piaciuta molto", scriveva il boss della Fiat, mentre Cofferati replicava: "Sono d'accordo con Umberto Agnelli: il sistema degli ammortizzatori sociali, che ha anche prodotto danni rilevanti, deve essere rivisto". Ne seguirono altri faccia a faccia, tra Cofferati e il presidente di Confindustria, Giorgio Fossa; tra Cofferati e Giuliano Amato. Dove siamo arrivati grazie anche a decenni di questi "irrinunciabili" dibattiti ce lo dimostra la "riforma" targata Fornero. Tuttavia, la Camusso si è spinta oltre, organizzando e prestando il sindacato ad un'operazione di alta ruffianeria, la cui natura interclassista e disfattista è anticipata da la Repubblica, secondo la quale i due leader "rappresentano interessi che non sembrano affatto lontani nemmeno più contrapposti. Li ha drammaticamente riavvicinati la crisi" e ribadita dal diktat di Camusso che non contenta di aver già revocato il 18 giugno lo sciopero generale, con una decisione gravissima che ha pugnalato alla schiena i lavoratori, rassicura Squinzi: "Non ci sono le condizioni per lo sciopero generale".
Ma chi è Squinzi? Analizzato con gli occhiali delle masse lavoratrici e popolari e non certo con quelli dei dirigenti della Cgil e della stampa borghese, appare nella sua essenza di feroce pescecane confindustriale. Da sempre fautore della concertazione in funzione del contenimento della protesta sociale: "le relazioni industriali in Italia - aveva sostenuto appena eletto ad aprile - devono essere basate su un colloquio costruttivo, io non sono per gli scontri", delle liberalizzazioni e delle relazioni industriali improntate all'obiettivo della "massima flessibilità nelle regole", ha fatto il programma con il quale è stato eletto presidente dell'associazione degli industriali. Ha attaccato da destra la controriforma del lavoro in quanto "ha tolto flessibilità in entrata, senza darne in uscita"; per poi aggiungere che in ogni caso bisognava "votarla il prima possibile", perché lo richiedeva l'Europa.
Le aperture e disponibilità della Camusso vanno a questo presidente della Confindustria che, peraltro, appena eletto affermò di Monti: "mi fa piacere vedere che siamo sulla stessa linea e che abbiamo posizioni comparabili", aggiungendo la precisazione: "ha copiato il nostro programma".
Anche in tema di patrimoniale la Camusso va in brodo di giuggiole: "Mi hanno fatto piacere le parole di Squinzi". Eppure il leader di Confindustria aveva detto soltanto: "facciamola pure", ma solo se si andrà in situazione di emergenza (ma non ci siamo già?) "Purché non riguardi il patrimonio delle aziende": in sostanza purché non riguardi i profitti.
Quello che con un'artefatta operazione propagandistica della stampa borghese, alla quale la Camusso non deve essere estranea, è stata fatta passare come "critica" al governo Monti, in realtà si conclude in poche frasi che finiscono per confermare la necessità dei tagli. Quanto fatto finora da Monti è "un primo passo nella direzione giusta", che tuttavia non risponderebbe a una vera spending review, che nell'accezione di Squinzi significa "semplificare e razionalizzare la pubblica amministrazione perché abbiamo ridondanze che dobbiamo eliminare". Qualche settimana fa aveva invocato: "un impegno serio, determinato, continuo per ridurre la spesa pubblica. Servono tagli veri".
Certo la Camusso deve aver capito che l'intervento di Squinzi va proprio in appoggio ai tagli devastanti di Monti alla Sanità, alla Scuola e che non si riferiva certo ai 24.000 nuovi "esuberi" nella pubblica amministrazione l'appello di Squinzi "dobbiamo evitare la macelleria sociale". Un appello che sembra piuttosto indirizzato a difesa delle imprese in crisi e di cui Squinzi difende gli interessi.
È questa la principale motivazione del "rivoluzionario", come l'ha definito "L'Unità" del 9 luglio, "attaccamento all'economia reale" di Squinzi. Sono bastate, del resto, la risposta indiretta di Monti che lo accusava di far crescere lo spread con le sue dichiarazioni e le dichiarazioni dei pescecani confindustriali Montezemolo, Bernabè e Tronchetti, che lo hanno sconfessato appoggiando il governo e riaccendendo la fronda mai sopita in Confindustria, dopo la recente vittoria di Squinzi contro Alberto Bombassei, l'altro candidato di peso alla presidenza di Confindustria, a far rientrare nei ranghi il neopresidente di Confindustria: "le mie parole su Monti sono state decontestualizzate dal discorso generale e strumentalizzate", precisando: "apprezziamo quello che sta facendo il governo Monti, anche se c'è ancora tanto da fare. Peraltro ho sempre apprezzato la credibilità internazionale che questo governo ci ha dato, che non avevamo negli ultimi tempi".
La vicinanza tra Squinzi e la destrorsa Camusso, viene fuori particolarmente nella critica ai modi in cui è perseguita la spending review, anche per il segretario della Cgil, come per Squinzi, inefficace in quanto "non siamo di fronte a una seria accetta che interviene dove ci sono sprechi o problemi. Siamo di fronte a una logica che deve fare rapidamente cassa e per fare rapidamente cassa taglia orizzontalmente tutto".
La richiesta di Squinzi di una spending review efficace con la quale concorda il il vertice Cgil, nasconde la sostanza di una linea che punta all'accentuazione della macelleria sociale del governo Monti. In primo luogo perché sostiene l'idea che i tagli nel pubblico siano necessari. In subordine perché ciò che va tagliato lo decide chi governa sempre e soltanto nell'interesse dell'alta finanza e non certo delle masse popolari, come mostra l'ultimo decreto. Non a caso si taglia nella sanità e nell'istruzione e non nelle spese militari.
Non c'è modo di edulcorare attraverso la concertazione la spending review: essa è nient'altro che macelleria sociale.
L'asse concertativo Confindustria-Cgil non porterà niente di buono ai lavoratori perché è subalterno alla politica antipopolare del governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale Monti e vede nella subalternità della classe operaia al padronato la via d'uscita dalla crisi.
L'operazione imbastita dalla Camusso sabota la lotta di classe e la nascita dell'opposizione che sta montando contro il governo. Invece per noi non c'è alternativa alla lotta di classe. Lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma davanti a Palazzo Chigi va proclamato immediatamente per opporsi alla politica liberista e alle controriforme del governo Monti, fino a cacciarlo via.
 
11 luglio 2012