L'evento che segnò l'inizio della disfatta di Hitler e Mussolini
Un capolavoro storico di Stalin: la grande vittoria di Stalingrado

Sono trascorsi 70 anni dalla vittoria della gloriosa Armata rossa sovietica a Stalingrado e ancor più fulgida e leggendaria appare ai nostri giorni quella splendida impresa che capovolse le sorti della seconda guerra mondiale a favore dei popoli e delle nazioni oppresse dal mostro nazifascista e segnò l'inizio del declino e della definitiva capitolazione di Hitler e Mussolini. Un'impresa che porta incancellabile il nome di Stalin e dimostrò inconfutabilmente anche in campo militare la superiorità storica del sistema socialista rispetto al sistema capitalistico.
La grandezza dell'impresa di Stalingrado è tale da aver indotto i deputati dell'amministrazione regionale e della Duma ad accogliere le richieste dei veterani della Grande guerra patriottica a ripristinare alla "Città-eroe Stalingrado", sia pure temporaneamente durante le celebrazioni e nelle numerose ricorrenze storiche della vittoria, il nome che i rinnegati revisionisti kruscioviani avevano cancellato a seguito del colpo di Stato fascista e revisionista del XX congresso del PCUS nel 1956, mentre nelle tre città di Volgograd, Čita e San Pietroburgo, dal 2 febbraio al 9 maggio circoleranno autobus di linea con gigantografie di Iosif Stalin. Ed è tale da aver costretto Putin, nuovo zar del Cremlino e stretto camerata del neoduce Berlusconi, a presenziare il 2 febbraio alle celebrazioni per strumentalizzarle in chiave nazionalista e imperialista, davanti a una folla di veterani e di russi accorsi da tutto il Paese e a circa 40 delegazioni provenienti dalla Coalizione degli Stati antifascisti e dai Paesi dell'ex Unione sovietica, mentre in tutto il mondo, come nell'omonima piazza di Parigi, si moltiplicavano le iniziative pubbliche che ne celebravano la vittoria.
Stalingrado è stata paragonata ora a quella famosa battaglia che la precedette. Ma ogni confronto non regge non solo per la sua portata politica e militare e per la durata e il numero di uomini e mezzi impiegati ma perché la battaglia di Stalingrado non ha precedenti nella storia militare mondiale. Quella di Stalingrado non fu una battaglia puramente militare, seppur epica e grandiosa, ma lo scontro all'ultimo sangue tra due idee stesse della guerra, una imperialista controrivoluzionaria di aggressione, sterminio e annientamento dell'Urss, condotta dal sanguinario esercito invasore nazifascista che si spacciava per invincibile e il più forte del mondo perché poteva contare su una preponderante macchina bellica costruita nel tempo a tale scopo, e un'altra nazionale rivoluzionaria e popolare in difesa della patria del socialismo, condotta dall'eroica Armata Rossa in simbiosi coll'intero popolo sovietico, le formazioni partigiane e l'intero Paese, animata dallo spirito invincibile del proletariato e delle masse popolari sovietici uniti come un sol uomo intorno allo Stato e al Partito comunista capeggiati da Stalin. Fu in estrema sintesi lo scontro mortale tra due sistemi economici, politici, sociali e militari antagonistici: il socialismo e il capitalismo che si mostrava col feroce volto della dittatura terroristica aperta nazifascista. "A Stalingrado, - scriveva Mao ancor prima della vittoria definitiva - i combattenti dell'Esercito rosso hanno compiuto un'impresa eroica, che influirà sul destino dell'intera umanità. Essi sono i figli della Rivoluzione d'Ottobre. La bandiera della Rivoluzione d'Ottobre è invincibile, e tutte le forze fasciste sono condannate a perire." (Mao, Opere scelte, vol. III, p.109, Ed. in lingue estere di Pechino)
Nella notte tra il 21 e il 22 giugno 1941 le orde barbariche hitleriane avevano aggredito di sorpresa e proditoriamente l'Urss, con ciò violando palesemente il patto di non aggressione sovietico-tedesco del '39. E dal luglio 1942 contro Stalingrado il comando militare hitleriano lanciò la VI armata capitanata dal feldmaresciallo generale von Paulus a cui si unì l'ARMIR, l'Armata italiana in Russia, appositamente costituita e inviata da Mussolini. La città fu messa a ferro e fuoco, notte e giorno, da oltre 1.500 pezzi d'artiglieria e migliaia di aerei che vomitarono tonnellate e tonnellate di bombe dirompenti e incendiarie. A partire dal 16 settembre '42 Stalingrado subì un feroce e interminabile assedio. Per rifornire l'Armata rossa di carri armati e munizioni gli operai metalmeccanici di trattori e di quasi tutte le altre fabbriche continuarono a lavorare, a prezzo di enormi sacrifici, lutti e privazioni e sfidando eroicamente il micidiale fuoco degli aggressori, mentre i combattenti del fronte di Stalingrado si assunsero il solenne impegno di non lasciare attestare l'invasore sul Volga. E così giurarono in una lettera inviata a Stalin: "A Stalingrado noi difendiamo la nostra patria. Qui, dinnanzi a Stalingrado, si decide la libertà del popolo sovietico. La difenderemo sino all'ultima goccia di sangue, sino all'ultimo respiro, sino all'ultimo battito del cuore".
Tutto il Paese corse in aiuto di Stalingrado da cui ormai dipendevano le sorti della patria socialista. La città fu difesa palmo a palmo, casa per casa, quartiere per quartiere. Fu l'eroica resistenza di Stalingrado a permettere a Stalin di elaborare un vittorioso, strategico e agguerrito contrattacco per annientare gli invasori dinnanzi alla città. L'immensa pianura tra i fiumi Volga e Don, "ventre gelido della Russia", rendeva particolarmente difficile dissimulare sul terreno un numeroso esercito per poi lanciarlo di sorpresa alla controffensiva sul nemico. Eppure alla fine del gennaio '43 l'Armata rossa, dopo aver neutralizzato le ali dell'esercito tedesco, accerchiò e serrò in una morsa d'acciaio ben 330 mila soldati nazisti.
Arrestato insieme ai generali del suo stato maggiore, il 31 gennaio il generale von Paulus capitolava. Il 2 febbraio la vittoria definitiva, e la notizia aveva un effetto dirompente sul mondo intero: per la prima volta dall'inizio della guerra dava all'umanità progressista e antinazifascista un'incrollabile fiducia nella vittoria, mentre accresceva il prestigio internazionale dell'Urss guidata da Stalin, e la consacrava come il paese che per primo aveva saputo fermare e vincere l'incontenibile offensiva hitleriana e stava dimostrando sul campo di essere la forza principale nell'abbattimento del fascismo. Persino Roosevelt scriveva a Stalin: "Come Comandante Supremo delle forze armate degli Stati Uniti d'America mi congratulo con Voi per la brillante vittoria delle Vostre truppe a Stalingrado, riportata sotto il Vostro supremo comando. I centosessantadue giorni di epica lotta per la città che ha per sempre onorato il Vostro nome e il decisivo risultato che tutti gli americani oggi stanno celebrando rimarranno uno dei capitoli più superbi in questa guerra dei popoli che si sono uniti contro il nazismo e i suoi imitatori".
Stalingrado avrebbe dovuto, secondo i criminali piani della "guerra lampo", spalancare a Hitler la porta degli Urali, accerchiare Mosca per poter vincere la guerra entro il 1942 e invece fu l'inespugnabile bastione da cui ripartì quella controffensiva sovietica che capovolse le sorti della Seconda guerra mondiale; avrebbe dovuto incoronare Hitler e la sua dittatura terroristica aperta quali nuovi dominatori del mondo e invece fu la loro tomba; avrebbe dovuto sancire l'onnipotenza militare, economica e politica dei regimi nazifascisti e del sistema capitalista e invece consacrò la superiorità storica del socialismo che in neppure venticinque anni aveva saputo trasformare la Russia arretrata e semifeudale in un paese sviluppato, prospero e avanzato, capace di riuscire là dove avevano fallito vecchie e consolidate potenze coloniali e imperialiste come la Francia e la Gran Bretagna; avrebbe dovuto chiudere definitivamente la partita storica tra capitalismo e socialismo e invece accrebbe la fama, il prestigio e le ragioni dell'Urss e del suo leggendario condottiero Stalin e dette al sistema socialista una spinta propulsiva che gli avrebbe fatto conoscere nuove primavere e l'avrebbe portato da lì a qualche anno a fiorire in un terzo del pianeta.

6 febbraio 2013