Berlusconi pronto a spartirsi il bottino di guerra
IL PARLAMENTO NERO DA' VIA LIBERA AI CARABINIERI IN IRAQ
DS E MARGHERITA AVALLANO LA GRAVE DECISIONE INTERVENTISTA
Alla fine è arrivato anche l'intervento militare diretto: dopo alcuni giorni di assaggio del terreno, con un'improvvisa accelerazione il governo ha chiesto e ottenuto dal parlamento nero, con la votazione del 15 aprile, in barba all'articolo 11 della Costituzione, l'autorizzazione a inviare un contingente militare in Iraq.
Si parla di circa 3.000 uomini, delle varie armi, con un nucleo consistente di carabinieri, come era stato richiesto a Berlusconi da Bush e Blair. Il pretesto per beffare ancora l'art. 11 - e stavolta in modo ancor più grave della concessione dell'uso delle basi e dello spazio aereo agli americani - è stato trovato con la giustificazione della necessità di scortare e proteggere gli "aiuti umanitari".
La cosa ancor più grave e nauseante è che questo infame atto guerrafondaio e interventista, che contro la volontà di pace della stragrande maggioranza della popolazione getta il nostro Paese nella partecipazione all'occupazione militare imperialista dell'Iraq, è stato avallato dalla "sinistra" di regime, DS e Margherita, che hanno gettato definitivamente la maschera "pacifista" e si sono astenuti, perché - è questa la ridicola scusa - "un voto contro gli aiuti umanitari non si comprenderebbe" (D'Alema). E per ringraziamento del servizio prestato al neoduce e ai suoi alleati imperialisti hanno ricevuto una pari astensione da parte del governo sulla loro mozione: un vergognoso accordo "bipartisan", evidentemente voluto e propiziato da Ciampi, per dare il massimo sostegno politico alla spedizione militare in Iraq.
Grazie anche alla "sinistra" borghese Berlusconi ha così ottenuto rapidamente e a buon mercato che anche l'Italia partecipi, attraverso un proprio contingente militare di occupazione, alla spartizione del bottino di guerra dell'Iraq. Era da quando aveva cominciato a profilarsi la caduta di Baghdad in mano agli americani che Berlusconi era balzato sul carro dei vincitori reclamando un posto di prima fila per l'Italia nella spartizione del bottino di guerra: "è interesse del governo mettersi a disposizione. L'Italia è pronta a svolgere il suo dovere per edificare un Iraq democratico", aveva dichiarato infatti raggiante il neoduce l'8 aprile a Brescia, in occasione della presentazione della candidata sindaco della Casa del fascio.
Secondo il neoduce sarebbe stato lo stesso Tony Blair, reduce dal vertice di Belfast con Bush, ad avanzare la richiesta di partecipazione dell'Italia alla "ricostruzione" dell'Iraq, in un colloquio telefonico quello stesso pomeriggio, in cui lo aveva ringraziato per l'appoggio italiano alla guerra.
Poi, venendo al sodo, aveva spiegato quale sarebbe la natura di questo "contributo" che è stato richiesto all'Italia dai due banditi imperialisti, Bush e Blair, in cambio della partecipazione alla spartizione della torta della "ricostruzione" dell'Iraq: "Bisognerà fare in Iraq quello che è stato fatto e si sta facendo in Afghanistan. Portare aiuti alle popolazioni, fornire personale sanitario specializzato, svolgere compiti di polizia militare e garantire la sicurezza per far crescere la democrazia in tutto il Medio Oriente. Un'area in cui finora l'unico paese democratico è Israele. Un'Iraq democratico è una garanzia per tutti".
Già, la sicurezza. Nel colloquio con Blair, e nel successivo avuto anche con Bush, a Berlusconi era stato chiesto l'invio in Iraq di un contingente italiano, formato soprattutto da carabinieri, con compiti di polizia militare per aiutare gli anglo-americani a "ripulire" il paese da ogni sacca di resistenza. Ma più probabilmente la richiesta è addirittura precedente all'inizio della guerra, e c'era già un accordo segreto in questo senso.
Due giorni dopo Brescia era lo stesso Berlusconi a confermare la richiesta angloamericana dell'invio di un contingente militare italiano in Iraq con funzioni di "peace-keeping", precisando che se il parlamento darà via libera il governo intende senz'altro aderire alla richiesta. E a domanda precisa non escludeva che il provvedimento possa essere finanziato con una apposita tassa di guerra. Poi, dopo un'apparente e momentanea frenata ("stiamo mettendo a punto alcune possibilità di aiuto, ma non c'è ancora nulla di determinato", aveva dichiarato), aveva impresso un'improvvisa accelerazione, annunciando il 12 aprile davanti agli industriali italiani riuniti a Torino che "in settimana chiederemo al parlamento di poter dare il via ai preparativi". Cosa che ha fatto a tambur battente grazie anche alla complicità della "sinistra" borghese.
Evidentemente il neoduce ha voluto garantire alla borghesia imperialista italiana che anch'essa parteciperà al banchetto di spartizione delle ricchezze depredate al popolo iracheno, quale compenso dell'appoggio fornito dal suo governo alla guerra di aggressione a quel paese. Il mancato invito al vertice delle Azzorre e la non partecipazione diretta dell'Italia alla guerra, impedita dall'articolo 11 della Costituzione, le aveva infatti fatto temere un'esclusione anche dal banchetto della "ricostruzione". Ora invece Berlusconi può sperare di essere ammesso al tavolo dei vincitori impegnandosi a fornire nostre truppe per gestire il dopoguerra, una fase forse ancor più difficile di quella che si sta concludendo con la fine del regime di Saddam, in cui gli angloamericani avranno sempre più bisogno che altri levino le castagne dal fuoco per loro. E deve farlo subito, ora che anche Spagna, Olanda e Danimarca si stanno muovendo, se non vuol rischiare di rimanere a bocca asciutta. Proprio come Mussolini, che entrò in guerra al fianco del "vincitore" Hitler per procurarsi "qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo delle trattative di pace".
Per questo il neoduce ha bruciato tutte le tappe imponendo una votazione-lampo, ottenendo dalla Camera il via libera all'invio del contingente militare in Iraq. E per buon peso, anche con l'avallo della "sinistra" di regime, la quale fino a poche ore prima di cedere di schianto aveva spergiurato che le truppe italiane sarebbero potute andare in Iraq solo su mandato dell'Onu o quantomeno della Ue.