Respinta la linea del governo
La Cassazione: Sì al referendum sul nucleare

Il 1° giugno 2011 l'Ufficio per il referendum della Corte di Cassazione ha, per usare le stesse parole dei giudici, "approvato, a maggioranza, l'ordinanza con la quale dispone: il trasferimento della richiesta di abrogazione referendaria circa le disposizioni già individuate come 'Norme in materia di nuove centrali per la produzione di energia elettrica nucleare sulle disposizioni di cui all'articolo 5 comma 1 e 8 del decreto legge 31/03/2011 n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n. 75'''. La Suprema Corte non ha fatto che legittimare la traslazione del quesito referendario dall'originaria norma sulla quale sarebbe dovuto cadere il quesito (ossia il decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di cui il Comitato referendario chiedeva l'abrogazione nelle parti relative alla costruzione di centrali nucleari e alla commercializzazione di energia nucleare prodotta) alla nuova norma che nel frattempo il governo aveva emanato, ossia il decreto legge 31 marzo 2011 n. 34 convertito con modifiche dalla legge 26 maggio 2011 n. 75, in modo particolare il referendum cadrà sui commi 1 e 8 dell'articolo 5 di quest'ultimo provvedimento citato. Infatti il comma 1 dell'art. 5 dispone testualmente "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare" ed il comma 8 precisa che "Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il Consiglio dei Ministri... adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento".
Cioè, come è evidente, il governo voleva imbrogliare gli italiani "acquisendo ulteriori evidenze scientifiche", "non procedendo alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio" di centrali nucleari (quindi rinunciando ora non al programma nucleare, ma rinunciando semplicemente solo ad un programma analitico e dettagliato) salvo poi "entro 12 mesi" ad adottare il piano di strategia energetica, compreso eventualmente il nucleare.
Insomma, la Cassazione ha smascherato un vero e proprio imbroglio politico travestito da atto legislativo, poiché con il decreto legge n. 34 del 2011 il governo voleva semplicemente prendere tempo e decidere poi a distanza di meno di un anno, cercando ovviamente di sventare ora il referendum sul nucleare, contando sul fatto che mettere in piedi nuovamente l'organizzazione referendaria è complesso. La Cassazione quindi ha ben interpretato lo spirito giuridico dell'originario quesito antinucleare per affermare autorevolmente, anche se implicitamente, che la volontà popolare deve prevalere sui cavilli giuridici del governo (o anche del parlamento) quando si tratta dell'abrogazione di norme. È ovvio che il neoduce Berlusconi dirà che anche i giudici della Cassazione sono comunisti.
Quel che è certo è che i marxisti leninisti (che comunisti lo sono davvero) sono in prima fila con l'obiettivo non soltanto di evidenziare i rischi dell'energia nucleare da fissione (che dopo gli spaventosi incidenti di Chernobyl e di Fukushima ha confermato clamorosamente che non può essere ritenuta sicura, tenuto conto che in entrambi i casi gli incidenti si sono verificati in paesi industrializzati e tecnologicamente avanzati) ma anche di vigilare affinché gli interessi economici delle lobby capitalistiche non prendano, attraverso il governo, iniziative che andrebbero a ingrassare le tasche dei grandi monopoli coinvolti nella costruzione degli impianti ma nel compenso andrebbero a mettere a rischio la salute pubblica. E, senza parlare di incidenti apocalittici, basti pensare ai problemi causati dalle scorie della fissione che conservano la radioattività per millenni, fatto questo che certamente, insieme ai rischi di incidenti, ha contribuito a spingere il governo tedesco verso la decisione di dismettere gradualmente le centrali a fissione nucleare. La Cassazione quindi, per concludere, ha smascherato i sofismi giuridici di Berlusconi, spetta ora andare a votare e votando 4 "sì" sventare i suoi imbrogli politici!

8 giugno 2011