La Cgil decide lo sciopero generale, ma non la data
"La Cgil che vogliamo" si astiene perché vuole lo sciopero entro aprile
Va fatto al più presto con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi anche per chiedere le dimissioni di Berlusconi

Infine la CGIL lo ha deciso. Al termine di due giorni di dibattito, dopo un confronto acceso tra posizioni diverse, il direttivo nazionale riunitosi il 22-23 febbraio ha assunto la decisione dello sciopero generale, ma senza definire una data precisa. Nel documento conclusivo si legge infatti: "Il CD della CGIL, nel confermare le iniziative di mobilitazione già assunte decide nell'ambito di quel percorso l'indizione dello sciopero generale e dà mandato alla Segreteria Confederale di definirne la proclamazione e le modalità di svolgimento nei tempi più utili per la sua ampia efficacia ed estensione".
Il documento ha ottenuto 83 voti a favore e nessun contrario. C'è però l'astensione dei membri che fanno capo all'Area programmatica "La Cgil che vogliamo", che hanno contestato la mancanza di una data o comunque di una indicazione di massima, e si sono visti respingere un emendamento che suggeriva l'indizione della giornata di lotta entro aprile. Il coordinatore dell'Area, Gianni Rinaldini, dopo aver giudicato un "avanzamento positivo la dichiarazione dello sciopero" ha precisato che il voto di astensione "ha un significato di voto positivo se lo sciopero si svolgerà entro aprile. Viceversa assume significato di voto contrario".
Fin qui era stata la FIOM e con essa la minoranza di sinistra della CGIL a porre l'esigenza dello sciopero generale per offrire un momento di unità delle varie lotte in corso e per dare una risposta di piazza forte al governo e alla Confindustria. Di recente, a seguito dell'accordo separato sul pubblico impiego siglato da governo e sindacati complici, CISL e UIL in testa, si erano fatte sentire in questa direzione anche la FP CGIL e la FLC CGIL nel momento stesso che avevano proclamato uno sciopero generale di settore per il 25 marzo prossimo. La segreteria confederale nazionale, guidata da Susanna Camusso, un po' per le pressioni interne che mano a mano sono cresciute, un po' a seguito del precipitare della crisi di governo, c'è infine anche la ragione dettata dagli ulteriori schiaffi in faccia ricevuti da CISL e UIL, vedi l'ultimo accordo separato per il commercio, si è decisa a mettere all'ordine del giorno anche lo sciopero generale. In questo caso, gli schieramenti usciti dal congresso si sono rimescolati. Questa volta, insieme alla FIOM, sono scesi in campo per chiedere la convocazione dello sciopero generale i segretari dello SPI, della FLC, dei Chimici, di strutture territoriali importanti come l'Emilia-Romagna, la Camera del Lavoro di Torino, mentre hanno espresso valutazioni contrarie alcune categorie come il commercio (FILCAMS).
Quando fare lo sciopero generale e come farlo non è tuttavia cosa secondaria. A proposito di efficacia, la tempestività gioca un ruolo fondamentale. Farlo, come recita un vecchio detto popolare, quando i buoi sono scappati dalla stalla, potrebbe risultare inutile. Sì perché andare oltre aprile, cioè a maggio se non a giugno, significa concedere a governo e Confindustria altri due mesi per portare a termine altre porcherie antioperaie e antipopolari, talune anche di spessore costituzionale come la dichiarata intenzione di modificare gli art. 41, 97 e 118, e trovare la coincidenza delle elezioni amministrative. Quella del rinvio e del tempi lunghi è perciò una politica da contrastare con fermezza.
Anche perché di motivi per una celere mobilitazione generale dei lavoratori e dei pensionati, con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi ce ne sono a bizzeffe. In parte segnalati nello stesso documento del direttivo quando ad esempio parla di "degrado istituzionale del Governo condizionato dalla situazione giudiziaria del Presidente del Consiglio" di "quotidiani attacchi alla Magistratura e agli organi di garanzia costituzionale". Quando denuncia che "l'Italia è oggi più povera, più poveri sono le famiglie, più alta la disoccupazione, palese e nascosta, a cominciare da quella dei giovani e delle donne... Si è aggravata la condizione dei pensionati ed è aumentata la percezione di insicurezza per le giovani generazioni". Evidenti sono le responsabilità del governo che nulla ha fatto per contrastare questa deriva, ha anzi usato la crisi "per provvedimenti nocivi e sbagliati". In questo quadro, la scelta di dividere il movimento sindacale ha favorito "forzature autoritarie come nel caso della vertenza FIAT così come nel recente accordo separato nel pubblico impiego".
Per invertire questa tendenza, per la CGIL è necessario "rimettere al centro il tema del lavoro e dello sviluppo, riconquistare un modello contrattuale unitario e battere la pratica degli accordi separati, riassorbire la disoccupazione, contrastare il precariato, estendere le protezioni sociali, ridare fiducia ai giovani". Secondo la CGIL c'è inoltre da mettere in campo adeguate iniziative a sostegno della "battaglia per la democrazia sindacale, a partire dalle elezioni delle RSU nel pubblico impiego... per preservare un welfare inclusivo e universale, per l'assunzione del Mezzogiorno come questione nazionale utile allo sviluppo del Paese, per estendere la contrattazione sociale anche alla luce delle nuove povertà che possono emergere a fronte di un modello di federalismo che propone agli enti locali il dilemma tra taglio dei servizi e aumento della pressione fiscale".
Individuare gli obiettivi rivendicativi, come i suddetti e altri ancora, su cui basare la mobilitazione, cercare alleanze oltre la CGIL perché essa sia la più ampia possibile è condivisibile. Ma, va ripetuto, c'è il fattore tempo che ha un'importanza non secondaria. Inoltre c'è da chiarire bene lo scopo principale dello sciopero generale che si tira dietro tutti gli altri: quello di buttare giù il governo del neoduce Berlusconi, di disarcionare il nuovo Mussolini che ha restaurato il fascismo e fatto a pezzi la Costituzione antifascista. Chiedere le dimissioni di Berlusconi, si è assistito negli ultimi tempi a un crescendo in questo senso, è un obiettivo giusto e urgente. Da realizzarsi però non per via giudiziaria o parlamentare, in ogni caso lunga e inefficace, ma con la pressione della piazza; anche perché contestualmente occorre fare tabula rasa di tutte le leggi e le "riforme" neofasciste, liberiste, antipopolari e razziste che costui ha imposto al Paese.

2 marzo 2011