Come faceva il re Vittorio Emanuele III nei confronti di Mussolini
CIAMPI COPRE E AVALLA BERLUSCONI
Fin dal conferimento dell'incarico il capo dello Stato copre le spalle al neoduce
ANCHE D'ALEMA SCONFESSA BORRELLI
Di fronte ai gravissimi atti inanellati dal governo Berlusconi in questi otto mesi molte volte è stato invocato l'intervento del capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, quale "supremo garante'' della Costituzione, per parare i micidiali colpi di maglio sferrati dal neoduce e dalla casa del fascio alla Carta costituzionale e con essa alle libertà democratiche, alle conquiste sindacali e ai diritti civili, alla scuola, alla sanità, alla magistratura. L'ultimo a chiamare pesantemente in causa Ciampi è stato, in ordine di tempo, il professore e politilogo liberale Giovanni Sartori che in un convegno dell'Ulivo sul conflitto di interessi tenutosi il 17 gennaio in una sala di Montecitorio ha affermato: "Io mi trovo a premere su Ciampi, che poteva benissimo non firmare il disegno di legge Frattini, non c'è nulla di terribile, è normale che il capo dello Stato eserciti questo potere, ovviamente in maniera discreta, non stupida... Vi dico di più: ho il sospetto che il presidente non abbia intenzione di opporre resistenza con l'altro strumento che ha'', ossia la sospensiva e il messaggio alle Camere, una volta approvata la legge. E va giù duro quando si interroga: "Perché Ciampi struzzeggia? Bisogna costringerlo a tirare la testa fuori dalla sabbia, dove sta più comodo, a `de-struzzizzarsi', a persuaderlo che lui ha il diritto-dovere di difendere quei principi che, in questo momento, sono in gioco''.
A questo come a tutti gli altri appelli dal Colle si è risposto con un assordante silenzio. Un "silenzio'' che vale più di una risposta. Ciampi copre e avalla il neoduce Berlusconi e la nuova casa del fascio. Copre e avalla la restaurazione del fascismo sotto forme nuove, nuovi metodi e nuovi vessilli: attraverso la seconda repubblica, capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista. Un progetto questo che sostanzialmente Ciampi ha sempre sostenuto fin dal giorno della sua investitura, quando metteva l'accento sulla necessità di riprendere vigorosamente il cammino interrotto con la Bicamerale, mettendo mano a quelle "riforme'', come un "federalismo che risponda al principio di sussidarietà'', le "procedure elettorali'', la "riforma del governo'', "gli ordinamenti di giustizia'', i "sistemi di sicurezza interna e di difesa comune'' per portare a suo dire il nostro paese nella "modernità europea''.
Così oggi appare fin troppo chiaro che Ciampi è sempre stato un uomo della destra, un doppiogiochista, che, spacciandosi per "super partes'', si è fatto candidare al Quirinale dal "centro-sinistra'' ma ha ricevuto i voti entusiasti del "centro-destra''. Del resto appaiono fondate le recenti rivelazioni del capo dei gladiatori Cossiga, secondo cui il capo dello Stato aveva stretto un asse privilegiato con Berlusconi ancor prima della vittoria elettorale, ritenendolo evidentemente il cavallo vincente per il consolidamento della seconda repubblica, al punto di chiedere allo stesso Cossiga di impegnarsi per la vittoria della "Casa delle libertà''.
Di fatto Ciampi, come abbiamo avuto modo di denunciare fin dall'insediamento di Berlusconi a Palazzo Chigi, si sta comportando come il re Vittorio Emanuele III nei confronti di Mussolini quando, all'indomani della marcia su Roma del 1922, gli conferì l'incarico di formare il governo spalancando le porte al fascismo.
Anche Berlusconi è arrivato a Palazzo Chigi sull'onda della sua "marcia su Roma'', una marcia senza fucili e senza camicie nere, ma che è iniziata con le bombe, il terrorismo e le stragi, a partire da Piazza Fontana, e poi proseguita per via istituzionale, parlamentare ed elettorale, secondo il "piano di rinascita democratica'' e lo "schema R'' della P2. Una marcia che Berlusconi ha guidato con la forza dei suoi soldi, del suo incontrastato potere mediatico, del suo partito che non è solo un partito-azienda ma un'organizzazione ideologica e politica che incarna il nuovo fascismo, del suo codazzo di alleati nostalgici di Mussolini, piduisti, secessionisti razzisti, inquisiti per corruzione e per mafia, riciclati democristiani e craxiani.
Eppure, come il re con Mussolini, Ciampi non ha avuto nulla da eccepire sulla sfacciata impresentabilità morale e politica di Berlusconi. Ha ignorato la sua iscrizione alla P2, le sue pendenze penali, tra cui quella gravissima di corruzione di magistrati, e il conflitto di interessi. Ha taciuto sul fatto che nelle liste elettorali ci fosse scritto il nome del candidato presidente del Consiglio in violazione della Costituzione. Anzi ha fatto di tutto per legittimarlo, e gli ha fatto da mallevadore di fronte al Paese e alle istituzioni. Egli infatti si è dato un gran daffare, per dimostrare che la situazione era sotto il suo personale controllo, per tranquillizzare il paese che non c'era nulla da temere da parte del cavaliere piduista e della casa del fascio, sostenendo che ciò avveniva nel quadro del tutto "normale'' perché "la nostra vivaddio, è una democrazia salda''. Anzi con l'incarico al neoduce "La Repubblica italiana progredisce nella piena normalità democratica e nell'alternanza determinata dal voto popolare''.
Insomma, come Vittorio Emanuele III rese legittimo il golpe di Mussolini dandogli i crismi formali della legalità istituzionale e parlamentare, Ciampi oggi consente ai fautori e ai realizzatori principali del nuovo regime fascista di portare liberamente e legalmente avanti i loro piani che sono quelli di plasmare a loro piacimento la seconda repubblica presidenziale, di fatto ormai instaurata ma ancora appesantita dalla "zavorra'' delle istituzioni ancora formalmente plasmate dalla prima repubblica parlamentare.
Tutto ciò dimostra che Ciampi ha stretto un patto di ferro con Berlusconi per aprire la strada al nuovo fascismo. Un patto nel quale Ciampi si è riservato il compito di dare un retroterra storico allo nuovo regime cercando di inculcare nelle menti degli italiani, quei valori che alimentarono il ventennio mussoliniano, quali il nazionalismo, il militarismo, il patriottismo, e i simboli che li rappresentano quali il tricolore che vorrebbe in ogni casa e l'Inno di Mameli, che ormai impone di suonare e cantare in tutte le occasioni pubbliche. Fin dal suo discorso di investitura, evitò ogni richiamo alla Resistenza e in questi due anni e mezzo ha imbastito una martellante campagna per la "pacificazione'' tra antifascisti e fascisti che ha avuto il suo apice il 14 ottobre scorso, quando ha riabilitato pubblicamente i repubblichini definendoli patrioti, ha riabilitato il re traditore e l'esercito regio.
L'esperienza di questi otti mesi dimostra che il paragone con Mussolini è tutt'altro che azzardato: anche quest'ultimo dovette fingere di accettare la legalità istituzionale e adattarsi alle regole parlamentari, ma poi sappiamo quello che ben presto se ne fece, una volta avute in mano le redini del potere che il re gli aveva così sciaguratamente consegnato.
Ciampi ha coperto ed è stato complice del terrore da dittatura fascista aperta scatenato dal governo Berlusconi a Genova durante i giorni del G8 contro il movimento no-global, e che ha portato all'uccisione del giovane Carlo Giuliani. Preoccupato dell'ondata di indignazione e di proteste che si è levata nel Paese e all'estero per le brutalità, gli abusi, e le torture poliziesche ha voluto accanto a sé il neoduce per appellarsi a reti unificate alla popolazione, comunque poi ripetendo ossessivamente la sua personale "solidarietà'' alle "forze dell'ordine'' .
Nonostante la sua carica gli imponesse di difendere l'articolo 11 della Costituzione (l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali) il capo dello Stato non ha alzato un dito affinché il nostro paese non fosse coinvolto nella guerra dichiarata da Bush ai paesi sospettati di terrorismo, ha anzi sposato la sua crociata imperialista per riaffermare l'egemonia degli Usa e dell'Occidente sul mondo, ha lavorato in prima persona di concerto con Berlusconi perché l'Italia partecipasse in prima fila all'aggressione dell'Afghanistan.
Berlusconi, quale primo atto del suo governo, si confeziona la controriforma del diritto societario con cui di fatto cancella il reato di falso in bilancio, con l'evidente scopo di tirarsi fuori da imbarazzanti processi dove è coinvolto personalmente, come quello All Iberian, Sme, Milan e fondi neri Fininvest, e puntuale il 28 settembre arriva la controfirma di Ciampi.
Il capo dello Stato non viene turbato neppure dalla scandalosa legge sulle rogatorie internazionali che il parlamento nero riesce a varare a tempo di record il 3 ottobre scorso, una legge elaborata appositamente dagli avvocati del neoduce per salvare lui e i suoi amici dai processi rimasti ancora in piedi.
Il 18 ottobre controfirma senza fiatare il decreto legge "anti-terroristi'' elaborato dal macellaio forzista Scajola e dal forcaiolo leghista Castelli che imprime un nuovo giro di vite liberticida e fascista al Paese.
Di fronte ai reiterati, violenti e arronganti attacchi di Berlusconi per sottomettere la magistratura al governo, Ciampi cerca di tenersi pilatescamente fuori, nonostante esso sia anche il presidente emerito del Consiglio superiore della magistratura, organo supremo dell'autogoverno dei giudici. Si tiene fuori dalle dure polemiche suscitate dal caso Taormina, e dall'approvazione della mozione della casa del fascio sulla controriforma della giustizia (4 dicembre 2001) e altrettanto fa in questi giorni di fronte al vergognoso tentato golpe giudiziario da parte del governo per bloccare il processo Sme in cui sono coinvolti Berlusconi e Previti. E quando decide di intervenire, attacca le giuste proteste dei giudici, e soprattutto sconfessa Borrelli e insieme a lui la rivolta dei magistrati democratici contro il governo e il suo ministro della giustizia Castelli attuata durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Convocato in seduta straordinaria il comitato di presidenza del Csm, Ciampi afferma sostanzialmente che il pg milanese ha sbagliato, non solo per i toni ma anche per l'approccio scarsamente propositivo, mentre preferisce di gran lunga soffermarsi sulla relazione di Favara e chiedere al Csm un contributo per svelenire il clima ormai giunto al livello di guardia: invece di protestare i magistrati dovrebbero chinare silenziosamente il capo e accettare supinamente la sottomissione al potere esecutivo. Una sconfessione di Borrelli condivisa con il rinnegato presidente dei DS Massimo D'Alema che in una intervista a "Radio anch'io'' il 15 gennaio scorso, invece di far quadrato attorno alla magistratura, esclama: "Non ho apprezzato i toni del procuratore (...) e penso che questa sua reazione alle aggressioni fornisca purtroppo argomentazioni a Berlusconi''. Poi aggiunge: "Sono convinto che la magistratura debba aver un tono `diverso' nel dialogo tra le istituzioni''. Ma del resto come poteva D'Alema difendere l'indipendenza e l'autonomia della magistratura, quando il "centro-sinistra'' stesso, con la Bicamerale, ha tentato di imbavagliarla e sottometterla al potere politico, proponendo la separazione delle funzioni tra magistratura inquirente e giudicante, che altro non è che una variante più soft del progetto di Berlusconi?
Secondo quanto ha rivelato il quotidiano la Repubblica del 16 gennaio, dietro la proposta del vicepresidente del Csm Giovanni Verde di reintrodurre l'autorizzazione a procedere, sembra che si celi un tentativo di inciucio tra maggioranza e opposizione, benedetto da Ciampi, per tentare di fermare i processi contro Berlusconi. La casa del fascio, per riconoscenza dovrebbe dimissionare il ministro della Giustizia Castelli e far posto a Vincenzo Caianiello, presidente della Corte costituzionale che diventerebbe garante bipartisan delle riforma della giustizia.
Uno "scoop'' che i protagonisti non hanno né smentito né confermato, mentre Ciampi non spendeva neppure una parola per prenderne le distanze.

23 gennaio 2002