Presentato al parlamento dal nuovo presidente della Repubblica dopo il giuramento

IL MANIFESTO NEOFASCISTA, INTERVENTISTA E LIBERISTA DELLA SECONDA REPUBBLICA DI CIAMPI

Il 18 maggio davanti alle Camere riunite, subito dopo la cerimonia del giuramento, il neoletto presidente della Repubblica Ciampi ha illustrato al parlamento e al Paese le linee guida a cui intende improntare il suo mandato. E va detto subito che nel far questo non ha certo deluso le aspettative dei partiti del regime neofascista, di governo e di "opposizione", dell'alta finanza, della massoneria, dei circoli militaristi e interventisti, e perfino del Vaticano, che hanno puntato compattamente su di lui aprendogli le porte dorate del Quirinale.
Nel suo discorso di 25 minuti, da economista abituato ad andare subito al concreto delle cose, egli è riuscito infatti a condensare un vero e proprio manifesto neofascista, interventista e liberista della seconda repubblica, suscitando ripetute ovazioni dell'assemblea, a riprova di essersi ben meritato il titolo di "garante" dell'intero parlamento nero. Perfino le cose non dette, come l'aver evitato qualsiasi riferimento alla Resistenza - tema che i suoi predecessori avevano sempre dovuto almeno toccare, sia pure in modo del tutto retorico e formale - sono parte integrante e non involontaria di questo suo nero manifesto. Che si apre, non a caso, con un'esaltazione dell'"unità nazionale" incarnata dalla sua elezione plebiscitaria; che a sua volta gli fornisce il pretesto per sancire solennemente, nel nome della convergenza tra la destra e la "sinistra" del regime neofascista sulla sua candidatura, l'ormai avvenuta "pacificazione" a livello parlamentare e istituzionale tra antifascisti e fascisti, per ricomporre le fratture del passato e ricostituire tutta l'unità e la forza dell'Italia in vista delle sfide europee e mondiali.
"Avverto il dovere di riaffermare questa esigenza - ha detto infatti Ciampi in apertura del suo discorso - nel giorno solenne in cui rivivono le memorie nazionali e patriottiche, il ricordo degli uomini che hanno fatto la nostra Italia attraverso lotte civili e militari: testimonianze tutte della continuità della nazione". "Tutte" dice Ciampi, e quindi incluse le spedizioni coloniali in Africa, la grande carneficina della prima guerra mondiale imperialista, il fascismo, le aggressioni militari alla Spagna repubblicana e all'Etiopia, per arrivare alla partecipazione alla seconda guerra mondiale a fianco di Hitler e alla "repubblica di Salò": "Quella continuità - ha proseguito infatti tra gli applausi generali, ma soprattuto dai banchi di AN - che ha saputo superare e vincere anche la più grave frattura della nostra storia, perché mai è venuto meno, dal Risorgimento a oggi, il senso profondo della patria, che ha poi consentito, nella Repubblica democratica, la piena pacificazione tra tutti gli italiani".

CHIUDERE UN "SECOLO DI DIVISIONI E DI ODII"

Questo passaggio chiave del suo discorso, con cui l'ex ufficiale dell'esercito mussoliniano ed ex azionista, ha voluto proporsi ufficialmente come il presidente della seconda repubblica, che seppellisce definitivamente la Resistenza (che non a caso non è nemmeno stata nominata) e la discriminante antifascista, non è certo sfuggito agli eredi di Mussolini e della "repubblica di Salò". Nell'esprimere tutto il suo apprezzamento a Ciampi per aver messo in rilievo che "sempre dal Risorgimento in poi gli italiani hanno agito con senso della nazione", il caporione fascista Gianfranco Fini, in un'intervista al quotidiano diessino l'Unità del 19 maggio, ha dichiarato: "è una giornata importante. Direi che il riferimento del capo dello Stato alla continuità della nazione è il modo migliore per chiudere un secolo di divisioni e di odii, contrassegnato purtroppo anche da una guerra fratricida, e per portare l'Italia nel Duemila con un clima di pacificazione e di continuità nazionale".
Se si pensa che fino a ieri, i voti fascisti erano stati accettati di sottobanco anche quando determinanti per l'elezione del presidente della Repubblica, la legittimazione piena del partito fascista che è avvenuta con l'elezione di Ciampi, a cui ha partecipato attivamente e alla luce del sole, è un fatto da non sottovalutare per le sue implicazioni politiche, etiche e storiche. Non a caso Fini, riferendosi al processo di inserimento nell'alveo costituzionale degli eredi di Mussolini e del fucilatore di partigiani Almirante, da lui stesso avviato a Fiuggi, ha osservato: "Fiuggi ha rappresentato il punto di partenza di un percorso, l'elezione di Ciampi per le modalità con cui ci siamo arrivati rappresenta forse il compimento di quel percorso".
Per quanto riguarda lo scottante tema dell'intervento italiano a fianco della Nato nei Balcani, anziché denunciare come sarebbe stato suo dovere il grave tradimento della Costituzione attuato dal governo D'Alema calpestando gli articoli 11 e 78, Ciampi ha difeso a spada tratta l'aggressione armata imperialista alla Federazione jugoslava sostenendo "l'inevitabilità del ricorso alle armi" con lo scontato pretesto dell'intervento "umanitario" per far cessare "una tragica realtà di violenze, di lutti, di distruzioni" che "ci angoscia ogni giorno". Non solo Ciampi giustifica quindi l'interventismo italiano, ma a fronte dei soliti generici quanto ipocriti auspici di un negoziato di pace, invoca l'espansionismo dell'Unione europea imperialista per inglobare e rendere sicure le aree di instabilità del Vecchio continente.

"RIFORME" NEOFASCISTE, LIBERISMO E FAMILISMO

Come "garante" di tutte le fazioni del parlamento nero Ciampi non poteva col suo discorso entrare in merito alle singole proposte di modifica neofasciste, presidenzialiste e federaliste della Costituzione, tuttavia non ha mancato lo stesso di mettere l'accento sulla necessità di riprendere vigorosamente il cammino interrotto con la Bicamerale, mettendo mano a quelle "riforme", come un "federalismo che risponda al principio di sussidiarietà, le "procedure elettorali", la "forma di governo", gli "ordinamenti di giustizia" (passo questo vistosamente approvato da Berlusconi, ndr), i "sistemi di sicurezza interna e di difesa comune", per portare a suo dire il nostro paese alla "modernità europea".
Oltre che neofascista e interventista, il suo è stato (e non poteva non essere, dato il suo passato) anche un discorso marcatamente liberista, da cane da guardia dell'economia e della finanza capitaliste non soltanto italiane, ma anche europee. Il suo è stato un vero e proprio inno alla "moneta unica europea", alla "libertà d'impresa sia dai lacci sia dai sussidi di Stato", ai mercati capitalistici in generale e al "mercato unico europeo", alla "competitività", alla subordinazione della scuola e dell'Università alle esigenze del mercato e delle imprese, e al "patto sociale", di cui ha rievocato a suo personale vanto la memoria dell'infame accordo del luglio '93.
E se da una parte si è ben guardato dal denunciare strappi alla Costituzione nel caso dell'articolo 11, dall'altra si è mostrato stranamente solerte nel censurare la "non ancora piena attuazione" di altre parti della nostra Carta fondamentale: come, guarda caso, gli articoli 29, 30 e 31, che riguardano interventi "in favore della centralità della famiglia e dei suoi valori, valori che - ha sottolineato tra gli applausi finalmente senza più riserve dei popolari - qui e sempre dobbiamo riaffermare come grande ricchezza del nostro popolo". è così che il "laico" Ciampi, che ha invocato anche "l'aiuto di Dio" a sostegno del suo mandato, ha inteso ricambiare il papa nero Wojtyla e il cardinale Ruini, che non a caso avevano accolto con favore e fervidi auguri la sua elezione, a dispetto della sconfitta subita dal PPI.
In conclusione, alla luce del suo discorso di investitura, anche la sua allocuzione finale, pronunciata tra l'ovazione del parlamento nero in piedi, "Viva la Repubblica italiana! Viva l'Unione europea! Viva l'Italia!", andrebbe piuttosto letta così: "Viva la seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista! Viva l'Unione europea imperialista! Viva l'Italia capitalista e interventista!".