Portando avanti la sua strategia della riconciliazione nazionale
CIAMPI RENDE ONORE AI CADUTI DELL'ESERCITO FASCISTA A EL ALAMEIN
Il presidente della Repubblica tiene stretta in pugno l'antica bandiera della Folgore in un'orgia di nazionalismo
Partecipando il 20 ottobre alla cerimonia internazionale per il 60° della battaglia di El Alamein (Egitto), Ciampi ha colto l'occasione per aggiungere un altro tassello al disegno reazionario che persegue ostinatamente fin da quando è stato eletto al Quirinale: riabilitare l'esercito monarco-fascista, di cui egli stesso ha fatto parte come ufficiale, e le sue gesta di guerra, nel quadro di una riconciliazione nazionale che ricomponga la frattura tra antifascisti e fascisti che ha caratterizzato il dopoguerra, in nome del rinato nazionalismo e militarismo italiani di cui egli si è fatto il più zelante alfiere.
Di tutte le gesta dell'esercito di Mussolini, quindi non solo della tragica vicenda di Cefalonia, che comunque egli ha voluto strumentalizzare come "primo episodio della Resistenza'' in contrapposizione alla guerra partigiana, ma anche per esempio della guerra di Russia, quando è andato a Tanbov a rendere omaggio ai caduti del corpo di spedizione inviato da Mussolini in appoggio all'invasione nazista dell'Unione Sovietica. Con ciò riabilitando e onorando implicitamente, con la scusa della "pietà'' per i caduti, quella infame e tragica avventura militare voluta dal fascismo.
La stessa identica operazione che Ciampi ha voluto ripetere a El Alamein, rendendo onore ai caduti dell'esercito fascista nella battaglia che tra l'ottobre e il novembre del 1942 segnò la sconfitta delle truppe dell'asse in Nord Africa da parte degli alleati. Fino a non molti anni fa la battaglia di El Alamein era esaltata solo dai fascisti e dai militaristi. Con l'avvento della seconda repubblica neofascista e imperialista e il riemergere del nazionalismo El Alamein è stata inserita surrettiziamente nel ciarpame patriottardo delle celebrazioni istituzionali, fino a questa piena e ufficiale esaltazione da parte di Ciampi.
Nel suo discorso, infatti, l'inquilino del Quirinale non ha nemmeno cercato di coprirsi come ha fatto il ministro della Difesa Martino, il quale aveva detto che i soldati italiani caduti a El Alamein diedero la vita combattendo "per una causa sbagliata, dalla parte sbagliata''. Al contrario, ha voluto deliberatamente esaltare il loro "eroismo'', citando e facendo proprio il motto riportato su una lapide apposta dai fascisti sul luogo della battaglia: "mancò la fortuna, non il valore''. Con ciò volendo sottolineare che il "valore'' giustifica e rende accettabile qualsiasi causa, anche quella di Hitler e Mussolini per la quale combattevano le truppe dell'asse in Nord Africa.
In questo modo Ciampi, come ha già fatto in altre occasioni, intende assolvere anche sé stesso e il suo passato di ufficiale dell'esercito mussoliniano, sul quale le biografie ufficiali sono stranamente avare di particolari. Si sa solo che ha servito come sottotentente degli autieri in Albania, e che dopo lo sbandamento dell'8 settembre 1943 ha raggiunto gli alleati a Brindisi, dove nel frattempo era fuggito il re con tutta la corte e il governo Badoglio. Tant'è che rivolgendosi ai reduci ha detto di sentirsi uno di loro per aver vissuto la sua "gioventù in armi, su un altro fronte di quella tragica seconda guerra mondiale che sconvolse il mondo intero''. E ha definito quella che si affrontò nel deserto di El Alamein "la miglior gioventù dei nostri popoli''.
Cioè, secondo Ciampi, la migliore gioventù d'Europa non era quella che - quando lui da studente modello andava in vacanza premio nella Germania hitleriana, per poi allo scoppio della guerra vestire "senza entusiasmo ma con senso del dovere'' la divisa dell'esercito fascista - riempiva le galere di Mussolini e i lager hitleriani, quella antifascista mandata al confino o costretta a emigrare, quella caduta per difendere la repubblica spagnola dai mercenari del massacratore Franco, e quella che ha dato vita alla gloriosa guerra di resistenza partigiana, ma quella che come lui combatteva, volontariamente o per forza sembra non fare differenza, per la patria fascista o quella nazista e per i disegni imperialisti e colonialisti.
E questo Ciampi lo ha detto tra gli applausi dei nostalgici fascisti accorsi alla commemorazione, in un'orgia di nazionalismo patriottardo condito con il solito inno di Mameli e stringendo in pugno l'antica bandiera della Folgore, il corpo scelto dei paracadutisti creato da Mussolino che fu impiegato inutilmente contro le truppe corazzate di Montgomery, e che ancora oggi, avendo conservato intatto il suo carattere marcatamente fascista, si fregia apertamente dell'"onore'' di El Alamein.
Certo, poi nel suo discorso l'inquilino del Quirinale ha anche ammesso che in questa guerra "i totalitarismi furono sconfitti''. E come poteva altrimenti! Ma questo solo per poter concludere che dopo 60 anni "il mondo è cambiato profondamente'' e che a cambiarlo è stata "la stessa generazione che si era combattuta ad El Alamein'', per cui "noi, i sopravvissuti, lo abbiamo giurato nei nostri cuori: mai più guerra fra noi''.
Non ha detto, si badi bene, "mai più guerre'', bensì "mai più guerre fra noi''. Cioè - intende dire Ciampi - italo-tedeschi e alleati, ieri eravamo nemici, oggi siamo tutti uniti nel blocco imperialista europeo e occidentale, e le guerre le facciamo ad altri, a quei paesi che non stanno agli interessi e alle regole che noi vogliamo loro imporre: "Nei Balcani, in Afghanistan, nel vigilare su una pace talvolta precaria in varie parti del mondo, i soldati delle nostre nazioni assolvono - insieme - compiti difficili e pericolosi'', ha detto infatti Ciampi in conclusione del suo discorso, esaltando l'alleanza interventista, neocolonialista e imperialista che oggi unisce gli ex belligeranti di ieri nel nome della "guerra al terrorismo internazionale''.
La celebrazione di El Alamein fatta da Ciampi è tanto più grave e scandalosa considerando che è la punta di lancia di una serie di iniziative apologetiche che tutte insieme costituiscono un'unica operazione neofascista di sapore nostalgico: come una mostra sul 60° di El Alamein aperta in contemporanea a Milano, sotto l'egida del neopodestà Albertini, con contorno di convegni e manifestazioni, tra cui il lancio su piazza Duomo di paracadutisti della Folgore, accolti dal fascista La Russa al grido di "Folgore! Folgore!''. Lo stesso Albertini, mentre Ciampi presenziava alla cerimonia al sacrario, si è recato ad Alessandria d'Egitto per rendere omaggio alla tomba di Vittorio Emanuele III, e ha avuto pure la sfacciataggine di definirlo "un gesto di pietas cristiana che assume alti significati patriottici''.
A sostegno di questa odiosa operazione di riabilitazione del fascismo è anche intervenuto in forze Raiuno targata Forza Italia, che non solo ha trasmesso in diretta la cerimonia ad El Alamein, ma nel Tg1 sera del 20 ha assolto d'ufficio l'imperialismo mussoliniano con la singolare motivazione che "tutti sono andati in Africa per conquistare qualche colonia, anche le colonie inglesi erano territori di altri popoli occupati con la forza come tutte le altre colonie'', per cui "ad El Alamein nessuno può in coscienza dire di stare esattamente dalla parte giusta... El Alamein significa `le due bandiere' ed è giusto onorare le bandiere dei due fronti quando il coraggio degli uomini è tale da occupare saldamente il primo posto nella scala dei valori''.

30 ottobre 2002