Speculando sull'eccidio nazista di Cefalonia
CIAMPI RIABILITA IL RE TRADITORE E IL REGIO ESERCITO
Infame disegno del capo dello Stato per istituzionalizzare la Resistenza cancellandone il carattere popolare
Preparata da un'intensa campagna giornalistica sulla "strage dimenticata'', con in testa gli articoli del rinnegato Mario Pirani (ex redattore de l'Unità, ex membro della Commissione d'organizzazione del PCI diretta da Secchia) su la Repubblica, si è svolta il 1° marzo nell'isola greca di Cefalonia la visita di Ciampi al sacrario che ricorda i 10 mila caduti della divisione Acqui, trucidati dai nazisti nel settembre 1943 perché non vollero cedere le armi agli ex alleati.
"Strage dimenticata'', ma da chi e perché? Secondo Pirani, il primo a rilanciare l'eccidio di Cefalonia su la Repubblica del 21 agosto 2000, e secondo anche altri anticomunisti storici come Montanelli, Galli Della Loggia, ecc., da una certa "storiografia politica'' antifascista che ha voluto sempre negare il ruolo del ricostituito esercito badogliano per imprimere alla Resistenza "un profilo essenzialmente di sinistra''.
Niente di più falso e sporco: l'eccidio di Cefalonia è stato "dimenticato'' proprio da quelle stesse forze anticomuniste e filoatlantiche a cui fanno capo il rinnegato Pirani, il fascista Montanelli e il liberale Galli Della Loggia, in nome del recupero della Germania all'alleanza occidentale nel quadro della "guerra fredda'' contro l'Unione Sovietica. Così come furono "dimenticate'' altre infami stragi naziste, come quella di Sant'Anna di Stazzema, per non irritare l'alleato tedesco che stava per entrare nella Nato.
Ma Ciampi è andato a Cefalonia proprio per accreditare questa sporca tesi, e per portare avanti un suo nero disegno che persegue dacché si è installato al Quirinale. Intanto si è portato dietro l'ex repubblichino Tremaglia, e questo già suona come una beffa e un affronto gravissimo alla memoria delle vittime del nazifascismo. Poi si è ben guardato dallo stigmatizzare la barbarie dell'esercito tedesco, che passò spietatamente per le armi i prigionieri della Acqui in spregio a tutte le regole di guerra. Se l'è cavata semplicemente dicendo che "non avrebbe senso oggi chiedere scuse dalla Germania''. Ma cosa ancor più grave ha strumentalizzato i caduti di Cefalonia per accreditare una sua deliberata falsificazione della storia a supporto del disegno che gli sta a cuore.

UN FALSO STORICO
Parlando della decisione dei soldati di non consegnare le armi ai tedeschi, che scatenò il massacro nazista, Ciampi ha detto infatti: "La loro scelta consapevole fu il primo atto della Resistenza, di un'Italia libera dal fascismo''. E questo è un falso storico perché Ciampi confonde deliberatamente chi fu vittima della criminale vendetta nazista per il "tradimento'' dell'ex alleato italiano dell'8 settembre, con chi consapevolmente, anche molto prima di quella data, aveva già fatto una scelta antifascista netta affrontando il carcere, il confino e l'esilio, andando a combattere e morire per la Spagna repubblicana contro l'esercito mercenario del macellaio Franco sostenuto da Hitler e Mussolini, scioperando a rischio della vita alla Fiat e nelle altre fabbriche del Nord nel marzo del '43, salendo in montagna a fare il partigiano già dopo la caduta del fascismo del 25 luglio o conducendo la lotta armata clandestina nelle città; ma anche quanti, dalle stesse file del dissolto esercito regio, passarono armi in pugno dalla parte dei partigiani in Italia, in Grecia, in Albania, in Corsica e Jugoslavia.
Ma Ciampi ha uno scopo ben preciso, nel commettere questo falso storico, che non ha nulla a che vedere col rendere omaggio alla memoria di quelle vittime della ferocia nazista. Uno scopo che emerge da quest'altra frase rivolta ai reduci della Acqui: "Decideste così consapevolmente il vostro destino. Dimostraste che la Patria non era morta. Anzi con la vostra decisione, ne riaffermaste l'esistenza. Su queste fondamenta risorse l'Italia''.
Su questo concetto, della negazione che la Patria sia morta dopo l'8 settembre per il tradimento e la fuga del Re e di Badoglio a Brindisi lasciando l'esercito senza ordini e allo sbando, Ciampi insiste da tempo (vedi l'intervista al Corriere della Sera in occasione del suo 80• compleanno, cfr Il Bolscevico n. 3/2001), tutto teso a dimostrare che c'è stata invece una continuità istituzionale dalla caduta del fascismo all'assemblea costituente del '47. Perché? A cosa mira l'inquilino del Quirinale?

IL DISEGNO NEOFASCISTA DI CIAMPI
Intanto c'è da dire che con Cefalonia il suo disegno è stato portato parecchio avanti. Per esempio, riabilitando pienamente il Re traditore Vittorio Emanuele III, intenzione che era già emersa con il messaggio di cordoglio inviato agli eredi in occasione della morte della ex "Regina'' Maria Josè. In un'intervista al compiacente Mario Pirani, su la Repubblica del 3 marzo, infatti, Ciampi ha difeso la fuga del Re e del governo a Brindisi perché ha "assicurato la continuità delle istituzioni rifugiandosi in un territorio liberato dalla presenza tedesca. Il che permise al governo Badoglio di dichiarare guerra alla Germania, all'Esercito di ricostituirsi e partecipare al conflitto. E poi, con il cadere della pregiudiziale antimonarchica grazie all'iniziativa di Palmiro Togliatti, di costituire, con la partecipazione dei partiti antifascisti, prima il secondo governo Badoglio, poi, con la liberazione di Roma, il governo Bonomi, quindi, dopo il 25 aprile, il governo Parri. Tutte tappe che segnano la continuità delle istituzioni e della Patria''.
Se a ciò si aggiunge che sia a Cefalonia, che in questa intervista, Ciampi ha ribattuto sul concetto che a guidare lui e quelli che come lui si trovarono senza ordini dopo l'8 settembre fu "la fedeltà al giuramento fatto al regio Esercito e alla Patria'', diventa chiarissimo a cosa mira il capo dello Stato: istituzionalizzare la Resistenza, snaturandola del suo carattere di guerra popolare per riassorbirla nelle istituzioni borghesi e nella seconda repubblica neofascista e imperialista.
Durante la "guerra fredda'' gli anticomunisti - compresi i liberali azionisti come Ciampi - sminuivano il ruolo della Resistenza sostenendo che l'Italia era stata liberata soprattutto dagli eserciti alleati, e non da una guerra popolare e partigiana, una guerra civile tra antifascisti e fascisti. Oggi, con la seconda repubblica, anche questa tesi riduttiva non basta più, e sostengono addirittura che la Resistenza fu iniziata e combattuta dall'esercito regio, in modo da ristabilire, come sostiene Ciampi, a cui tirano la volata non a caso rinnegati come Pirani e ex azionisti anticomunisti come Scalfari, una continuità istituzionale dal Risorgimento al regime neofascista attuale. Riabilitando con ciò non solo la monarchia, ma in definitiva anche il periodo fascista, ridotto da Ciampi a una parentesi negativa di soli tre anni, dall'entrata in guerra a fianco della Germania fino all'8 settembre 1943. Come se il fascismo fosse stato un corpo estraneo piovuto non si sa da dove, e non una delle facce, la più brutale ma anche la più reale, della borghesia capitalista alla quale lo stesso Ciampi appartiene, per origine di classe, formazione culturale e politica, e interessi.

I PUNTI OSCURI DEL PASSATO DI CIAMPI
Riabilitando la monarchia e l'esercito regio, che hanno servito il fascismo e i suoi criminali interventi colonialisti e imperialisti, per poi alla sua caduta fuggire abbandonando il Paese alle orde naziste, Ciampi mira contemporaneamente a riabilitare sé stesso, dal momento che non ha mai chiarito fino in fondo quali furono i suoi ambigui rapporti con essa, con il nazismo e il fascismo, prima dell'armistizio, nonché quale fu realmente il suo proclamato ruolo "antifascista'' dopo l'8 settembre 1943.
Di certo (vedi la sua autobiografia su Il Bolscevico n. 30/2000, ndr) si sa che fu prescelto dalla sua Facoltà pisana allora diretta dal filosofo fascista Gentile per seguire un corso in Germania nel '40-41, cioè in pieno nazismo, mentre le armate hitleriane scorazzavano in tutta Europa mettendola a ferro e fuoco. Non risulta che vi si trovasse particolarmente a disagio.
Sappiamo anche che fu ufficiale dell'esercito mussoliniano nell'Albania invasa dalle truppe italiane. Non ci tranquillizza per niente che egli proclami di essere rimasto fedele al giuramento prestato e alle stellette, perché significa, anche se opportunisticamente non lo dice, che non rinnega nulla di tutto quel che quell'esercito imperialista fece in casa altrui, dall'Etiopia all'Albania, dalla Grecia alla Jugoslavia, dalla Russia al Nord Africa.
Sappiamo infine che per puro caso egli si trovò in Italia al momento dell'armistizio, e che in pratica il suo ruolo "resistenziale'' consistè nel seguire le orme del Re traditore andandosi a rifugiare anche lui al Sud occupato dagli Alleati. C'è da stupirsi allora se egli cancella la Resistenza come guerra di popolo e mette in risalto solo l'operato del ricostituito esercito regio sotto l'ombrello anglo-americano, e nel quadro della "continuità della patria'', quale unico elemento storico non anacronistico e degno di essere istituzionalizzato nella seconda repubblica neofascista di oggi?
Invece di strumentalizzare cinicamente i morti di Cefalonia per spingere avanti il suo nero disegno nazionalista, patriottardo, neofascista e interventista (dall'isola ha avuto l'impudenza di arringare le Forze armate affinché si ispirino a quei caduti "nell'affrontare i compiti che la Patria oggi vi affida, per missioni non più di guerra, ma di pace''), Ciampi farebbe meglio a chiarire i punti oscuri della sua biografia, tutt'altro che cristallina, come vorrebbe dare ad intendere lui e tutti quelli che come lui si stanno dando un gran daffare per riabilitare il fascismo e la monarchia e risvegliare il nazionalismo.
Qui non si tratta di un "cedimento ad una moda'' (il revisionismo storico) da parte di un presidente peraltro "di grande equilibrio, di una certa saggezza'', come hanno piagnucolato ipocritamente i neorevisionisti e trotzkisti del PRC (Liberazione del 4/5 marzo); e men che mai di avallare un "amor di patria'' sul quale "non c'è nulla da obiettare perché è autentico'', come ha avuto la spudoratezza di sostenere il trotzkista Pintor sul manifesto del 4 marzo. No, cari valletti del Quirinale! Qui siamo in presenza di un'operazione perfida e pericolosissima, che va risolutamente denunciata e combattuta a viso aperto, perché mira a cancellare la memoria antifascista e antimonarchica del nostro popolo e a riscrivere la storia del nostro paese in chiave anticomunista, atlantica e neofascista.