Il capo dello Stato insiste sulla pacificazione nazionale
CIAMPI: "LA STORIA NON DIVIDE PIU' GLI ITALIANI''
Entusiasmo del caporione fascista Fini: "Condivido e apprezzo''. L'Ulivo e il PdCI tacciono e accettano
NO ALLA RIABILITAZIONE DELLA DITTATURA FASCISTA DI MUSSOLINI

Ormai è un'alluvione. Tutte le occasioni sono buone per Ciampi per soffiare sul patriottismo e sul nazionalismo e portare avanti il suo disegno di pacificazione nazionale. Non si era ancora spenta l'eco dell'orgia nazionalista di El Alamein ed eccolo ridare fiato alle trombe in occasione della festa delle forze armate del 4 novembre, ricorrenza in cui la classe dominante borghese celebra la "vittoria'' nella guerra imperialista del 1915-18 costata 600 mila morti al popolo italiano.
Intervenendo al Quirinale alla cerimonia di consegna delle decorazioni dell'Ordine militare d'Italia, e ricordando la sua commozione per aver cantato l'inno di Mameli stringendo in pugno la vecchia bandiera della "Folgore'' alla commemorazione del 20 ottobre nel deserto egiziano, Ciampi ne ha tratto spunto per ribadire la sua idea ossessiva della pacificazione tra tutti gli italiani nel nome dell'unità nazionale della patria imperialista: "Oggi, 4 novembre, Giorno dell'Unità Nazionale - ha detto il capo dello Stato - dobbiamo riflettere sulla evoluzione che la nostra comunità sta vivendo. Stiamo ritrovando in noi le ragioni profonde di una memoria condivisa. Gli antichi valori della nostra indipendenza nazionale si stanno ricomponendo come in un mosaico con i valori di oggi, di una collettività democratica e pacifica, orgogliosa dei propri modelli di vita, pronta a difenderli''. Il senso delle parole di Ciampi è dunque il seguente: la storica frattura postresistenziale tra antifascisti e fascisti sarebbe ormai morta e sepolta; il fascismo, con tutte le sue imprese belliche combattute con "onore'', è riabilitato e riassorbito nella storia patria; quest'ultima, a questo punto, non conterrebbe più discontinuità, dal Risorgimento fino all'odierna seconda repubblica capitalista, neofascista e imperialista, sempre più proiettata in un espansionismo anche militare in campo internazionale, nell'ambito delle alleanze con le altre potenze imperialiste occidentali.
"La storia non divide più noi italiani - insiste infatti Ciampi - l'ho sentito a El Alamein, come l'ho sentito a Cefalonia, a Tambov, a Porta San Paolo. La storia non divide più noi europei. L'ho sentito stando a fianco del Presidente tedesco Rau nel sacrario dei martiri di Marzabotto. Oggi sappiamo che sono più forti le cose che ci uniscono''.
Da questo trampolino l'inquilino del Quirinale si è poi lanciato in una sperticata esaltazione del patriottismo, che a suo dire "sta crescendo tra gli italiani'' e che è un'"occasione che viene offerta alle istituzioni'', da non perdere. E qui ha rilanciato il suo ambizioso progetto nazionalista e militarista, che coltiva da quando è stato eletto al Quirinale, di arrivare a una solenne celebrazione del 150° anniversario della nazione, nel 2011, attraverso una legge speciale che preveda tutta una serie di manifestazioni e all'istituzione di un "Museo della Nazione'', che coinvolga anche le città e le regioni e che colleghi in un'unica rete informatica tutti i musei storici e i musei delle forze armate. Ed inoltre la pubblicazione di un'opera divulgativa "che faccia conoscere, in Italia e all'estero, la storia delle nostre Forze Armate''.
Si è poi compiaciuto, da quando l'anno scorso a San Martino raccomandò che in ogni casa italiana fosse presente un tricolore, di vedere in giro per l'Italia "che l'esposizione del tricolore si sta sempre più diffondendo'', e ha indicato come un esempio da generalizzare il Comune di Milano "che ha deciso di installare decine di nuove bandiere''. Infine, rivelando a quali reali obiettivi imperialistici risponde tutta questa sua esaltazione del nazionalismo e del militarismo, ha lodato le forze armate che si sono "distinte in terre anche lontane, in situazioni e luoghi difficili, dalla Bosnia, al Kossovo, all'Afghanistan'' e che garantiscono "la sicurezza e il prestigio della nostra Patria che, oggi più che mai, deve essere in grado di difendere, insieme con gli altri Paesi dell'Unione Europea, il modello di vita, libero e democratico, che abbiamo costruito in questi decenni''.
Ecco svelate le ragioni della sua martellante campagna sulla pacificazione: il Paese e l'Europa intera compatti sul terreno del nazionalismo e patriottismo sono la garanzia per questo imperialista incallito di poter assicurare all'Italia e alla superpotenza europea la necessaria coesione interna davanti ai contraccolpi che causeranno la loro politica espansionista, bellicista ed egemonica.
Non stupisce che i più entusiasti delle esternazioni patriottiche, militaristiche, imperialistiche e di pacificazione nazionale di Ciampi siano stati ancora una volta gli eredi diretti di Mussolini: come l'ex "ragazzo di Salò'' (già riabilitato dal rinnegato Violante) Mirko Tremaglia, per il quale "le parole di Ciampi sono motivo di conforto e soddisfazione e rappresentano uno stimolo per compiere un ulteriore passo avanti sulla strada della pacificazione'' e affiché sia reso "omaggio a tutti i caduti, senza distinzione di parte, perché chiunque abbia onorato la patria merita rispetto''; e come lo stesso caporione fascista Fini, che ha dichiarato di "apprezzare e condividere'' il discorso di Ciampi.
Stupisce invece - perché chi tace acconsente - il silenzio dell'Ulivo e del PdCI, che evidentemente non hanno nulla da obiettare su questa sporca operazione di pacificazione nel nome del nazionalismo e del militarismo guerrafondai da parte del capo dello Stato.
Noi invece ci opporremo sempre e con tutte le nostre forze alla riabilitazione della dittatura fascista di Mussolini e alla cancellazione della discriminante antifascista, e invitiamo le masse non a tenere il tricolore in casa, come vorrebbe Ciampi, ma a portare più bandiere rosse in piazza, come nella recente grande manifestazione di Firenze contro la guerra, per lottare contro la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e imperialista e
per buttare giù il neoduce Berlusconi.

13 novembre 2002