Attacco all'egemonia del dollaro
La Cina imperialista propone la moneta unica mondiale

La Cina propone di definire una nuova "valuta globale" che sostituisca gradualmente il dollaro come strumento di riserva delle banche centrali e per i regolamenti dei pagamenti nell'interscambio mondiale.
La proposta è stata avanzata lo scorso 24 marzo in un intervento del governatore della banca centrale cinese Zhou Xiaochuan pubblicato sul sito della banca. Zhou ha sostenuto che il sistema monetario mondiale avebbe bisogno di "creare una moneta di riserva internazionale, che sia staccata da nazioni singole e sia capace di rimanere stabile a lunga distanza, togliendo perciò le tipiche deficienze causate dall'uso di monete nazionali basate sul credito". Quindi via il dollaro come moneta di riserva, sostituito da questa nuova valuta che dovrebbe essere definita dai 185 paesi che aderiscono al Fondo monetario internazionale (Fmi). La nuova moneta internazionale dovrebbe derivare dagli Sdr (Special drawing rights) un'unità di misura introdotta 40 anni fa dal Fmi e che si basa su un paniere di monete che comprende il dollaro americano, l'euro, lo yen giapponese e la sterlina britannica. Ai quali la Cina sembra voler aggiungere la sua, lo yuan. In seguito gli Stati dovrebbero affidare in gestione una parte delle loro riserve valutarie al Fmi. L'istituzione finanziaria imperialista che avrebbe un ruolo ancora più importante e non a caso uno dei primi che si è pronunciato a favore della proposta cinese è stato il direttore del Fmi, il francese Dominque Strauss-Kahn. In sintonia con Sarkozy, fra i primi a parlare della necessità di un sistema monetario non più dollaro dipendente.
Il governatore cinese Zhou ha sostenuto che l'attuale recessione mondiale "riflette vulnerabilità e rischi sistemici nel sistema monetario internazionale" e uno dei modi per evitare o quantomeno contenere il ripetersi di turbolenze finanziarie gravi è la creazione di una moneta di riserva "slegata da nazioni individuali e capace di rimanere stabile nel lungo periodo, eliminando così i difetti inevitabili delle monete nazionali".
I dirigenti di Pechino sanno bene quali sono i "difetti" del dollaro in questa fase della crisi economica che Washington affronta stampando carta moneta e titoli di Stato che rischiano di farne precipitare il valore. Con conseguenze negative per gli altri paesi che la utilizzano a partire dalla stessa Cina che possiede oltre 1.900 miliardi di dollari di riserve valutarie, in buona misura investite in titoli di stato Usa. La svalutazione del dollaro porterebbe anche a una svalutazione delle riserve cinesi e degli investimenti compiuti da Pechino. E siccome la Cina, a sentire quanto dichiarato da Zhou il 27 marzo, sta reggendo meglio dei concorrenti imperialisti lo scossone della crisi economica e ne uscirà prima di America ed Europa, non può continuare a subire il diktat monetario americano e vuol far pesare il suo accresciuto ruolo economico nel mondo. E mette sul piatto la proposta di definire una nuova moneta di riferimento e un nuovo sistema monetario internazionale che ponga fine all'egemonia del dollaro.
Un'ipotesi che ovviamente è stata seccamente bocciata a una sola voce negli Stati Uniti. Dal secco "sono contrario a una valuta globale" di Obama al commento del segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner: "il dollaro rimane la moneta di riserva dominante nel mondo e lo resterà a lungo".
Ma la Cina su questo argomento si trova in buona compagnia e non sarà semplice per l'imperialismo americano, già in ginocchio per la crisi economica, rintuzzare questa nuova offensiva dei concorrenti. Anche la Russia ha chiesto una riforma dell'ordine valutario mondiale basato sul dollaro mentre la moneta Usa è stata sostituita in parte, come moneta di scambio, in vari paesi da Cuba al Venezuela, dall'Iran a altri paesi del Golfo che pure fedeli alleati di Washington temono che una caduta del dollaro possa ridurre le loro entrate petrolifere. Per non dire di India, Sud Corea e Sud Africa anch'essi favorevoli a rivedere il riferimento al dollaro mentre Brasile, Argentina, Venezuela e altri paesi sudamericani ragionano sull'opportunità di adottare una moneta locale di scambio.

1 aprile 2009