Nell'inchiesta barese "Domino 2" coinvolti anche D'Alema, Fassino e il parlamentare PDL Savino
I clan mafiosi favorirono l'elezione del senatore PD Latorre

Michele Labellarte, bancarottiere, morto a 48 anni nel settembre 2009 e soprattutto ex cassiere del clan Parisi-Stramaglia, la più potente famiglia mafiosa della provincia di Bari, ha finanziato e organizzato la campagna elettorale del senatore PD Nicola Latorre.
È uno squarcio dell'inconfessabile verità che emerge dalle informative redatte dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Bari che ha condotto l'inchiesta "Domino" e "Domino 2" avviate dai Pubblici ministeri (Pm) Francesca Romana Pirrelli e Elisabetta Pugliese, coordinati dal procuratore capo Antonio Laudati, che il 14 maggio scorso hanno notificato un avviso di conclusione indagini a 17 indagati fra cui tre avvocati, sei direttori di banca e due esponenti locali del PDL: Donato Amoruso e Vitantonio Leuzzi, rispettivamenrte vice sindaco e assessore del Comune di Valenzano.

Gli indagati
Tutti gli indagati sono accusati a vario titolo di favoreggiamento, riciclaggio, corruzione, rivelazione del segreto d'ufficio ed estorsione. I tre legali sono Giovanni Di Cagno, Onofrio Sisto e Giacomo Porcelli incaricati dalla Uniedil (società riconducibile a Labellarte) col chiaro obiettivo di favorire la realizzazione del Centro universitario integrato a Valenzano dietro cui, secondo l'accusa, si nascondeva una grande speculazione edilizia che serviva anche per riciclare una consistente fetta dei guadagni illeciti del clan Parisi-Stramaglia grazie anche alla connivenza dei boss nazionali delle varie cosche parlamentari del PD e del PDL.
"Le indagini svolte hanno consentito di accertare che Michele Labellarte (appena uscito dagli arresti domiciliari per bancarotta ndr) in occasione delle elezioni senatoriali suppletive del collegio Bari-Bitonto-Modugno del gennaio/aprile 2005, indette per sostituire il senatore Giuseppe Degennaro, padre di Lello, deceduto il 23 ottobre 2004, aveva organizzato a Valenzano (Ba) un comitato elettorale per sostenere il candidato del centro-sinistra Nicola Latorre" boss del PD pugliese nonché braccio destro del capobastone Massimo D'Alema.

Coinvolti D'Alema e Fassino
Non solo. Tra i faldoni dell'inchiesta spuntano anche i nomi dei rinnegati Massimo D'Alema e Piero Fassino.
Un primo intreccio riguarda proprio Di Cagno il quale, oltre a essere uno degli avvocati di Labellarte è anche e soprattutto un cosiddetto pezzo grosso del centro-sinistra pugliese con importanti incarichi a Roma: prima come componente laico del Csm, poi come membro della Commissione di Garanzia per il diritto di sciopero. "È stato del PCI, poi dei DS, oggi è PD", spiega il suo avvocato Michele Laforgia, e soprattutto ha collaborato con la fondazione Italianieuropei di D'Alema. Inoltre, secondo un'informativa del Gico, riportata su Il Fattoquotidiano del 29 giugno scorso, l'avvocato Di Cagno è anche protagonista di vari incontri con escort di alto bordo "organizzati e in alcuni casi anche pagati da Labellarte". Si tratta di incontri da 400 a 800 euro a botta consumati tra Roma e Montecatini Terme a cui Di Cagno si recava con tutta la scorta dei carabinieri al seguito.
Secondo l'accusa, D'Alema e Fassino presero parte alle varie cene elettorali a sostegno di Latorre sapendo benissimo che queste erano finanziate e organizzate da Labellarte. A confermarlo ci sono vari testimoni fra cui la ricostruzione fatta da Canio Mancusi, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Valenzano: "Ricordo che Labellarte ( ...) aveva appena finito gli arresti domiciliari ( ...) perché era stato coinvolto in una bancarotta( ...). Aveva lui a spese sue allestito un comitato elettorale, aveva preso in fitto un ufficio di fronte all'ufficio postale ( ...) Sosteneva il candidato Latorre ( ...)". "In particolare - si legge negli atti -Mancusi riferiva di due cene, tenutesi in campagna elettorale: una cena al ristorante 'La Florida' di Valenzano, a cui presero parte l'Onorevole D'Alema e Latorre Nicola ( ... ) e una cena in un ristorante di Sammichele di Bari, alla quale prese parte l'Onorevole Fassino. Tale circostanza l'aveva appresa personalmente da Michele Labellarte, che aggiungeva che la cena l'avrebbe pagata lui". Ed ecco la testimonianza del comandante dei carabinieri: "Che ci siano state cene a me risulta (...) almeno per due occasioni, i miei collaboratori, due pattuglie avevano appreso dal parcheggiatore della Villa Florida, a Valenzano c'è una sala ricevimento su via Bari,la Sala Florida, il parcheggiatore aveva riferito alla mia pattuglia, quando loro andavano, perché di solito facevano i giri: 'Poco fa è andato via D'Alema e Latorre (...)'. Labellarte lo disse a me, lui si vantava che quelle cene le pagava lui (...). Labellarte era un megalomane, era uno che parlava, quella sera, quando lui mi invitò a cena per andare assieme all'Onorevole Fassino, mi disse: 'Maresciallo, venga anche lei', io gli dissi: 'Non vengo con te a cena', e lui si vantò, perché io dissi: 'Come mai fai tutto questo'. "Pago tutto io - fu la risposta di Labellarte - perché tanto questa è una cosa che mi ritornerà con gli interessi". E l'interesse di Labellarte - come emerge dagli atti - era legato proprio ai grandi appalti per la realizzazione del campus universitario di Valenzano.
La presenza di D'Alema alle cene elettorali del 2005 fu notata anche dai carabinieri che in una annotazione di servizio allegata agli atti scrivono: "Alle ore 00.05 ci siamo portati presso il ristorante Florida. Il parcheggiatore ci riferiva che le due note personalità Latorre e D'Alema erano andate via verso le ore 23".
Tra gli atti d'indagine compare anche la testimonianza del vicesindaco PDL di Valenzano, Donato Amoruso, accusato di aver agevolato il progetto speculativo in cambio di denaro e altre utilità, che al Pubblico ministero (Pm) Elisabetta Pugliese ha dichiarato: "Non ho mai visto il Signor Labellarte, tranne che nel 2005, mi vide contrapposto a lui nell'occasione delle elezioni del Collegio Suppletivo (...) dove i candidati erano il Senatore Latorre e il figlio De Gennaro, Lello De Gennaro. IN QUELL'OCCASIONE vedevo, io e Labellarte, che è stato uno degli organizzatori della compagnia del Senatore Latorre, in compagnia del Senatore Latorre e ogni tanto anche c'era l'Onorevole D'Alema con lui". Anche l'ex compagna di Labellarte ricorda il contatto con Latorre. "Sa se Michele Labellarte ha aiutato Latorre nella campagna elettorale?", chiede il pm Elisabetta Pugliese. "Credo di sì..." è la risposta, "...mi disse che era interessato a finanziarla, non so come, non so perché, ma era interessato a questo... ".

Savino (PDL) prestanome dei clan
Nell'inchiesta viene tirata in ballo anche la parlamentare del PDL Elvira Savino accusata di aver fatto da prestanome al clan Parisi, intestandosi uno dei conti usati per ripulire i guadagni della famiglia mafiosa prima di entrare nelle "grazie" del neoduce Berlusconi. In una intercettazione fatta alla vigilia delle politiche del 2008 si sente Labellarte che propone alla Savino il suo appoggio elettorale, e dice: "ecco allora Latorre ... stavano tutti a Roma... quando fece le suppletive ti ricordi? Per quanto riguarda tutta questa storia, c'è una associazione di ventimila persone, no ... ventimila persone ... io sto ad organizzare una specie di comizio (...) se lo ritenete opportuno potete utilizzare i mezzi che erano a disposizione dell'altra parrocchia...". Ma la Savino, certa dell'appoggio di Silvio Berlusconi, glissa sulla proposta, perché l'ex premier le avrebbe confidato: "vai tranquilla" - ha detto - tu non fare niente, non dire un cazzo ... non ...eh ...sappi soltanto che non hai nessuno problema perché io ti ho adottato. Voglio puntare su di te".

4 luglio 2012