Le mani del clan "Misso" sulle istituzioni campane
Conte, ex dirigente dei Verdi ora Pd, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa
Il boss fascista del quartiere Sanità-Chiaia-Posillipo: "Conte garantiva i nostri interessi". Il fedelissimo disse al boss: "Se viene eletto si apre il ciclo di vacche grasse in Regione"
"Io per sostenere il Movimento sociale italiano ho ammazzato e rischiato la vita, ma il partito mi ha scaricato: così, alle elezioni regionali del 2000, non ho incontrato i candidati di AN che volevano vedermi. No, ho scelto di sostenere un partito della coalizione di centrosinistra. E ho fatto la campagna elettorale per l'esponente dei Verdi, Roberto Conte". Questa è una delle dichiarazioni, raccolte in 271 pagine di interrogatorio, rilasciate in data 20 dicembre 2007 dal carcere di Rebibbia al pm antimafia della Procura di Napoli Franco Roberti. E non sono quelle di un boss "qualunque", ma quelle del padrino del rione Sanità Giuseppe Misso, coinvolto a piene mani nelle nere trame stragiste e golpiste che hanno insanguinato il Paese.
Le sue dichiarazioni hanno portato all'arresto tra gli altri dei due reggenti del clan della Sanità, Nicola e Salvatore Sequino, dei "cassieri", Vincenzo Candurro e Gennaro Palmieri e di uno dei presunti killer del pentito che accusò il padrino nel processo per la strage del Rapido 904 (Carmine Grosso) e di Giovanni Penniello, oltre al sequestro di beni per dieci milioni di euro, tra cui quote del ristorante napoletano "Dal Delicato" e di quello romano "Il Definitivo", appartamenti, auto, moto e la cappella di famiglia. Perquisizioni sono in corso nei più noti ristoranti di Chiaia e Possilipo da "zi' Teresa" ad "Antonio e Antonio", "Gustu gustu", "Giuseppone a mare", fino ai locali di viale Augusto a Fuorigrotta. In tutto 21 sono gli indagati, oltre a Roberto Conte, altre 13 persone hanno ricevuto un avviso di garanzia. L'inchiesta, affidata ai pm Giuseppe Narducci, Sergio Amato, Barbara Sargenti e Paolo Itri è solo alla "prima puntata", lo dice il procuratore Giovandomenico Lepore che avverte: "Presto ce ne saranno altre".

La camorra e lo scambio di voti
Per quanto riguarda i legami tra i politicanti e la camorra "in quei mesi, quelli di AN provarono a contattarmi - ricorda Misso ai giudici - mi cercarono per avere il mio sostegno elettorale, ma io li lasciai ad attendere inutilmente lì al bar Souvenir di via Duomo... Nutrivo ragioni di avversione nei confronti degli esponenti di questo partito, ragioni che scaturivano essenzialmente dal fatto che, quando ci fu la vicenda giudiziaria della strage del Rapido 904, io venni scaricato. Nessuno volle occuparsi della posizione mia e dei miei compagni, ma vi fu solo una mobilitazione politica in favore di Abbatangelo". E ancora: "Dopo le stragi di mafia del 1992, mi hanno applicato il carcere duro in una stagione politica nella quale, al governo, c'era anche AN. Io negli anni '80 avevo rischiato la vita e ammazzato per sostenere l'Msi, e venivo ripagato in questo modo".
"La campagna elettorale per lui (Conte, ndr) non era limitata al quartiere ma si estendeva a tutta la città, così... ricevettero direttamente dalle mani di Conte 100 o 120 milioni di lire, somma in contante poi portata a casa mia. La diedi ai miei galoppini: dovevano fare propaganda e offrire soldi per indurre gli elettori a esprimere la propria preferenza per Conte". E il vantaggio per la camorra? "L'elezione di Roberto Conte avrebbe permesso al gruppo - come sosteneva Gennaro Palmieri - di aprire un ciclo delle vacche grasse, perché avremmo potuto controllare molta parte delle gare in relazione a lavori pubblici o per le forniture di servizi". Insomma, "guadagnare grosse somme di denaro".
Grazie al potente "sponsor" il verde Conte, che nel frattempo è diventato segretario regionale del partito, incassa 8.899 voti nella tornata elettorale del 16 aprile ed entra nel consiglio regionale. Il tramite tra il politico e il boss sarebbe stato dunque Gennaro Palmieri, una gioielliere di piazzetta Orefici "che - spiega Misso - si adoperò individuando e portando da me l'esponente dei Verdi Roberto Conte (...). Feci aprire anche una sede del partito dei Verdi alla Sanità". Palmieri - ricordano i Pm - "Fu indagato nel 1985 perché si riteneva facesse parte di un'associazione che si proponeva il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell'ordine democratico inquadrati nell'ideologia sovversiva di estrema destra, avvalendosi di esplosivi unitamente ad altre persone tra cui Giuseppe Misso".
Grazia Francescato, cercando maldestramente di giustificarsi, ricorda che "Conte mi fu presentato da Alfonso Pecorario Scanio, non lo conoscevo prima. Nella primavera 2000 ricevetti varie segnalazioni, circa la spregiudicatezza, da parte del nostro candidato, nell'intrattenere rapporti con personaggi discutibili. Mi colpì molto l'apertura di una sede elettorale alla Sanità, un quartiere dove io nel 1987, quando tentai per la prima volta l'avventura elettorale in Campania, non ero riuscita ad affiggere neanche un manifesto". Sta di fatto che Conte non solo è stato eletto all'unanimità segretario regionale dei Verdi, non solo è diventato capogruppo in consiglio regionale, ma in quegli stessi mesi ha anche ottenuto "il proscioglimento" da parte "Gran giurì" del partito.

La camorra e la curia
L'inchiesta sta svelando anche i legami della camorra con la curia partenopea, all'epoca dei fatti il cardinale di Napoli era Michele Giordano. Lo spiega il pentito Maurizio Frenna, che racconta della luculliana festa di battesimo della figlia in Curia: "Ognuno portò una busta con migliaia di euro, ed era un modo per consentire a Misso di giustificare il possesso di soldi liquidi. Il parroco, che ho visto spesso in casa di Misso aveva gli occhiali, cinquant'anni e si chiamava Salvatore. Non so dire se Misso avesse rapporti con altri esponenti della Curia arcivescovile di Napoli". Nell'interrogatorio del 7 dicembre 2007 Frenna precisa "Giuseppe Misso invitò più di cento persone al battesimo della figlia. La cerimonia si svolse in alcuni locali della Curia, che per la verità abbiamo utilizzato in svariate altre occasioni anche facendo le feste di Capodanno". Rivelazioni che fanno tornare alle mente l'episodio che avvenne in occasione del quarto anniversario della strage di Natale. Era il 1988 e i familiari delle vittime proposero di organizzare un concerto di musica sacra nel Duomo di Napoli. La richiesta fu bocciata dal cardinale Giordano. Come scrissero alcuni giornali all'epoca, "il Duomo confinava con la casa e la zona di influenza del clan dei Misso".

Chi è Roberto Conte
La sua carriera politica inizia nel movimento giovanile della DC e nell'Azione cattolica. Nel '94 "passa" ai Verdi introdotto da Alfonso Pecoraro Scanio all'allora presidente Grazia Francescato. Già assessore comunale dei Verdi a S. Giorgio a Cremano, Conte, originario di Melito, è stato per due volte assessore nelle due giunte provinciali guidate dal verde Amato Lamberti.
Nel 2000 celebra il suo "trionfo" nel "Sole che ride", il 27 febbraio il partito (segretario nazionale Luigi Manconi, coordinatore cittadino l'ex assessore all'ambiente del Comune di Napoli Casimiro Monti) lo elegge all'unanimità portavoce regionale dell'assemblea regionale e segretario regionale dei Verdi. Subentra ad Alfonso Pecoraro Scanio, che diventa presidente del Comitato federale.
Eletto sempre nei Verdi alle elezioni regionali della primavera del 2000 (quelle di cui parla il boss Misso), Conte, qualche mese dopo aderisce a Democrazia europea, che lascia nel 2001 quando D'Antoni sceglie il "centro-destra", poi passa nella Margherita e nel 2003 entra nell'Ufficio di presidenza con la carica di questore alle Finanze.
Alle regionali del 2005 arriva l'exploit. Con 32.913 voti, viene rieletto consigliere regionale, è secondo degli eletti della Margherita. Nell'ottobre 2007, si arriva alle primarie del Pd, Conte si schiera con i "coraggiosi" di Francesco Rutelli e nella corsa alla segreteria regionale sostiene Sandro De Franciscis. È eletto nell'assemblea nazionale del Pd e, in quota Rutelli, entra nell'esecutivo regionale di cui è attualmente segretario dell'ufficio di presidenza. I suoi voti saranno decisivi per l'elezione alla segreteria provinciale di Napoli di Emma Giammattei e in questi giorni per la tenuta della giunta Bassolino.
Nel 2005 il suo atteggiamento viene definito "morbido" verso una ditta in odor di camorra che svolgeva il servizio di pulizie in Consiglio regionale. Alla fine di dicembre 2007 la Procura di Napoli lo indaga, insieme all'ex assessore comunale, pupillo della neopodestà Iervolino, Luca Esposito (Udeur), per irregolarità delle gare di appalto del comune e della regione. L'inchiesta vede al centro Vincenzo Cotugno, l'imprenditore arrestato con l'accusa di aver beneficiato di favori politici in comune e regione per aggiudicare alla sua società gli appalti negli ospedali napoletani. Il 28 gennaio è accusato dalla Dia di "concorso esterno in associazione mafiosa". Avrebbe stretto, secondo la Procura, un patto con il clan Misso, "soldi, favori, appalti in cambio di voti".
"Tra i lavori di appalto per i quali il clan Misso ha ottenuto quote estorsive - ha spiegato il nipote omonimo del padrino - ci sono i lavori per la metropolitana a Mater Dei, via Foria, via Cirillo, piazza Cavour fino a Santa Maria degli Angeli, perché da quel punto in poi la zona è di Contini" (da il Mattino, 31-01-2008). Mentre Iervolino (Pd), Di Palma (Verdi) e Bassolino (Pd) affermano, ovviamente, che non ne sapevano nulla, Rosa Suppa, parlamentare ex Margherita e componente della commissione statuto del Pd, ha così liquidato le inchieste della magistratura: "No, lo statuto prevede la sospensione solo in caso di rinvio a giudizio. Qui siamo in presenza di un avviso di garanzia e basta".

6 febbraio 2008