Commento parlato al dvd sulla storia e la lotta del PMLI, scritto da Mino Pasca a nome della Commissione per il lavoro di stampa e propaganda del CC del PMLI
30 anni al servizio del proletariato tenendo alte le bandiere dei Maestri e del socialismo

Il 9 Aprile 1977 52 delegati rappresentanti quattro regioni - Toscana, Sicilia, Calabria e Lombardia - si riunivano a Firenze per fondare entusiasticamente il Partito marxista-leninista italiano. Nel suo Rapporto politico il compagno Giovanni Scuderi rivolgeva loro queste toccanti parole: "I nostri figli e i figli dei nostri figli, e così tutte le altre generazioni future, impareranno dal nostro spirito e dalla nostra determinazione rivoluzionari e si ricorderanno di noi, piccola pattuglia di ardimentosi, che abbiamo gettato il seme di quello che sarà il grande, giusto e imbattibile Partito del proletariato italiano. (...)
Noi siamo figli di un popolo grande e glorioso, e il nostro Partito è l'espressione più alta, avanzata e nobile di questo impareggiabile popolo".(1)
Altre due volte in precedenza il proletariato italiano credette di veder nascere il suo partito di classe, il partito della rivoluzione e del socialismo e invece ha visto vanificare e tradire le sue aspirazioni ideali e la sua combattività di classe.
Una prima volta, nel lontano agosto 1892, allorché sotto la spinta e sotto le pressioni dell'Internazionale fondata da Marx ed Engels, nacque a Genova il Partito socialista italiano. Erano più che maturi i tempi per la netta separazione di classe del proletariato rispetto ai gruppi e partiti borghesi e piccolo-borghesi di stampo mazziniano e anarco-bakuniniano che contavano su una notevole influenza tra le società operaie e tra le masse irretendole nell'interclassimo e democratismo misticheggiante o nell'individualismo riformista o avventurista. E invece iniziava la fase dominata dalla socialdemocrazia di Turati e Nenni che lo avrebbe ingabbiato nel riformismo capitolardo e inconcludente fino a condurlo di tradimento in tradimento al macello della guerra imperialista del '14-'18 e a immolarlo davanti all'avvento della dittatura fascista dell'ex direttore dell'"Avanti!" Mussolini.
Una seconda volta il proletariato si illuse di veder finalmente costituito il suo partito di classe. Fu il 21 gennaio 1921, allorché nacque a Livorno il PCI sulla scia della vittoria della Grande Rivoluzione d'Ottobre in Russia e sotto la spinta decisiva e determinante di Lenin e dell'Internazionale Comunista con una storica e giusta separazione dei rivoluzionari dai riformisti, dei comunisti dai socialdemocratici, per fare in Italia quel che il partito bolscevico di Lenin e Stalin aveva fatto in Russia.
Invece tutta la storia del PCI, conclusasi squallidamente con l'autoliquidazione decretata dal rinnegato Occhetto nel '91 e col ripudio anche formale della falce e martello e della bandiera rossa e di qualsiasi richiamo al socialismo, è fondata su un colossale inganno politico ai danni del proletariato e delle masse che peraltro in Italia sono state tra le più combattive e avanzate dell'occidente capitalistico, come dimostrano i moti insurrezionali che seguirono all'attentato a Togliatti nel 1948 e la rivolta antifascista del luglio 1960.
Dopo questa seconda fase dominata dal revisionismo predicato dal PCI, la fondazione del PMLI apriva storicamente e idealmente la terza fase della storia del proletariato italiano, quella della lotta per il socialismo. Ma tale fondazione presenta origini peculiari e originali, senza precedenti o riscontri nella storia di altri partiti del proletariato del passato e del presente, in Italia e all'estero. Anzitutto il PMLI non nasce per iniziativa e col concorso del movimento operaio internazionale e nemmeno da una scissione del vecchio partito della classe operaia. E poi le sue origini risalgono a 10 anni prima, al 1967, quando per loro libera scelta, iniziativa e determinazione quattro giovani rivoluzionari di Firenze alzarono la bandiera del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e si riunirono in un gruppo che avrebbe dato vita il 14 Dicembre 1969 all'Organizzazione comunista bolscevica italiana marxista-leninista, che a sua volta si trasformerà otto anni dopo in Partito e avrebbe fondato il giorno successivo "Il Bolscevico".
Iniziava allora a tutti gli effetti grazie a questi primi quattro pionieri una Lunga Marcia tuttora in corso non meno complessa e prolungata, tremenda ed esaltante di quella che Mao portò alla vittoria in Cina. Sembrava un'impresa impossibile eppure niente fermò il cammino intrapreso. Il Partito è nato e si è forgiato nella lotta, a volte anche fisica, contro il revisionismo, il trotzkismo e l'opportunismo di vario tipo, aperto o mascherato.
E come Mao ricordava le prove terribili che, loro cinesi, furono costretti a superare coi vestiti laceri e cibandosi di radici, così il compagno Scuderi ricorda quegli anni: "Quando abbiamo iniziato la lotta per il Partito non avevamo né una penna, né una sedia, né un pennello, né una sede. Successivamente abbiamo preso in affitto un fatiscente locale di quattro stanzette abitato dai topi, dagli scarafaggi e dai ragni, da noi restaurato durante le ferie estive del '68. Ci siamo tolti il pane di bocca per dare un organo di stampa e un minimo di attrezzatura al Partito e quando abbiamo potuto abbiamo dato una mano ai partiti fratelli in maggiore difficoltà di noi".(2) Ecco che significa contare sulle proprie forze. Una povertà, la nostra, che purtroppo continua tuttora e ha pesato e sta pesando gravemente sullo sviluppo del Partito.
A far schiudere l'uovo in questo rosso pulcino e a segnarne i caratteri e il destino concorsero i grandi sconvolgimenti che attraversavano allora l'Italia e il mondo intero. Anzitutto il pensiero di Mao e la travolgente avanzata della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria in Cina. Come il leninismo e le cannonate dell'Ottobre russo così il pensiero di Mao e la Rivoluzione Culturale contagiarono l'Occidente e l'Oriente, il Nord e il Sud, suscitarono la lotta di classe sotto forma sia di lotte antimperialiste e guerre di liberazione nazionale sia di grandiose lotte operaie, giovanili, popolari, sociali, diffusero in ogni angolo della terra le ragioni del socialismo in contrapposizione alla barbarie del capitalismo, dimostrarono la vitalità del marxismo-leninismo-pensiero di Mao nei confronti dell'agonia del revisionismo moderno.
Il PMLI è figlio della Rivoluzione Culturale, da cui ha tratto un preziosissimo patrimonio genetico di idee e principi, e in particolare la sua inossidabile fedeltà ai maestri, Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e al socialismo. Ed è figlio delle Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette, quell'uragano politico, sociale e culturale che sconvolse il nostro Paese e rappresentò il più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra, da cui ha tratto la sua incrollabile fedeltà al nostro straordinario proletariato e la sua inesauribile carica di lotta contro il capitalismo.
Ma i marxisti-leninisti italiani sono stati animati da un coraggio non minore della loro sconfinata povertà: il coraggio di andare controcorrente, quello stesso coraggio che da sempre ha animato i maestri e la causa dell'emancipazione del proletariato. E che coraggio! Sfidare il capitalismo e la DC con la sua politica stragista e di fascistizzazione e di brutale repressione poliziesca e giudiziaria e soprattutto sfidare il revisionismo, che in Italia contava sul partito più forte non al potere, con milioni di iscritti ed elettori e notevole influenza tra i lavoratori. Il solo dichiararsi marxisti-leninisti e agire di conseguenza ci attirava i fulmini e le aggressioni dei revisionisti e dei loro servi che volevano continuare indisturbati a ingannare politicamente il proletariato, non tolleravano neppure la nostra esistenza; ed erano disposti a ricorrere a tutto pur di sopprimerci: all'aggressione fisica, alla delazione poliziesca e giudiziaria e alle provocazioni aperte e mascherate, come il tentativo fallito di estrometterci dalla nostra sede storica, dopo che squadracce di falsi marxisti-leninisti l'avevano assalita il Primo maggio 1969. Mentre partecipavano da protagonisti alla lotta di classe, scioperi e manifestazioni operaie, occupazioni e cortei studenteschi, manifestazioni antimperialiste e popolari, i marxisti-leninisti italiani avevano una priorità assoluta e ineludibile, la questione del partito, quel partito che ricercheranno e prepareranno minuziosamente prima di fondarlo e costruirlo.
A quel tempo esistevano un numero impressionante di raggruppamenti pseudorivoluzionari e di organizzazioni e partiti sedicenti marxisti-leninisti teleguidati e strumentalizzati dalla reazione, dai servizi segreti e da partiti come la DC, il PSI e il PCI, come poi risulterà evidente dal destino dei tanti e tanti rinnegati leader che hanno fatto carriera fino a occupare in questi anni ruoli di vertice nelle istituzioni, nei mass-media e persino nel governo. Verificato amaramente che non esisteva neppure un partito autenticamente marxista-leninista, iniziava fin dalla nascita dell'OCBI m-l la preparazione a tutti gli effetti del PMLI.
Si è trattato di un lavoro lungo, complesso, tremendo, che ha rotto con decenni e decenni di dominio incontrastato del riformismo, del parlmentarismo e dell'elettoralismo.
L'elaborazione e lo sviluppo della linea politica procedono insieme all'infaticabile lavoro di propaganda tra le masse che vengono sempre coinvolte e spinte ad assumere un ruolo attivo. Nei comizi, nei dibattiti e nelle iniziative pubbliche, alla denuncia del capitalismo e dei governi e delle politiche dominanti antipopolari vengono sempre contrapposte le rivendicazioni immediate e a lungo termine del proletariato, la necessità del socialismo e di imboccare la strada per conquistarlo.
Senza mai dimenticare la partecipazione diretta alla lotta di classe tra gli operai, gli studenti e là dove sono più avanzate la coscienza delle masse e la situazione oggettiva, il PMLI comincia per la prima volta in Italia a introdurre il marxismo-leninismo-pensiero di Mao autentico. Lo introduce non declamandone semplicemente la superiorità ma piuttosto assumendolo come la dottrina per elaborare la linea politica del Partito, per conoscere la realtà nazionale e internazionale e la natura e gli scopi dei revisionisti, tracciando nei loro confronti una netta linea di demarcazione, e per gettare le fondamenta ideologiche, teoriche, politiche, programmatiche e organizzative del Partito del proletariato. Un lavoro immane perché si trattava di scavare in profondità per far riaffiorare il marxismo-leninismo che i revisionisti, forti della schiera di professoroni, intellettuali ed esperti che li serviva nelle università e ai vertici delle istituzioni, avevano sprofondato sotto un cumulo di interpretazioni, riletture e deformazioni di tipo riformistico e liberale.
E poiché il PMLI non ha ricostruito un partito e una linea prima buoni e proletari e poi degenerati, si è dato un programma, uno statuto e una strategia rivoluzionaria per il socialismo assolutamente inediti, dopo aver sciolto una serie di impegnativi nodi ideologici quali: il rapporto tra riforme e rivoluzione, tra lotta economica e lotta politica, tra parlamentarismo e lotta per il socialismo, tra Partito e organismi di massa, anzitutto il sindacato, e questioni come l'emancipazione femminile, l'origine del revisionismo in Italia, la struttura del partito marxista-leninista.
Partecipando alla lotta di classe il Partito ha saputo arricchire incessantemente la sua linea politica in ogni campo con contributi originali che finiranno per aprire orizzonti nuovi alla lotta per il socialismo in Italia: alza la bandiera dei Comitati popolari intesi come circuito politico democratico di massa in grado di sviluppare la lotta anticapitalistica e antistituzionale; invita gli studenti a lottare per una scuola e università intesi come servizi sociali goduti dal popolo e dal popolo controllati attraverso il governo studentesco degli istituti superiori e delle università; lancia la parola d'ordine strategica affinché si affermi dal basso un grande sindacato di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale affidato all'assemblea generale; intreccia la questione dell'emancipazione femminile alla lotta per il socialismo e nel contempo la salda a due battaglie strategiche: una per il lavoro e l'altra per la socializzazione del lavoro domestico; rivendicando occupazione stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelata per tutte le donne e, insieme, la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici per contrastare l'oppressione domestica che le soffoca nel capitalismo.
Scuderi ha ricordato: "La storia del PMLI è una storia di lotte, di ardue prove e di grandi sacrifici, ma anche una storia di repressione contro i dirigenti e i militanti e di assalti alle sedi del Partito".(3)
Il Bolscevico è stato da sempre nel mirino della magistratura che ha cercato con una raffica di incriminazioni liberticide di imbavagliarlo e zittirlo.
È costretto persino a cambiare ogni numero la testata prima di poter disporre di un giornalista iscritto all'Albo che lo firmi come direttore responsabile.
Appena il seme marxista-leninista comincia ad attecchire e germogliare, la borghesia cerca sempre con ogni mezzo di estirparlo, ricorrendo alla repressione giudiziaria e poliziesca e all'aggressione fisica dei revisionisti e dei loro servi ai nostri danni e indirizzando maggiormente i suoi colpi contro il nostro massimo dirigente, il compagno Scuderi, e i dirigenti e i militanti più esposti nella lotta di classe. In particolare la magistratura ha scatenato una spietata persecuzione giudiziaria contro noi marxisti-leninisti che inizia nel lontano 1969 e prosegue ininterrottamente fino ai nostri giorni. Il compagno Scuderi viene incriminato, processato, e condannato nel '69 per l'affissione di manifesti, nel '70, per "istigazione all'odio fra le classi sociali", nel '72, '74, '76, nel '77 all'indomani della fondazione del Partito viene incriminato per "propaganda sovversiva" dall'allora PM e poi procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna, nell'86 viene processato per direttissima insieme all'allora direttrice responsabile del Bolscevico Patrizia Pierattini per "istigazione di militari a disobbedire alle leggi" per aver pronunciato queste parole davanti al Comitato centrale del PMLI: "Inviteremo i soldati a disertare se Craxi aggredirà la Libia" per essere quindi condannati in primo grado a 8 e 5 mesi rispettivamente, viene incriminato per aver istigato alla diserzione e alla disobbedienza militare durante la guerra del Golfo e stessa sorte subiscono l'allora direttore politico del Bolscevico Mino Pasca, la direttrice responsabile Monica Martenghi e persino due militanti, accusati di aver diffuso il volantino incriminato.
Nello stesso tempo durante i volantinaggi e le affissioni i militanti del PMLI vengono fermati, perquisiti, intimiditi, le sedi di Firenze e delle città dove il Partito muove i suoi passi sono oggetto di provocatorie perquisizioni poliziesche e di intimidazioni e attacchi fascisti.
Se il PMLI ha saputo temprarsi nella lotta e non cadere vittima di quelle pallottole di piombo e inzuccherate che la borghesia gli ha rovesciato addosso in questi anni, lo deve in grande misura al cordone ombelicale che lo lega ai cinque maestri del proletariato internazionale. Un legame profondo e vitale che il compagno Scuderi ha così spiegato. "Ogni classe ha i suoi maestri, ispiratori e modelli, lo si riconosca o no. Noi siamo sinceri e onesti e quindi non abbiamo difficoltà ad ammettere, anzi a proclamarlo apertamente con orgoglio, che i nostri maestri sono Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Sono nostri maestri perché solo loro, non altri, ci hanno aperto gli occhi sul capitalismo e l'imperialismo e ci hanno illuminato la strada dell'emancipazione sociale. Senza di essi brancoleremmo nel buio, saremmo subalterni alla borghesia e al capitalismo e ragioneremmo e ci muoveremmo come dei borghesi.
Essi ci hanno fornito gli elementi ideologici, teorici, politici e organizzativi per conoscere e trasformare il mondo e noi stessi. A noi spetta, in qualità di loro allievi, di studiare le loro teorie, metodi di analisi ed esperienze e applicare nelle nostre condizioni i loro insegnamenti
".(4)
Da quel triste 9 settembre 1976, cioè dalla morte di Mao, il Comitato centrale del PMLI ha deciso di commemorare pubblicamente questo grande maestro del proletariato internazionale i cui pensiero e azione hanno avuto un'influenza diretta e decisiva nella nascita del nostro Partito. E ciò non solo per rinnovare solennemente la nostra fedeltà ma per ispirarsi a lui, per orientare la nostra lotta per il socialismo, per vivificare la nostra linea politica e, se necessario, rettificarla prontamente conformandola al marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Lungo sarebbe qui anche solo elencarle una per una, tuttavia vogliamo ricordare le commemorazioni tenute dal segretario generale del PMLI compagno Giovanni Scuderi in occasione del 5° Anniversario il 9 settembre 1981 sul tema "Mao e la rivoluzione in Italia", per il 10° Anniversario nel 1986 sul tema "La concezione di Mao del mondo e l'attuale lotta di classe", per il 15° Anniversario nel '91 sul tema "Mao e il socialismo", per il 20° Anniversario nel '96 sul tema "Mao e l'imperialismo", per il 30° Anniversario nel 2006 sul tema "Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e sul fronte unito".
A queste pubbliche commemorazioni annuali della morte di Mao si sono aggiunte le celebrazioni solenni tenute in occasione del centenario della morte di Marx, con un discorso pubblico pronunciato dal compagno Mino Pasca il 13 marzo 1983 al Palazzo dei Congressi di Firenze.
E poi l'indimenticabile celebrazione del centenario della nascita di Mao il 19 dicembre 1993 nella sala verde del Palazzo dei Congressi nell'occasione colorata di un rosso abbagliante, a cui giungevano peraltro numerosi messaggi dai partiti fratelli. Il compagno Scuderi pronuncia un magistrale e fulminante discorso sul tema "Seguiamo l'esempio e gli insegnamenti di Mao" e nell'occasione viene proiettato un video originale, preparato per questa entusiasmante giornata, sulla sua leggendaria vita e la sua opera.
Il PMLI ha peraltro partecipato con una delegazione del Comitato centrale diretta dal compagno Dario Granito al seminario internazionale sul pensiero di Mao svoltosi il 6 e 7 novembre '93 a Gelsenkirchen in Germania. Qui, davanti a circa 900 partecipanti provenienti da 32 paesi e dai cinque continenti, egli legge una relazione scritta da Giovanni Scuderi che chiama i marxisti-leninisti, il proletariato e i popoli oppressi del mondo a impugnare risolutamente la bandiera dell'internazionalismo proletario e li esorta a non separarla mai dalla lotta contro i revisionisti moderni, che si chiamino Krusciov o Breznev o Deng, Togliatti o Cossutta o Diliberto o Bertinotti, se vogliono garantire il successo alla lotta rivoluzionaria antimperialista.
Il 25 giugno 1995 il Comitato centrale del PMLI tributava grandi onori a Engels nel centenario della sua morte al Palazzo dei congressi di Firenze. Davanti a militanti, simpatizzanti e amici provenienti da molte regioni d'Italia e in un clima di entusiasmo e di forte tensione ideale e di forte spirito internazionalista proletario, il compagno Mino Pasca pronunciava a nome del Comitato centrale il discorso celebrativo che onora in Engels il gigante del pensiero e dell'azione proletari rivoluzionari, il cofondatore del socialismo scientifico e grande maestro del proletariato internazionale.
Durante la manifestazione, a cui giungono numerosi messaggi da parte di partiti marxisti-leninisti esteri e di circoli di Rifondazione e di simpatizzanti e amici del Partito, viene proiettato un video sulla vita e l'opera di Engels che riscuote grande successo e approvazione.
Analogamente il 2 marzo 2003 il CC del PMLI celebrava solennemente il 50° Anniversario della morte di Stalin, senza lasciarsi intimidire né dalle squadracce nazifasciste di Forza Nuova, dai fascisti storici di Alleanza nazionale e Fuan e dai neofascisti di Forza Italia che avevano annunciato, minacciato e organizzato picchetti e contromanifestazioni né dalle interrogazioni parlamentari né dalla caccia alle streghe scatenata dalla Casa del fascio a cui si accodava la "sinistra" di regime per vietare la celebrazione. In quella occasione Mino Pasca avvertiva: "Tutti e cinque i grandi maestri del proletariato internazionale sono stati ripagati dal nemico di classe con ogni sorta di persecuzione, repressione e calunnia. Eppure nessuno è odiato dai fascisti, imperialisti e borghesi quanto Stalin, e qui sta la ragione del rapporto speciale che ci lega a lui. Quanto più lo attaccano tanto più noi lo difendiamo, più lo calunniano più noi lo amiamo, più lo demonizzano più noi ci identifichiamo in lui. Difendendo Stalin difendiamo noi stessi, la nostra storia, l'intera causa per il socialismo".(5)
Il successo dell'iniziativa è tale da rompere il muro di silenzio e di calunnie e avrà vasta eco sui grandi quotidiani nazionali come Il Corriere della Sera e La Stampa e in televisione, nella trasmissione 8 e mezzo condotta dal rinnegato Giuliano Ferrara su La7, dove Mino Pasca teneva testa con successo alla canea antistalinista presente in studio in cui si distingueva la trotzkista luxemburghiana del PRC Rina Gagliardi, condirettore del quotidiano "Liberazione", e la smascherava con queste parole: "Non mi stupisce che una falsa comunista attacchi Stalin come qualsiasi altro anticomunista. Quando 'Liberazione' titola su Stalin 'Mai più' vuol dire 'Mai più socialismo' perché quello è stato l'unico, concreto socialismo che abbiamo realizzato ed è su quella base che Mao ha fatto e vinto la rivoluzione cinese".
Accanto alle celebrazioni centrali se ne aggiungono altre a livello locale come i dibattiti su Stalin a Forlì e Rimini tenuti dal responsabile dell'Emilia-Romagna Denis Branzanti, il corteo e l'omaggio dei marxisti-leninisti e comunisti napoletani conclusosi davanti al monumento a Lenin nell'isola di Capri che lo ospitò in esilio, gli omaggi a Lenin davanti al monumento di Cavriago su iniziativa di varie istanze locali, gli omaggi a Marx ed Engels a Firenze e a Riccione.
Sebbene fosse in origine piccolo e sconosciuto a livello internazionale, il PMLI ha dato grande importanza alle relazioni internazionali con i partiti fratelli e all'internazionalismo proletario.
Il compagno Giovanni Scuderi ha spiegato: "Il PMLI ha sempre lottato e sempre lotterà per l'unità di Partiti marxisti-leninisti dei vari paesi ma mai al di fuori dei principi e al di sopra del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dell'Internazionalismo proletario".(6)
Dopo aver intrattenuto rapporti a vario livello con il Partito comunista cinese finché era in vita Mao, non appena diventa chiaro che il rinnegato Deng Xiaoping e la sua cricca revisionita cinese stanno intensificando gli sforzi per impadronirsi del potere nello Stato e nel Partito, il PMLI nel dicembre 1979 firma con l'allora Partito comunista marxista-leninista di Grecia (ricostituito) una dichiarazione comune di carattere storico in cui i marxisti-leninisti di tutto il mondo vengono chiamati a lottare contro Deng impegnato a restaurare il capitalismo in Cina e a far capitolare i partiti marxisti-leninisti.
La visita del compagno Dario Granito nel maggio 1981 in una zona liberata del Kampuchea è la testimonianza degli ottimi rapporti che il PMLI ha instaurato già all'indomani della sua fondazione col Partito comunista kampucheano. Il quale, vale la pena ricordare, ci inviò calorosi ringraziamenti attraverso il Comitato delle relazioni con l'estero del CC per il nostro messaggio di rallegramenti per il 17° anniversario della sua fondazione. Subito dopo, nel gennaio '78, il compagno Pol Pot, segretario generale del PCK, contraccambiando gli auguri di buon anno che gli aveva inviato il Segretario generale del PMLI Scuderi, aupicava il rafforzamento dei nostri legami con queste parole: "Possano le relazioni di amicizia rivoluzionaria fra i nostri due partiti svilupparsi e consolidarsi continuamente". Rapporti che in effetti sono andati crescendo fino a che la banda revisionista cinese di Deng e i revisionisti all'interno del PCK, nonché l'aggressione vietnamita al Kampuchea non hanno portato allo scioglimento ufficiale del PCK. Il che non ha certo impedito o ridotto la sua mobilitazione a tutti i livelli per una campagna di solidarietà internazionale in difesa della resistenza armata kampucheana contro l'aggressione e l'invasione militare dei revisionisti vietnamiti incoraggiati e foraggiati dai socialimperialisti sovietici del tempo, campagna culminata con la partecipazione alle Conferenze internazionali di Stoccolma e di Tokyo.
In nome dell'internazionalismo proletario il PMLI sostiene la lotta dei popoli e delle nazioni oppresse contro l'imperialismo. Lo testimoniano i rapporti amichevoli intrattenuti con la repubblica islamica iraniana nata da una grandiosa rivoluzione antimperialista di popolo. Invitato a partecipare nel febbraio 1992 alle imponenti celebrazioni di massa dell'anniversario di quella vittoria, il compagno Dario Granito aveva peraltro modo di ribadire in un'intervista a un giornale iraniano la necessità per i popoli del mondo di unirsi contro l'imperialismo e il nuovo ordine mondiale.
Per il PMLI questi sono stati trent'anni di fedeltà e di sostegno risoluto al proletariato e alle sue lotte. Mentre i rinnegati revisionisti e il vertice sindacale collaborazionista capitolavano ai diktat di Agnelli e tradivano gli operai della Fiat, il PMLI capì fin da subito la posta in gioco, fu al loro fianco, li incoraggiò mentre si battevano come leoni contro i licenziamenti e la cassa integrazione e, infine, in un documento del Comitato centrale forniva loro 14 preziosi insegnamenti da trarre per far tesoro dell'amaro epilogo della vertenza che avrebbe spianato la strada al contrattacco padronale contro ogni conquista strappata nel decennio precedente.
Con forte spirito antimperialista il PMLI ha dato il suo attivo e intelligente apporto al movimento per la pace e contro la guerra imperialista, contribuendo ad alimentare e indirizzare quell'impetuoso fiume ingrossato da mille e mille affluenti che percorse la penisola per sfociare a Comiso, in quella grandiosa manifestazione dove il popolo della pace a una voce sola si pronunciò contro i missili nucleari americani Cruise e Pershing e russi SS20.
Dopo aver creato a Firenze nell'82 un interessante e originale movimento dei giovani della periferia urbana per rivendicare spazi, strutture e servizi sociali autogestiti, il PMLI dà vita con la costruzione del Comitato 6 ottobre a una preziosa esperienza pilota del lavoro di massa e studentesco. Mentre il governo Craxi nell'83 spinge l'Italia all'avventura militare imperialista in Libano, sotto la spinta del Partito, che agisce attraverso alcuni organismi di massa da esso promossi, gli studenti e i giovani fiorentini raccolgono migliaia di firme per chiedere il ritiro immediato dei militari italiani dal Libano. Ne scaturisce un movimento studentesco e giovanile che il 6 ottobre 1983 porta in piazza ben 5.000 ragazze e ragazzi. Si tratta di una grande vittoria della linea politica antinterventista e della linea tattica e di fronte unito del nostro Partito.
In seguito il Comitato 6 ottobre porterà la sua protesta di piazza direttamente davanti all'allora ministro della difesa Spadolini e al presidente della Repubblica Pertini.
Ondata dopo ondata si susseguiranno diverse entusiasmanti manifestazioni che mobiliteranno migliaia e migliaia di giovani anche nella lotta per la denuclearizzazione della città.
Quell'esperienza rimane un patrimonio incancellabile per la nostra azione politica sul fronte giovanile.
Promuovendo anche iniziative nei quartieri popolari, come testimoniano queste immagini dell'Isolotto, a Firenze, il PMLI ha tenuto sotto tiro i governi nazionali e locali: con coerenza e coraggio si è sempre battuto contro la loro politica antioperaia e antipopolare sia quando erano a direzione democristiana come quelli di Fanfani, Colombo, Andreotti, Rumor, Cossiga, Forlani, De Mita, sia quando hanno avuto come presidenti del Consiglio Spadolini, Craxi, Amato, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema.
Appena il neoduce Craxi tentava di manomettere la scala mobile per poter alfine cancellarla, il PMLI si faceva promotore di Comitati in difesa della scala mobile e si adoperava in ogni modo per sostenere la protesta operaia davanti all'arrendevolezza e al tradimento dei vertici sindacali e dei revisionisti del PCI. La battaglia sul piano sindacale sarebbe proseguita successivamente contro la legge antisciopero.
A Roma il 24 marzo 1984, una memorabile manifestazione di un milione di lavoratori provenienti da tutt'Italia dimostrava, come poi titolò significativamente Il Bolscevico, che la forza c'è per non far passare il decreto fascista di Craxi di taglio alla scala mobile. Ma ancora una volta quell'esperienza dimostrerà che, guidati dai revisionisti e dai sindacalisti capitolazionisti, la classe operaia e i lavoratori sono destinati ad arretrare, chinare il capo e soccombere, quantunque esprimano nella lotta di classe grande combattività e mettano in campo un'imbattibile forza d'urto.
In questa manifestazione di piazza Signoria a Firenze, il PMLI denuncia tra le masse che dietro lo stragismo si nasconde in realtà l'obiettivo perverso di restaurare il fascismo sotto nuove forme arrivando a quella seconda repubblica, com'avevano da tempo auspicato i fascisti storici e lo stesso "piano di rinascita democratica" di Gelli e della P2.
Durante lo sciopero generale contro il governo De Mita-Craxi, contro i ticket e i tagli alla spesa pubblica, che coinvolge complessivamente 16 milioni di lavoratori, centinaia di operai si stringono a Firenze attorno al PMLI che vi partecipa al massimo livello con il Segretario generale e il gruppo dirigente al completo.
Ecco con quanta adesione e determinazione i metalmeccanici impugnano il volantino del PMLI durante la manifestazione nazionale di 250 mila lavoratori svoltasi a Roma nel quadro dello sciopero generale dell'industria di 8 ore. Segnali evidenti dell'approvazione di massa verso le sue giuste parole d'ordine per il rinnovo del contratto e per far crollare la tracotanza padronale e più in generale che il PMLI sta entrando nel cuore della classe operaia.
Nonostante la pioggia torrenziale i compagni del PMLI si riuniscono prima della partenza del grande corteo di 500 mila manifestanti a Milano davanti al monumento dei partigiani trucidati dai fascisti nel '44 a Piazzale Loreto. Militanti e simpatizzanti del PMLI provenienti da diverse regioni d'Italia insieme ai compagni di Milano si muovono tra le masse letteralmente come pesci nell'acqua e svolgono un'opera di chiarificazione per tracciare una linea di demarcazione tra chi, come i vertici del PDS e del PRC, ambiva unicamente a strappare alla destra il governo del regime neofascista e chi come i marxisti-leninisti invece si batte conseguentemente contro la seconda repubblica, per il socialismo.
Un grande popolo, un grande partito alla storica manifestazione, fino ad allora considerata la più grande dall'Unità d'Italia. Un milione e cinquecentomila a Roma contro la Finanziaria e il governo del neoduce Berlusconi. Il compagno Scuderi così si rivolgeva ai manifestanti in uno dei suoi numerosi comizi volanti: "Abbiate fiducia nel socialismo, il rosso tornerà di grande moda. Cacciamo via il neoduce Berlusconi".
I coraggiosi e bravi militanti e simpatizzanti napoletani del PMLI celebrano il Cinquantesimo della Liberazione sventolando alte le bandiere rosse in contrapposizione ai partiti del regime neofascista, neopodestà Bassolino in testa, che portano in piazza il tricolore in segno di riconciliazione tra antifascisti e fascisti.
L'esperienza di questi anni dimostra che la lotta per il socialismo in Italia si identifica con la lotta per lo sviluppo nazionale del PMLI. Col Congresso di fondazione la nascita del PMLI coincideva coll'abbandono materiale della piazza da parte del PCI, che iniziava il suo graduale ingresso nell'area governativa, sfociato nei decenni successivi nella partecipazione ai governi anticomunisti del DC Prodi e della "sinistra" borghese e persino nella conquista dell'agognata poltrona di Palazzo Chigi da parte del rinnegato D'Alema. Poi col 2° Congresso nazionale, il nostro Partito, forte delle preziose esperienze e conoscenze accumulate nella lotta di classe, ha tra l'altro indicato nella via dell'Ottobre la via universale per la conquista del socialismo definendo e precisando la strategia e la tattica per la conquista del potere in un paese imperialista a capitalismo avanzato come il nostro. Col 3° Congresso nazionale il Partito proseguiva la sua Lunga Marcia lanciando il disegno generale della futura società socialista italiana. Infine il 4° Congresso nazionale proiettava il PMLI nel terzo millennio creandogli tutte le premesse per riuscire nell'impresa, mai realizzata in Italia, di costruire un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista.
E in effetti l'ultimo decennio lo ha visto consolidare e arricchire la sua politica proletaria rivoluzionaria, la linea organizzativa bolscevica e la formazione di dirigenti, al centro come alla periferia, e in un numero sempre maggiore di regioni d'Italia, dove sono cresciuti, si sono temprati e sono emersi nuovi quadri nazionali in Campania come in Emilia-Romagna, in Sicilia come in Toscana e Lombardia.
E ricordiamo con commozione il lungimirante intervento al 4° Congresso dell'indimenticabile prima pioniera del PMLI Nerina "Lucia" Paoletti, prematuramente scomparsa il 6 aprile 2006: "Noi siamo un piccolo partito, una fiammella appena percettibile. La nostra convinzione è che questa fiammella alimentata dalla lotta di classe diventerà sempre più grande e luminosa e finirà per dar fuoco alla prateria. Viva il 4° Congresso! Viva il PMLI! Viva i nostri bravi compagni! Coi Maestri vinceremo!".
Sull'onda del vittorioso 4° Congresso il 17 febbraio 2001 vedeva la luce il Nuovo programma d'azione del PMLI, a conclusione di un corale e meticoloso lavoro di studio, ricerca ed elaborazione, cui hanno partecipato tutte le istanze del Partito, i simpatizzanti del PMLI e i lettori del Bolscevico e finanche le masse coinvolte attraverso un'inchiesta.
A Troina in Sicilia si teneva il 23-24 luglio 2005 la prima Festa del Bolscevico su iniziativa del compagno Giuseppe Calabrese e degli amici troinesi del Bolscevico. Una bellissima piazza rossa era teatro di tre iniziative coronate dal successo: anzitutto un'appassionata e affollata Tavola rotonda, presieduta dalla Responsabile del PMLI per la Sicilia Giovanna Vitrano, nella quale le masse contrapponevano le loro rivendicazioni alla politica antipopolare della locale giunta di "centro-sinistra" e che veniva ispirata dal discorso introduttivo del compagno Calabrese; poi la proiezione di un video sulla "Storia e le lotte del Bolscevico" presente il delegato della Redazione centrale Mino Pasca; e infine un incontro aperto al pubblico tra i militanti, i simpatizzanti e gli amici siciliani del PMLI sulla base di una relazione acuta e appassionata di Giovanna Vitrano.
L'ultimo decennio ha visto il PMLI impegnato nel radicamento nei luoghi di lavoro, di studio e di vita e nella conquista di molti militanti e Cellule in tutte le città, specialmente nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università.
Lo ha visto protagonista su tutti i fronti della lotta di classe.
A Milano il 20 settembre 1997 il PMLI partecipa alla grande manifestazione di massa che vede un milione di combattenti contro il secessionismo neofascista della Lega di Bossi e contrappone con molta forza alla linea borghese governativa, nazionalista e federalista la linea proletaria antisecessionista sintetizzata dalla parola d'ordine strategica: Italia unita, rossa e socialista.
A Genova il 21 luglio 2001 la delegazione del PMLI tiene alte le bandiere dell'antimperialismo e dell'internazionalismo proletario durante la grandiosa manifestazione internazionale contro il G8, riunito in quei giorni nel capoluogo ligure per discutere e concordare i piani economici e politici per mantenere sottomessi i Paesi del Terzo mondo al dominio imperialista e capitalista. Il governo Berlusconi reagisce col terrore da dittatura fascista uccidendo il giovane Carlo Giuliani e provocando almeno 560 feriti, 288 arresti, rastrellamenti di massa, provocazioni e infiltrazioni di agenti, blitz polizieschi accompagnati dalla selvaggia repressione, la deportazione e la tortura dei giovani appartenenti al movimento noglobal.
A Firenze il 9 novembre 2002 il PMLI partecipa con una delegazione diretta da Scuderi allo storico corteo antimperialista di un milione di manifestanti contro la guerra all'Iraq. Sfidando l'infame campagna di criminalizzazione del movimento noglobal scatenata dal governo Berlusconi e dai guerrafondai imperialisti i manifestanti erano convenuti qui da tutto il mondo su invito del Social Forum Europeo svoltosi nella cittą del Giglio dal 6 al 10 novembre.
A Roma il 23 marzo 2002 la delegazione ufficiale del PMLI diretta dal Segretario generale partecipa a quella che è entrata nella storia del nostro Paese come la più grande manifestazione di tutti i tempi: una muraglia di 3 milioni di lavoratori, pensionati, disoccupati, giovani e donne in difesa dell'articolo 18, la cui cancellazione è considerata dal governo del neoduce Berlusconi come la punta di lancia di una strategia di attacco globale e risolutivo alle conquiste e ai diritti dei lavoratori e di ridimensionamento del movimento operaio e sindacale. In un clima di grande combattività le masse presenti all'interno e intorno al corteo accolgono e circondano il PMLI con simpatia e partecipazione culminate con gli scroscianti applausi con cui salutano il suo ingresso al Circo Massimo.
A Roma il 12 aprile 2003 500 mila bandiere arcobaleno e rosse sfilano unite contro gli aggressori imperialisti anglo-americani impegnati nella occupazione militare dell'intero Iraq. La delegazione del PMLI porta il suo prezioso contributo per aiutare la crescita politica del movimento antimperialista e per la pace e per evitare che esso si areni in illusorie e fuorvianti rivendicazioni come "il disarmo globale" o "un nuovo ordine mondiale" sponsorizzato dall'Onu, da questa organizzazione internazionale ormai in pugno alle superpotenze e ai paesi imperialisti più forti.
A Roma il 6 dicembre 2003 due milioni di lavoratori, pensionati, precari, disoccupati e studenti attraversano in tre impressionanti cortei la capitale per respingere la controriforma delle pensioni, la Finanziaria e il governo del neoduce Berlusconi. La delegazione del PMLI, diretta da Scuderi, anima il corteo con una selva di bandiere rosse, cartelloni a forma di mano con la scritta "Giù le mani dalle pensioni" e un grande cartello raffigurante Berlusconi nei panni di Mussolini affacciato al balcone di Palazzo Venezia e la scritta: "Buttiamolo giù!". Nei tanti comizi volanti pronunciati lungo il percorso, Scuderi ribadisce che Berlusconi può essere battuto purché non si abbandoni la piazza e si faccia affidamento sulla lotta di classe e non sull'inconcludente opposizione parlamentare della "sinistra" borghese.
A Napoli il 15 dicembre 2006 lo spezzone del PMLI diretto dal Responsabile del PMLI per la Campania Franco Di Matteo è la rossa e determinata avanguardia del lunghissimo corteo di oltre 100 mila manifestanti che sfila contro la camorra e le mafie. Offrendo ai manifestanti una stupenda immagine di forza, combattività e unità proletarie rivoluzionarie e marxiste-leniniste, diffondeva peraltro un importante documento del CC del PMLI dal titolo: "Uniamoci nella lotta contro la camorra e le mafie. Per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno".
E che dire dell'esemplare lotta della popolazione di Vicenza contro la base Usa Dal Molin?
Davanti alla deriva governativa e alla dissoluzione di ogni idea di socialismo tra i partiti come il PdCI, il PRC e i DS, ormai in via di scioglimento, è tempo che i loro militanti di base che vogliono e si battono per il socialismo li abbandonino al loro destino di "sinistra" della borghesia e prendano posto tra i marxisti-leninisti, contribuendo peraltro al successo del prossimo 5° Congresso nazionale del PMLI.
"La storia - insegna il compagno Scuderi - non è finita. Il popolo continua ad essere la forza motrice che crea la storia del mondo. La rivoluzione progredisce attraverso una serie di vicessitudini, aspre lotte anche al suo interno, prove, vittorie e sconfitte, restaurazioni e controrestaurazioni, flussi e riflussi, ma alla fine è destinata a trionfare. È vero quanto dice Mao: 'La via è tortuosa, l'avvenire è radioso'.
Se noi continueremo ad aver fiducia nel marxismo-leninismo-pensiero di Mao, nel socialismo, nel Partito, nelle masse e in noi stessi saremo capaci di tingere di rosso l'avvenire del nostro amato popolo
".(7)

Note:
1) Giovanni Scuderi, Rapporto politico al Congresso di fondazione del PMLI, 9 Aprile 1977, in Documenti del Congresso di fondazione del PMLI, pag. 4
2) Giovanni Scuderi, Il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani, Rapporto politico al 3° Congresso nazionale del PMLI, 27 dicembre 1985, in Documenti del 3° Congresso nazionale del PMLI, pag. 83
3) Giovanni Scuderi, Il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani, idem, pag. 132
4) Giovanni Scuderi, Seguiamo l'esempio e gli insegnamenti di Mao, Discorso tenuto a Firenze il 19 dicembre 1993 in occasione della celebrazione del centenario della nascita di Mao, in Mao e la lotta del PMLI per il socialismo, pag. 392
5) Mino Pasca, Prendiamo esempio da Stalin e applichiamo i suoi insegnamenti per costruire un grande, forte e radicato PMLI e lottare contro la guerra imperialista all'Iraq, Discorso tenuto a Firenze il 2 marzo 2003 in occasione della commemorazione del 50° anniversario della morte di Stalin, in Il Bolscevico n. 10/2003, pag.2
6) Giovanni Scuderi, Il socialismo è l'avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani , idem, pag. 132
7) Giovanni Scuderi, Mao e l'imperialismo, Discorso tenuto a Firenze il 22 settembre 1996 in occasione della commemorazione del 20° anniversario della morte di Mao, in Il Bolscevico n. 36/1996, pag. 6)

11 aprile 2007