Sentenza del Tribunale de L'Aquila
Condannati i membri della commissione Grandi Rischi che sottovalutarono il pericolo del terremoto
Alla popolazione dissero: "La comunità scientifica conferma che non c'è pericolo"

A tre anni e mezzo dal terremoto de L'Aquila con 300 morti, 1.600 feriti e decine di migliaia di sfollati con la casa distrutta o comunque fortemente danneggiata è arrivata la prima sentenza del tribunale del capoluogo abruzzese: una sentenza di netta condanna per i sette membri della commissione Grandi Rischi per aver sottovalutato il pericolo, aver fornito informazioni "imprecise e incomplete", esser venuti meno ai loro doveri. Il giudice monocratico di detto tribunale, Marco Billi, dopo 5 ore di camera di consiglio, ha infatti condannato il 22 settembre per omicidio colposo plurimo l'allora presidente della commissione Grandi rischi Franco Barbieri, l'allora vicecapo della Protezione civile Bernardo De Bernardis, l'allora presidente dell'Istituto nazionale di geofisica vulcanica Enzo Boschi e i tecnici Giulio Selvaggi, Claudio Eva, Gian Michele Calvi e Mauro Dolci. Questa la pena emessa a loro carico: 6 anni di reclusione, interdizione perpetua dai pubblici uffici, nonché un risarcimento di 800 mila euro al cui pagamento dovrà contribuire anche la Presidenza del Consiglio da cui dipende la Protezione Civile.
Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna di quattro anni di carcere, il giudice è andato oltre, portando la pena a sei. Per capirne le ragioni nel dettaglio bisognerà aspettare il dispositivo contenete le motivazioni della sentenza. Certo è che nel dibattimento e nella ricostruzione dei fatti così come sono avvenuti nei giorni prima e dopo il terremoto scatenatosi in modo devastante il 6 aprile del 2009, emergono in modo chiaro e incontrovertibile le responsabilità dei componenti della commissione Grandi Rischi e del capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, anche se non é parte in causa di questo processo. "La loro fu una monumentale negligenza" ha detto il pm Fabio Picuti. "Dopo la riunione del 31 marzo sono state fornite - ha aggiunto - informazioni imprecise e incomplete sulla pericolosità dell'attività sismica , vanificando le attività di tutela della popolazione".

Non fecero il loro dovere di scienziati
Increduli i diretti interessati i quali hanno affermato, mentendo spudoratamente, come vedremo dopo, di aver fatto il loro dovere e che non li si può condannare per non avere previsto, nonostante le 400 scosse registrate nelle settimane precedenti, il terremoto perché "scientificamente non prevedibile". Per esempio De Bernardis, proprio lui, che la sera avanti all'evento tellurico aveva detto agli aquilani: "non c'è pericolo, tornatevene a casa a bere un bicchiere di vino", ha affermato: "Mi ritengo innocente di fronte a Dio e agli uomini, non c'erano le condizioni per fare scelte diverse". A fianco dei condannati sono scesi in capo, con una tempestività davvero insolita la comunità scientifica, con in testa i geologi e i fisici agitando però una tesi che con la sentenza non c'entra nulla e cioè, i terremoti non sono prevedibili con certezza. "La sentenza è la morte del servizio prestato dai professionisti e dai professori allo Stato" afferma Luciano Maiani, presidente attuale della commissione Grandi Rischi. Gli fa eco Gianvito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei geologi: " Se la sentenza dovesse riguardare la mancata previsione del sisma significherebbe mettere sotto accusa l'intera comunità scientifica".
Di seguito è montata una smodata bagarre contro la sentenza da parte della quasi totalità dei mass-media di regime e anche esponenti politici e istituzionali di primo piano, che tuttavia esula dal merito e dai fatti realmente accaduti e contestati dai magistrati aquilani. È il caso di Schifani che parla di "sentenza strana e imbarazzante". Di Fini che monta in cattedra per sostenere che la sentenza "contrasta con un dato scientifico: è impossibile prevedere la gravità di un sisma". Di Casini che considera la condanna "una follia allo stato puro". C'è chi addirittura, all'interno del mondo scientifico ha scritto al presidente della Repubblica Napolitano perché intervenga presso i giudici pur non avendone nessun titolo giuridico. Con un evidente intento ricattatorio nei confronti delle istituzioni e dei cittadini i componenti della commissione Grandi Rischi si sono dimessi. Lo stesso hanno minacciato quelli della Protezione civile.

Fu un'operazione mediatica per rassicurare gli aquilani
È una menzogna sostenere che la sentenza del giudice Billi equivale a una condanna della scienza. Qualcuno senza temere il ridicolo ha addirittura richiamato il precedente del processo a Galileo che con quello svoltosi a L'Aquila semplicemente non c'entra niente. I fatti accertati e documentati raccontano un'altra storia. Raccontano che quella di Bertolaso, di riunire la commissione Grandi Rischi a L'Aquila fu solo un'operazione mediatica per tranquillizzare la popolazione al di là di qualsiasi valutazione scientifica sull'imminenza o meno del sisma. Lo testimoniano le modalità della riunione svoltasi il 31 marzo, durata appena 45 minuti senza compilare il verbale di quanto detto e deciso in essa. Le telefonate di Bertolaso intercettate dalla magistratura. Particolarmente significativa, in questo senso quella all'Assessore Regionale Daniela Stati: "Vengono i luminari - gli dice Bertolaso - è più un'operazione mediatica, loro diranno: è una situazione normale ... non ci sarà mai la scossa, quella che fa male".
Che la coscienza sia sporca da parte dei protagonisti della vicenda, che vi sia la consapevolezza di non aver fatto il loro dovere arrivando a rassicurare la popolazione, questo sì senza alcun fondamento scientifico, emerge anche subito dopo il terremoto. Il 9 aprile, a terremoto avvenuto, L'Aquila è distrutta, il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, sempre lui, chiama Enzo Boschi e gli intima di fare un comunicato della commissione Grandi Rischi per tamponare le notizie di stampa che insistono sul mancato allarme dato alla cittadinanza. Fa di più, gli detta cosa deve scrivere e cosa no. "La verità non si dice. Alla fine fate il vostro comunicato stampa - intima Bertolaso - con le solite cose che si possono dire su questo argomento... delle possibili repliche e non si parla della vera ragione della riunione. Va bene?". Boschi, invece di mandarlo a quel paese gli risponde: "Stai tranquillo Guido. Ti abbraccio e complimenti".
Del tutto diverso il parere degli aquilani che hanno accolto la sentenza di condanna con un "So' pochi, hanno fatto bene, benissimo" i giudici. Stefania Pezzopane, allora presidente della Provincia e ora assessore comunale alla cultura commenta: "Gli aquilani quella notte furono traditi dallo Stato. Il giudice ha avuto coraggio".

31 ottobre 2012