Conferenza di Doha sul clima
Nessun passo in avanti per la diminuizione dei gas serra
Le superpotenze imperialiste, Giappone, Russia, dopo Usa e Cina si sono sfilate dal protocollo di Kyoto

La Conferenza sul clima che si è tenuta a Doha in Qatar dal 26 novembre all'8 dicembre, la 18esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, non ha registrato nessun passo in avanti nella diminuzione dei gas che provocano l'effetto serra e il conseguente innalzamento della temperatura del pianeta. L'enorme platea dei 17mila delegati di 200 paesi è riuscita a varare un documento, il "Doha Climate Gateway", il percorso per la sicurezza climatica che riesce al massimo a prorogare i già insufficienti impegni di riduzione dei gas inquinanti previsti dall'accordo di Kyoto, che scade il prossimo 31 dicembre.
Una delle poche novità del documento di Doha è il riconoscimento del diritto dei paesi insulari al risarcimento per le "perdite e danni" subiti a causa dei cambiamenti climatici.
Tutto è rimandato a un accordo globale vincolante per tutti i paesi, la cui stesura era stata affidata a un gruppo di lavoro creato un anno fa alla conferenza di Durban, da definire entro il 2015 e che dovrebbe entrare in vigore nel 2020. Un lavoro che viene da lontano, dalla decisione di realizzare un Piano di Azione sulla base dei lavori della conferenza di Bali del 2007 e che dovrebbe riguardare tra gli altri le quantità dei finanziamenti e i trasferimenti di tecnologie meno inquinanti dai paesi più avanzati industrialmente a quelli in via di sviluppo e nuovi impegni di riduzione dei gas serra finanziamenti.
Nella discussione aperta nel 2007 i governi non sono ancora riusciti a definire a chi spetti e come raggiungere le riduzioni di circa il 15% dei gas inquinanti definite nel protocollo di Kyoto. Sono ancora più lontani dall'intesa su come arrivare a ridurli tra il 25 e il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020. D'altra parte la decisione del vertice di Copenaghen del 2009 che chiedeva ai paesi sviluppati di mettere 30 miliardi di dollari entro il 2012 nel fondo che doveva finanziare lo sviluppo di tecnologie meno inquinanti ha registrato a oggi il versamento di soli 2 miliardi. Impensabile che a fronte della pesante crisi economica la somma possa salire a 100 miliardi di dollari fino al 2020. Ogni governo capitalista ancora di più tira l'acqua al proprio mulino nella guerra alla sopravvivenza dell'economia più forte che schiaccia quella più debole. E le resistenze delle superpotenze imperialiste a impegnarsi nella riduzione dei gas inquinanti sono ancora più forti tanto che dopo Usa e Cina anche Giappone, Russia e Canada si sono sfilate dai deboli impegni del protocollo di Kyoto.
E quando dall'1 gennaio 2013 inizierà "Kyoto 2", solo Unione europea, Australia, Svizzera e Norvegia, che rappresentano appena il 15% delle emissioni globali e che lo hanno firmato, lo metteranno in pratica. Compresa, o soprattutto, la parte che invece di ridurre i gas serra permette di acquistare crediti di emissioni da paesi che inquinano di meno, non perché più "virtuosi" ma perché come Russia e Polonia hanno distrutto parte del loro apparato industriale statale esistente fino al 1990.
Il rimanente 85% delle emissioni proviene soprattutto da Stati Uniti e Cina che hanno impedito il raggiungimento di qualsiasi accordo e rimandato la questione della riduzione dei gas serra al negoziato che si dovrà concludere entro il 2015 per un accordo che comunque non dovrà contenere alcun impegno vincolante. A Doha hanno avuto man forte anche dal Canada che lo scorso anno è uscito dal protocollo di Kyoto per poter sfruttare senza alcun vincolo i giacimenti delle sabbie bituminose in Alberta.
Secondo il Comitato intergovernativo di scienziati (Ipcc), le emissioni di anidride carbonica (CO2, il principale gas serra) raggiungeranno il picco nel 2015 per poi decrescere. Ma tanto basta per provocare l'aumento della temperatura media globale entro i 2˚C, che possono essere tre volte tanto in certe zone del mondo come l'Africa subsahariana, che rischia di perdere in pochi anni buona parte dei suoi raccolti agricoli, o avere effetti comunque pesanti come nel caso della Groenlandia che ha visto scomparire quasi del tutto la sua calotta glaciale durante l'ultima estate boreale. Col paradosso che così sarà molto meno costoso lo sfruttamento delle proprie risorse petrolifere con la produzione di maggior inquinamento. Il rapporto Unep, il Programma ambiente dell'Onu, afferma che le emissioni dei vari gas serra devono scendere a 44 miliardi di tonnellate entro il 2020 per mantenere il riscaldamento sotto i 2 gradi. Le riduzione finora annunciate valgono appena 1 miliardo di tonnellate.
Tutto è rimandato alla prossima Conferenza che si terrà a Varsavia e a quella tra due anni a Parigi. Con le attuali premesse e il percorso finora seguito dalle conferenze Onu, altri due appuntamenti destinati a lasciare all'ultimo posto le attenzioni e il rispetto dell'ambiente da parte dei paesi capitalisti.

19 dicembre 2012