Da parte dell'agenzia italiana del farmaco
Consentita la pillola abortiva Ru486
Il Vaticano minaccia la scomunica

L'agenzia italiana del farmaco (Aifa), dopo un lungo e contrastato percorso, il 30 luglio scorso ha dato il via libera all'uso anche in Italia della pillola abortiva Ru486. Si tratta di un farmaco che permette un'interruzione di gravidanza meno invasivo e traumatico per le donne rispetto al classico intervento chirurgico. Un metodo che va ad aggiungersi a quelli tradizionali che può essere scelto dal medico e dalla donna secondo le condizioni specifiche e concrete.
In Francia tale metodo è stato introdotto già nel 1988, ossia 21 anni fa. E così è stato in gran parte dei paesi europei e del mondo compresi Usa e Cina. Nel 2005 la Ru486 è stata inserita nella lista dei farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità. Ogni anno nel mondo ci sono da 4 a 5 milioni di donne che ne fanno uso senza riscontrare alcun problema.
In Italia invece la sua introduzione è stata faticosa e oggetto di aspre e prolungate polemiche da parte della destra politica e cattolica e del Vaticano che non hanno mancato di esercitare forti pressioni sulla stessa Agenzia del farmaco affinché non concedesse il suo via libero.
Tali pressioni pur non evitando il consenso dell'Aifa, hanno comunque avuto l'effetto di far approvare una delibera che introduce "regole più restrittive d'Europa per l'uso del farmaco", come ha ammesso lo stesso direttore generale dell'Agenzia, Guido Rasi. Ad esempio è stato abbassato il termine massimo per la somministrazione da 9 a 7 settimane, l'assunzione del farmaco potrà avvenire solo in un percorso protetto, ossia tramite ricovero ospedaliero, e la pillola non sarà acquistabile in farmacia.
Ciononostante la delibera dell'Aifa ha scetenato la furibonda reazione del Vaticano che ha lanciato una selva di anatemi, esecrazioni e avvisi di scomunica per le donne che vi faranno ricorso e i medici che aiuteranno le donne ad abortire attraverso tale pillola.
L'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della "Pontificia accademia per la vita", ha avvertito che "non possiamo assistere passivi". Il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, "L'Avvenire", ha chiamato in causa "le componenti politiche che non hanno fatto quel che potevano". E, dulcis in fundo, è arrivata l'estrema condanna, ossia la minaccia di scomunica da parte di monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito dell'"Accademia della vita", il quale ha tuonato che l'aborto farmacologico "è un delitto da scomunica, la Ru486 non è un farmaco ma un veleno letale" e ha chiesto l'intervento immediato del governo e dei ministri competenti.
Un intervento che non si è fatto attendere. Il ministro del lavoro e della salute, Maurizio Sacconi, ha assicurato che appronterà al più presto un protocollo di attuazione che di fatto mirerà ad ostacolare ulteriormente l'uso della pillola Ru486 nelle strutture. Da parte sua il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, ha chiesto che si svolgesse un'indagine e una discussione parlamentare sulla questione. Un'indagine che, nonostante le polemiche, alla fine si farà in commissione Sanità del Senato.
Ciò confermando che sulle questioni di fondo vi è un asse di ferro dettato da un interesse reciproco fra la destra cattolica e vaticana e il governo del neoduce Berlusconi e della terza repubblica.
Colpisce di fronte a questa ennesima offensiva clericale, oscurantista, antiscientifica e medievale contro la Ru486, ma in ultima analisi contro l'aborto e la legge 194 e il diritto dei medici e delle donne di avvalersi del progresso scientifico e medico, il silenzio impotente, che sfiora la connivenza, della "sinistra" borghese che si limita a chiedere il rispetto della legge 194. Un atteggiamento coerente con il benevolo voto di astensione concesso da PD e IdV alla mozione approvata il 15 luglio scorso dalla Camera con la quale si impegna il governo a farsi promotore presso le Nazioni Unite di una risoluzione che "condanni l'uso dell'aborto come strumento di controllo demografico ed affermi il diritto di ogni donna a non essere costretta o indotta ad abortire".
Per quanto riguarda la grave ingerenza vaticana negli affari italiani tesa a condizionare la vita politica e sociale del nostro Paese, non si può non registrare l'avallo e la legittimazione di fatto anche da parte della "sinistra" borghese che ormai non osa nemmeno più criticarla.
Eppure il Papa, la Cei e l'intera Chiesa cattolica sul tema dell'aborto, così come su quello del divorzio, dell'eutanasia, del testamento biologico e quant'altro, vanno ben oltre la loro "missione pastorale" di trasmettere ai cattolici gli insegnamenti della chiesa. Al contrario cancellano "il libero arbitrio'' e la "libertà di coscienza'' dei cattolici per ricondurli a un'ubbidienza assoluta e totale ai dogmi cattolici non solo nelle scelte di vita personale, ma anche in quelle della vita professionale, sociale, civile e politica. Essi hanno la pretesa che la chiesa torni a governare tutto ciò che attiene alla sfera dei rapporti sociali e politici, ai rapporti fra i sessi, al costume, alla morale, all'etica, all'istruzione delle giovani generazioni e persino alla scienza, proprio come nel Medioevo.

9 settembre 2009