L'interminabile lista dei corrotti salvatisi con la prescrizione

Filippo Penati
(PD) non è il primo e certamente non sarà l'ultimo boss politico borghese che, nonostante i "gravi indizi di colpevolezza" e "l'esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione" da lui "posti in essere", è riuscito a evitare l'arresto e forse anche il processo grazie al vergognoso istituto della prescrizione imposto con la legge Cirielli del governo Berlusconi.
Basti pensare che solo tra Camera e Senato ci sono ben 84 parlamentari indagati tutti accusati di reati gravi e infamanti che vanno dal concorso esterno in associazione mafiosa alla violazione della legge Anselmi sulle società segrete, ai reati più comuni di concussione, corruzione, abuso d'ufficio, abusivismo edilizio, truffa.
Su tutti spicca "ovviamente" il neoduce Silvio Berlusconi che grazie alla prescrizione si è salvato in ben quattro procedimenti: l'All Iberian 1 per le tangenti al Psi (condanna in primo grado a 2anni e 4 mesi per finanziamento illecito, prescrizione in appello), il processo per l'acquisto dal Torino del calciatore Lentini (prescrizione grazie alla riforma del falso in bilancio), il consolidato Fininvest e il Lodo Mondadori. A queste vanno aggiunte 2 amnistie e 2 assoluzioni per leggi "ad personam".
Nella compagine di governo una bella prescrizione se l'è regalata anche il ministro Roberto Calderoli, assieme al collega di partito Davide Caparini. Il leghista fu processato per gli incidenti con la polizia durante l'irruzione nella sede di via Bellerio: in primo grado fu condannato a 8 mesi di reclusione per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, ma in appello la pena è poi scesa a 4 mesi e 20 giorni. Sentenza questa poi annullata con rinvio dalla Cassazione e, nel nuovo processo di secondo grado, per Calderoli e gli altri imputati è scattata la prescrizione.
Prescrizione anche per il senatore PDL Marcello Dell'Utri, condannato in appello per "appropriazione indebita" nell'ambito della vicenda dei fondi neri di Publitalia. Dell'Utri ricorse in Cassazione alla ricerca di un'assoluzione piena ma la Suprema Corte nel marzo 2010 confermò la sentenza d'appello dichiarando l'ex braccio destro di Berlusconi "non assolvibile".
La prescrizione ha salvato anche l'ex parlamentare PDL (ed ex militare della Guardia di Finanza) Massimo Maria Berruti, accusato di riciclaggio dei fondi neri del gruppo Mediaset.
Fra i prescritti del Pdl in parlamento vanno segnalati anche Maurizio Iapicca (rinviato a giudizio per false fatture, falso in bilancio e abuso d'ufficio), Luigi Grillo (era stato indagato per truffa sulla Tav Milano-Genova), Domenico Nania (condannato in primo grado per abusivismo edilizio, prescritto in appello), Carlo Vizzini (condannato in primogrado per lo scandalo delle tangenti Enimont, prescritto in appello), Antonio Paravia (condannato in primo grado per corruzione, prescritto in appello) e Giuseppe Firrarello (condannato in primo grado a due anni e sei mesi per turbativa d'asta, prescritto in appello).
Poi c'è Carmelo Briguglio (Fli) fu prescritto per abuso d'ufficio (assolto, nello stesso procedimento, per truffa e falso).
Anche fra la cosiddetta "opposizione" parlamentare i casi di prescrizione si contano a iosa. Su tutti spicca Massimo D'Alema fu prescritto nel '95 dall'accusa di aver preso una tangente dal "re delle cliniche pugliesi" Francesco Cavallari.
La corruzione aggravata contestata a Lorenzo Cesa (Udc) gli viene prescritta nel 2005 anche grazie alle leggi di Berlusconi.
Pierluigi Castagnetti (Pd), accusato per una tangente del '91-'92 (all'epoca era nella segreteria di Martinazzoli) fu prescritto nel 2003.
Giovanni Lolli (Pd) vide prescritta l'accusa di favoreggiamento durante l'inchiesta sulla "Missione Arcobaleno".
Infine, fra casi più eclatanti, va sicuramente ricordata la vicenda del senatore a vita e storico leader della DC Giulio Andreotti con accusa di concorso esterno in associazione mafiosa: reato prescritto in appello ma "concretamente ravvisabile" fino al 1980 scrissero i giudici nelle motivazioni poi confermate dalla Corte di Cassazione.

21 settembre 2011