Dal PDL e Lega al PD e PRC
La corruzione dilaga nei partiti borghesi del regime neofascista
Abolire ogni finanziamento pubblico dei partiti parlamentari

È sotto gli occhi di tutti che a vent'anni da tangentopoli la corruzione dilaga come non mai in tutto il Paese e in tutti i partiti del regime neofascista. Dalla Lombardia alla Sicilia, dall'Emilia-Romagna alla Puglia, non passa settimana senza che nuovi scandali e nuove ruberie non vadano ad allungare l'interminabile catena di inchieste giudiziarie aperte per reati di corruzione che coinvolge l'intero sistema istituzionale, politico e amministrativo, dal parlamento fino alle segreterie nazionali dei partiti del regime, dal più importante dei consigli regionali fino al meno noto dei consigli comunali.
L'indagine che ha messo sotto inchiesta mezza giunta regionale della Lombardia presieduta da Formigoni e lo stesso presidente del Consiglio regionale Boni, che ha fatto emergere il sistema di corruzione e di tangenti retto da PDL e Lega; lo scandalo delle decine di milioni del finanziamento pubblico fatti sparire dal tesoriere della Margherita, Lusi, che chiama in causa anche uno dei leader del Terzo polo, Rutelli, ma anche i vertici del PD liberale a cui Lusi apparteneva; l'inchiesta sugli appalti e fondi neri nella sanità pugliese, che coinvolge pesantemente la giunta del governatore Vendola e il PD; gli arresti per associazione a delinquere, abuso d'ufficio, concussione e violenza sessuale a carico del sindaco PRC di Gubbio, Goracci, di esponenti della sua giunta e di altri funzionari pubblici; infine lo scandalo per uso privato dei finanziamenti pubblici che coinvolge direttamente il caporione neofascista, razzista e secessionista della Lega, Bossi, insieme alla sua rapace famiglia e ai suoi più stretti collaboratori: sono solo alcuni tra i più recenti e clamorosi episodi che dimostrano come ormai sia generalizzata e sistematica la corruzione in ogni parte d'Italia e a tutti i livelli, centrali e locali, politici e partitici, istituzionali e gestionali.
Se c'è una cosa che emerge infatti con sempre più evidenza da questa alluvione di scandali è che non si tratta di casi isolati, di "anomalie" in un corpo fondamentalmente "sano", ma di un intero sistema che è fondato sulla corruzione e sul ladrocinio delle risorse pubbliche. E che nessun partito del regime neofascista si può proclamare estraneo ad esso. Quello che una volta si proclamava il partito dalle mani pulite, il PD ex PCI revisionista, solo perché non deteneva le stesse quote di potere dei partiti della destra borghese, come la DC e il PSI, oggi che governa in molte regioni, province e comuni, enti pubblici e società miste, si comporta ormai né più né meno come il PDL e la Lega, che della DC e del PSI hanno ereditato direttamente il loro vecchio sistema di governo basato sulle ruberie e sulla corruzione. Lo dimostrano non solo i casi sopra citati, come gli scandali Penati, Lusi, sanità pugliese, Emiliano, ma anche altri che ormai si aggiungono senza soluzione di continuità: dalla colossale corruzione sull'affare Castello riguardante l'ex assessore PD Biagi e il vicesindaco PD Cioni di Firenze agli equivoci legami del sindaco di Bari, Emiliano, con una famiglia di imprenditori corruttori pugliesi, e come il caso di nepotismo emerso a carico del governatore dell'Emilia-Romagna, Errani.
Perfino i partiti falsi comunisti, in proporzione al potere che hanno acquisito in alcune amministrazioni pubbliche, sono impegolati in questo sistema corrotto: lo è indubbiamente SEL di Vendola, con gli scandali pugliesi e lo scandalo Sea che vede coinvolta la giunta milanese di Pisapia; ma lo è anche Rifondazione, con lo scandalo della cricca del sindaco Goracci che ha governato Gubbio con metodi intimidatori e clientelari per anni, senza che né Vendola né Ferrero si accorgessero ufficialmente di niente. Il fatto è che il sistema della corruzione è costituito da una rete così fitta di interessi, di cosche e di persone, ben inserite in tutti i gangli dell'apparato economico-politico-amministrativo, che chiunque vi entri, anche con le migliori intenzioni, a meno che non ne esca subito disgustato, cosa che non pare succedere quasi mai, finisce inevitabilmente per esserne corrotto e diventare parte integrante dell'ingranaggio.
Inoltre la corruzione in cui sguazzano rende i partiti del regime e i loro funzionari facilmente permeabili alla penetrazione delle mafie e della delinquenza organizzata, che ormai sono strettamente compenetrate con questo sistema. In ultima analisi è il marcio sistema capitalistico che nutre la corruzione nel suo ventre e la diffonde come una peste a tutti i livelli, in quanto ne ha bisogno per funzionare come un ingranaggio ha bisogno dell'olio per girare. E questo perché il capitalismo non si fonda sull'interesse pubblico e sul bene collettivo, ma sull'interesse privato, il denaro e la legge del massimo profitto, e la corruzione è perfettamente organica e funzionale alle sue regole egoistiche e antisociali.
In questo quadro è perfettamente logico che i partiti borghesi e i loro leader e funzionari, che gestiscono la cosa pubblica non per servire il popolo ma per servire gli interessi della classe dominante, ne approfittino anche per finanziarsi e per arricchirsi, attraverso la gestione della sanità, degli appalti, delle concessioni edilizie ecc. Le cosche parlamentari e le segreterie dei partiti attingono anche dai generosi fondi del finanziamento pubblico, pur se ufficialmente non si chiama più così dopo che era stato abolito con il referendum, ma viene contrabbandato come "rimborso" per le spese elettorali. Fondi che, come dimostra lo scandalo Lusi e quello più recente di Bossi, sono destinati invece, con i bilanci truccati, a foraggiare le fondazioni politiche intestate ai leader e ai vari capibastone dei partiti borghesi, quando non ad arricchire direttamente i loro patrimoni personali.
Il colmo è che il finanziamento pubblico comunque nominato viene auto giustificato dai partiti borghesi col pretesto della "moralizzazione" degli stessi, in quanto senza finanziamento pubblico essi potrebbero essere tentati, per sopravvivere, di finanziarsi attraverso le tangenti. E invece, come dimostra la corruzione sempre più dilagante, finiscono per intascare sia l'uno che le altre. Ecco perché, come chiede il PMLI nel suo Programma d'azione, occorre "abrogare tutte le norme sul finanziamento pubblico dei partiti, e in particolare la legge 157 del 3 giugno 1999 sui rimborsi per le spese elettorali". I partiti devono autofinanziarsi, come fa da sempre il PMLI che conta solo sul sostegno dei militanti, dei simpatizzanti e delle masse. Altrimenti è rubare i soldi del popolo, e il finanziamento pubblico diventa la prima fonte di corruzione per i partiti del regime neofascista.

11 aprile 2012