Tornano in piazza gli operai della Fiat di Termini Imerese
Un grande e combattivo corteo attraversa il centro storico. La Cgil: "la lotta alla mafia si fa anche non chiudendo lo stabilimento siciliano". Napolitano, silenzio assoluto su Termini
Dal nostro corrispondente della Sicilia
Il 23 maggio, gli operai di Fiat e indotto di Termini Imerese sono tornati, dopo sette anni dalla grande mobilitazione del 2002, a manifestare in maniera unitaria e compatta per difendere il loro lavoro contro l'ipotesi di chiusura in caso di accordo tra il Lingotto e General Motors su Opel.
Un corteo, indetto da Fiom, Fim e Uilm e composto da oltre 5.000 operai ha attraversato il centro storico del grosso paese in provincia di Palermo, che si è fermato spontaneamente in segno di solidarietà. Di fatto lo stabilimento è l'unica possibilità di sostentamento per migliaia di famiglie del comprensorio e ha un ruolo centrale nell'economia della zona.
Fino a poche settimane fa era previsto l'arrivo della Nuova Lancia Ypsilon a Termini, ma adesso tutto è stato revocato e torna la preoccupazione della chiusura dello stabilimento. Attualmente, allo stabilimento di Termini lavorano 1.400 dipendenti. Nel periodo della massima espansione, negli anni Ottanta, lo stabilimento occupava circa 5.000 dipendenti. La progressiva dismissione ha colpito anche l'indotto: se fino al 2002 gli operai del settore erano circa 3.000 oggi sono rimasti appena in 500. Anche la cassa integrazione ha colpito duramente. Negli ultimi otto mesi, gli operai sono rimasti senza lavoro per un periodo complessivo di circa cinque mesi.
Dietro lo striscione della Fiat, in testa al corteo, c'erano oltre ai lavoratori delle aziende dell'indotto, Lear Corporation, Automotive System, Ergom-Magneti Marelli, anche delegazioni di metalmeccanici provenienti da Messina, Siracusa e Gela. Infatti la dismissione del comparto metalmeccanico riguarda l'intera isola.
Il grande e combattivo corteo ha attraversato le principali strade del centro storico. Tra le parole d'ordine "lavoro, lavoro". Non sono mancati gli insulti e gli sberleffi ai politicanti borghesi. Il governo del neoduce è stato preso di mira, così come il governo Lombardo. Nel paese si voterà per l'elezione del neopodestà e il rinnovo del consiglio comunale, i muri della città sono tappezzati dei faccioni indecenti dei candidati, ma nessuno di essi ha avuto il coraggio di presentarsi in piazza, temendo la giusta contestazione degli operai.
A conclusione della manifestazione gli operai hanno ricordato il giudice Giovanni Falcone, ucciso il 23 maggio del 1992, con un lungo applauso. La Segreteria regionale della Cgil ha preso un impegno "Faremo tutto ciò che possiamo affinché non sia il Sud e sempre il Sud a pagare il prezzo delle scelte dei grandi gruppi industriali... anche in questo modo si onorano uomini come Falcone e tutti coloro che per il riscatto della Sicilia hanno pagato il prezzo più alto''.
Le massime istituzioni dello Stato borghese, scese a Palermo per far passerella alla commemorazione di Falcone, hanno snobbato le proccupazioni degli operai siciliani. Compreso il rinnegato Napolitano che a parole chiede attenzione al problema del Mezzogiorno e poi non ha accennato neanche ad una solidarietà con gli operai di Termini.

27 maggio 2009