In vista del XV congresso nazionale della Cgil
Cremaschi lancia una nuova corrente a sinistra di Epifani e di 'Lavoro società'
Ma Rinaldini lo condiziona
Se la "Rete 28 aprile" mantiene i suoi impegni i marxisti-leninisti possono allearsi con essa
In vista del XV congresso nazionale della Cgil (in autunno inizieranno i congressi territoriali di categoria e intercategoriali, cui faranno seguito quelli regionali e nazionali, per arrivare il 1° marzo del 2006 all'assise nazionale generale) si sono messe in movimento le varie "aree programmatiche" esistenti all'interno della confederazione, in particolare quelle facenti capo alle correnti della sinistra sindacale ovvero: "Lavoro Società-cambiare rotta" capeggiata da Gian Paolo Patta e, soprattutto, "Rete 28 aprile" con alla testa Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale della Fiom e membro del direttivo nazionale della Cgil. Quest'ultima, ha tenuto il 15 luglio a Roma un'importante assemblea nazionale per illustrare e dibattere la sua proposta congressuale.
Questa assemblea nazionale è, al momento, un punto di approdo di una serrata e intensa attività iniziata il 28 aprile scorso che poi ha dato il nome a questa nuova corrente sindacale. In quella occasione si tenne alla Camera del Lavoro di Bologna una riunione cui parteciparono 120 tra quadri e dirigenti Cgil per gettare i primi elementi di linea sindacale della suddetta nuova corrente. Che si possono sintetizzare in queste dichiarazioni. "è stata costituita - disse Cremaschi - una 'rete 28 aprile' per verificare come costruire una discussione sul congresso. A fine luglio decideremo se presentare una mozione alternativa a quella di Epifani". "Non siamo d'accordo - continuava - sull'impostazione di Epifani. Siamo già nel dopo Berlusconi. Non si può tornare alla concertazione e alla politica dei redditi. Al governo di centro sinistra dovremo chiedere di più di quello di centro destra, non meno. Ci vuole una forte redistribuzione di ricchezza verso il salario. Non c'è scissione - concludeva - a proposito dell'area 'Lavoro Società', ma non ci riconosciamo nelle posizioni ufficiali dell'area". Scissione che invece, successivamente si compirà.

Atto di nascita della "Rete 28 aprile"
Al primo atto costitutivo della "Rete 28 aprile", sottoscritto anche da Wilma Casavecchia, Jole Vaccargiu, Carlo Baldini e Ferruccio Danini, tutti del direttivo nazionale della Cgil e, quest'ultimi due, leader della corrente della sinistra sindacale della Cgil "Eccoci", fecero seguito una serie di assemblee molto partecipate in varie parti d'Italia: il 18 maggio nel Molise, il 20 in Calabria, il 25 a Torino, il 28 in Liguria, il 30 a Napoli, il 1° giugno a Lodi, l'8 in Toscana, il 13 in Veneto.
Riproponendo in tutti questi incontri una posizione incentrata sul no alla concertazione sia con l'attuale governo Berlusconi sia con un eventuale governo di "centro-sinistra", no a patti sociali con le controparti governative e padronali, specie sulla "politica dei redditi", rivendicando la disdetta dell'accordo del 23 luglio '93, un modello di sindacato fondato su effettiva democrazia e partecipazione dei lavoratori che devono avere il diritto di votare sulle decisioni da prendere; una posizione incentrata sulla presentazione di un documento congressuale "alternativo" a quello della segreteria attuale essendo, le rispettive posizioni, troppo distanti tra loro e dunque senza possibilità di mediazione.
Lungo questo percorso si è accentuata la polemica e lo scontro con la vecchia area di appartenenza "Lavoro Società" fino ad arrivare alla rottura ufficiale e pubblica con una lettera di dimissioni del 30 giugno firmata da Cremaschi, Casavecchia e Vaccargiu e inviata al Coordinamento nazionale della suddetta area, a tutte le strutture della Cgil e alla Segreteria confederale. Dove i sottoscrittori rimarcano il loro "disaccordo sull'impostazione politica generale data dal gruppo dirigente". Ricordano il dissenso espresso in merito alle critiche mosse alla Fiom. Mettono in evidenza la differenza di posizione rispetto al congresso confederale, definendo quella di Patta di tipo moderato. Pongono la questione della strategia della Cgil di fronte alla nuova Confindustria di Montezemolo e un "eventuale e augurabile nuovo governo di centro sinistra", cioè se si debba tornare alla concertazione e alla "politica dei redditi" oppure imboccare, più di quanto non sia stato fatto in questi anni, la strada dell'autonomia sindacale, della contrattazione e del conflitto sociale. Questioni che non possono essere sciolte, sostengono, con "un documento unico" comprendente tutte le posizioni in campo e che devono essere decise liberamente dagli iscritti. "Non abbiamo dunque - si legge - condiviso il congresso a documento unico preventivamente dichiarato e, con l'esperienza di Rete 28 aprile... abbiamo voluto esattamente porre al centro della discussione congressuale quei temi".

Le dimissioni da "Lavoro società"
Cremaschi e soci, nella stessa lettera, contestano ai seguaci di Patta, non solo la decisione non condivisa di non presentare una proposta congressuale "alternativa" a Epifani, ma più in generale un vero e proprio patto di vertice, antidemocratico e consociativo, che consiste nel passaggio organico di "Lavoro Società" nella maggioranza rappresentata dall'attuale segretario generale, "restando dopo il congresso area programmatica senza diritto di proposta"; contestano la spartizione delle deleghe congressuali e delle cariche dirigenziali sulla base degli equilibri raggiunti nel precedente congresso, ciò a prescindere dai voti ottenuti; e in questo ambito denunciano la illegittimità di "queste due aree, vecchia maggioranza e vecchia minoranza "il diritto di proposta per gli organismi". Un patto questo che, se non messo in discussione e non fatto fallire, rischia di trasformare in una pura formalità l'intero dibattito congressuale e falsare le relative decisioni.
Nell'assemblea nazionale del 15 luglio, sopra richiamata, Cremaschi ribadisce questa linea congressuale. Nella sua relazione pone una domanda di fondo dalla quale discende, a seconda della risposta, una linea concertativa e cogestionaria, oppure una linea opposta di lotta. In sostanza si chiede se è sufficiente puntare al "cambiamento politico e alla sconfitta di Berlusconi", o invece se si debba porre contemporaneamente "il rilancio dell'iniziativa rivendicativa su salario e condizioni di lavoro, contro la precarizzazione e per lo stato sociale, indipendentemente dalla coalizione che andrà al governo?". Insomma, la Cgil che atteggiamento terrà davanti a un possibile governo Prodi? "I segnali che vengono dall'esterno - dice - puntano a un patto 'neocentrista'. Si parla della riforma dell'accordo del 23 luglio, ma il fatto è che qualsiasi nuova intesa non può che portare a un ulteriore abbassamento delle tutele e dei diritti, come è stato dall'83 in poi, con gli accordi sulla scala mobile e con il luglio '93. Confindustria - prosegue - parla addirittura di un 'patto costituzionale' e vuole ridurre il diritto di sciopero e le libertà sindacali, ma soprattutto mira a indebolire la contrattazione e il ruolo del sindacato, con l'attacco al contratto nazionale e la proposta dell'arbitraggio che dovrebbe sostituire il conflitto".

Sospeso il documento "alternativo"
Per la "Rete 28 aprile" bisogna "dire no a qualsiasi patto sociale, con qualsiasi governo". Non va bene, sostiene Cremaschi, la riproposizione sia pure corretta, dell'accordo del 23 luglio come sostiene la stessa Cgil. "Poter contrattare solo il recupero dell'inflazione e produttività limita l'autonomia del sindacato: bisogna andare alla richiesta salariale libera, stabilita di volta involta secondo le condizioni generali". E per quanto riguarda le regole della democrazia sindacale, non sono condivisibili quelle formulate dal direttivo. "Sono troppo vaghe, permettono di lasciare la decisione del referendum alla buona volontà delle categorie: invece deve essere obbligatorio andare al voto".
L'intervento, per la verità non previsto e quindi inaspettato, del segretario generale della Fiom, Claudio Rinaldini, all'assemblea romana, particolarmente insidioso, ha avuto per il momento l'effetto di sospendere, se non mettere definitivamente in discussione, la decisione della "Rete 28 aprile" di presentare un documento congressuale "alternativo" a quello di Epifani. Dal palco Rinaldini ha caldeggiato la via emendativa, annunciando la presentazione di due tesi "alternative": una sul modello contrattuale e il potere d'acquisto dei salari, l'altra sulle regole delle democrazia sindacale. "Il contratto nazionale - ha esclamato - deve avere esplicitamente la funzione di aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori". "Non è possibile - ha aggiunto - identificare il potere d'acquisto con la sola inflazione è qualcosa che va oltre, e tiene conto delle tariffe, del welfare". Sulla democrazia il segretario della Fiom chiede "una legge, anche se non si trova l'accordo con gli altri sindacati: il voto sugli accordi è un diritto democratico". Cremaschi gli è andato subito dietro: "Se Rinaldini andrà fino in fondo - ha infatti detto - non faremo il documento alternativo, ma convergeremo sulle sue tesi". Questa ipotesi è caldeggiata apertamente dal PRC per bocca di Paolo Ferrero, della segreteria nazionale del partito di Bertinotti.

Fare fronte unito ma con le nostre posizioni sindacali
Ma non tutti la pensano come Cremaschi. Nelle conclusioni sono infatti emerse tre opzioni: la prima propone il documento "alternativo" al documento di Epifani, a prescindere dalla presentazione di tesi "alternative" da parte di Rinaldini; la seconda propone di presentare il suddetto documento "alternativo" solo in assenza di dette tesi "alternative" del segretario della Fiom; la terza, largamente minoritaria, scarta di partenza la presentazione di un documento "alternativo" e indica come unica soluzione l'appoggio a tesi emendative. Quale di queste tre opzioni prevarrà e se essa sarà sostenuta unitariamente lo sapremo a settembre nell'assemblea nazionale già programmata. Molto dipenderà dalle posizioni che emergeranno nella riunione del direttivo nazionale della Cgil, i cui lavori si stanno svolgendo mentre stiamo scrivendo, dedicato all'approvazione delle tesi e dell'iter congressuale. Intanto è iniziata la raccolta delle firme di esponenti di direttivi Camere del lavoro, direttivi regionali Cgil, direttivi nazionali di categoria sul documento "alternativo". Ne occorrono 400 e, come da regolamento congressuale, vanno raccolte entro il 29 luglio prossimo.
Le bocce quindi non sono ancora ferme. Ci torneremo perciò sul tema del congresso della Cgil, analizzando le proposte in campo (ivi compresa quella di "Lavoro Società" che, per ragioni di spazio, abbiamo dovuto trascurare) e formulando le nostre proposte per le compagne e i compagni marxisti-leninisti impegnati nella battaglia congressuale. Sin da ora però possiamo dire: se Cremaschi e gli altri leader di "Rete 28 aprile" manterranno le posizioni espresse e gli impegni presi per presentare un documento "alternativo", vi sono le condizioni per allearsi e fare fronte comune con essi. L'opposizione alla concertazione e ai "patti sociali" di stampo neocorporativo, il rifiuto della "politica dei redditi", la rivendicazione di aumenti salariali libera da ogni condizionamento, la difesa del contratto nazionale, la richiesta dell'abrogazione delle controriforme sociali, la difesa del diritto per i lavoratori di votare e di decidere in modo vincolante sulle piattaforme e sugli accordi sindacali, la proposta di una strategia sindacale autonoma e indipendente dal governo, qualsiasi sia la coalizione che lo compone, e dal padronato: sono tutte posizioni che anche noi abbiamo sempre sostenuto in prima fila.
Se faremo questa alleanza, avverrà, come è ovvio, senza rinunciare alle nostre posizioni sindacali e nell'ambito della strategia del sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale alle assemblee generali dei lavoratori e della costruzione della Corrente sindacale di classe composta dalle lavoratrici e i lavoratori militanti e simpatizzanti del PMLI.

20 luglio 2005