Dal 1911 al periodo mussoliniano
I crimini delle truppe coloniali italiane in Libia

Le mire espansioniste e coloniali dell'Italia in Africa iniziano poco dopo la proclamazione del Regno d'Italia con la conquista dei porti di Assab e Massaua sul Mar Rosso negli ultimi anni dell'800. Nel 1911 a seguito degli accordi del governo Giolitti con Francia e Gran Bretagna, l'Italia dichiara guerra all'impero ottomano (Guerra Italo-turca) che allora occupava la Libia, ottenendo (con la Pace di Losanna) il controllo sulla fascia costiera della Tripolitania e della Cirenaica e creando la Libia Italiana.
Nel 1913 col pretesto di reprimere le ribellioni delle tribù libiche l'Italia allarga la sua presenza all'interno della provincia della Tripolitania ma nel 1914 è costretta a ripiegare dalla resistenza nuovamente sulla fascia costiera.
Nel 1921 viene creato il governatorato di Tripolitania e nel 1927 il governatorato di Cirenaica.
Nel 1929 Badoglio viene nominato governatore unico delle province di Tripolitania e Cirenaica allo scopo di sistematizzare la repressione della resistenza delle tribù Senusse guidata da Omar al-Mukhatr, da Idris di Cirenaica ed Enver Pascià che durerà fino ai primi anni trenta.
Nel 1930 viene nominato vice-governatore a Bengasi il famigerato generale Graziani, inviato da Mussolini, al quale spetta l'attuazione della repressione della resistenza antiitaliana che viene attuata in maniera violentissima attraverso ripetute campagne militari, processi sommari, deportazioni, esecuzioni, confino, campi di concentramento.
Viene rioccupato l'entroterra tra Bengasi e Tobruk e costruito un reticolato di 270 km da Giarba a Giarabub per impedire che dall'Egitto arrivino rifornimenti di armi, munizioni e cibo ai ribelli senussiti.
Nel 1931 con l'occupazione dell'oasi di Cufra uno dei maggiori capi della resistenza, Omar el-Muktar, viene catturato e impiccato nel campo di concentramento di Soluch dopo un processo sommario. Questo rappresentò il colpo di grazia alla resistenza senussita. Il film "Il leone del deserto", del regista siriano Mustafà Accad, che narra le vicende di Omar dal punto di vista arabo, è ancora oggi vietato dalla censura italiana, esattamente come succede in Francia con la "Battaglia di Algeri". Nel 1981 e nel 1987 è la Digos a intervenire per impedirne la proiezione a Trento.
Qualche anno dopo, nel 1934, Badoglio proclama che "la ribellione araba in Cirenaica è stroncata". Graziani parla di 1641 mugiahidin uccisi tra il marzo 1930 e il dicembre del 1931.
Nel 1934 viene proclamato il Governatorato Generale della Libia, annesso al Regno d'Italia e la Libia considerata da Mussolini la "Quarta Sponda d'Italia".
Il primo governatore fu il ras fascista e squadrista Italo Balbo, a cui si deve la creazione dei confini dell'attuale Libia.

La repressione della resistenza
Nel 1930 vengono deportate in massa le tribù che abitavano il Gebel cirenaico (chiamato anche Montagna verde per il clima abbastanza temperato e perché ricco di sorgenti d'acqua sotteranee) e vengono distrutte le zavie, centri spirituali e assistenziali senussiti e punti di incontro delle varie popolazioni locali allo scopo di ripopolare la zona solo con coloni immigrati dall'Italia.
L'esodo durò 20 settimane e delle 100.000 persone deportate nei campi di concentramento nel deserto della Sirte ne arrivarono a destinazione solo 85.000 (dalla relazione del generale Cicconetti al generale Graziani). I loro capi di bestiame furono falcidiati dalla sete, dalla mancanza di foraggio e l'aviazione italiana li mitragliò a volo radente lungo tutto il Gebel per evitare di lasciarli in mano alla resistenza.
Quelli che riuscirono ad arrivare a destinazione furono rinchiusi per tre anni in questi campi delimitati da doppio filo spinato e successivamente ne moriranno altri 40mila per fame, epidemie, violenze, uccisioni. Ogni atto di ribellione o tentativo di fuga era punito con la morte.
Le impiccagioni avvenivano a mezzogiorno, al centro del campo, dove tutti erano costretti a radunarsi. Ogni giorno, raccontano i sopravvissuti, 50 cadaveri venivano portati fuori dal recinto. Naturalmente questi campi in Italia erano propagandati come paradisi dove fiorivano ordine e disciplina e regnavano igiene e pulizia.
Accaddero vari episodi di crudeltà tra i quali si ricorda l'abbandono di 35 indigeni, tra cui donne e bambini, nel deserto privi di acqua; altri morirono in seguito a fustigazioni, altri di sete o per la fatica. Per evitare la sopravvivenza dei ribelli furono avvelenate le "guelte", pozze d'acqua dove si abbeveravano gli animali, i pozzi d'acqua delle varie tribù e incendiati campi e raccolti. L'inizio della fase finale della repressione italiana inizia con il bombardamento il 26 agosto del 1930 di Cufra. I ribelli vengono inseguiti fin verso il confine con l'Egitto. Graziani parla di 100 uccisi, 14 passati per le armi e 250 prigionieri tra cui donne e bambini. Il bilancio complessivo è molto più alto. Valga la testimonianza del pilota V. Biano "Partiti all'alba ... gli apparecchi riconoscono sul terreno le piste dei ribelli in fuga e le seguono finchè giungono sopra gli uomini; le bombe hanno scarso effetto perchè il bersaglio è diluito ma le mitragliatrici fanno sempre buona caccia; mirano ad un uomo e lo fermano per sempre, puntano un gruppo di cammelli e lo abbattono... il gioco continua per tutta la giornata ... le carovaniere della speranza diventano un cimitero di morti".
Il 20 gennaio 1931 Cufra è occupata; seguirono tre giorni di saccheggi e violenze di ogni tipo fatti dai soldati italiani col tacito assenso dei superiori.
17 capi senussiti furono impiccati, 35 indigeni evirati e lasciati morire dissanguati, 50 donne stuprate, furono eseguite 50 fucilazioni e 40 esecuzioni con accette, baionette, sciabole.
Le atrocità e le torture impressionanti: a donne incinte squartato il ventre e i feti infilzati, giovani indigene violentate, teste e testicoli mozzati e portati in giro come trofei; torture anche su bambini e vecchi (ad alcuni estirpati unghie e occhi).
La repressione della resistenza senussita continuò fino al 1931, anno dell'uccisione di Omar el-Muktar. Inoltre il fascismo utilizzò sistematicamente e sperimentò gas tossici e velenosi contro la popolazione inerme.
Ancora oggi inoltre non è stata resa nota dal governo italiano la fine dei cinquemila libici deportati in prigionia nelle isole italiane nel 1911.

15 giugno 2011