L'Italia scende dal 5° all'8° posto
Crolla la produzione industriale
Ci superano Corea del Sud, Brasile e India
 
Produzione industriale in caduta libera e boom della cassa integrazione; l'Italia paga a caro prezzo la crisi capitalistica e finanziaria perdendo altre tre posizioni nelle classifiche internazionali, e per giunta in uno dei suoi fiori all'occhiello: il settore manifatturiero dove veniamo superati anche da Corea del Sud, Brasile e India; mentre al primo posto si conferma la Cina, che già un triennio fa aveva scalzato gli Usa.
Questo è in sintesi il quadro a fosche tinte che emerge dall'ultimo rapporto sulle dinamiche della produzione industriale a livello mondiale stilato agli inizi di giugno dal Centro studi della Confindustria (Csc).
Nella classifica della produzione manifatturiera mondiale, osserva il Csc: "L'Italia con una quota che scende dal 4,5% al 3,3% dal 2007 al 2011, passa dalla quinta all'ottava posizione, superata da India, Brasile e Corea del Sud". Perdono quote di produzione anche gli Stati Uniti (-3,9%), Francia e Regno Unito (entrambi -0,9%), Spagna (-0,7%) e Canada (-0,4%). Crescono, al contrario, Cina (+7,7%), India, Indonesia. Nel complesso, l'Europa dei 15 passa da una quota di produzione del 27,1% al 21%. Ricapitolando, la classifica vede al primo posto la Cina, seguita da Usa, Giappone (tra i paesi che "reggono l'urto"), Germania, Corea del Sud, Brasile, India e Italia.
Insieme alla recessione, le imprese segnalano anche un altro nemico, definito "feroce": il credit crunch, cioè la restrizione di erogazione del credito da parte delle banche. E poi c'è una bassa redditività: è a rischio quindi, sempre secondo il centro studi degli imprenditori, "la stessa sopravvivenza di parti importanti dell'industria". Nel rapporto si legge anche che "per rafforzare il manifatturiero, motore della crescita attraverso l'innovazione, è tornata strategica la politica industriale... Ma questo è un punto debole dell'Italia - rileva il responsabile del Centro studi, Luca Paolazzi - per i limiti legati alle inefficienze della pubblica amministrazione e alla mancanza di governi dalla visione di lungo periodo".
Accanto a ciò spiccano anche i dati altrettanto pesanti relativi alla cassa integrazione, che in maggio, con 105 milioni di ore, ha registrato una impennata del 22% senza dimenticare, tra le altre difficoltà indicate dagli industriali, il tasto dolente dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, in cronico ritardo. Un problema che si è acuito proprio con la crisi: "La situazione finanziaria delle imprese - si legge nel rapporto del Csc - è stata aggravata dall'ulteriore allungamento dei tempi di pagamento della pubblica amministrazione, giunti a 180 giorni nel primo trimestre 2012, dai 128 giorni nel 2009. In altre economie è invece avvenuto il contrario: i tempi di pagamenti della pubblica amministrazione sono stati accorciati in Francia a 65 giorni e in Germania a 36 giorni".

13 giugno 2012