Il CSM boccia il ddl sulle intercettazioni
Può portare alla "materiale impossibilità di celebrare i processi"

Un provvedimento "pericoloso", "irrazionale" e "non condivisibile", "un ostacolo allo svolgimento delle indagini", che produrrà "un grave pregiudizio per le attività di indagine anche in settori particolarmente delicati e sensibili", che riguardano "reati gravissimi" come "omicidi, violenze sessuali, rapine, truffe, estorsioni, corruzioni, pedopornografia, sequestro di persona a scopo di pedofilia", e perfino delitti di mafia e di terrorismo. Un meccanismo che può portare alla "materiale impossibilità di celebrare i processi" e che costituisce anche, con il divieto alla stampa di pubblicare gli atti delle indagini fino alla loro conclusione, un attacco alla libertà di espressione garantita dalla Costituzione.
Queste solo alcune delle critiche contenute nel dettagliato parere che la VI Commissione del Consiglio superiore della magistratura (CSM) ha emesso l'11 febbraio sul disegno di legge sulle limitazioni alle intercettazioni preparato dal ministro della Giustizia Alfano, un provvedimento che sta per essere licenziato dalla commissione Giustizia della Camera dopo essere stato emendato e che sarà presentato tra breve all'aula di Montecitorio per una prima - si prevede rapida - approvazione. Il parere espresso dalla VI commissione è stato approvato all'unanimità, salvo il consigliere non togato dell'UdC Ugo Bergamo che si è astenuto. Il giorno dopo avrebbe dovuto essere sottoposto al giudizio del plenum del Consiglio, ma la discussione è stata invece rinviata alla settimana successiva per non esasperare il clima di scontro immediatamente sollevato dalla componente interna facente capo al Pdl.
Il documento approvato attacca frontalmente il progetto del governo, e pur non negando in linea di principio la necessità di un intervento per disciplinare la materia delle intercettazioni ed evitare gli abusi, lo smonta pezzo per pezzo mettendo implicitamente in mostra il vero obiettivo a cui mira: rendere praticamente impossibili ai magistrati le inchieste sulla corruzione politica anche a costo di pregiudicare quelle su altri gravi reati e mettere il bavaglio alla stampa riguardo alle indagini che coinvolgano i politicanti del regime neofascista.
Sotto accusa in particolare il principio dei "gravi indizi di colpevolezza" per poter richiedere le intercettazioni, così come la loro limitazione ad un massimo di 60 giorni, che in sostanza le trasformerebbe "da mezzo di ricerca della prova in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita" per altre vie e con altri mezzi. Tra l'altro renderebbe del tutto impossibile il suo uso nei casi in cui non vi siano indiziati, col che molti dei casi che avevano impressionato anche recentemente l'opinione pubblica e risolti grazie alle intercettazioni sarebbero rimasti del tutto impuniti.
Gravissima, giudicano i consiglieri, anche la limitazione delle intercettazioni ambientali, fino alla loro cancellazione di fatto, per tutta una serie di reati di grave allarme sociale, tra cui omicidi, violenze sessuali, pedofilia e perfino reati di mafia e terrorismo. A riprova la commissione presieduta da Livio Pepino (MD) ha citato 4 casi reali e recenti, tra cui quello di un pedofilo già condannato in appello a Milano, che con questa legge non sarebbe stato possibile incastrare.
Il CSM boccia decisamente anche la norma spacciata per "garantista" che attribuisce solo al tribunale del capoluogo distrettuale e in composizione collegiale la competenza per autorizzare le intercettazioni, la convalida dei provvedimenti d'urgenza, le proroghe da 45 a 60 giorni, l'autorizzazione ad acquisire tabulati, eccetera: si rischia infatti di avvicinarsi a "quel limite di saturazione oltre il quale si verifica la materiale impossibilità di celebrare i processi". I nuovi carichi di lavoro sui giudici senza che "sia stata prevista alcuna misura organizzativa idonea ad attenuarne gli effetti di immediato aumento delle loro competenze", aggiungono i relatori Roia e Carrelli Palombi, "si ripercuoterà inevitabilmente sulla loro capacità di definizione ordinaria dei processi rallentando ulteriormente i tempi di esaurimento degli affari giudiziari". Senza contare che tutto questo sistema di trasmissione di atti investigativi "non può che far accrescere i rischi di indebita conoscenza del contenuto di atti di indagine con evidenti riflessi sulla salvaguardia della sicurezza degli stessi".
Il CSM attacca poi la norma "che si presta a pericolose strumentalizzazioni", secondo la quale il pm accusato di violazione del segreto potrà essere rimosso dal capo dell'ufficio: così, attraverso "denunce pretestuose", si potrebbe consentire a terzi estranei al procedimento di incidere sulla designazione del pm". Criticata anche la norma che prevede un vaglio successivo delle intercettazioni da parte del collegio di giudici che le hanno autorizzate, e che può portare al dissolvimento delle stesse così come dei provvedimenti di custodia cautelare da esse derivanti. Infine per il CSM anche i diritti di libertà di espressione garantiti dall'articolo 21 della Costituzione risulterebbero quantomeno "compressi" dalle limitazioni imposte alla stampa, con il divieto di pubblicare "anche per riassunto" il contenuto degli atti fino alla conclusione dell'inchiesta.
La ferma presa di posizione della VI commissione ha scatenato la furia di Berlusconi, i cui più fedeli tirapiedi come i soliti Cicchitto, Gasparri, Bocchino, Capezzone e Ghedini, si sono avventati come vipere sul CSM con dichiarazioni piene di insulti e minacce. Particolarmente velenoso l'avvocato personale del neoduce, che ha colto l'occasione per invocare una "riforma radicale" del CSM perché oggi "è la fotocopia dell'ANM" (Associazione nazionale dei magistrati). Ghedini vuole la creazione di due CSM "per garantire la vera indipendenza della magistratura", che invece "oggi è il partito della conservazione perché vuole mantenere lo status quo per perpetrare il suo potere sul cittadino. Potere dato da un concorso più che da una nomina popolare: e questo può andare bene in una struttura bolscevica non nell'Italia repubblicana".
Pienamente in accordo col giudizio del CSM è invece quello del pm Luigi De Magistris, per il quale il ddl sulle intercettazioni "è una legge pessima che non ha nemmeno una virgola che possa aiutare il funzionamento della giustizia". "L'ho studiata con attenzione e ci sono cose incredibili", ha aggiunto citando come esempio la norma sui "gravi indizi di colpevolezza" per poter avere l'autorizzazione a intercettare: "Che facciamo quando gli autori sono ignoti?", si chiede il magistrato.

18 febbraio 2009