Lo denuncia la Gip Forleo
D'Alema consapevole complice di un disegno criminoso di ampia portata
La titolare dell'inchiesta sulle scalate a Bnl, Antonveneta e Rcs chiede al parlamento di esaminare le intercettazioni dei parlamentari DS e FI coinvolti
Napolitano attacca la giudice
Altro che "semplici tifosi"; spettatori disinteressati al banditesco progetto bipartisan fra destra e "sinistra" del regime neofascista che attraverso le scalate a Bnl, Antonveneta e Rcs puntavano alla spartizione del sistema bancario e editoriale italiano e al controllo del più ambito quotidiano nazionale: secondo il Gip di Milano Clementina Forleo, titolare delle inchieste su "bancopoli", Massimo D'Alema, Piero Fassino, Nicola Latorre, Romano Comincioli, Salvatore Cicu e Luigi Grillo, hanno avuto un "ruolo attivo" in tutte e tre le scalate. Di più! Questi sei parlamentari (tre DS e tre di FI) che nelle intercettazioni telefoniche effettuate sulle utenze cellulari dell'ex presidente di Unipol Giovanni Consorte, dell'ex ad di Bpi Gianpiero Fiorani, dell'immobiliarista romano Stefano Ricucci e di Cristina Rosati, la moglie (non indagata) dell'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, dispensano consigli, indicano le strategie da seguire e si adoperano a livello politico e istituzionale per portare a buon fine l'intero progetto, sono, secondo il Gip, gli "inquietanti interlocutori" e "complici consapevoli" di un ben preciso "disegno criminoso". Con l'ambizione esplicita e dichiarata (parole del senatore Nicola Latorre) di "cambiare il volto del potere italiano".
Dopo aver esaminato il contenuto delle 73 telefonate intercettate e depositate agli atti l'11 luglio, la Forleo ha ritenuto che ben 68 di esse hanno una importante rilevanza penale non solo nei confronti dei "furbetti" Fiorani, Ricucci e Consorte già da tempo nel registro degli indagati insieme ai "clienti privilegiati" di Bpi, ossia il leghista Calderoli, i forzisti Brancher e Grillo e l'Udc Tarolli, accusati di aver ricevuto denaro da Fiorani; ma anche e soprattutto per D'Alema, Fassino, Latorre, Comincioli, Cicu e, per la seconda volta anche Grillo, che in questo procedimento potranno essere indagati soltanto se il parlamento voterà la necessaria autorizzazione.
Per questo motivo, il 21 luglio scorso la Forleo ha inviato due ordinanze giudiziarie (una è dedicata alla vicenda Antonveneta e riguarda soprattutto le intercettazioni del senatore Grillo; l'altra è relativa alla scalata della Bnl e della società editrice Rcs e coinvolge il vertice Ds) alla Giunta per le autorizzazioni a procedere di Camera e Senato, presieduta dal deputato dell'Udc Carlo Giovanardi, chiedendo al parlamento di poter utilizzare le intercettazioni come prova di reato. In caso contrario, in base alla legge Boato, varata all'unanimità dal parlamento nero nell'estate del 2003, il giudice è obbligato a distruggere le bobine e le trascrizioni che in questo procedimento costituiscono l'unica prova di reato che ha in mano col conseguente proscioglimento di tutti gli imputati.
Non a caso, nell'ordinanza giudiziaria relativa alla fallita scalata a Bnl, la Forleo sottolinea che: "sarà proprio il placet del Parlamento a rendere possibile la procedibilità penale nei confronti di suoi membri, inquietanti interlocutori di numerose conversazioni intervenute sull'utenza in uso al Consorte. I quali, all'evidenza, appaiono non passivi ricettori di informazioni pur penalmente rilevanti né personaggi animati da sana tifoseria per opposte forze in campo, ma consapevoli complici di un disegno criminoso di ampia portata".
Come emerge dalla carrellata di intercettazioni che abbiamo pubblicato sul numero 25 del nostro giornale, da una parte c'è Berlusconi che indica a Ricucci il partner industriale per dare l'assalto a via Solferino e scrutina i possibili mediatori; dall'altra parte ci sono il segretario Ds Fassino che deve incontrare il banchiere Luigi Abete e non sapendo cosa dirgli chiede lumi a Consorte su come comportarsi. Si lamenta perché Chicco Gnutti era andato a una cena elettorale di Berlusconi: credeva che anche lui fosse un "compagno", solo perché aveva partecipato alla scalata Telecom insieme a Consorte e Colaninno, e osserva che Gnutti stava puntando sul cavallo sbagliato, ossia Berlusconi, che, sottolinea ancora Fassino, prevedibilmente di lì a un anno avrebbe perso le elezioni. Insieme a Bersani incontra il governatore Fazio e spinge per una fusione fra Unipol-Monte dei Paschi-Bnl.
C'è il vicecapogruppo al Senato Latorre che se la fa con il "compagno" Ricucci, ci scherza, lo tratta da pari a pari e gli assicura che fa il "tifo" per lui.
Quindi il vicepremier e ministro degli Esteri D'Alema che, oltre ad occuparsi personalmente della quota detenuta in Bnl da Vito Bonsignore, pregiudicato per corruzione nonché europarlamentare dell'Udc, prima avverte Consorte delle possibili intercettazioni telefoniche: "attenzione alle comunicazioni", poi rompe gli indugi, lo esorta ad "andare avanti" nella scalata alla banca romana e, infine abbandonandosi a un "tifo" da stadio pronuncia l'ormai famigerato: "vai, facci sognare!"
E pensare che due estati fa, questi tre massimi dirigenti dei Ds, negavano spudoratamente di essersi occupati dell'Opa di Unipol alla Bnl affermando di essersi limitati a rivendicare il buon diritto di Unipol a partecipare alla contesa bancaria. Latorre negava addirittura di aver passato il suo telefono a D'Alema perché parlasse con Consorte. Invece nel giro di pochi mesi i loro uomini sono finiti tutti sotto inchiesta per gravissimi reati finanziari. Ricucci addirittura in galera e in bancarotta, mentre Consorte e Gnutti hanno collezionato condanne non definitive per insider trading.
Altro che "niente di penalmente rilevante", "veleni", "attacco", "operazione scandalistica", "fughe di notizie" e "circuito mediatico-giudiziario" montato ad arte, come cianciano D'Alema e Fassino che, anche nella fraseologia difensiva, ("C'è una strumentalizzazione evidente e un'enfasi scandalistica oltre ogni limite, nella vicenda Unipol. È chiaro il tentativo di utilizzarla per fini politici" ha dichiarato Fassino), fanno il verso a Craxi e Berlusconi sull'esistenza di un "complotto politico-giudiziario" a loro danno.
Per quanto riguarda Rcs: "appare evidente - scrive ancora il Gip - come l'operazione in questione abbia avuto i suoi supporter in personaggi politici evidentemente interessati alla buona riuscita della stessa per finalità altrettanto evidentemente comprensibili in quanto legate alla tipologia del gruppo oggetto della scalata in questione". E comunque, tutti erano convinti di passare impuniti, visto che "gli indagati erano sicuri, come peraltro altri personaggi con essi in contatto, di non essere sottoposti a operazioni di intercettazione". Una convinzione che secondo il giudice è persistita anche dopo essere venuti a conoscenza della pendenza dei procedimenti penali a loro carico.
Si tratta di esponenti politici di primo piano pronti e disponibili a "fornire i loro supporti istituzionali in totale spregio delle regole dello stato di diritto e delle regole poste a presidio della tutela dei piccoli azionisti e dei medi e piccoli risparmiatori". Avidi di soldi e potere che colpivano alle spalle il risparmiatore, "debole ed ultimo anello della catena su cui riversare le conseguenze di tali condotte criminose".
Agli atti ci sono almeno otto telefonate di cui una definita dalla Forleo di "estremo interesse" in cui emerge chiaramente "la complicità nell'operazione" dei vertici Ds e in particolare di D'Alema e del suo braccio destro Latorre.
La Gip ha avuto il coraggio di puntare il dito contro i Ds dimostrando con gli atti processuali che essi sono ormai totalmente ammanigliati coi capitalisti e agiscono di conseguenza, esattamente come la destra del regime neofascista con cui condividono sostanzialmente non solo gli obiettivi ma anche la strategia, i metodi e perfino gli stessi uomini, fino a diventare ormai una sua immagine perfettamente speculare. Non a caso Berlusconi, anche per mettersi al riparo da eventuali sviluppi dell'inchiesta, ha da subito dichiarato pubblicamente che: "Voteremo no in Parlamento alla richiesta di utilizzare le intercettazioni telefoniche di parlamentari".
Questo è bastato per scatenare un attacco senza precedenti contro la magistratura da parte sia della destra che della "sinistra" del regime neofascista uniti e unanimi nel condannare l'operato del Gip di Milano.
Su tutti il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che nella veste di presidente del Consiglio superiore della magistratura è intervenuto spudoratamente a sostegno dell'iniziativa ispettiva già annunciata da Clemente Mastella sollecitando egli stesso un'esplicita richiesta di un procedimento disciplinare contro il giudice Forleo. "Desidero rinnovare - ha detto fra l'altro Napolitano con tono intimidatorio - il richiamo a non inserire in atti processuali valutazioni e riferimenti non pertinenti e chiaramente eccedenti rispetto alle finalità dei provvedimenti". Secondo il capo dello Stato il giudice di Milano utilizza in eccesso il potere che gli è assegnato dai codici, con uno "sviamento", uno "straripamento" delle prerogative che gli attribuisce la legge. Inoltre con "valutazioni eccedenti" e "riferimenti non pertinenti" indica esplicitamente e "abusivamente" una corresponsabilità nel delitto (aggiotaggio) dei parlamentari non ancora indagati.
Altro che garante imparziale dell'indipendenza del potere giudiziario! Altro che pieno sostegno alla magistratura affinché vada fino in fondo nell'accertamento dei fatti e delle responsabilità!
Sulla stessa lunghezza d'onda il dittatore democristiano Prodi che in una telefonata a D'Alema e Fassino ha espresso loro piena solidarietà.
Di fronte a tutto ciò appare a dir poco ambiguo l'atteggiamento dei sei parlamentari chiamati in causa dalla Forleo che, da un lato, ripetono ai quattro venti di "non avere nulla da nascondere", ma, dall'altro lato spalleggiati dalle più alte cariche dello Stato e del governo, sparano a zero contro la procura di Milano che ha osato indagare sui loro sporchi affari.
Se non hanno veramente niente da nascondere, perché mai dovrebbero temere un avviso di garanzia? Perché non si fanno loro stessi promotori di una sollecitazione alle Camere affinché autorizzino l'uso di tutte le telefonate intercettate? Perché Fassino e D'Alema nelle rispettive lettere inviate alla Giunta per le autorizzazioni a procedere mettono le mani avanti e si limitano unicamente a ribadire la "assoluta estraneità a qualsiasi atto illecito o illegale che sia maturato nella vicenda Bnl Unipol"? Che motivo ha D'Alema di sentirsi "turbato e preoccupato" dal momento che, come egli sostiene, le accuse del Gip Forleo sarebbero "infondate"?

29 agosto 2007