Firmato dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano
Il decreto del governo aggrava l'emergenza rifiuti
Tra ricatti e rappresaglie continua la strategia criminale della lobby dell'immondizia e dei Cip6. Il diktat del ministro Prestigiacomo e del governatore Caldoro: "costruire l'inceneritore a Napoli Est". Il nazistoide ministro Calderoli: "se non fanno gli impianti vengo giù armato e uso il lanciafiamme"
Berlusconi e Bossi vogliono mettere la popolazione napoletana e gli ambientalisti con le spalle al muro

Un articolo, tre commi. È tutto qui, il decreto legge sull'emergenza rifiuti approvato il 30 giugno scorso dal Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto affrontare la catastrofe sanitaria ed ambientale che è in atto a Napoli e provincia.
Lo avevano sollecitato con insistenza, e atteso con ansia, sia il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, sia il governatore della Campania, Stefano Caldoro, entrambi del PDL, ed entrambi seriamente preoccupati dai roghi e dalle emissioni di diossina, che come è noto non guardano in faccia a nessuno, e ancora di più delle rivolte popolari che ben presto potrebbero concentrarsi sotto i palazzi del potere borghese in camicia nera.
Lo aveva invocato il neosindaco De Magistris per permettere a Napoli "di tirare il fiato per i mesi necessari ad organizzare finalmente la macchina della differenziata col sistema porta a porta e del compostaggio". L'ex-Pm sperava che il governo, già definito "pilatesco", dimostrasse un briciolo di senso di "responsabilità", deponendo l'ascia di guerra e lanciando la "ciambella di salvataggio" a Napoli.
La richiesta rivolta a Palazzo Chigi era quella di autorizzare i "viaggi della speranza". Com'era accaduto all'epoca delle esportazioni di ecoballe in Germania. Com'era accaduto nello scorso inverno, quando i camion partivano dagli Stir (gli ex-impianti di Cdr), diretti in Puglia, in Emilia, in Toscana.
La risposta del neoduce, come c'era d'aspettarsi, è stata semplice e oltremodo chiara: la linea da seguire è quella del "me ne frego", "si arrangino" di Bossi e Calderoli, come se la Campania fosse già uno staterello a sé stante, del Terzo, se non del Quarto Mondo. Persino il presidente della Repubblica, Napolitano, che da anni sta facendo da scudo al nuovo Mussolini, ha dovuto definire il decreto "insufficiente e non risolutivo". Dichiarazioni per salvare la faccia di fronte ai napoletani, perché poi, come sempre, all'atto pratico, e con il solito opportunismo, ha firmato il decreto, senza colpo ferire. Quel che è certo è che da questo decreto non deriverà nessun contributo positivo per risolvere definitivamente la scandalosa e ventennale "emergenza rifiuti in Campania" e il disastro igienico sanitario e ambientale che ha provocato.

Ostacolati i trasferimenti fuori Regione
In concreto ci si aspettava che il provvedimento consentisse di aggirare gli effetti della sentenza del Tar del Lazio, dopo la bocciatura del ricorso della Italcave di Taranto contro una ordinanza della Regione Puglia, che aveva bloccato l'importazione di immondizia dagli "Stir" campani e sancito l'illegittimità del trasferimento al di là della Campania dei rifiuti urbani. Compresi quelli tritovagliati, se non nell'ambito di accordi istituzionali tra le Regioni e di un'intesa della conferenza Stato-Regioni.
L'articolo 1 del decreto legge ha confermato invece che i rifiuti provenienti dagli impianti di tritovagliatura possano essere smaltiti fuori Campania "solo se c'è l'assenso della Regione di destinazione". Non sarà necessaria l'intesa nella conferenza Stato-Regioni, ma è preclusa la possibilità di accordi tra gli enti locali campani e singoli Comuni o Province di destinazione. In questo senso il decreto esclude esplicitamente che la Regione Campania possa siglare intese "con privati gestori di discariche, con Comuni o singole Province". In poche parole ha stabilito che in mancanza di una intesa Regione-Regione non può uscire un solo grammo di tritovagliato dalla Campania.
A scanso di equivoci, il terzo comma del decreto accoglie anche il diktat leghista del limite territoriale ai viaggi della spazzatura: "i trasferimenti devono avere" - si afferma nel testo - "come destinazione prioritaria gli impianti ubicati nelle regioni limitrofe, al fine di ridurre al minimo gli impatti ambientali sul territorio nazionale".
Si tratta di norme inaccettabili, giustificate con una tesi ipocrita, fornita in pasto e digerita subito dai mass-media nostrani, compiacenti con il regime neofascista, secondo la quale la questione rifiuti a Napoli sarebbe una "problema strettamente locale" e non nazionale. Una menzogna grande quanto la montagna di rifiuti che da anni soffoca la popolazione napoletana. Ma vediamo quali sono le conseguenze di questo vergognoso decreto?

Alimentati gli egoismi degli Stati-regione del Nord
Come c'era da aspettarsi, ricevuto l'alibi dal governo, la stragrande maggioranza dei governatori del Nord, da Zaia (Veneto) a Cota (Piemonte) a Formigoni (Lombardia), non ha perso tempo a sbattere la porta in faccia alle "suppliche di Napoli".
Lo scopo di bloccare qualsiasi tipo di "aiuto" da parte degli enti locali del Nord alla città di Napoli è stato in sostanza raggiunto, come confermano fonti vicine la governatore Caldoro: "le regioni del Nord ci dicono di non essere autorizzate a sottoscrivere accordi per accogliere i nostri rifiuti, perché la Regione Campania non è confinante".
Ma quali sono le Regioni confinanti? C'è la Puglia che deve fare i conti con gravissimi problemi di inquinamento di cui il governatore Nichi Vendola parla troppo poco o non parla affatto, c'è il Lazio che dispone della megadiscarica di Malagrotta che sta letteralmente per traboccare. Ci restano le regioni più piccole, povere e montuose, il Molise e la Basilicata, a meno che il governo non pensi al confine della Campania con il mare ad ovest o al semi-confinante Abruzzo ad est, con il suo grande parco nazionale da distruggere!
Fino ad ora, l'unica intesa diretta che è stata siglata è quella con il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, che ha ricevuto il nullaosta dalla Regione Liguria. Il capoluogo ligure accoglierà ventimila tonnellate di rifiuti partenopei per un costo per le casse pubbliche tra i 150 ed i 200 euro a tonnellata (per un totale compreso tra i 3 e i 4 milioni di euro), perché tanto pretendono trasportatori e gestori degli impianti genovesi. Si tratta appena appena dell'equivalente delle tonnellate che sono attualmente per strada. E per il mese di agosto?

Nascosta e preservata la rotta Nord-Sud dei rifiuti pericolosi
In questo contesto, a dir poco ingenua appare la domanda che pone De Magistris al governo: "Quando si realizzano intese dirette tra le grandi città, a che serve il nullaosta delle Regioni?". Serve 1) a sancire il principio federalista e secessionista della sovranità territoriale delle Regioni-Stato, che sarà utilizzato anche in altri settori, acqua, scuola, sanità etc. 2) a permettere ai governatori del PDL e della Lega di tirarsi fuori dall'emergenza rifiuti al Sud.
Al di là delle fanfare secessioniste, xenofobe e razziste della Lega, che hanno lo scopo di nascondere la verità alle masse popolari del Centro-Nord, c'è poi da chiedersi qual è il vero motivo, di carattere economico, per cui i governatori non vogliono l'immondizia di Napoli, neanche se pagata a peso d'oro? Non dovrebbe fargli comodo, anche per il sovra-profitto che garantirebbe ai padroni degli inceneritori del Nord?
La risposta è fin troppo semplice, ma presuppone un piccolo riassunto storico. Negli ultimi decenni il flusso illegale dei rifiuti speciali è stato organizzato in maniera scientifica dalla triade "Commissariato di governo all'emergenza", grandi imprese del Nord, holding camorriste campane dello smaltimento, ed è stata coordinata da un potente sodalizio massonico. La direzione prescelta del flusso di questo tipo di rifiuti pericolosi è stata ovviamente l'asse Nord-Sud, cosicché la pianura campana, proprio come se si trattasse del Terzo Mondo, è stata supersfruttata come immondezzaio a tal punto che è ormai satura di inquinamento: prima sono state riempite le discariche legali, poi quelle illegali, infine i Cdr e le relative piattaforme di ecoballe a cielo aperto, rifiuti speciali sono stati trovati persino nei falsi depuratori che scaricano melma in mare, nell'asfalto delle strade, nel cemento dei palazzi, nel compost per concimare i campi, nei cimiteri di migranti e carrette del mare sui fondali del Tirreno e dello Ionio.
Un aspetto nevralgico è stato confermato da tutte le più importanti inchieste giornalistiche e giudiziarie che si sono occupate dell'argomento: il sistema nazionale dell'ecomafia dei rifiuti speciali si fonda da quasi mezzo secolo sulla commistione tra rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali, anche radioattivi. Uno dei metodi è la famosa truffa delle bolle di accompagnamento dei rifiuti trasportati, che continua indisturbata ancora oggi. Un altro è quello di seppellire o incenerire l'intero carico per fare scomparire le tracce, anche questo metodo continua indisturbato.
Ora, i rifiuti solidi urbani di Napoli in Campania non si sa più dove smaltirli perché: 1) le mega-discariche sono state riempite di rifiuti di ogni tipo e nelle aree densamente urbanizzate non c'è più lo spazio fisico per farne altre 2) perché le popolazioni delle altre province della Campania, dopo tanta devastazione, non si fidano per niente di chi gestisce il trasporto da Napoli e provincia, né di chi gestisce le discariche, che siano i privati o i commissariati di governo. 3) l'inceneritore di Acerra è illegale secondo le indagini della magistratura.
Dunque, se i governatori del Nord accettassero che questi rifiuti risalgano la penisola, sarebbero costretti a trattarli, setacciando l'umido e i rifiuti speciali che in essi sono contenuti. A norma di legge, l'umido non può essere bruciato come avviene ad Acerra nell'inceneritore di Brescia (entrambi di proprietà dell'A2A) e i rifiuti speciali (i roghi trasformano il rifiuto urbano in rifiuto speciale) non possono essere depositati in comuni discariche.
Queste preoccupazioni, legittime da parte delle popolazioni di tutta Italia, potrebbero essere fugate utilizzando la tecnologia e con costi bassissimi, cioè seguendo il percorso dei camion per via satellitare e indentificando all'arrivo ciò che contengono. Il "guaio" è che attivare questo tipo di sistema di controllo, rischierebbe di scoperchiare il vaso di pandora della gestione capitalistica dello smaltimento dei rifiuti speciali in Italia! Un sistema criminale a tutti gli effetti che ha la copertura dei governi, della Confindustria e dello Stato! Un sistema mafioso di smaltimento selvaggio che deve rimanere nascosto e concentrato principalmente al Sud!

Poteri "in deroga" al vice-prefetto Verdé
Il secondo comma del decreto è altrettanto grave, in quanto rafforza i poteri del viceprefetto, Annunziato Verdè, già "commissario straordinario per le discariche", nominato da Caldoro lo scorso inverno. Egli potrà realizzare gli impianti "anche esercitando in via sostitutiva le funzioni degli enti competenti (Province e Comuni), in deroga agli strumenti urbanistici vigenti". È evidente che questa "sospensione della democrazia", punta ancora una volta a calpestare la volontà popolare, imponendo con la forza, come avvenne ad Acerra, un altro inceneritore a Napoli Est, nonché probabilmente un nuovo sversatoio in città (tipo la collina di rifiuti di Pianura), quando saranno del tutto sature le cave militarizzate di Chiaiano, gli Stir e i siti di "trasferenza" di Caivano e del Pantano di Acerra. Non occorre dimostrare che sarebbe impossibile solo pensare a simili scempi ambientali, se si rispettassero gli strumenti urbanistici vigenti e le sentenze della magistratura!

Il grande affare degli inceneritori e il ricatto mafioso dei fascio-leghisti e delle multinazionali
Ma a smascherare su tutta la linea i veri piani criminali del governo sono state le stesse parole, di stampo nazista, del ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Dicendosi "disponibile ad andare a fare il commissario per l'immondizia a Napoli", in un'intervista a "La Repubblica", ha così espresso il concetto: "sappiate però che a Napoli ci vado armato e non porgo l'altra guancia. Vado lì e faccio i buchi, faccio i termovalorizzatori. Punto... E se non riesco a fare i termovalorizzatori tiro fuori il lanciafiamme così libero le strade".
Sulla stessa scia il suo padrino Umberto Bossi, che in un comizio a Cassano Magnago, ha ribadito: "I rifiuti di Napoli se li tengano", aggiungendo sibillino "i napoletani non hanno imparato la lezione". A quale lezione si riferisce il capo delle camicie verdi? Ovviamente si riferisce ai movimenti di lotta campani ed a quella parte della magistratura che sta mettendo finalmente il bastone tra le ruote all'ingordigia senza limiti delle lobby delle multinazionali del Nord (da Impregilo ad A2A), le quali, come è noto, in combutta con la cosche locali e nazionali dell'ecomafia, hanno in progetto di perpetrare in eterno e di estendere a tutta la Campania la truffa dei Cip6.
Un'estorsione legalizzata introdotta nel 1992, che si affianca alla odiosa Tarsu, e che ammonta per i consumatori al 7% in più su ogni bolletta dell'Enel. Un affare gigantesco, che, se dovesse andare in porto con la "soluzione finale" prevista di bruciare le milioni di ecoballe di immondizia nei mostri di Acerra (A2A), Napoli e Salerno, è quantizzabile in oltre 1 miliardo di euro, superiore cioè all'affare Tav in Val di Susa!
Si capiscono bene allora le pressioni, le minacce, i ricatti, rivolti a De Magistris affinché cambi subito rotta sui rifiuti. Un vero e proprio assedio alla nuova giunta che trova eco nel coro dei ministri, come Altero Matteoli e Stefania Prestigiacomo, nonché del presidente della Provincia Luigi Cesaro e del governatore Stefano Caldoro: "Costruiremo il termovalorizzatore di Napoli est. La gara c'è già. Esiste una legge nazionale. I suoli sono di proprietà regionale. Il sindaco di Napoli non ha alcuna competenza: l'impiantistica finale del ciclo di smaltimento spetta alla Provincia di Napoli" (intervista al "Corriere del Mezzogiorno" - 1 giugno 2011)

6 luglio 2011