Via libera alla "riforma" della legge 185 sull'esportazione degli armamenti
Deregulation sul commercio delle armi
L'Ulivo si spacca tra contrari, favorevoli e astenuti
Anche la normativa sul commercio e l'esportazione di armi si adegua alla politica interventista e bellicista sempre più dilagante: il 3 giugno la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge governativo che ratifica il trattato di Farnborough sulla riorganizzazione dell'industria bellica europea e che "riforma" in peggio la legge 185 del 1990 che introduceva alcune limitazioni e controlli sull'esportazione di armi.
Il trattato di Farnborough fu firmato nel 2000 dal governo D'Alema assieme ai governi di Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Svezia - i paesi maggiori produttori di armi in Europa - con lo scopo di potenziare l'industria bellica europea e renderla più competitiva a livello mondiale, anche in vista del nascente esercito europeo. L'accordo intergovernativo stabilisce che le aziende nazionali produttrici di armamenti che partecipano al programma europeo (dotate cioè della "licenza globale di progetto") non sono soggette ai controlli ordinari sul commercio e l'esportazione di armi.
Il ddl del governo approvato dal parlamento nero non si limitava però a recepire questo già gravissimo accordo, ma coglieva l'occasione per uniformare al suo spirito liberista e di "deregulation" anche la normativa vigente a livello nazionale sul controllo della produzione e del commercio di armi, stabilita dalla legge 185 del 1990. Quest'ultima era stata approvata con il voto di DC, PSI e PCI sotto la pressione dei movimenti antimilitaristi e pacifisti degli anni '80 e dell'indignazione pubblica per il vergognoso commercio mondiale di armi in cui l'Italia era ed è tutt'ora ai primi posti. Tale legge stabiliva un minimo di limitazioni e controlli, come il divieto di vendita ai paesi sottoposti a embargo e che violano i diritti umani, il certificato di uso finale delle armi esportate, per impedire le "triangolazioni" atte ad aggirare i divieti, la relazione annuale che il governo era tenuto a presentare al parlamento sulle esportazioni autorizzate.
Ebbene, queste norme che già nel corso degli anni erano rimaste pressoché inapplicate e vanificate da tutta una serie di cavilli burocratici, mancanza di regolamenti applicativi, inadempienze dei vari governi ecc.(non ultimo lo scorporo delle armi "leggere", classificate come per uso "civile", tanto che l'export di armi dall'Italia non solo non era diminuito, ma era costantemente salito fino all'attuale cifra di 920 milioni di euro, dati del 2002), ora sono state definitivamente affossate dal parlamento nero, col pretesto appunto dell'adeguamento della legge 185 al trattato di Farnborough.
D'ora in poi, infatti, il divieto di vendita varrà solo per quei paesi che violano i diritti umani in maniera "grave"; inoltre è stato abolito il certificato di uso finale, per cui non essendo noto il destinatario finale effettivo il divieto potrà essere in ogni caso aggirato con il sistema delle "triangolazioni", cioè attraverso la vendita a paesi intermediari compiacenti. � stato poi abolito l'obbligo per il governo di presentare la relazione annuale, per cui sarà difficile perfino conoscere i dati globali dell'export bellico, senza contare che dalla relazione e dai controlli saranno comunque esclusi i progetti di coproduzione europea, che si stimano in un'ulteriore 50 per cento rispetto all'export attuale.
La cosa più nauseante è che questa "riforma", definita "una vera e propria vergogna nazionale" dal comboniano Alex Zanotelli, perché cancella anche quel minimo di controlli che erano stati strappati dai movimenti antimilitaristi, segnando un ritorno indietro di almeno 15 anni nella legislazione sulla produzione e il commercio di armi, è passata non solo con un atto d'imperio della maggioranza, ma anche con il concorso "trasversale" di alcuni partiti e singoli deputati dell'"opposizione".
Tra i 222 sì al ddl governativo, infatti, ci sono anche quelli dello SDI e dell'ex ministro ulivista della Difesa, Sergio Mattarella. Inoltre il suo partito, la Margherita, si è astenuto, mentre i DS, come Verdi PdCI e Rifondazione hanno votato contro. Ma va detto che i DS, pur essendo contrari alla modifica della 185, erano favorevoli però alla ratifica del trattato di Farnborough (e per forza, avendolo firmato proprio loro), tanto che hanno cercato invano di ottenerne lo scorporo dal ddl della Casa del fascio per poterlo approvare separatamente.
Quindi, ancora una volta su una questione attinente la politica militarista e guerrafondaia del governo, il comportamento dell'"opposizione" è stato tutt'altro che unitario, coerente e cristallino. Si sono riprodotte le spaccature in seno all'Ulivo, con gli ex socialisti e gli ex democristiani che si sono schierati più o meno apertamente col governo e i DS che hanno votato contro, ma per opportunismo di facciata e non certo per vocazione antimilitarista e antimperialista. Tant'è vero che a fronte di 115 no sono stati ben 209 i deputati che si sono astenuti o non hanno preso parte al voto perché assenti, questi ultimi in gran parte nelle file della Quercia.