Discorso di Denis Branzanti alla Commemorazione di Lenin a Cavriago il 23 gennaio 2011
La teoria leninista dell'imperialismo guida i marxisti-leninisti nell'analisi dell'attuale situazione mondiale e nazionale

Care compagne e cari compagni,
il Partito marxista-leninista italiano.Emilia-Romagna ha organizzato anche quest'anno la commemorazione pubblica di Lenin, nell'87° anniversario della scomparsa, dinnanzi al suo busto, in Piazza Lenin a Cavriago.
La nostra presenza qui oggi, scava un solco profondo tra i veri comunisti, cioè i marxisti-leninisti, e i falsi comunisti, i riformisti, i trotzkisti e ogni forma di deviazione piccolo borghese.
La nostra presenza oggi rimarca con forza il profondo e inscindibile legame che esiste tra il PMLI e il leninismo, tra i militanti e dirigenti del PMLI e Lenin quale eccezionale esempio di rivoluzionario dedito al Partito e al socialismo.
Inoltre, la presenza oggi di compagne e compagni di entrambi i sessi, di molte generazioni, anche giovanissimi, e di diversa collocazione sociale, dimostra quanto Lenin abbia segnato la storia del movimento operaio nazionale e internazionale e l'ampiezza e l'attualità della proposta politica del PMLI, una proposta che non si smuove di un millimetro dalla strada del socialismo, ma la percorre aggiornando quello che c'è da aggiornare, sviluppando quello che c'è da sviluppare, rispetto a ciò che il marxismo-leninismo-pensiero di Mao ha prodotto sino alla fondazione del nostro amato Partito.
Ringrazio i compagni, militanti e simpatizzanti dell'Emilia-Romagna del Partito per la loro partecipazione, e ancor più calorosamente ringrazio i compagni giunti da fuori regione e che hanno voluto essere presenti nonostante i molti impegni politici, oltre che personali, arricchendo ulteriormente il valore di questa iniziativa, e avvicinando l'obiettivo di trasformarla in un evento nazionale, e alla quale il compagno Scuderi, Segretario generale del PMLI ha inviato un gradito e significativo messaggio (pubblicato integralmente a parte, ndr).

Le ragioni di questo appuntamento a Cavriago
Non deve sorprendere che i marxisti-leninisti rendano onore a Lenin, dinnanzi al suo busto, non devono trarre in inganno le accuse della borghesia sui cosiddetti "culto della personalità" e "personalizzazione", anche la borghesia rende onore ai propri maestri, e così fanno anche i revisionisti ad essa asserviti, la borghesia e i revisionisti hanno i loro maestri e li propongono, anzi, li impongono alle masse, quali artefici di questa società ingiusta, oppressiva e sfruttatrice. Allo stesso modo noi marxisti-leninisti abbiamo i nostri maestri, che sono Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, e li proponiamo con forza alle masse quali esempi da seguire per abbattere il capitalismo e l'imperialismo e per costruire l'Italia unita, rossa e socialista!
Per chi vuole intraprendere, o pensa di aver già intrapreso questa strada, deve essere chiaro che se vuole dare un contributo, piccolo o grande che sia, a questa titanica lotta, non può prescindere dalla conoscenza, dallo studio, e dal mettere in pratica gli insegnamenti dei cinque grandi maestri del proletariato internazionale, e non può prescindere dallo studio della linea politica e organizzativa del PMLI e dal sostegno ad esso come militante, simpatizzante o almeno come amico del Partito.
Oggi tutto il globo terrestre è dominato dal capitalismo e dall'imperialismo: questi due mostri sembrano imbattibili, ma non lo sono, chiunque basi la propria analisi sul materialismo storico e dialettico, l'unico che possa dare una risposta scientifica e veritiera, non può fare a meno di convenire con noi che il capitalismo è solamente un momento storico, destinato come qualsiasi altra cosa, a scomparire.
Oggi i borghesi di ogni specie e i loro fedeli servi ci attaccano, ci insultano e ci deridono, ma un giorno nessuno si ricorderà di loro, le future generazioni si ricorderanno però di chi, in quest'epoca, ha permesso di creare i presupposti per la loro totale e definitiva sconfitta! Ecco perché noi oggi ricordiamo Lenin, quale costruttore del Partito bolscevico, principale artefice della Rivoluzione d'Ottobre, scienziato della rivoluzione socialista e fulgido esempio di marxista-leninista.
È proprio il leninismo che ci dimostra in maniera lampante che l'analisi teorica e politica dei cinque Maestri non è roba vecchia per i mercatini d'antiquariato, come vogliono farci credere, bensì che le sue deduzioni e le sue proposte sono attualissime, all'ordine del giorno; il marxismo-leninismo-pensiero di Mao non è lettera morta, è una guida per l'azione che vive e si sviluppa giorno dopo giorno, arricchendosi dell'esperienza e della lotta del proletariato italiano e mondiale, nel nostro Paese grazie all'analisi e all'elaborazione teorica e politica del PMLI.
In particolare, l'attuale e persistente gravissima crisi del capitalismo, che continua a creare senza soluzione di continuità povertà, disoccupazione, disagio e degrado sociale, e le cui conseguenze ancora una volta, vengono scaricate interamente sulle classi sfruttate, conferma e ripropone all'ordine del giorno, l'analisi leninista dell'imperialismo, quale fase suprema del capitalismo morente.
Il leninismo è fortemente caratterizzato dalla critica e dalla denuncia dell'imperialismo, epoca nel quale si è formato e sviluppato.
Quello che rende il leninismo così attuale, è che noi ci troviamo ancora nella stessa epoca in cui si trovava Lenin, sono certamente cambiate molte cose dal 1917, ma non è cambiata epoca, questa è ancora l'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria!
Ciò che ha fatto emergere Lenin rispetto ai tanti sedicenti e falsi marxisti dell'epoca, è che Lenin non si è limitato a prendere in mano il marxismo, sviluppatosi nelle condizioni del capitalismo pre-monopolistico, dell'evoluzione relativamente pacifica dello stesso e della sua estensione in tutto il mondo, ma ha tenuto conto delle nuove condizioni, della nuova era, quella per l'appunto del capitalismo monopolistico e dell'imperialismo, sviluppando il marxismo in base alla nuova situazione e dandogli nuova vita.
"Penso che Lenin non ha 'aggiunto' al marxismo nessun 'nuovo principio' - afferma Stalin nel 1927 - come non ha soppresso nessuno dei 'vecchi' principi del marxismo. Lenin fu e resta il discepolo più fedele e più conseguente di Marx e di Engels, e si fonda interamente e completamente sui principi del marxismo. Ma Lenin non fu soltanto un realizzatore della dottrina di Marx e di Engels. Oltre a ciò egli fu il continuatore della dottrina di Marx e di Engels. Cosa significa ciò? Ciò significa che egli ha sviluppato ulteriormente la dottrina di Marx e di Egnels conformemente alle nuove condizioni di sviluppo, conformemente alla nuova fase del capitalismo, l'imperialismo. Questo significa che, sviluppando ulteriormente la dottrina di Marx nelle nuove condizioni della lotta di classe, Lenin ha portato al patrimonio generale qualche cosa di nuovo in confronto a quello che fu dato da Marx e da Engels, in confronto a quello che poteva essere dato nel periodo del capitalismo preimperialistico; però quello che Lenin ha portato di nuovo al patrimonio del marxismo si basa interamente e completamente sui principi dati da Marx e da Engels. In questo senso appunto noi parliamo del leninismo come del marxismo dell'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie" (1).

La teoria leninista dell'imperialismo
Lenin ha chiarito che l'imperialismo non è qualcosa di diverso dal capitalismo, anzi ne è la naturale evoluzione, una nuova fase, suprema e ultima del capitalismo, alla quale può succedere soltanto il socialismo.
Il tratto caratteristico del capitalismo infatti è il regime di concorrenza nel quale ogni grande impresa capitalista punta ad accrescere la propria posizione fino a sbaragliare gli altri capitalisti concorrenti e conquistare una condizione dominante.
Questo genera e perpetua lo sfruttamento e l'oppressione dell'uomo sull'uomo esercitato tramite la proprietà privata dei mezzi di produzione, genera e perpetua povertà e discriminazioni, guerre e devastazioni, crisi economiche cicliche dovute all'anarchia della produzione, specifica del sistema capitalistico.
"Per il vecchio capitalismo - dice Lenin - sotto il pieno dominio della libera concorrenza, era caratteristica l'esportazione di merci; per il più recente capitalismo, sotto il dominio dei monopoli, è diventata caratteristica l'esportazione di capitale" (2).
E infatti per conquistare tale posizione dominante sul mercato, sfruttando il regime di concorrenza, le imprese devono aumentare la loro dimensione, centralizzare i capitali, e produrre in maggior quantità e con maggiori profitti, torchiando i lavoratori nel proprio Paese ed esportando le imprese dove minori sono il costo del lavoro e i diritti sindacali.
Proprio quello che avviene oggi dove per conquistare una posizione dominante nel mercato di competenza i pescecani capitalisti spostano la produzione dal nostro come da altri Paesi, in quelli dove possono realizzare un maggiore profitto grazie a un più basso costo del lavoro e a una classe operaia meno forte e meno sindacalizzata.
Proprio quello che aveva minacciato di fare il nuovo Valletta Marchionne, e che comunque ha già fatto ad esempio chiudendo Termini Imerese e siglando l'accordo con la Chrysler, se i lavoratori Fiat di Pomigliano e Mirafiori non si fossero piegati al suo vigliacco ricatto col quale li ha costretti ad accettare condizioni da nuovo schiavismo pena la delocalizzazione in altri Paesi.
Un ricatto al quale comunque la nostra gloriosa classe operaia ha risposto in maniera adeguata, avendo vinto il sì solo grazie ai voti degli impiegati, in prevalenza capi e capetti.
Una battaglia che però non è terminata perché la Fiom ha proclamato lo sciopero generale dei metalmeccanici per il prossimo venerdì 28 gennaio, in Emilia-Romagna si terrà giovedì, e noi marxisti-leninisti daremo il nostro contributo per la riuscita di questo importante appuntamento di lotta.
Lenin chiarisce che: "La risposta del proletariato alla politica economica del capitale finanziario, la risposta all'imperialismo, non può essere il libero scambio, ma solo il socialismo. Non l'ideale ormai divenuto reazionario del ripristino della libera concorrenza, ma solo il completo superamento della concorrenza mediante il completo superamento del capitalismo può essere l'obiettivo della politica proletaria"(3).
In ogni caso, il regime di monopolio non abolisce l'anarchia della produzione, causa prima delle crisi economiche, in quanto non pianifica la produzione in base al bisogno della società nel rispetto dei diritti dei lavoratori, ma pianifica solamente lo sfruttamento dei lavoratori e delle risorse in base ai "bisogni" dei padroni e dei ricchi.
Nella formazione del capitalismo monopolistico un ruolo determinante lo hanno assunto le banche, che da intermediari tra le imprese capitalistiche, mettendo a loro disposizione il capitale inattivo, trasformato in capitale attivo e quindi produttore di profitto, a sua volta si sono trasformate in potenti monopoliste "che dispongono di quasi tutto il capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima parte dei mezzi di produzione e delle sorgenti di materie prime di un dato paese e di tutta una serie di paesi. Questa trasformazione di numerosi piccoli intermediari in un gruppetto di monopolisti costituisce uno dei processi fondamentali della trasformazione del capitalismo in imperialismo capitalista"(4).
Le banche non solo dispongono della liquidità delle imprese capitalistiche regolandone così i rapporti e lo sviluppo, ma si fondono in un tutt'uno con esse mediante il possesso di azioni o l'entrata dei direttori di banche nei Consigli di amministrazione delle imprese industriali e commerciali e viceversa.
"L'imperialismo è dunque - insegna Lenin - il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitalismo finanziario, l'esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell'intera superficie terrestre tra i più grandi paesi capitalistici... In regime capitalista non si può pensare a nessun'altra base per la ripartizione delle sfere d'interessi e d'influenza, delle colonie, ecc. che non sia la valutazione della potenza dei partecipanti alla spartizione, della loro generale potenza economica, finanziaria, militare, ecc... Pertanto, nella realtà capitalista... le alleanze 'inter-imperialiste' o 'ultra-imperialiste' non sono altro che un 'momento di respiro' tra una guerra e l'altra, qualsiasi forma assumano dette alleanze, sia quelle di una coalizione imperialista contro un'altra coalizione imperialista, sia quella di una lega generale tra tutte le potenze imperialiste. Le alleanze di pace preparano le guerre e a loro volta nascono da queste"(5).
Le guerre imperialiste sono quindi inevitabili in regime capitalista, e pensare che possa essere diversamente questa sì è un'utopia, in quanto la spartizione del mondo in "sfere d'influenza" tra i singoli gruppi imperialistici che esso genera, viene ogni volta a scontrarsi con un nuovo rapporto di forze all'interno del sistema mondiale del capitalismo, rapporto di forze che subisce continue variazioni a causa dello sviluppo ineguale dei paesi capitalistici, ne è una riprova l'ascesa della Cina capitalista e fascista la cui economia è passata in 10 anni dal 7° al 2° posto come Prodotto Interno Lordo, ma che è anche precipitata al 100° come reddito per abitante, e che è destinata a superare la superpotenza Usa, mettendo persino in dubbio, per bocca del presidente cinese il rinnegato Hu Jintao, il sistema monetario dominato attualmente dal dollaro.
Fu proprio Lenin a scoprire la legge dell'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico dei Paesi capitalistici nell'epoca dell'imperialismo e le sue contraddizioni, basandovi la nuova teoria della rivoluzione socialista che rigettò come invecchiati i precedenti principi del marxismo sorti nel periodo del capitalismo preimperialistico, quando i marxisti ritenevano che la vittoria del socialismo in un solo Paese fosse impossibile, e ne derivò la conclusione che il crollo del capitalismo e la vittoria del socialismo si hanno mediante il consecutivo distacco dei singoli Paesi dal sistema capitalistico.
"L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. - afferma Lenin - Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo dapprima in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente. Il proletariato vittorioso di questo paese, espropriati i capitalisti e organizzata nel proprio paese la produzione socialista, si porrebbe contro il resto del mondo capitalistico, attirando a sé le classi oppresse degli altri paesi, infiammandole a insorgere contro i capitalisti, intervenendo, in caso di necessità, anche con la forza armata contro le classi sfruttatrici e i loro Stati" (6).
L'approfondita e corretta analisi della fase del capitalismo monopolistico, e quindi dell'imperialismo, ha permesso a Lenin di riconoscere e smascherare il macello imperialista della prima guerra mondiale, che così definì: "La guerra europea e mondiale presenta un ben definito carattere di guerra borghese, imperialista, dinastica. La lotta per i mercati e per la rapina dei paesi stranieri, la volontà di stroncare il movimento rivoluzionario del proletariato e della democrazia all'interno dei singoli paesi, il tentativo d'ingannare, di dividere e di decimare i proletari di tutti i paesi aizzando gli schiavi salariati di una nazione contro quelli dell'altra a vantaggio della borghesia: questo è il solo contenuto reale, il solo reale significato della guerra" (7).
Ma Lenin ha denunciato e combattuto anche il tradimento della socialdemocrazia, che egli giustamente definiva socialsciovinista e socialpatriottarda, e che allo scoppio della guerra si schierò in gran parte coi rispettivi governi reazionari, tradendo la parola d'ordine di trasformare la guerra imperialista in guerra civile.
Il maggiore responsabile di questo tradimento che decretò il fallimento della II Internazionale (1889-1914), fu il rinnegato Kautsky, che pur propugnando l'astensione dal votare i crediti di guerra, pur affermando a parole l'opposizione alla guerra imperialista, teorizzò il riconoscimento della difesa della patria.
Lenin ha chiarito invece che: "La socialdemocrazia deve quindi, con la massima energia, mettere in guardia il proletariato e le classi lavoratrici di tutte le nazionalità contro il palese inganno delle parole d'ordine nazionaliste della 'loro' borghesia, la quale, con discorsi melliflui o infiammati sulla 'patria', cerca di dividere il proletariato e di distogliere la sua attenzione dalle frodi della borghesia, che si allea economicamente e politicamente con la borghesia delle altre nazioni e con la monarchia zarista.
Il proletariato non può condurre la lotta per il socialismo e difendere i propri interessi economici quotidiani senza la più stretta unione degli operai di tutte le nazioni in tutte le organizzazioni operaie, senza eccezione... L'operaio che pone l'unione politica con la borghesia della 'propria' nazione al di sopra dell'unità completa con i proletari di tutte le nazioni agisce quindi contro i propri interessi, contro gli interessi del socialismo e della democrazia"
(8).
E vediamo ancora oggi quanto la borghesia, con in testa il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, seguito a ruota dai rinnegati del comunismo oggi fedeli servi del capitalismo, prema per inculcare nelle masse il cosiddetto "sentimento nazionale", spargendo illusioni a pieni mani che dalla crisi capitalista se ne uscirebbe "uniti": i responsabili di questa crisi con chi l'ha subita, i capitalisti con i lavoratori, i ricchi con i poveri.
L'"unità nazionale" a cui mira la borghesia, a cui fa da contraltare ma nell'ambito del capitalismo il secessionismo fascio-leghista, serve per far accettare alle masse le pesanti misure economiche del governo del neoduce Berlusconi, le controriforme neofasciste per stabilizzare i governi e irreggimentare e fascistizzare le istituzioni borghesi, quali elementi indispensabili per dare forza all'Italia capitalista sullo scacchiere mondiale e costruire quel necessario consenso popolare alle guerre imperialiste nelle quali il nostro Paese è e sarà sempre più coinvolto.
Ma noi sappiamo bene che non "siamo tutti sulla stessa barca", e che dalla crisi capitalista si esce solo abbattendo il capitalismo che ne è il responsabile, occorre quindi osteggiare il nazionalismo e il patriottismo borghesi per sottrarre le masse all'unione con i suoi aguzzini, e combattere la guerra imperialista quale strumento della borghesia per opprimere e depredare altri popoli e Paesi.
Ma l'opposizione alla guerra imperialista dei marxisti-leninisti non è la stessa opposizione dei pacifisti e degli anarchici, coi quali pur lottiamo assieme nelle piazze, ma dai quali, come ha detto Lenin, "ci distinguiamo in quanto riconosciamo la necessità dell'esame storico (dal punto di vista del materialismo dialettico di Marx) di ogni singola guerra", "in quanto comprendiamo l'inevitabile legame delle guerre con la lotta delle classi nell'interno di ogni paese, comprendiamo l'impossibilità di distruggere le guerre senza distruggere le classi ed edificare il socialismo, come pure in quanto riconosciamo pienamente la legittimità, il carattere progressivo e la necessità delle guerre civili, cioè delle guerre della classe oppressa contro quella che opprime, degli schiavi contro i padroni di schiavi, dei servi della gleba contro i proprietari fondiari, degli operai salariati contro la borghesia"(9).
Per questo, per i socialisti allora come per i marxisti-leninisti oggi "l'importante non è soltanto impedire lo scoppio della guerra imperialista" ma, una volta scoppiata, "quello di utilizzare la crisi da questa generata per affrettare l'abbattimento della borghesia", sviluppando "nelle masse la coscienza della necessità di metodi di azione rivoluzionari in connessione con le crisi che la guerra porta inevitabilmente con sé", diffondendo "nelle masse una più viva coscienza della solidarietà internazionale degli operai e della falsità del patriottismo borghese" (10).
I marxisti-leninisti non hanno quindi una posizione di principio contro o a favore delle guerre, come ha affermato Mao, "La guerra questo mostro che porta gli uomini a massacrarsi gli uni con gli altri, finirà con l'essere eliminata dallo sviluppo della società umana, e in un futuro non molto lontano. Ma per eliminarla vi è un solo mezzo: opporre la guerra alla guerra, opporre la guerra rivoluzionaria alla guerra controrivoluzionaria, opporre la guerra nazionale rivoluzionaria alla guerra nazionale controrivoluzionaria, opporre la guerra rivoluzionaria di classe alla guerra controrivoluzionaria di classe. La storia conosce solo due tipi di guerre: le guerre giuste e le guerre ingiuste. Noi siamo per le guerre giuste e contro le guerre ingiuste. Tutte le guerre controrivoluzionarie sono ingiuste, tutte le guerre rivoluzionarie sono giuste"(11).
Questa sintetica disamina della teoria leninista dell'imperialismo ci fa rendere conto di quanto dobbiamo a Lenin e di quanto occorre studiare le sue opere per poter avere una visione chiara della situazione nazionale e internazionale e di quello che dobbiamo fare oggi.
La teoria leninista sull'imperialismo ha guidato l'Unione sovietica anche dopo la sua morte, avvenuta il 21 gennaio del 1924 a causa delle conseguenze dell'attentato subìto anni prima per mano dei terroristi del gruppo dei cosiddetti "socialisti rivoluzionari".
Il suo successore Stalin ha diretto l'edificazione del socialismo in Urss, il primo e glorioso Paese socialista al mondo, che si è posto contro il resto del mondo capitalistico, attirando a sé le classi oppresse degli altri Paesi, che vedevano nell'Urss il baluardo mondiale del socialismo, un faro che ne illuminava il cammino, ed è intervenuta, in base alle proprie possibilità e alla situazione nazionale e internazionale, per aiutare i popoli che lottavano per il socialismo, e contribuendo in maniera determinante alla creazione e alla corretta guida del campo socialista, sorto dopo la seconda guerra mondiale, sino a quando in tali Paesi la borghesia ha riconquistato il potere grazie ai revisionisti, approfittando anche della scomparsa della guida ferma e sicura di Stalin, nel 1953.

Il PMLI applica la teoria leninista dell'imperialismo per analizzare la situazione attuale
La teoria leninista dell'imperialismo guida anche noi marxisti-leninisti nell'analisi dell'attuale crisi economica del capitalismo e delle guerre imperialiste che ne scaturiscono, come le aggressioni e le occupazioni dell'Iraq e dell'Afghanistan, dai quali continuiamo a chiedere con forza il ritiro immediato, e come le continue minacce e interferenze contro l'Iran che da tempo annunciano una nuova aggressione militare.
Quando i Paesi più deboli non accettano le condizioni delle potenze capitaliste, quest'ultime ricorrono alla guerra per sottometterli, utilizzando le organizzazioni imperialiste, come sono la Nato e l'Onu, o stringendo alleanze al di fuori di queste per consolidare e rafforzare la propria posizione.
Nel contempo fanno a gara per stringere accordi commerciali con i Paesi poveri e in "via di sviluppo", dando vita e delle vere e proprie guerre tra di loro che oggi sono commerciali ed economiche, ma che domani, quando il mondo sarà giunto a nuova spartizione, o quando l'interesse per questo o quel Paese detentore di una delle materie prime non rinnovabili e in esaurimento come il petrolio sarà troppo forte e irrinunciabile, allora i Paesi imperialistici si scontreranno anche sul piano militare per strapparsi questo o quel mercato, questa o quella fonte di materie prime.
Noi marxisti-leninisti contrastiamo con tutte le nostre forze le guerre imperialiste di aggressione ai danni dei Paesi e popoli più poveri e più deboli, schierandoci senz'altro per questi anche contro la borghesia del nostro Paese che li opprime e li depreda delle ricchezze nazionali, e avversiamo lo scoppio di una nuova guerra mondiale tra le potenze imperialiste, che nonostante l'apparenza si combattono ferocemente, e della quale ne soffrirebbero tutti i popoli che verrebbero utilizzati ancora una volta come carne da macello, ma se e quando una tale guerra scoppierà, i marxisti-leninisti dovranno impiegare tutte le forze per trasformare la guerra imperialista in guerra civile, contro la propria borghesia nazionale, per il socialismo!
Così come con tutte le nostre forze combattiamo oggi la borghesia nazionale rappresentata a livello governativo dal neoduce Berlusconi che ha rimesso la camicia nera all'Italia e vuole completare l'instaurazione del regime neofascista, grazie anche all'opposizione di cartone del "centro-sinistra" borghese e del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, la prima non denunciando che siamo in un regime neofascista e che Berlusconi è il nuovo Mussolini, e non muovendo un dito per buttarlo giù dalla piazza, ed anzi ha attaccato e insultato le decine di migliaia di giovani che lo scorso 14 dicembre hanno giustamente assediato e assaltato il parlamento, e il secondo coprendolo, legittimandolo, firmando tutte le leggi antipopolari, compresa la legge Gelmini e il legittimo impedimento poi bocciato in parte dalla Corte Costituzionale, e favorendolo persino in occasione del voto di sfiducia quando ha arbitrariamente chiuso le Camere per permettere al neoduce di comprare i voti necessari per rimanere in sella al governo.
Per quanto siano deprecabili e da condannare le abitudini personali del neoduce, sono ben altri i motivi per chiederne le dimissioni, a partire dall'aperto e vergognoso appoggio dato al nuovo Valletta Marchionne che ha ottenuto una risicata vittoria numerica, ma una poderosa sconfitta politica, nel referendum imposto ai lavoratori di Mirafiori sull'accordo separato siglato il 23 dicembre scorso.
Un ricatto che non ha ottenuto il plebiscito sperato, il sì ha prevalso ma di poco, e con l'apporto determinante di capi, capetti e quadri aziendali che non sono toccati dalla nuova organizzazione del lavoro, mentre nei reparti dove peseranno maggiormente le conseguenze dell'accordo antioperaio, e cioè il montaggio e la lastratura, ha prevalso il no, senza contare tutti quei lavoratori che hanno detto sì, ma con la "pistola" del licenziamento puntata alla tempia.
L'intesa separata imposta da Marchionne e avallata dai sindacalisti collaborazionisti, con in testa Cisl e Uil dei servi e venduti Bonanni e Angeletti, contiene un attacco padronale senza precedenti dal dopoguerra, che peggiora le condizioni di lavoro e demolisce il contratto nazionale e i diritti e libertà sindacali fondamentali conquistati a prezzo di dure lotte, restaurando così le relazioni sindacali mussoliniane.
Noi marxisti-leninisti ammiriamo e ringraziamo i 2.362 coraggiosi lavoratori di Mirafiori che hanno detto chiaro che "senza diritti siamo schiavi", e ringraziamo i delegati e i dirigenti della Fiom che hanno combattuto questa giusta battaglia, e li sproniamo ad andare avanti per far rimangiare al riccone Marchionne il suo piano industriale, ci vada lui a lavorare in fabbrica a quelle condizioni!
Sinora Marchionne ha fatto solo promesse su futuri investimenti, di certo c'è solo che alla fine dell'anno Termini Imerese chiuderà, che a Pomigliano ci saranno condizioni di lavoro simili a quelle di Mirafiori, e che a Mirafiori i lavoratori resteranno per un anno in cassa integrazione.
No, la battaglia non è conclusa, proseguirà con lo sciopero generale dei metalmeccanici indetto dalla Fiom per il 28 gennaio, in Emilia-Romagna si terrà il 27 con una grande manifestazione a Bologna, alla quale sarà presente anche una delegazione regionale del PMLI.
Lotta che deve continuare con lo sciopero generale nazionale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma, e sul quale la Camusso deve smettere di tergiversare dicendo che non ne esistono le condizioni. Che cos'altro devono fare i padroni, forse legarci con le catene?
Occorre prendere esempio dai combattivi e coraggiosi studenti che si sono battuti con forza e senza sosta per affossare la controriforma Gelmini, che impone un modello di università spietatamente di classe, gerarchica, meritocratica e manageriale, un modello (ideato da Gentile e aggiornato da Gelli e da Craxi) che estromette i figli della classe operaia e delle masse, mentre assicura larga presenza e pieni poteri ai privati nei Consigli di amministrazione (Cda), fondata sui tagli di Tremonti, e che restaura l'università del regime neofascista.
Le studentesse e gli studenti del nostro Paese, assieme ai quali hanno lottato e lottano gli studenti marxisti-leninisti ponendo la questione centrale del governo della scuola e dell'università, hanno fatto ricorso a tutti i metodi di lotta utili e necessari, dalle assemblee alla manifestazioni, dai blocchi stradali e ferroviari fino all'assalto al Parlamento che il PMLI ha correttamente definito "un fatto storico", che ha fatto tremare i palazzi del potere e messo sull'attenti i suoi spregevoli inquilini, che hanno risposto chi, come la destra, con la minaccia di una repressione poliziesca ancor più massiccia e violenta, a partire dall'invocazione di arresti preventivi e l'applicazione del "DaSpo" anche a chi scende in piazza per manifestare contro il governo, misure che richiamano i rastrellamenti mussoliniani preventivi contro gli oppositori del regime, permessi dal Testo di Pubblica Sicurezza in vigore dal 1926 durante la dittatura fascista; e chi, come la "sinistra" borghese e il "pompiere" Saviano, cercando di disinnescare la violenza antigovernativa e antistituzionale montante tra gli studenti, i precari e i ricercatori e di riportare il movimento di lotta nell'alveo del pacifismo, del legalitarismo e del rispetto delle istituzioni.
Ma l'esperienza ha dimostrato in maniera lampante che la violenza di massa è l'unico vero argomento capace di sturare le orecchie dei politicanti e dei mass-media del regime neofascista, che non a caso fino a quel momento non avevano neanche preso in considerazione le lotte e le richieste degli studenti.
Il nostro auspicio è che questa lotta di piazza e di massa si sviluppi sempre più e non si limiti nell'utilizzo di tutte le forme di lotta necessarie per difendere i propri diritti e interessi, per abbattere il governo del nuovo Mussolini, il regime neofascista e il capitalismo che affamano il popolo, distruggono la scuola pubblica e negano il diritto allo studio e il lavoro ai giovani.
Altro che il pantano della raccolta firme promossa dal PD per chiedere le dimissioni di Berlusconi!
I fatti dimostrano che non è possibile sbarazzarsi definitivamente del nuovo Mussolini attraverso la via parlamentare o affidandosi all'inconsistente "sinistra" borghese, e agli screditati e imbelli falsi comunisti oggi riuniti nella cosiddetta "Federazione della sinistra", dobbiamo invece soffiare sul fuoco della lotta di classe per far cadere il governo dalla piazza dando vita ad un nuovo 25 Aprile!
Compagne e compagni,
il cammino sarà ancora lungo e disseminato di ostacoli, ma lo percorreremo sino in fondo e raggiungeremo senz'altro il nostro obiettivo se prenderemo esempio da Lenin e terremo fede a queste sue parole: "Noi ci troviamo in tutto e per tutto sul terreno della teoria di Marx: è stata essa la prima a trasformare il socialismo da utopia a scienza, a dare delle solide fondamenta a questa scienza e a tracciare il cammino da seguire, sviluppando ulteriormente questa scienza ed elaborandola in tutti i suoi particolari. Essa ha chiarito il vero compito di un partito socialista rivoluzionario: non elaborazione di piani per riorganizzare la società, non prediche ai capitalisti ed ai loro reggicoda sul modo di migliorare la situazione degli operai, non organizzazione di congiure, ma organizzazione della lotta di classe del proletariato e direzione di questa lotta, il cui scopo finale è la conquista del potere politico da parte del proletariato e l'organizzazione della società socialista"(12).
Gloria eterna e Lenin!
Viva la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e l'Unione Sovietica di Lenin e Stalin!
Viva le rivolte popolari in Tunisia, Algeria e Albania!
Viva le lotte della classe operaia e degli studenti!
Concentriamoci sul fronte operaio e sindacale e sul fronte studentesco per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso!
Avanti con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista!
Con i Maestri e il PMLI vinceremo!
 
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Note
1: Stalin, "Colloquio con la prima delegazione operaia americana" - settembre1927
2-3-4-5-6-7: Lenin, "Imperialismo fase suprema del capitalismo" - 1916
8: Lenin, "Sulla parola d'ordine degli Stati uniti d'Europa" - 1915
9: Lenin, "Il Socialismo e la guerra" - 1915
10: Lenin, "Il congresso internazionale socialista di Stoccarda" - 1907
11: Mao, "Problemi strategici della guerra rivoluzionaria in Cina'' - Dicembre 1936
12: Lenin, "Occorre un 'partito politico autonomo' al proletariato ebraico?" - 1903

26 gennaio 2011