Voto quasi unanime del parlamento nero
La destra e la "sinistra" borghese approvano la linea di Monti per salvare l'Ue imperialista e l'euro
PDL, Lega e UDC votano assieme un emendamento sulle radici cristiane dell'Unione europea

Alla vigilia del vertice europeo di Bruxelles del 30 gennaio sul "fiscal compact", che ha approvato le nuove regole di bilancio e di rientro dal debito per i paesi membri e l'agenda per il rilancio della "crescita" e dell'occupazione nell'eurozona, il governo Monti ha ottenuto dal parlamento nero e quasi all'unanimità un mandato pieno per far valere nel Consiglio europeo gli interessi nazionali dell'Italia e la sua linea per salvare la Ue imperialista e la moneta unica europea. Il 25 gennaio, infatti, prima al Senato e subito dopo alla Camera, è stata approvata a stragrande maggioranza, praticamente con il solo voto contrario della Lega, una mozione in tal senso firmata dai capigruppo di tutti i partiti che sostengono il governo, PDL, PD e Terzo polo (UDC, FLI e API). Da parte sua l'IDV, pur votando contro, ha presentato una mozione che ricalca quella approvata a stragrande maggioranza limitandosi a sottolinearne alcuni punti come i poteri attribuiti alla Banca centrale europea (BCE) e la necessità di promuovere la crescita e la competitività.
In tale mozione comune, che alla Camera ha ottenuto una maggioranza plebiscitaria di 468 voti su 510 votanti, si fanno propri e si ribadiscono tutti i capisaldi della strategia che Monti ha già delineato nei precedenti vertici e incontri con i principali leader europei: come per esempio la necessità di rafforzare il ruolo delle istituzioni europee (Commissione europea, Parlamento, Corte di giustizia e Banca centrale) rispetto al direttorio di fatto Merkel-Sarkozy. O come la necessità di una "governance realmente comunitaria dell'economia", in grado di sostenere l'euro oltre i "limiti della funzione finora assegnata alla Banca centrale europea". A cui si aggiungono la richiesta di inserire nel trattato in discussione al vertice di Bruxelles il principio che "gli obiettivi di pareggio del bilancio e di riduzione del debito pubblico si integrino con una politica fiscale funzionale alla crescita"; e che sul negoziato in corso "vi sia piena e trasparente informazione e valutazione delle nuove regole nel parlamento, affinché il governo abbia un ampio sostegno per far valere soluzioni ambiziose, corrispondenti all'interesse dell'Italia ed al rafforzamento dell'integrazione europea".
Sulla base di tali premesse la mozione comune dei partiti della destra e della "sinistra" borghese che sostengono Monti impegna tra l'altro il suo governo a far adottare nel nuovo trattato, insieme alle misure per il rigore, anche riferimenti "alla crescita e alla competitività, alla coesione sociale ed alla flessibilità del mercato del lavoro, al completamento e al rafforzamento del mercato interno consolidando i diritti dei consumatori in un quadro di piena concorrenza": vale a dire ad applicare su scala europea la stessa ricetta liberista e mercatista basata sulle liberalizzazioni e la "flessibilità" del lavoro che il tecnocrate borghese sta imponendo con le buone o con le cattive in Italia, ma spacciata con le etichette demagogiche dell'"equità" e della "crescita", per farla digerire meglio ai lavoratori e alle masse popolari.

Una cambiale in bianco alla linea di Monti
Con la strada spianata da una simile mozione gli interventi di Monti al Senato e alla Camera sono stati una vera passeggiata, con cui non ha dovuto far altro che raccogliere la cambiale in bianco firmatagli quasi all'unanimità dal parlamento nero. Citando infatti l'esempio della Gran Bretagna e di altri paesi nordici, ha esordito esaltando "l'elemento di orientamento strategico e di forza aggiuntiva per l'azione del governo" che il sostegno parlamentare è in grado di assicurare, tanto più importante "in un momento in cui l'azione che deve essere condotta all'interno del contesto nazionale con politiche di risanamento finanziario e di stimolo alla crescita, che richiedono anche sacrifici pesanti ai cittadini, è strettamente collegata alle scelte istituzionali e di politiche pubbliche che si affermano a livello europeo". Un avvertimento ai partiti della maggioranza che con questo voto avallano in toto e senza riserve la politica dei sacrifici che il suo governo sta dispiegando in Italia e le ulteriori misure che saranno imposte dalle politiche di bilancio e di sostegno all'euro decise in sede europea.
Non a caso ha poi voluto sottolineare che nell'accingersi a rappresentare al vertice di Bruxelles le linee guida suggerite dalla mozione, il suo governo si muove "in un quadro di continuità con le posizioni assunte dall'Italia in precedenza", con particolare riferimento all'impegno sottoscritto dal governo Berlusconi, che poi è stato sancito nel vertice di Bruxelles, per il rientro dal debito italiano, oggi arrivato al 120% del Prodotto interno lordo, fino a scendere al 60% al ritmo di un ventesimo della differenza ogni anno, il che comporta nuove manovre da 40-45 miliardi l'anno. E in particolare ha rimarcato che "l'azione dell'Italia, sia pure con accenti diversi, con efficacia diversa, con stili diversi - questo fa parte delle cose umane - è, però, in linea di continuità, potrei dire, rispetto a tutti i precedenti governi, e comunque rispetto ai governi che ricordo da molti anni, beninteso incluso l'ultimo precedente governo".

L'omaggio di Monti al neoduce
È stato questo un evidente "inchino" al neoduce Berlusconi, come lo ha efficacemente definito il quotidiano neofascista "Il Tempo", e tuttavia non del tutto gratuito: è vero che da una parte era diretto ad ammansire il suo predecessore, sempre più infuriato per l'andamento del processo Mills e per la sospensione dell'asta gratuita sulle frequenze tv, facendogli capire che il governo, per la sua stessa sopravvivenza, ha tutto l'interesse affinché non si arrivi a una sentenza di condanna e che non intende veramente pestare i piedi a Mediaset, ma solo tergiversare aspettando un momento più opportuno per regalargli le frequenze. Ma dall'altra voleva essere anche un avvertimento al suo turbolento partito, il PDL, a non tirare troppo la corda con la sua fronda elettoralistica contro le liberalizzazioni, perché in definitiva questo governo non fa altro che proseguire, solo con più autorevolezza e determinazione, la stessa politica liberistica e di massacro sociale del governo Berlusconi.
Monti infatti è ben consapevole del travaglio interno che agita il partito del neoduce, diviso tra chi vorrebbe un appoggio più convinto al governo (gli ex democristiani, soprattutto), e chi invece vorrebbe ritornare all'alleanza di ferro con la Lega e andare subito alle elezioni, tra cui certi ex ministri e gli ex AN. Tant'è che diversi di questi non si sono presentati in aula, e perfino il neoduce, che ha accampato il motivo dell'udienza al processo Mills. Inoltre diverse decine di deputati del PDL hanno contravvenuto alle indicazioni di Alfano votando la mozione della Lega.
In ogni caso la sviolinata di Monti ha raggiunto il segno e gli è valsa l'unico applauso a scena aperta concessogli dal PDL durante tutto il suo intervento, e successivamente il ringraziamento del suo stesso segretario, Angelino Alfano, che così ha raccolto lo sfacciato omaggio del premier: "Cosa fa l'Europa contro la crisi? Fino a un po' di tempo fa si diceva a noi, che eravamo una parte importante di questa crisi, che dovevamo fare i nostri compiti. Dopo le manovre del governo Berlusconi è difficile continuare a dirlo. Grazie, signor presidente, per l'attestato di continuità alle politiche del nostro governo".

Il completo appiattimento di Bersani sul governo Monti
Addirittura entusiastico e senza riserve è stato l'intervento del segretario del PD liberale, Bersani, che ha esordito col sottolineare che "come si sa noi sosteniamo lealmente e con le nostre idee il governo Monti, che per noi è un governo di emergenza e di impegno nazionale", chiedendogli di "rimettere in carreggiata il nostro ruolo europeo e di ridarci il nostro profilo europeo". E che ha voluto concludere il suo intervento dichiarando solennemente di sottoscrivere "con grande convinzione l'impegno che stiamo prendendo e mi piace molto il fatto che lo prendiamo larghissimamente in questo parlamento".
Un appiattimento tanto più gratuito e servile, quello di Bersani sul governo Monti della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale, nonché sulla forzata unità della destra e della "sinistra" parlamentare voluta dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, in quanto nel suo intervento il leader della "sinistra" borghese ha sorvolato completamente sullo sgambetto giocatogli al Senato da PDL e Lega, a cui si è aggregata anche l'UDC, che hanno fatto approvare un emendamento del Carroccio alla mozione unitaria in cui è stato aggiunto al preambolo un riferimento alle "radici giudaico-cristiane" dell'Europa. Come ha sorvolato anche sulla copertura sostanziale che Monti - esprimendo la sua personale "preferenza" per l'inserimento delle "radici giudaico-cristiane" nella mozione, pur giudicandolo "non attinente" ai temi del vertice europeo - ha fornito a questa operazione congiunta di parlamentari razzisti, clericali e neofascisti, tesa a dare una più marcata coloritura di destra alla mozione unitaria del parlamento nero.

1 febbraio 2012