I monopoli di oggi rientrano nell'analisi proposta da Lenin ne "L'imperialismo fase suprema del capitalismo"?

Salve a tutti.
Vi scrivo perché da un po' di tempo seguo regolarmente il vostro bel sito e visto che anche voi come i grandi maestri del proletariato siete degli scienziati rivoluzionari, volevo chiedervi una spiegazione.
Da quando è iniziata questa maledetta crisi, ho preso in mano (consigliato vivamente da mio papà) il celebre
L'imperialismo di Lenin per cercare di capire le cause reali di tale crisi. C'è però un punto che non riesco a capire bene ed è quello riguardante il discorso dei monopoli. Se non ho capito male Lenin parte dal fatto che le aziende diventano sempre più grosse attraverso la concentrazione del capitale e della forza-lavoro; la formazione dei monopoli sono, da quello che ho capito, i trust e i cartelli.
Voglio chiedervi: nella concezione leninista è considerato monopolio l'accrescimento delle imprese o soltanto la loro unione nei trust e nei cartelli? E poi: oggi quali sono i monopoli che rientrano nella descrizione di Lenin e quali sono i trust e i cartelli di cui parlava Lenin?
Scusate per le troppe domande. A presto.
Andrea - provincia di Milano

Salve a te caro Andrea,
siamo felici che segui da un po' di tempo il nostro sito e, naturalmente, ti ringraziamo che lo apprezzi. Non devi scusarti per le troppe domande perché le domande sono un segno positivo e dimostrano, semmai, spirito critico e voglia di conoscere e capire di più la realtà e il mondo che ci circonda per essere maggiormente in grado di trasformarli in senso rivoluzionario. Chi non si fa domande si accontenta di una conoscenza superficiale e approssimata. Naturalmente cercheremo di risponderti nel modo più chiaro possibile, anche se come scienziati della rivoluzione ci sentiamo dei tapini al confronto dei cinque grandi Maestri del proletariato internazionale.
La questione che tu poni è più semplice di quel che temi. La tendenza al monopolio è uno dei tratti caratteristici dell'imperialismo: "Dal punto di vista economico, l'imperialismo - scrive Lenin - è il capitalismo monopolista". Dunque Lenin tiene a sottolineare che l'imperialismo non è qualcosa di diverso dal capitalismo ma semplicemente la sua naturale evoluzione, un nuovo stadio, lo stadio supremo, oltre il quale esiste solo il socialismo. Diventare un monopolio è nel Dna di ogni grande impresa capitalistica, la quale, si sa, punta nel regime di concorrenza ad accrescere le proprie quote di mercato fino a conquistare una condizione dominante sbarazzandosi di ogni pericoloso concorrente. Ecco perché cerca in mille modi di aumentare le proprie dimensioni fino ad avere la supremazia assoluta.
È quel che è accaduto alla Fiat in Italia, che nel corso del Novecento ha piegato e fatto fallire le numerose altre aziende concorrenti nazionali o le ha fagocitate e trasformate in un proprio ramo, com'è successo prima alla Lancia, poi alla Ferrari e infine all'Alfa Romeo, svendutagli dall'allora governo Craxi.
I mezzi per diventare un monopolio sono vari, legittimi e banditeschi, ma tutti pretendono che quella determinata impresa centralizzi ingenti quantità di capitali e riesca a produrre di più e con maggiori profitti dei propri rivali. Torchiando i lavoratori, certo, ma anche con colpi bassi come il dumping (svendita sotto prezzo a cui solo chi dispone di ingenti capitali può ricorrere fino a far fallire la concorrenza) o come l'accaparramento di vantaggiose commesse statali garantitogli dalla corruzione dei governanti, dei partiti parlamentari e degli alti burocrati statali. Il monopolio comporta dunque un aumento di dimensione delle imprese, una maggiore centralizzazione di capitali e il conseguente accrescimento del loro peso relativo sul mercato in questione. La segreta e irrealizzabile speranza di ogni monopolista è quella di far fuori uno a uno i concorrenti fino a rimanere il solo a produrre quella determinata merce. Un po' come ha tentato nel settore del software la Microsoft di Bill Gates col suo sistema operativo per i personal computer.
I trust e i cartelli sono alleanze tra gruppi di grandi aziende e monopoli per sgominare la concorrenza. Rientra in questo caso l'operazione che ha impegnato la Fiat con Chrysler e con Opel. Sono sempre accordi tra banditi, alleanze forti finché c'è da sbaragliare la concorrenza ma intrinsecamente contraddittori poiché al loro interno si combatte un'altra oscura battaglia, che è quella per la supremazia tra i diversi alleati, impegnati ciascuno a farsi le scarpe reciprocamente. Le alleanze sono temporanee mentre lo scontro per la supremazia è permanente. Ecco perché in queste alleanze l'equilibrio tra i diversi monopoli è sempre precario e destinato a lasciare il posto al prevalere di uno sugli altri, proprio come spera la Fiat di Marchionne, contando proprio sulla grave crisi economica che ha colpito tutt'e tre le imprese automobilistiche ma ha tramortito le più deboli e le ha condotte alle soglie della bancarotta.
Il nemico occorre conoscerlo bene per poterlo meglio combattere, guai a limitarsi a conoscerlo standosene poi con le mani in mano. Si diventa scienziati della rivoluzione in un solo modo: laureandosi all'università della lotta di classe. Mentre scriveva L'imperialismo fase suprema del capitalismo, Lenin combatteva coraggiosamente contro il macello imperialista della prima guerra mondiale e il tradimento della socialdemocrazia che egli giustamente definiva socialsciovinista e socialpatriottarda.

25 giugno 2009