Il proibizionismo è solo di destra?

Voglio mettere in luce un problema a mio avviso molto importante e in qualche modo confrontarmi con voi su questo: il proibizionismo è di destra?
A mio avviso assolutamente no. Proibizionismo, soprattutto in fatto di droghe, è segno di disciplina e di moralità che non è per nulla monopolio della chiesa fascista.Tale provvedimento, o comunque qualsiasi atteggiamento contro l'uso di alcool e stupefacenti, veniva visto dagli hippy e dai sessantottini simbolo dell'anarco-teppismo giovanile come freno alla loro "voglia di libertà". Tali personaggi non appartengono affatto alla schiera comunista, bensì erano solo degli agitatori in cerca di sballo, che però in Paesi con una scarsissima presenza comunista (Italia, Usa, Regno unito) venivano indicati come comunisti e sostenuti dai partiti revisionisti e liberali che in tal modo si attiravano le loro simpatie e allo stesso tempo tracciavano un solco tra sé e la destra clerico-borghese. Al contrario i predetti clerico-borghesi si elevavano a tutori della moralità parlando di proibizionismo ma favorendo, allo stesso tempo, il commercio di droghe mediante appoggi alla criminalità organizzata e proclami alla globalizzazione e al libero commercio.
Così anche un vero comunista passa per indisciplinato antiproibizionista e accostato a personaggi che non hanno nulla a che fare con la sua ideologia mentre chiesa e centro-destra sono i censori del male.
Troppe volte sono stato indicato come hippy liberaloide perché sono comunista, mentre, in realtà, sono favorevole al proibizionismo e alla ferrea disciplina che va inculcata ai giovani che si definiscono di sinistra solo perché fanno uso di marijuana e compiono atti di vandalismo. No cari miei, la lotta di classe è un'altra cosa.
Do la parola a voi e vi chiedo di esprimermi un vostro parere.
Gianluca - Calabria
 
Sollevi un problema non solo "molto importante", ma anche estremamente intricato e complesso.
Per quanto riguarda il proibizionismo esso è sempre stato ed è oggi in Italia, più che mai, di destra. Non solo perché ingrassa la parte più reazionaria e cannibalesca della borghesia nazionale ed internazionale, ossia la mafia, a cui non a caso lo Stato borghese ha sempre lasciato ampia libertà d'azione, nonché le comunità private come S. Patrignano che sfruttano e schiavizzano i tossicodipendenti e con la scusa di "raddrizzargli la spina dorsale" gli inculcano la disciplina e la morale clerico-fascista. Ma anche e soprattutto perché esso nega le vere cause del problema della droga: ossia che la sua diffusione dilagante tra i giovani è il frutto dello sfascio e della degenerazione della società capitalistica in generale, in particolare è il frutto dell'alienazione dalla realtà causata dal malessere sociale delle masse e dallo sfruttamento del lavoro salariato, della decadenza dei "valori" ideali, morali e culturali dominanti, e dell'emarginazione sociale delle masse più "deboli".

Da sempre bandiera della destra e frutto della morale clerico-fascista
Vietare le droghe per legge e inculcare con la forza alle masse giovanili "la morale" e "la disciplina" dominante è quindi un programma di destra. Anzi un programma tipico dei regimi fascisti che, a scanso di equivoci, va ricordato che non sono mai stati in contraddizione né con la mafia né con il liberismo né con il capitalismo monopolistico. La droga è infatti allo stesso tempo una merce fonte di grandi profitti per la mafia e un prodotto e uno strumento di oppressione, in quanto da sempre utilizzata dalle classi sfruttatrici allo scopo di frenare la lotta di classe. Per questo divieti e libertà di commercio si alternano e corrono paralleli.
Per di più c'è da dire che attualmente le sostanze comunemente definite droghe, ossia quelle che modificano in maniera significativa lo "stato di coscienza ordinario", sono nelle mani di un triopolio capitalistico che ha stritolato e cancellato le antiche drogherie e con esse l'arte medica dell'erboristeria e della fitoterapia: l'industria alimentare (vino, birra, superalcolici), l'industria farmaceutica (psicofarmaci a largo consumo come benzodiazepine, anfetamine, sostanze dopanti, ecc.), la mafia (hashish, marijuana, eroina, cocaina, Mdma, ecc.). Ovviamente i collegamenti e gli accordi tra questi monopoli non mancano: la Bayer ha messo in commercio l'eroina come sedativo della tosse; la Coca Cola è una bevanda nella cui formula c'era la cocaina; le mafie notoriamente controllano anche il mercato nero dei farmaci e i marchi contraffatti di bevande alcoliche.

Dare una lettura di classe del fenomeno della droga
Per tutte queste ragioni non possiamo assolutamente accettare la visione del mondo, bugiarda e ipocrita, di quella parte della borghesia più intollerante nei confronti delle abitudini e delle mode ricreative giovanili e che pretende di dettargli "la morale" e "la disciplina". Essi sono concetti relativi e non assoluti, che dipendono dalla situazione concreta e vanno letti da un punto di vista di classe.
Chi vende droga va distinto da chi la usa, e a chi la usa, prima di giudicarlo, dobbiamo chiedere cosa, per quale motivo e in quale contesto. Sono queste le domande che un marxista-leninista deve porsi. Chi è la vittima e chi il carnefice, chi rappresenta il proletariato e chi la borghesia? Il camionista, dai turni massacranti, che per non addormentarsi sul volante assume droghe stimolanti o il "moralizzatore" generale dei carabinieri che promuove il palloncino agli automobilisti mentre sotto banco organizza il traffico di cocaina dalla Colombia? Il minatore che mastica foglie di coca per sopportare la fatica e avere la forza di respirare in miniera o l'agente della Cia che introduce tra gli hippy l'eroina al posto del calumet della pace per meglio controllarli, neutralizzarli e costringerli al disimpegno politico e sociale? La ragazza che fa ricorso all'alcol e all'eroina per dimenticare che è stata violentata dal proprio genitore o il giovane fascistello viziato della Roma bene con il suo gruppo di teppisti annoiati che, con la cocaina e l'alcol, scimmiottano, in discoteca, allo stadio o per le strade, i protagonisti del film "Arancia meccanica", semmai andando a caccia di gay, fumatori di spinello, senza tetto o comunisti? Colui che entra nel baratro di una dipendenza da droga pesante perché non è riuscito a elaborare il dolore di "un lutto" individuale, familiare o sociale o perché soffre di ansia, insonnia e depressione a causa dei mali, delle contraddizioni insolute, delle ingiustizie di questa società, o il grasso e potente politico in camicia nera che organizza per il proprio trastullo personale orge a base di ogni tipo di droga purissima? Il malato di cancro che richiede invano la morfina o la cannabis per lenire un dolore insopportabile o il ministro che invia nuove truppe in Afghanistan per controllare che non cali la produzione della materia prima, l'oppio, importato, raffinato e diffuso per il tramite della criminalità organizzata? L'operaio che comincia "a bere" perché è stato licenziato in tronco e semmai gli è stata ritirata la patente con cui poteva sperare di trovare un nuovo lavoro o lo yuppie in carriera che usa regolarmente cocaina per tenere vivo il proprio ego-narcisismo per competere e farsi strada tra gli squali della borghesia parassitaria? Il povero, il senza tetto, l'emarginato, il "malato di mente", abbandonato e privo di prospettive, o il camorrista imprenditore che controlla voti e clientele riciclando i profitti dei traffici di droga, armi e rifiuti nel mattone e nel cemento? Le studentesse e gli studenti in lotta che durante l'occupazione della scuola o della facoltà si rilassano con qualche "tiro proibito" o il ministro dell'istruzione che per imporre le sue controriforme demolitrici dell'istruzione pubblica non si fa scrupolo di sguinzagliare le "forze dell'ordine" tra le aule? Chi usa le droghe illecite come farmaci o chi le vende per fare profitto?
Dovrebbe essere scontato che i primi hanno la nostra comprensione e meritano il nostro aiuto, politico e ideologico innanzitutto, i secondi hanno tutto il nostro disprezzo e meritano punizioni esemplari! È questo il relativismo etico tanto inviso al capo dei dogmatici, il papa nero Ratzinger!

Mettere al bando superficialità e unilateralismo
Ciò significa che per acquisire una corretta conoscenza e una qualificata posizione di classe e trasmetterla al proletariato e alle masse giovanili, con le armi della persuasione e del confronto dialettico, occorre mettere al bando ogni tendenza alla superficialità e all'unilateralismo. Prendere coscienza che quando si parla di droghe e di tossicodipendenti occorre fare un'"analisi concreta della situazione concreta" ed evitare di farne una categoria omogenea di persone, in quanto essi lo diventano nelle statistiche ufficiali soltanto per gli effetti deleteri delle leggi proibizioniste. Detto in altri termini la premessa per fare bene la lotta di classe è fare bene l'analisi di classe. Da questo punto di vista non c'è dubbio che l'atteggiamento più deplorevole è quello di coloro che, in buona o cattiva fede, fanno "di tutta l'erba un fascio" per offuscare le menti e nascondere la verità.
Sebbene infatti, in certi casi, le cause possono essere più o meno le stesse, non si può certo confondere il problema della droga con quello del teppismo e del bullismo giovanile, tanto meno sperare illusoriamente che con il proibizionismo questi fenomeni scompaiano. In questi casi la droga è al massimo un mezzo per sfogare frustrazioni e rabbia repressa e non la causa, mentre per sconfiggere quello che tu definisci "il teppismo degli anarchico-individualisti" occorre semmai abbattere il regime neofascista e fermare il processo di fascistizzazione della società, lottare affinché gli spazi del cosiddetto "tempo libero" siano svuotati dal consumismo e riempiti di sana socializzazione, dare prospettive di un futuro "decente" alle giovani generazioni, lottare per conquistare il socialismo prima e il comunismo poi.
Riassumendo, possiamo dire quindi che è sbagliato mettere in unico calderone e bollare i consumatori delle droghe, leggere e pesanti, gli hippy con la loro particolare visione del mondo in quel particolare contesto storico (movimenti di massa americani contro la guerra in Vietnam), per di più confondendo questi ultimi con tutte le masse giovanili che presero parte alla Grande Rivolta del '68. Ed è sbagliato anche saltare a piè pari da quel periodo storico, tanto irripetibile quanto pieno di insegnamenti, allo "sballo giovanile" dei giorni nostri. Qualificando tutti indistintamente come "anarco-teppisti" neghiamo le innumerevoli cause che portano oggi tanti giovani del nostro Paese all'assunzione di droghe e questo non aiuta a vederci chiaro ed anzi rischia seriamente di farci scivolare su posizioni reazionarie di destra.
Non bisogna mai dimenticare infatti che è il regime neofascista attuale che punta alla repressione dei piccoli consumatori, mentre lascia libertà d'azione ai grandi trafficanti, equiparando i consumatori agli spacciatori e concependo la norma penale come strumento repressivo. Altrimenti per quale motivo i ministri-gerarchi del governo Berlusconi avrebbero approvato all'unanimità la legge fascista Fini-Giovanardi sulla droga? All'insegna del motto "ordine e disciplina", e con l'intento dichiarato di "mettere in riga" i giovani, essa si concretizza nella più brutale repressione neofascista: cancellando la differenza tra droghe leggere e pesanti, punendo con il carcere l'uso, l'abuso e la tossicodipendenza, introducendo pesantissime sanzioni penali e amministrative per i consumatori, anche occasionali, di droghe; imponendo il "trattamento sanitario obbligatorio" nelle "comunità" private parificate con i Sert pubblici, restringendo l'utilizzo terapeutico del metadone (utilizzato come è noto nella "riduzione del danno" da eroina). Sotto la bandiera del proibizionismo tale legge sta aprendo le porte alla schedatura delle abitudini dei lavoratori, con gli esami tossicologici obbligatori, sta alimentando un razzismo dilagante nei confronti dei "tossici" (eroinomani soprattutto, ma anche "fumatori di spinello"), che li spinge ancora di più nella clandestinità, sta riempiendo le carceri, sta alimentando i soprusi e le sevizie da parte delle "forze dell'ordine", fino al massacro di Stato del fragile e incolpevole, Stefano Cucchi!

Stare comunque lontani dalle droghe
Detto questo, le droghe fanno male? In generale potremmo dire di sì, ma anche questo non è un dogma assoluto, dipende dal bilancio che facciamo tra molti fattori. Noi consigliamo ai nostri militanti, simpatizzanti e amici di tenersi il più possibile lontano dalle droghe, sia leggere che pesanti, ma non tanto per motivi morali, quanto per motivi pragmatici, in quanto per lottare contro questo marcio e barbaro sistema occorre avere ciò che nessuna droga (o alcol) ci può dare: equilibrio, libertà di movimento, concentrazione, vigilanza, prudenza, lingua pronta e disponibile al dialogo, fiducia in se stessi e nelle masse, molta energia fisica e una mente lucida. Ovviamente però se un compagno, per qualsiasi motivo dovesse avere problemi con le droghe, valuteremo caso per caso, e ad esempio ad un alcolista che non ha trovato ancora una cura adeguata per le sue problematiche "personali" e vuole fare comunque attività politica potremmo consigliare anche di bere il necessario (se l'alcol è l'unico farmaco efficace che ha a disposizione), per tenere sotto controllo la crisi d'astinenza che è uno stato psico-fisico pericoloso per sé e per gli altri, almeno quanto la franca ubriachezza!
Per approfondire la nostra posizione sull'argomento ti consigliamo di cercare, anche tramite il sito internet, gli articoli de "Il Bolscevico" (sulla legge Iervolino-Vassalli, sulla Fini-Giovanardi, sulle "stanze del buco", il dialogo coi lettori dal titolo "Può un marxista-leninista fumare uno spinello?"), oltre alle fondamentali tesi sulla droga del V Congresso nazionale del PMLI e alle rivendicazioni specifiche del Programma d'azione del Partito.

28 luglio 2010