Per recuperare consensi elettorali e per evitare che si raggiunga il quorum ai Referendum del 12-13 giugno
Dietrofront tattico del governo sul nucleare

Con un paio di mosse tattiche il governo del neoduce Berlusconi sta tentando di assestare un duro colpo ai referendum popolari del 12 e 13 giugno e di spaccare il triplice fronte referendario, che invece ora più che mai deve restare unito e saldo nelle sue posizioni.

L'emendamento al decreto "Omnibus"
Il 20 aprile scorso il Senato ha approvato un emendamento che abroga la norma relativa alla realizzazione di nuovi impianti nucleari nel nostro paese. Si tratta della modifica dell'articolo 5 del precedente decreto che prevedeva la moratoria di un anno per l'individuazione delle centrali nucleari. "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche - dice l'emendamento - mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". "Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge - prosegue il testo - il Consiglio dei ministri adotta la strategia energetica nazionale nella definizione della quale il consiglio dei ministri tiene conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione Europea e a livello internazionale in materia di scenari energetici e ambientali".
Il testo dovrà ora passare all'esame della Camera e poi eventualmente al vaglio della Corte Costituzionale. Su questa scia si inseriscono le dichiarazioni del ministro delle infrastrutture, nuclearista convinto, Altero Matteoli che ha annunciato entro il mese di maggio un decreto che istituisca un'"authority" per "vigilare" e "regolare" il processo di privatizzazione dell'acqua, ossia la svendita dei servizi, delle infrastrutture e delle fonti idriche del nostro paese. Il governo dei padroni e dei predoni insomma intende prendere tre piccioni con una fava: 1) salvare l'affare nucleare 2) vincere le elezioni amministrative 3) far passare sotto silenzio il business della gestione privata dell'acqua e il disprezzo delle masse popolari per la sua politica e la sua persona. In questo senso sì che è un decreto "Omnibus".

Gli obiettivi del governo e dei padroni
Appena quindici giorni dopo le amministrative si svolgerà la consultazione referendaria contro il nucleare, per l'acqua pubblica (2 quesiti) e per togliere uno degli scudi giudiziari al premier e la sua cricca di piduisti e mafiosi. Il ballottaggio in alcune regioni, come la Sicilia, dovrebbe svolgersi proprio il 12 giugno, in coincidenza con la data del referendum. Ecco allora il senso del piano truffaldino predisposto dal governo: far credere all'opinione pubblica che è inutile andare a votare i referendum perché il governo ha già fatto marcia indietro sul nucleare e anche sull'acqua, ben sapendo che la voglia di votare su queste materie rappresenta una spinta fortissima anche per il referendum sul "legittimo impedimento", che si profila come un plebiscito per le dimissioni del premier e in difesa dell'indipendenza della magistratura. Del resto sembra che a convincere il cavaliere piduista più che le dichiarazioni del ministro della devastazione dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo: "non facciamo cazzate, usciamo dal nucleare o perdiamo le elezioni", siano stati proprio i suoi "amati" sondaggi che danno in netta crescita, sopra il 54%, la percentuale di italiani intenzionati a votare i referendum.
Governo e padroni si sono in sostanza resi conto che il movimento contro la privatizzazione dell'acqua è forte, e che la catastrofe giapponese ha ricordato l'incubo atomico anche a coloro che non hanno vissuto o hanno dimenticato l'ecatombe nucleare di Chernobyl, di cui in questi giorni ricorreva il 25° anniversario. E visto che su acqua e nucleare c'è in ballo un affare da 100 miliardi di euro che le grandi multinazionali dell'energia e dell'acqua intendono spartirsi prelevandoli dalle tasche dei contribuenti, boicottare i referendum è la parola d'ordine che risuona all'unisono da Confindustria a Federutility.
Sulla base di questa consapevolezza si sono delineati due orientamenti tattici paralleli e convergenti: da una parte si prova a far sì che non venga raggiunto il quorum sull'acqua e sul legittimo impedimento; dall'altra si dice un no al nucleare molto meno perentorio e più possibilista rispetto a quello vincolante del voto referendario. A scanso di equivoci lo ha chiarito sfrontatamente lo stesso Berlusconi nella conferenza stampa insieme a Sarkozy a conclusione del vertice italo-francese.
C'è allora da chiedersi: basta un emendamento al decreto "Omnibus" per uscire dal nucleare? Il governo ha fatto realmente dietrofront? La risposta è No, assolutamente: il cosiddetto dietrofront è solo una gran presa in giro dell'elettorato.
La mossa del governo si configura quindi come un modo per salvare il futuro del nucleare: "Si sposta la torre e si cerca l'arrocco... ci si difende a catenaccio in attesa del contropiede... si aspetta la risacca e il riflusso" e "il lato positivo di questa tattica è che si blocca il referendum che avrebbe bocciato tutto per sempre... perché un voto contrario degli italiani sulle centrali sarebbe una pietra tombale". "Il governo confida che la Ue possa legittimare i piani di rinuclearizzazione dell'Italia" e che il Pd torni alla consueta politica bipartisan: "c'era un tempo, neppure tanto lontano, un anno e poco più, in cui un Bersani sosteneva: 'Il ritorno al nucleare è un orizzonte su cui riflettere. Non solo le energie rinnovabili, ma anche l'atomo pulito di quarta generazione. C'era il Pd che a Strasburgo votava a favore di nuovi finanziamenti europei per il nucleare'" (dall'editoriale di Vittorio Macioce - Il Giornale - 20 aprile 2011).
Roberto Rossi, giornalista de l'Unità e autore del libro "Il bidone nucleare", aggiunge alcuni elementi a questo scenario e suggerisce che dietro l'improvviso cambio d'idea del governo si cela in realtà la volontà di rinunciare alle centrali francesi, per acquistare la tecnologia di quelle americane. "Con questa mossa il governo ha preso due piccioni con una fava. Già prima della catastrofe giapponese c'erano molti dubbi sul progetto francese, ora Fukushima gli ha dato la possibilità di optare per l'opzione americana che prevede reattori più piccoli, più sicuri e di minor impatto". Il governo, infatti, spiega Rossi, con l'emendamento al Senato non rinuncia al nucleare, ma solo al piano varato nel 2009. Quello che appunto prevedeva l'acquisto della tecnologia francese. Sono due - spiega il giornalista - i fattori che pesano su questa scelta: "Da un lato ci sono i difficili rapporti con la Francia sulla crisi libica e sull'emergenza immigrazione. Dall'altro c'è il cambio al vertice del ministero delle Attività produttive: Scajola e il ridimensionato direttore generale Sergio Garibba erano per l'opzione francese; l'Ansaldo nucleare - la società che adesso detta le linee strategiche nel ministero - è legata agli americani della Westinghouse". Sarebbe questa la società per l'appunto che nelle strategie del governo italiano dovrebbe fornire le centrali. Del resto il sospetto che si tratti di una falsa retromarcia è confermato ancora una volta dalle dichiarazioni del ministro delle Attività produttive, Romani: "Un serio approfondimento non può avere termini temporali definiti. Rinunciamo quindi all'impostazione data nel 2009. Un programma superato sul quale i cittadini sarebbero stati chiamati con un referendum".

Giù le mani dai referendum!
All'attacco della truffa imbastita dal governo l'IDV e Di Pietro: "Il governo tenta in realtà di disinnescare la mina dei referendum, perché la paura fa novanta e si teme che il referendum sul nucleare trascini con sé anche quello, ben più temuto dal premier, sul legittimo impedimento".
Anche il presidente dei Verdi Angelo Bonelli è più che scettico: "Il governo non ha assolutamente cambiato idea sul nucleare ma si tratta di un trucco per far saltare il quorum ai referendum e poi ripresentare in un secondo momento il decreto per le centrali. Magari affidandosi ad un nuovo partner commerciale come gli statunitensi di Westinghouse, con cui i contatti sono molto intensi" e aggiunge "non era mai accaduto nella storia della Repubblica italiana che si rubasse con queste modalità il diritto degli italiani di esprimersi democraticamente contro il nucleare e la privatizzazione dell'acqua, due questioni fondamentali per il futuro del Paese". "L'emendamento - spiega Stefano Leoni, presidente di Wwf Italia - ha le conseguenze di un'abrogazione delle disposizioni sottoposte a quesito referendario, ma non del complesso di norme che hanno rilanciato il nucleare in Italia. Questo significa che in realtà si dovrebbe andare in ogni caso alle urne". Della stessa idea è Greenpeace che per bocca del direttore esecutivo Giuseppe Onufrio parla di "un caso di 'furbizia preventiva' che coglie un dato reale: la forte opposizione degli italiani al nucleare". Per il giornale telematico indipendente "Agoravox" infine: "l'acqua sarebbe stata la contropartita offerta dall'Italia alla Francia per rimediare al mancato acquisto delle centrali nucleari. L'Italia ha infatti un debito con i transalpini che si aggira attorno ai 500 miliardi di euro. Il piano era di comprare le centrali dalla multinazionale francese Areva riducendo in parte il debito nazionale. Poi il disastro di Fukushima e la paura improvvisa di un risveglio della popolazione. Ecco allora che si cambia strategia. Si dice no al nucleare e si offre l'acqua a Veolia, altra multinazionale transalpina che già controlla l'acqua a Latina e in varie parti d'Italia, la più grande al mondo nel settore idrico".

Sommergiamoli con una valanga di SI'!
Il governo dà per scontato che eliminando il quesito sul nucleare si annullino di fatto anche gli altri e che il "popolo" lo si possa trattare come una fiera in gabbia cui dare un contentino quando inizia ad agitarsi troppo. Noi auspichiamo che con una valanga di SI a tutti e quattro i quesiti dimostri loro che non è così. Il 12 e 13 giugno occorre recarsi alle urne e votare.
In primo luogo perché nessuna fiducia può essere riposta in questo governo della macelleria sociale e degli attentati alla salute e alla sicurezza pubblica, un governo peraltro che, avendo trasformato il Parlamento in un "bivacco per i suoi manipoli", può fare e disfare le leggi a suo piacimento e quando vorrà potrà rilanciare in forma riverniciata il piano nucleare. Una grande vittoria dei Sì avrebbe invece un grande e duraturo valore politico e giuridico. Ricordiamo che la prima battaglia per la denuclearizzazione definitiva del nostro Paese è quella del 15 maggio 2011 quando si terrà, solo in Sardegna, un referendum consultivo in cui la popolazione dell'isola è chiamata a esprimersi sul seguente quesito: "Sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti?".

4 maggio 2011