Per i favori chiesti a Mautone
Indagato il figlio di Di Pietro
Gli affari sporchi del partito azienda a conduzione familiare dell'ex Pm

Che Di Pietro non fosse "uno stinco di santo" lo sapevamo e lo abbiamo denunciato pubblicamente fin dai tempi di Tangentopoli, quando l'ex Pm, allora sostenuto anche da quella stampa di regime che oggi lo attacca con particolare violenza, prometteva di "rivoltare l'Italia come un calzino".
Men che mai abbiamo creduto che, una volta smessa la toga e sceso nell'agone politico, il suo partito, Italia dei Valori-Lista Di Pietro fondato nella primavera del 1998, potesse porre fine alla corruzione politica che regna sovrana nel palazzo perché essa è figlia legittima di questo marcio sistema capitalista e durerà fino a quando esso non verrà spazzato via.
Gli sviluppi delle inchieste giudiziarie in atto, in particolare quelle in corso a Napoli, ci danno pienamente ragione. Il partito del "grande moralizzatore" che doveva diventare "il partito più pulito del Paese" in cui "c'è posto solo per candidati che oltre al certificato elettorale portano con sé anche il certificato penale", è invece finito nel giro di appena un decennio letteralmente sommerso dallo stesso fango della corruzione e del malcostume che caratterizza tutti gli altri partiti parlamentari borghesi e primo fra tutti quello del neoduce Berlusconi a cui l'IdV assomiglia in tutto e per tutto; ivi compreso l'organizzazione interna e la gestione verticistica e aziendalista affidata a familiari e amici fidati che fanno capo direttamente a Di Pietro.

I guai giudiziari del clan Di Pietro
Dopo Mario Mautone, agli arresti domiciliari dal 17 dicembre, il 15 gennaio anche il figlio di Di Pietro, Cristiano, è finito nel registro degli indagati della procura di Napoli con l'ipotesi di reato di abuso d'ufficio inerente allo scandalo sugli appalti pubblici pilotati dall'imprenditore Alfredo Romeo.
Nelle conversazioni intercettate sulle utenze dell'ex provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise, emergono numerose segnalazioni di persone fatte da Cristiano Di Pietro all'indagato.
"Niente di penalmente rilevante, ma Cristiano ha sbagliato" ha detto Di Pietro che nei giorni scorsi è stato sentito per 4 ore dai Pm napoletani. Intanto Di Pietro junior si è già dimesso dal partito anche se per il momento mantiene la poltrona di consigliere provinciale a Campobasso.
Ma non una parola sul perché suo figlio nell'estate del 2007 smette da un momento all'altro di parlare con Mautone al telefono; sul perché Di Pietro, allora ministro, trasferisce all'improvviso l'ex provveditore Mautone e, scrive la Dia in un rapporto: "fa una riunione politica dove chiede ai suoi collaboratori di tenere fuori il figlio poiché 'ritenuto troppo esposto'". A tal proposito Di Pietro ha sostenuto di aver trasferito apposta Mautone, appena avute le "prime avvisaglie" dell'inchiesta. Ma non ha mai spiegato fino ad oggi chi gliel'aveva date quelle avvisaglie sull'indagine degli appalti a Napoli che all'epoca era in pieno svolgimento e assolutamente riservata. Per gli inquirenti la presunta fuga di notizie di cui si è giovato Di Pietro è un "episodio inquietante" su cui Di Pietro ha fornito diverse versioni, cambiando spesso la ricostruzione dei fatti, ma nessun chiarimento credibile. E certamente questo non è l'unico caso "inquietante" sia per quanto riguarda la sua carriera di magistrato che di politico.
Nel febbraio 2008 fu lo stesso Di Pietro a finire tra le grinfie della magistratura di Roma per appropriazione indebita, falso in atto pubblico e truffa aggravata ai danni dello Stato finalizzata al conseguimento dell'erogazione di fondi pubblici. Una storia di presunte irregolarità commesse dall'ex Pm nella gestione dei lauti fondi del finanziamento pubblico da parte dello Stato all'Italia dei Valori riguardo alle spese elettorali e alle movimentazioni dei conti riconducibili al partito: in tutto, oltre 40 milioni di euro. Più la questione di un assegno "non trasferibile" da 50mila euro destinato al partito ma ugualmente incassato da Di Pietro. Fatti che indussero la Procura a rinviare a giudizio anche la deputata-tesoriera dell'Idv, Silvana Mura.
Dalle carte dell'inchiesta risulta che ad approvare il rendiconto relativo alle elezioni del 2004 è stato il solo Antonio Di Pietro, il 31.3.2005, quale presidente dell'Associazione Italia dei Valori, struttura parallela al partito e a cui vengono versati i milioni del rimborso elettorale. Non esiste alcun verbale di approvazione da parte dell'assemblea del Partito, né per il 2004 né per gli altri anni, precedenti e successivi. Altro che "paladino della trasparenza".
La lista degli inquisiti continua con Paride Martella, ex presidente della Provincia di Latina, esponente Idv che è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta su appalti truccati della Acqua latina, un giro da 15 milioni di euro. In Liguria il consigliere provinciale Gustavo Garifo, capogruppo provinciale dell'Idv di Genova, è stato ammanettato in ottobre per aver lucrato sugli incassi delle multe. Mentre Andrea Proto, consigliere comunale a Genova, reo confesso, ha rimediato una condanna a un anno e nove mesi per aver raccolto firme false fra cui quella di un morto. Per lo stesso reato risulta indagata anche Giuliana Carlino, consigliere comunale Idv e assessore a Milano. Per corruzione è finito in cella il segretario Idv di Santa Maria Capua Vetere, Gaetano Vatiero. Mentre Mario Buscaino, già sindaco di Trapani, nel Luglio del 1998 è stato accusato di concorso in associazione mafiosa per voto di scambio. Maurizio Feraudo, consigliere regionale calabrese, indagato per concussione (per anni avrebbe preteso un tot sullo stipendio da un suo autista) e truffa. A Foggia l'ex assessore ai Lavori pubblici e coordinatore provinciale del partito, Orazio Schiavone, è stato condannato a un mese e dieci giorni per esercizio abusivo della professione. Rudy D'Amico, un altro ex assessore dell'Idv, questa volta a Pescara, e rimasto coinvolto nell'inchiesta "Green Connection" sulla gestione del verde pubblico. E ancora per Aldo Michele Radice, portavoce Idv in Basilicata, consigliere dell'allora ministro Di Pietro, il Pm ha chiesto 9 mesi per la raccomandazione di un manager sanitario. Della lista fa parte un collaboratore esterno del capogruppo Idv, Cosimo Silvestro, fermato nei giorni scorsi a Napoli dai carabinieri a bordo di "un'auto blu" fatta in casa, utilizzando lampeggiante e paletta in dotazione al Consiglio regionale per farsi largo nel traffico.

Il portafoglio immobiliare
La questione è sbarcata pure alla procura di Roma, che poi lo ha assolto, insieme alla vicenda della gestione dei rimborsi elettorali sollevata dal cofondatore dell'Idv, Mario Di Domenico. Di Pietro avrebbe acquistato immobili con i soldi del finanziamento al partito, e avrebbe riaffittato alcuni di questi proprio all'Italia dei Valori. Un comportamento che i pm stigmatizzarono, ma che non ebbe seguito penale. Sulla vicenda, e su quelle compravendite, Di Domenico ha rilanciato con esposti, e gli atti su gestione finanziaria e immobiliare sono ora in fascicoli aperti in quattro procure italiane, tra cui quella di Brescia.
Tra le carte degli inquirenti spunta un appartamento di 178 metri quadrati nel centro di Bergamo, comprato grazie alle cartolarizzazioni dell'Inail, il cosiddetto "Scip 2". Sul caso, è appena arrivato in procura a Napoli un esposto-denuncia che chiede di far luce da un lato sui rapporti tra l'ex provveditore Mautone e lo stesso Antonio Di Pietro, e dall'altro quelli tra Mautone e Romeo, che gestiva con la sua società proprio le cartolarizzazioni dell'Inail (Scip1 e Scip2) tramite le quali l'ex pm si comprò la casa bergamasca nel 2004.
Va detto che Di Pietro all'inizio criticò la scelta di dismettere il patrimonio delle case dell'Inail, arrivando a firmare una proposta di legge perché il valore di quegli immobili fosse messo a frutto degli invalidi sul lavoro, salvo poi procedere lui stesso a comprarne uno con modalità ancora da chiarire. Per legge Di Pietro, che era parlamentare europeo e poi eletto alla Camera nel 2006, non poteva partecipare all'asta vietata agli amministratore dei beni pubblici dello Stato che "Non possono essere compratori né direttamente né per interposta persona". Invece Di Pietro pur di accaparrarsi l'immobile fece presentare la sua offerta per la cartolarizzazione da Claudio Belotti, compagno della Mura, e con lei componente del cda della An.to.cri, la società immobiliare "di famiglia" amministrata da Di Pietro e che prende il nome dai tre figli dell'ex pm Anna, Toto e Cristiano. E la Mura, insieme a Di Pietro e alla moglie di questi Susanna Mazzoleni, gestisce anche l'associazione Italia dei Valori, quella che incassa i rimborsi elettorali al posto del "movimento-partito" Idv.
Ma la casa di Bergamo non è certo la sola riconducibile a Di Pietro, ai suoi familiari e alla An.to.cri, società attivissima nonostante il capitale sociale iniziale di appena 50mila euro. C'è Curno, dove Di Pietro ancora pm comprò una villa, espandendosi nel 1994 con l'acquisto di un'altra casa adiacente di otto vani. Passando al 1995, il futuro leader Idv aggiunge alle sue proprietà un immobile di 300 metri quadri a Busto Arsizio comprandolo con un mutuo all'80 per cento del valore, che poi girerà al partito.
Quando poi sbarca a Bruxelles, ecco una casa - due locali - anche nella capitale belga. La carriera non si ferma, le proprietà immobiliari procedono di pari passo. Di Pietro è ministro delle Infrastrutture, e nel 2002 mentre il mercato del mattone a Roma è alle stelle si assicura otto vani e 180 metri quadrati nel centro della capitale, al quarto piano di uno stabile di via Merulana. Prezzo 650mila euro, 400mila dei quali finanziati da un mutuo Bnl. C'è l'attico di Montenero di Bisaccia: 173 metri quadri poi portati a 186 grazie al condono edilizio del 2003, che Di Pietro cede a Cristiano. E poi, stesso anno, i 190 metri quadrati comprati a Bergamo, via dei Partigiani, quarto piano. Intestati agli altri figli, Anna e Toto. Quel giorno anche la moglie acquista nello stesso palazzo un appartamento di 48 metri quadrati, sempre al quarto piano, oltre a due cantine e a un garage. Del 2004 è la compravendita - siglata Antocri - di una casa di 190 metri quadri (620mila euro) in via Felice Casati a Milano. E sempre Antocri compra (1.05 milioni di euro) dieci vani in via Principe Eugenio a Roma. Che diventa la sede dell'Idv, affittuaria del suo leader. Ancora nel 2005 la moglie di Di Pietro compra un appartamento e un ufficio in via del Pradello a Bergamo. Nel 2007 Di Pietro ristruttura la masseria di famiglia a Montenero (16 ettari tra eredità e acquisti). E poi c'è quel 50 per cento di quota che Di Pietro possiede nella Suko, società bulgara.
Secondo una prima stima approssimativa in 7 anni gli investimenti sul mattone di Di Pietro hanno superato i 4 milioni. Dove ha preso Di Pietro tutti questi soldi visto che dichiara al fisco meno di 200mila euro l'anno?
Tutto ciò senza contare i loschi retroscena che hanno caratterizzato l'acquisto della casa di Curno dove l'ex magistrato risiede tuttora e i famigerati favori (soldi, auto per sé e per la moglie, incarichi e consulenze per moglie e amici, impiego per il figlio, vestiario di lusso, telefono cellulare, biglietti aerei, ombrelli, agende, penne, stock di calzettoni al ginocchio) che Di Pietro da alcuni suo ex inquisiti ai tempi della Tangentopoli milanese. Basta ricordare l'allora Pm aveva a disposizione quattro o cinque domicili: il primo lo pagava la moglie, ed era il cascinale di Curno; un secondo lo pagava una banca, ed era l'appartamento di Milano dietro piazza della Scala, affittato a equo canone dal Fondo Pensioni Cariplo; un terzo lo pagava l'ex suo inquisito Antonio D'Adamo, che gli mise a disposizione una garçonnière dietro piazza Duomo fino al 1994; un quarto appartamento, a Curno, di fianco al suo, lo stava finalmente pagando lui: ma coi famosi 100 milioni "prestati" dall'ex inquisito Giancarlo Gorrini. Più una suite da 5-6 milioni al mese al Residence Mayfair di Roma, dietro via Veneto, messagli a disposizione da Antonio D'Adamo, che al pari di Gorrini gli prestò altri cento milioni, dal 1989 e per almeno un anno e mezzo.

La gestione familiare del partito
Di Pietro è forse l'unico leader che è riuscito a sistemare nel suo partito due mogli, l'attuale e la prima. Quest'ultima, Isabella Ferrara, madre di Cristiano Di Pietro, figura nell'organico dell'Idv in Lombardia. Mentre l'attuale moglie, Susanna Mazzoleni, avvocato con studio legale e cattedra all'Università Bicocca di Milano, è la tesoriera regionale del partito in Lombardia. Occupa quel posto da tre anni, quando nel primo congresso regionale del partito, a novembre 2005, si votò il coordinamento regionale dell'Idv anche in Lombardia. Mazzoleni è anche una dei tre unici soci dell'Associazione Italia dei Valori, struttura parallela al partito e a cui vengono versati i milioni del rimborso elettorale. Di Pietro è il presidente dell'associazione, mentre Silvana Mura, amica di vecchia data di Di Pietro, è la tesoriera.
La prima moglie di Di Pietro ha per compagno Armando Guaiana, che a sua volta fa parte del coordinamento regionale dell'Idv Lombardia. La Mazzoleni risulta anche intestataria del dominio a cui è registrato il sito ufficiale del partito.
La Mazzoleni inoltre ha una sorella sposata con Gabriele Cimadoro che è anche deputato IdV e membro della commissione Industria di Montecitorio. Cimadoro, a sua volta, ha una sorella sposata con Ivan Rota, imprenditore bergamasco, e anche lui, dopo il matrimonio è diventato deputato dell'Idv e anche responsabile organizzativo nazionale del partito, un posto che soprintende a tutta l'attività dell'Idv sul territorio.
In Molise, oltre al figlio Cristiano, Di Pietro ha affidato la responsabilità provinciale dell'Idv a Campobasso a Valentina Bozzelli, giovane avvocato ma soprattutto la figlia di una delle due sorelle di Antonio Di Pietro.
A ciò va aggiunta l'oscura vicenda inerente la consulenza da 4 milioni di euro assegnata da Di Pietro ministro all'ex magistrato Guglielmo Ascione per conto della società Autostrada Brescia-Padova, e sui legami tra questa e l'ex ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. Non del tutto chiarita dal Tribunale di Torino che pur sentenziando che a procurare l'incarico ad Ascione non sia stato l'ex pm lascia diversi dubbi. Soprattutto perché Ascione nel 1995 archiviò un esposto di Sergio Cusani che aveva denunciato la falsificazione di carte fornite dal faccendiere Francesco Pacini Battaglia sulle quali Di Pietro aveva imbastito il processo Enimont. E fu ancora Ascione che archiviò le accuse del pentito Salvatore Maimone, che nel 1993 ai magistrati di Firenze dichiarò che tra le personalità che "coprivano" l'autoparco milanese gestito dalla mafia ci sarebbe stato anche Di Pietro. E sempre di Ascione si dice che "fu colui che informava indirettamente Di Pietro nel 1994 dell'ispezione ministeriale che stavano predisponendo contro di lui. Come appurato da una sentenza del 1997 lo schema era questo: l'ispettore Domenico De Biase informava Ascione che a sua volta informava il giornalista Maurizio Losa che informava Di Pietro".

18 febbraio 2009