Dopo il duro colpo ricevuto a "Report"
Di Pietro decreta la "morte" dell'Idv
Grillo lo candida subito alla presidenza della Repubblica. Il partito si è spaccato in due
L'ex pm poi smentisce tutto

"Qui a maggio andiamo a casa: non entriamo in parlamento. La storia già la conosco. L'Italia dei valori è finita domenica sera, a Report. Mediaticamente siamo morti. Siamo vittime di un killeraggio, di un sistema politico e finanziario che non ha più bisogno di noi": questo l'amaro sfogo di Antonio Di Pietro, intervistato da Il Fatto Quotidiano del 1° novembre, in cui ha cercato di respingere goffamente le accuse di essersi arricchito a spese dei contribuenti, ha sostenuto di essere attaccato per la sua opposizione al governo Monti e per aver criticato Napolitano sul conflitto di attribuzione con la procura di Palermo, si è autoassolto per la presenza tra le file del suo partito di personaggi squallidi e corrotti come De Gregorio, Scilipoti, Razzi e Maruccio, perché all'epoca erano "insospettabili" e "non possiamo essere preveggenti".
Uno sfogo assai eloquente, dal quale emerge l'amara consapevolezza di essere stato scaricato da quelle stesse forze che lo avevano pompato e usato per demolire la prima Repubblica e spingere avanti il presidenzialismo, forze che puntano oggi a "facce nuove" non ancora sporcate dal discredito come per esempio Grillo e Renzi. Ed emerge anche la conferma delle voci secondo le quali starebbe pensando allo scioglimento dell'IDV, di cui ammette ormai la morte politica, per andare a confluire nel movimento di Grillo: "Faremo opposizione fuori dal Palazzo. E tiferemo per Beppe Grillo", annuncia infatti l'ex pm di "Mani pulite", aggiungendo che farà le primarie in rete e sottolineando senza mezzi termini: "Deve sapere che io Grillo lo ammiro e lo copio".
Ufficialmente il comunicato dell'Ufficio di presidenza dell'IDV del 31 ottobre parla solo dell'apertura di una "fase costituente", per andare ad un congresso straordinario, ma tali voci troverebbero conferma nel lavorìo di un consigliere molto ascoltato da Di Pietro e responsabile di Lavoro e welfare del partito, l'operaista ex Fiom ed ex Rifondazione, Maurizio Zipponi, che propone una "nuova cosa dipietrista" da costruire con una "fase costituente" aperta a sinistra, ai movimenti, alla Fiom di Landini, a Vendola, ai Verdi e anche oltre: "Noi ci rivolgiamo a tutti. E se il PD rompe con Monti, anche al PD", dice infatti Zipponi.
Allo scioglimento dell'IDV credeva anche il capogruppo della Camera Massimo Donadi, capo della minoranza interna che guarda al PD, e che a l'Unità del 2 novembre dichiarava di sentirsi "truffato e tradito" dal suo presidente, accusandolo di essere "come Berlusconi": "Gli schizzi di fango modello 'bad company' riguardano solo lui, non il partito", aveva rincarato, aggiungendo che "in Sicilia abbiamo sbagliato completamente correndo senza l'alleanza con il PD", e concludendo che "è lui che se ne deve andare dall'IDV, non sciogliere il partito".

Le mire di Grillo sui voti dell'IDV
Sta di fatto che anche Grillo ha preso sul serio l'annuncio di Di Pietro, e pensando già ai voti in libera uscita che potrebbe lucrare dallo scioglimento dell'IDV, o comunque da un'alleanza con un IDV "rifondato" e ancor più "dipietrista", ha lanciato un eloquente segnale di aiuto e di incoraggiamento al frastornato ex pm, scrivendo quello stesso giorno sul suo blog in rete il seguente post a lui dedicato: "L'uomo ha un caratteraccio, non ascolta nessuno, ma è onesto. Quando ha dovuto affrontare il giudizio di un tribunale lo ha fatto senza esitazioni e ne è sempre uscito prosciolto. Quanti in parlamento possono dire altrettanto? Chi può scagliare la prima pietra? Nessuno. Nel 2013 Napolitano cadrà. Per ora è l'unica buona notizia certa. Il mio auspicio è che il prossimo presidente della Repubblica sia Di Pietro, l'unico che ha combattuto il berlusconismo in parlamento. Chapeau!".
Nel momento stesso, cioè, in cui dopo il "successo" siciliano Grillo lancia la propria candidatura a Palazzo Chigi autonominandosi sul suo blog "capo del Movimento 5 stelle", fa balenare all'elettorato dell'agonizzante IDV il miraggio di un ticket con Di Pietro al Quirinale. I due movimenti insieme, secondo Il Fatto Quotidiano, che da sempre ne sponsorizza l'alleanza, potrebbero arrivare al 25-30%. E il falso moralizzatore ha abboccato in pieno dichiarando entusiasticamente: "Insieme facciamo paura perché siamo nel giusto".
Ma subito dopo le cose si sono complicate, e i due hanno dovuto entrambi cambiare discorso. Dopo l'ondata di proteste per la candidatura di Di Pietro al Colle che si è scatenata sul suo blog, e dovendo per di più fare i conti con la fronda interna al M5S provocata dal suo divieto autoritario alle presenze in tv, il 6 novembre Grillo ha scritto un altro post in cui smentisce l'alleanza con il partito dell'ex pm: "Ha la mia amicizia, ma il M5S non si alleerà né con l'IDV né con nessun altro".
Da parte sua, in un'intervista a la Repubblica del 5 novembre, in vista della resa dei conti con la minoranza interna nell'imminente riunione dei gruppi parlamentari dell'IDV convocata per il 7, anche Di Pietro ha dovuto smentire di voler sciogliere il partito e di volere accordi elettorali con Grillo, per non dare frecce all'arco di Donadi. Perciò ha accusato di complotto ai suoi danni la corrente del PD che vuole l'alleanza con Casini e accusato di killeraggio "la solita Unità" che in quei giorni aveva dato gran rilievo agli attacchi di Donadi nei suoi confronti. Ha ribadito anzi la validità della "foto di Vasto" con Vendola e Bersani, e quanto alla sua candidatura al Colle lanciata da Grillo ha detto che era "solo un modo per esprimermi la sua solidarietà".
La resa dei conti si è poi conclusa nella riunione dei gruppi con le dimissioni di Donadi e del segretario della Campania Aniello Formisano, che per il momento si iscrivono al gruppo misto ma puntano a fondare una propria lista, contando soprattutto sui consiglieri regionali dove l'IDV governa col PD. Si parla di un accordo con il partito di Bersani che garantirebbe 10 seggi a questa nuova formazione, col che la spaccatura del partito personale di Di Pietro in due tronconi, uno "donadiano" appendice del PD e l'altro "dipietrista" nell'orbita di Grillo, sarebbe resa ufficiale. Anche il trotzkista e "rivoluzionario" pentito Pancho Pardi e il coordinatore della Toscana Fabio Evangelisti si sono dimessi, ma per dissensi personali.

Verso la disgregazione del partito di Di Pietro
Adesso il partito di Di Pietro, rimasto in 19 deputati, ha aperto le trattative per acquistarne un altro che gli consenta di raggiungere il minimo di 20 per non dover finire nel gruppo misto. Ma di fatto la sua disgregazione è già in atto, ed è certificata dallo stato confusionale del suo leader, ma anche dal fatto che tutti gli attori principali lo danno già per finito e lavorano, ciascuno per proprio conto, a nuovi scenari. Come il neopodestà di Napoli, Luigi De Magistris, che già da tempo aveva preso le distanze da Di Pietro e ora lo invita a "fare un passo indietro", mentre conferma che sta lavorando alla sua "lista arancione" con altri neopodestà come Emiliano e Pisapia, esponenti sindacali e dei movimenti, aperta a destra fino "ai moderati, ai liberali e a quella destra che non si riconosce in Berlusconi".
E già si contende le spoglie dell'elettorato IDV con Grillo: "Il M5S è una risorsa ma Grillo non può considerarsi l'unto del signore. Non è lui l'unico depositario della verità. C'è uno spazio per un nuovo progetto che può vincere le elezioni", dice infatti De Magistris a Il Fatto Quotidiano del 5 novembre. Mentre il neopodestà di Bari, Emiliano, lo invita a non chiudere le porte della sua lista neanche a Vendola e Bersani.
Anche il neopodestà di Palermo, Leoluca Orlando, dichiara al quotidiano di Padellaro e Travaglio che "L'IDV è morto come partito ma non è il solo: è il sistema dei partiti ad essere morto. Il problema non è Di Pietro, è mettere in campo una forza radicalmente alternativa". E pure lui lavora a una sua "rete 2013", per "andare oltre" l'IDV, un progetto che guarda "con interesse" a Montezemolo, al leghista Tosi e al grillino Pizzarotti. Pardi sembra invece puntare a un "nuovo leader nel 2013" che assicuri all'IDV "una gestione più collegiale". Gianni Vattimo chiede a Di Pietro di scegliere una linea di opposizione "radicale di sinistra" insieme a Grillo, Vendola, Ferrero ecc. E chi più ne ha più ne metta. Ma costoro si guardano bene dal ricordare la matrice liberale dell'IDV, confermata dall'adesione nel parlamento europeo al "Partito europeo dei liberali".
Quel che è certo è che con la dissoluzione dell'IDV e lo smascheramento del falso moralizzatore e presidenzialista Di Pietro altri imbroglioni stanno salendo alla ribalta a sostituire i vecchi, e nuovi imbrogli elettorali si stanno cucinando per carpire il voto degli oppositori al sistema. E che l'astensionismo, cosciente e di sinistra, specie se espresso come un voto dato al PMLI e al socialismo, brilla sempre di più come l'unica, vera alternativa elettorale al governo Monti e al capitalismo.

14 novembre 2012