Discorso di Emanuele Sala a nome del Comitato centrale del PMLI (La cronaca - Il saluto di Monica Martenghi)
Con Mao contro il governo del neoduce Berlusconi e la terza repubblica, per l'Italia unita, rossa e socialista. Avanti verso il 5° Congresso

Care compagne e cari compagni, care amiche e cari amici,
siamo qui riuniti ancora una volta, con rinnovato entusiasmo rivoluzionario, per commemorare quel gigante del pensiero e dell'azione rivoluzionari che è stato Mao. Il quale, sul campo, per meriti acquisti nel corso della sua lunga vita rivoluzionaria, ha meritato l'appellativo di grande maestro del proletariato internazionale, dei popoli e delle nazioni oppresse, al pari di Marx, Engels, Lenin e Stalin. Consapevoli come siamo della incommensurabile perdita che ha rappresentato la sua scomparsa nell'ormai lontano 9 settembre 1976 per la causa del socialismo in Cina e nel mondo intero; consapevoli come siamo del patrimonio di insegnamenti lasciato da Mao essenziale e indispensabile per chiunque voglia dirsi comunista, o per meglio dire marxista-leninista, per chiunque voglia lottare per il socialismo e il comunismo, classe operaia in testa.
Vi sono in Italia e all'estero dei partiti sedicenti comunisti che tutt'al più arrivano a citare Marx e Lenin ma allo stesso tempo negano il contributo storico, ideologico, politico e pratico di Mao. Quando non lo attaccano apertamente con le più svariate menzogne. Poi ve ne sono altri che invece inneggiano a Mao per contrapporlo artificiosamente e in modo strumentale a Stalin. Ebbene, questi non sono partiti autenticamente comunisti, sono partiti falsamente comunisti, revisionisti e trotzkisti, in ultima analisi controrivoluzionari.
Sì, perché Mao non solo ha ereditato ma anche sviluppato il marxismo-leninismo elaborato da Marx, Engels, Lenin e Stalin (ognuno nel proprio tempo ha saputo risolvere i problemi che la lotta di classe e il movimento rivoluzionario ponevano), lo ha sviluppato come leader della rivoluzione cinese nella fase della nuova democrazia e nella fase dell'edificazione socialista e come leader mondiale nella lotta contro l'imperialismo, il revisionismo moderno kruscioviano e non solo quello. Anche Togliatti, che Mao considerava uno dei capofila dei revisionisti nei paesi capitalisti, ebbe la sua parte di critiche. Il PMLI ha coniato un'immagine semplice ed efficace per sottolineare il legame inscindibile di Mao con Marx, Engels, Lenin e Stalin: essi sono uniti come le cinque dita di una mano. Non si può fare a meno di nessuno di loro, meno che mai degli ultimi due (Stalin e Mao) che rappresentano l'esperienza vittoriosa di socialismo realizzato, che rappresentano lo sviluppo più aggiornato del marxismo-leninismo, ovvero della concezione proletaria del mondo fondata sul materialismo storico e dialettico, ovvero la scienza della rivoluzione socialista.
Mao è indubbiamente un campione della rivoluzione mondiale, il suo pensiero e la sua azione ha segnato profondamente il XX secolo, è un fatto oggettivo al di là delle opinioni, al di là che vi siano l'imperialismo, la borghesia, i liberali, i fascisti e gi opportunisti di ogni risma che lo negano. Mao è un modello di marxista-leninista coerente, inflessibile sui principi, inflessibile nella disciplina proletaria, creativo nella soluzione dei problemi e intrepido di fronte alle difficoltà anche le più grandi e apparentemente insormontabili. Mao è un esempio di leader rivoluzionario vincente: ha guidato la Lunga marcia, ha sconfitto l'imperialismo giapponese, ha distrutto e messo in fuga l'esercito del Kuomintang, dal 1949 in poi reso libero il popolo cinese oppresso da una società semifeudale, semicoloniale e dal capitalismo venduto all'imperialismo straniero. Ha condotto il popolo cinese lungo la via dell'edificazione socialista, passando attraverso una fase di Nuova democrazia, contrastando con efficacia i ripetuti attacchi della destra rappresentante delle vecchie classi dominanti rovesciate.
In questo ambito ha elaborato la teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato, di cui la Grande rivoluzione culturale proletaria è espressione diretta. Teoria finalizzata a rafforzare le basi del socialismo e a formare i successori della rivoluzione e, contestualmente, impedire ai revisionisti la presa del potere politico e la restaurazione del capitalismo.
Mao, finché è stato in vita ha tenuto testa con successo all'imperialismo Usa e, come ricordato, ha fatto mordere la polvere al revisionismo kruscioviano dal XX Congresso del Pcus in poi, allorché la banda kruscioviana attuò un colpo di stato nell'Unione sovietica di Lenin e di Stalin, e successivamente, con Breznev, trasformò l'Urss in una superpotenza socialimperialista.
Se si tiene presente tutto ciò, è comprensibile che la borghesia e i suoi servi non "amino" Mao, sarebbe strano il contrario! È comprensibile che cerchino in tutti i modi, anche i più vili e sudici, di screditare Mao, la sua immagine, la sua persona con menzogne totalmente false, totalmente costruite a tavolino, sotto forma di "testimonianze", "memoriali" ed espedienti simili, tipici della disinformazione anticomunista da servizi segreti borghesi. È comprensibile che i circoli dell'imperialismo e gli intellettuali prezzolati preferiscano sponsorizzare, in alternativa, figure perdenti e innocue, per quanto romantiche e affascinanti, specie per piccoli borghesi con suggestioni rivoluzionarie, come Guevara, la cui immagine è oltretutto sfruttata per fare soldi a palate.

Mao e il PMLI
In ogni caso, il PMLI con alla testa il suo Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, ha sempre difeso a spada tratta Mao, la sua figura e la sua opera rispondendo colpo su colpo agli attacchi lanciati dai revisionisti cinesi impegnati nel corso degli ultimi 30 anni a demolire le conquiste del socialismo e a restaurare il capitalismo nelle forme più aggressive e selvagge; lanciati in occidente da anticomunisti di origine fascista, liberale, socialdemocratica, trotzkista.
Noi abbiamo continuato a studiare e ad avvalerci del pensiero di Mao per elaborare strategia, linea politica e linea organizzativa. Lo abbiamo fatto con commemorazioni ufficiali come questa, ogni anno dal '76 in poi, lo facciamo quotidianamente nell'affrontare le questioni della lotta di classe e per l'assolvimento dei compiti rivoluzionari che essa produce. Con quale spirito e con quali finalità facciamo questo? "Anzitutto bisogna studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao - ebbe a indicare il compagno Scuderi lanciando un appello sull'importanza dello studio - che costituisce il microscopio e il telescopio dei marxisti-leninisti e del proletariato rivoluzionario". "Bisogna studiare - aggiungeva - perché l'impegno fondamentale che ci siamo assunti è quello di sconvolgere il vecchio mondo, di rovesciarlo e di costruirne uno nuovo, la società socialista.
Se non conosciamo la realtà che ci circonda,
- precisava - se non conosciamo i segreti del vecchio mondo e le leggi che lo regolano, se non conosciamo neanche le leggi della rivoluzione socialista e l'orientamento che dovrà avere il nuovo mondo, ben difficilmente riusciremo a realizzare nella pratica gli obiettivi del nostro impegno rivoluzionario".(1)
Con Mao il PMLI ha un debito di riconoscenza immenso. Senza di lui, senza la lotta titanica scatenata a livello internazionale da Mao contro il revisionismo moderno, il nostro Partito non sarebbe nemmeno nato. I quattro primi pionieri guidati da Giovanni Scuderi e tra i quali vi era anche l'indimenticabile Nerina "Lucia" Paoletti, prematuramente scomparsa due anni fa, non avrebbero potuto incontrare il marxismo-leninismo, genuino, non contraffatto, non deformato, e armandosi col marxismo-leninismo-pensiero di Mao iniziare un lungo cammino che li porterà, insieme ad altre compagne e altri compagni successivamente sopraggiunti, alla fondazione del PMLI.
Da Mao noi abbiamo appreso che "Negare i principi fondamentali del marxismo è revisionismo, cioè una forma d'ideologia borghese. I revisionisti cancellano la differenza tra il socialismo e il capitalismo, tra la dittatura del proletariato e quella della borghesia. Ciò che sostengono di fatto non è la linea socialista, ma la linea capitalista".(2) Ed anche che i revisionisti moderni: "negano categoricamente la lotta del proletariato contro la borghesia, la rivoluzione contro la borghesia e la dittatura del proletariato sulla borghesia. Sono dunque fedeli lacché della borghesia e dell'imperialismo e, d'accordo con essi, difendono ostinatamente il sistema ideologico in cui la borghesia opprime e sfrutta il proletariato, difendono a spada tratta il regime capitalista, si oppongono all'ideologia marxista-leninista e al regime socialista".(3)
È una denuncia, questa, forte e chiara che, parlando del nostro Paese, ieri calzava a pennello per i riformisti Turati, Nenni e Craxi, e per i revisionisti Gramsci, Togliatti e Berlinguer, oggi va benissimo per il PRC di Bertinotti e Vendola o di Ferrero che sia, e del PdCI di Diliberto e Rizzo, ambedue partiti comunisti di nome ma non di fatto.
Mao, nel pronunciare queste parole di fuoco doveva avere colto la lezione di Lenin che in proposito disse: "L'opportunismo è il nostro principale nemico. L'opportunismo nei ranghi superiori del movimento operaio non è socialismo proletario ma socialismo borghese. La pratica ha dimostrato che coloro i quali sono attivi nel movimento operaio e aderiscono alla corrente opportunistica difendono la borghesia, meglio della borghesia stessa".(4) "Una delle condizioni indispensabili - aggiungeva Lenin - per preparare la vittoria del proletariato, è la lotta lunga e accanita, la lotta implacabile ch'esso deve condurre contro l'opportunismo, il riformismo, il socialsciovinismo e le altre tendenze e correnti borghesi dello stesso tipo, le quali sono inevitabili dal momento che il proletariato agisce nell'ambito capitalista".(5)
Tra gli opportunisti di questa specie rientrano senz'altro gli ex-DS, attuali leader del PD, Veltroni, D'Alema, Fassino.
Sulla classe operaia
Degli insegnamenti di Mao il nostro Partito si è sempre avvalso in modo copioso per stabilire il suo orientamento strategico, per definire la sua linea politica, per forgiare la sua base teorica, per formare i suoi quadri e militanti, per scandire il suo cammino proletario rivoluzionario. Ad esempio circa il ruolo del proletariato nella storia e circa la sua funzione dirigente nella rivoluzione per il socialismo e il comunismo. "Il proletariato è la classe più prestigiosa dell'umanità - ebbe a dire Mao a questo proposito - la classe rivoluzionaria più potente dal punto di vista ideologico, politico e dal punto di vista della forza".(6) "Il proletariato - aggiungeva - è la classe più avanzata, deve dirigere la rivoluzione in tutto il mondo".(7)
Sono affermazioni che Mao poteva fare sulla base delle scoperte scientifiche di Marx ed Engels sintetizzate in modo magistrale nel "Manifesto del Partito Comunista" e dell'esperienza rivoluzionaria di Lenin e di Stalin: circa il posto strategico occupato dal proletariato nel modo di produzione capitalistico e nella società borghese; le sue capacità di attrarre, organizzare e dirigere tutti gli sfruttati nella lotta per l'emancipazione sociale; la particolarità storica della rivoluzione proletaria anticapitalista per socialismo, rispetto alla rivoluzione borghese antifeudale per il capitalismo; l'eliminazione della proprietà privata dei mezzi di produzione e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo; quindi l'emancipazione sociale non solo del proletariato ma delle larghe masse popolari, contadini poveri compresi. "In qualsiasi paese capitalistico - anticipava Lenin - la forza del proletariato è incomparabilmente più grande del peso numerico dei proletari nella somma totale della popolazione. E ciò perché il proletariato ha il dominio economico sul centro e sul ganglio di tutto il sistema economico del capitalismo ed anche, in regime capitalistico, esso esprime economicamente e politicamente gli interessi effettivi della maggioranza dei lavoratori".(8)
Solo con la classe operaia, con una posizione di direzione del movimento rivoluzionario, è possibile attrarre un vasto fronte di alleanze di classi sfruttate e oppresse, a partire dai contadini poveri, è possibile fare e vincere la rivoluzione proletaria. Ciò è innegabile, è stato storicamente provato, prima in Urss, poi in Cina. Ciò è vero anche per il proletariato italiano anche se attualmente (e momentaneamente) ha perso la coscienza di essere una classe per sé e non ha la consapevolezza del ruolo rivoluzionario che gli compete; a causa del processo di deideologizzazione, decomunistizzazione e di corruzione ideologica messa in atto dai revisionisti e dai servi della borghesia.
 
Sul partito della classe operaia
Naturalmente un evento di questo genere non può avvenire senza che la classe operaia abbia alla sua testa un'avanguardia organizzata, un partito autenticamente rivoluzionario. Ecco un altro insegnamento di Mao fondamentale di primissimo piano di cui sin dall'inizio del suo cammino il PMLI ha fatto tesoro. "Se si vuole fare la rivoluzione - disse - ci deve essere un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario, senza un partito che si basi sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario marxista-leninista, è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a sconfiggere l'imperialismo e i suoi lacché".(9)
Mao si rifaceva alla concezione del partito elaborata da Lenin risultata vincente nella pratica, così bene sintetizzata da Stalin nella sua opera "Principi del leninismo" che vedeva il partito come avanguardia cosciente e organizzata del proletariato, come forma suprema di organizzazione del proletariato, come strumento vitale della sua emancipazione. Stalin usa anche il termine "stato maggiore di lotta del proletariato".(10)
Un partito formato dagli elementi più avanzati e combattivi delle masse operaie, lavoratrici, giovanili e intellettuali. Un partito unito e disciplinato sulla base del centralismo democratico e della critica e dell'autocritica. Un partito che aborre il frazionismo ed esercita la vigilanza rivoluzionaria contro i tentativi di infiltrazione di provocatori e agenti della borghesia. Un partito che pratica il principio dalle masse alle masse e si mette al servizio del popolo. Un partito che applica una politica di fronte unito per le battaglie immediate e per obiettivi concreti e per le battaglie di lungo termine di carattere strategico.
Mao non solo ereditò la concezione leninista del partito ma la sviluppò nel corso della rivoluzione e dell'edificazione socialista in Cina. In particolare per quanto riguarda la lotta ideologica attiva e la lotta tra le due linee all'interno del partito, come riflesso dell'esistenza delle classi e della lotta di classe tra proletariato e borghesia. Si tratta di un contributo teorico e pratico di enorme rilievo.

Per essere comunisti
Ma quali caratteristiche devono avere i militanti del partito rivoluzionario marxista-leninista? Anche qui Mao giganteggia e mostra le sue doti di maestro ed educatore. "Un comunista - precisava - deve essere di ampie vedute, sincero leale e attivo, deve mettere gli interessi della rivoluzione al di sopra della sua stessa vita e subordinare gli interessi personali a quelli della rivoluzione; sempre ed ovunque, deve essere fedele ai principi giusti condurre una lotta instancabile contro ogni idea e azione errata, in modo da consolidare la vita collettiva del Partito e rafforzare i legami tra il Partito e le masse; deve pensare più al Partito e alle masse che agli individui, più agli altri che a se stesso. Solo così - concludeva - può essere considerato un comunista".(11)
Che differenza abissale con i principi e la pratica sociale dei politicanti borghesi sia di destra che di "sinistra", ivi compresi i partiti di nome ma non di fatto comunisti. Altro che i "comunisti mangiano i bambini", e altre sozzerie simili!
Parlando della necessità di formare dei degni successori della causa rivoluzionaria del proletariato, Mao fa un'altra chiarissima descrizione di come devono essere i comunisti (oggi direbbe marxisti-leninisti). "Essi devono essere - scriveva - autentici marxisti-leninisti.(...) Devono essere rivoluzionari che di tutto cuore servono la stragrande maggioranza del popolo.(...) Devono essere uomini politici proletari, capaci di unirsi e lavorare con la stragrande maggioranza. (...) Devono stare particolarmente in guardia contro gli arrivisti e i cospiratori.(...) Devono - proseguiva Mao - dare l'esempio nell'applicare il centralismo democratico del Partito, impadronirsi del metodo di direzione basato sul principio 'dalle masse alle masse', coltivare uno stile democratico che li renda capaci di ascoltare le masse. (...)
Devono essere modesti e avveduti e guardarsi dall'arroganza e dalla precipitazione; devono compenetrarsi con lo spirito dell'autocritica e avere il coraggio di correggere i difetti e gli errori riscontrati nel loro lavoro".(12)
Care compagne e cari compagni,
voi sapete bene quanto impegno, tenacia e dialettica il nostro Partito abbia profuso per impadronirsi e per applicare questi insegnamenti nella realtà economica, politica e sociale italiana. Senza mai cedere di un millimetro agli attacchi degli anticomunisti di tutte le risme, senza concedere mai nulla ai revisionisti più o meno riformisti, più o meno liberaleggianti, ai trotzkisti e agli anarchici. Basta leggere il Programma, lo Statuto, i documenti congressuali, le prese di posizione del CC e dell'UP del PMLI, basta leggere il nostro magnifico giornale "Il Bolscevico" per rendersene conto facilmente.
Siamo rimasti saldi sui principi e continuato a lottare in controcorrente, diciamo pure in forte controcorrente, dopo la caduta del "muro di Berlino", il disfacimento dei regimi revisionisti dell'Est, la liquidazione dell'Urss da parte del neoliberale Gorbaciov, la presa del potere dei revisionisti e la restaurazione del capitalismo in Cina dopo la morte di Mao. E siamo ancora qui più vivi e vegeti che mai, con la "meraviglia" assoluta dei reazionari nostrani e, starei per dire, di altre parti del mondo. Abbiamo sempre fatto un'applicazione dei principi marxisti-leninisti mai libresca, mai dogmatica ma in base alla situazione specifica in cui viviamo e in base ai compiti rivoluzionari che questa ci pone. Un esempio fulgido abbastanza recente è rappresentato dal discorso del compagno Giovanni Scuderi sugli insegnamenti di Mao sulle classi e il fronte unito, pronunciato in occasione del 30° della sua scomparsa.
 
Gli insegnamenti di Mao sono una discriminante
Per noi, gli insegnamenti di Mao (quelli che sopra abbiamo richiamato brevemente, ma in ultima analisi l'intero suo pensiero), unitamente al patrimonio teorico elaborato dagli altri Maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin e Stalin rappresentano una discriminante invalicabile tra l'essere e non essere (oggettivamente e soggettivamente) comunisti. Questo è un criterio che fino a qualche anno fa valeva anche per il PCI revisionista, finché si autosciolse nel PDS, poi DS e infine PD, finché si è autosmascherato in tutto e per tutto come un partito borghese, liberale e anticomunista. Questo criterio vale eccome per il PRC di Bertinotti prima che lasciasse la segreteria e ora di Ferrero e Vendola, vale per il PdCI di Diliberto. Lo stesso dicasi per i partiti dichiaratamente trotzkisti, come il PCL di Ferrando, e Sinistra critica.
Sia il PRC che il PdCI, noi l'abbiamo detto forte sin dalla fondazione, non sono mai stati partiti autenticamente comunisti per la seguente semplice ragione: essi sono nati su basi trotzkiste, riformiste e parlamentariste. Essi hanno preso le distanze, rifiutato e attaccato immediatamente le basi teoriche marxiste-leniniste, la via della Rivoluzione d'Ottobre e l'esperienza di socialismo realizzata in Urss e in Cina rispettivamente da Stalin e da Mao. Essi non vogliono nemmeno sentir parlare di rivoluzione e di socialismo. Men che meno della classe operaia come soggetto fondamentale della lotta di classe per il socialismo. Preferiscono parlare di nuovi soggetti, di "nuovo proletariato". Anche quando parlano di "cambiamento" della società non pensano minimamente a oltrepassare i confini del capitalismo e della Costituzione del '48. Non sono disponibili a mettere in discussione la democrazia borghese rappresentativa e nemmeno la proprietà privata dei mezzi di produzione e dunque l'economia di mercato. La loro concezione del partito e della militanza è lontana mille miglia da quella marxista-leninista e si rifà a modelli spontaneisti, socialdemocratici, libertari. In essi regnano l'individualismo e il leaderismo. Ai loro leader più che la piazza piacciono i salotti televisivi, gli scranni parlamentari e persino le poltrone governative borghesi.
La loro natura riformista, borghese e anticomunista è apparsa in modo forte e con evidenza negli ultimi anni nel corso dei quali hanno condiviso responsabilità governative, per dirla tutta hanno retto il sacco al governo del democristiano Prodi, con risultati disastrosi. Essi sono corresponsabili della restaurazione del regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista, del ritorno di Berlusconi a Palazzo Chigi e dell'avvio della terza repubblica.
Diciamo la verità, se le ultime elezioni politiche fossero andate diversamente, se non avessero subìto la batosta che hanno preso, il PRC e il PdCI avrebbero continuato la corsa del loro autoscioglimento nella Sinistra arcobaleno, avrebbero gettato alle ortiche bandiera rossa, falce e martello e denominazione comunista. Solo dopo aver perso copiosi consensi elettorali, tanto da rimanere fuori dal parlamento, dopo i forti contrasti sorti in seno delle loro basi c'è stata una "correzione" di rotta che però, attenzione, è tutta tattica, di sopravvivenza.

Rompere con i falsi comunisti e dare forza al PMLI
Sia il PdCI che il PRC, prima della pausa estiva hanno tenuto i loro congressi nazionali.
L'ultrarevisionista Diliberto, nella sua relazione congressuale addirittura ha rivendicato la lealtà del suo partito nei confronti del governo Prodi; non ha denunciato il neoduce Berlusconi come il nuovo Mussolini e la terza repubblica che questi sta realizzando; ha confermato la vocazione governativa del PdCI da esercitare con le stesse forze di "centro-sinistra", compreso il PD di Veltroni; e ha lanciato un appello all'unità dei "comunisti" in un unico "partito comunista": che però di comunista non ha assolutamente nulla giacché le basi teoriche e programmatiche sono rimaste le stesse di stampo revisionista e riformista. I "maestri" cui egli fa riferimento infatti sono Togliatti e Berlinguer, cioè due dei massimi esponenti del revisionismo moderno in Italia, teorici delle "riforme di struttura" come via al socialismo, il primo, e del "compromesso storico" con la DC, per introdurre "elementi di socialismo" nel capitalismo, il secondo.
L'"autocritica" fatta da Diliberto al congresso del PdCI ha riguardato solo la scelta di confluire nella Sinistra arcobaleno ma non vi è stata nessuna correzione strategica. Continuare a credere che il PdCI sia un partito comunista significa non conoscere nemmeno l'ABC del marxismo, oppure fare un'opera di autoinganno.
Il 7° congresso straordinario del PRC non ha segnato nessuna vera svolta a sinistra, nessun vero ripensamento strategico e di linea politica. In mezzo al caos e a una rissa indecorosa, tra i sostenitori delle cinque mozioni presentate, con accuse di brogli sul tesseramento e minacce di scissione, si è assistito sostanzialmente a una contesa tra i trotzkisti di "sinistra" capeggiati dal valdese operaista, trotzkista nonché ex ministro della solidarietà sociale dell'ultimo governo Prodi, Paolo Ferrero, e i trotzkisti di destra capeggiati dal bertinottiano nonché governatore della Puglia, Nichi Vendola.
Il fatto che abbia vinto la mozione di Ferrero che propone di non sciogliere il PRC e di tornare a fare lavoro sul territorio per ricostruire una base di consenso (parlamentare), rispetto a quella di Vendola che invece propone di proseguire la ricerca di una "unità delle sinistre" entro cui autosciogliersi recuperando anche un rapporto col PD, cambia poco. Il PRC era e rimane un coacervo di anime trotzkiste, riformiste, pacifiste, femministe e chi più ne ha più ne metta. Noi invitiamo le compagne e i compagni di base del PRC e del PdCI, specie i fautori del socialismo, a non farsi turlupinare ulteriormente, a proseguire la riflessione critica iniziata e sviluppata con la partecipazione dei loro partiti al governo Prodi e dopo i risultati elettorali.
Queste compagne e questi compagni che in buona fede hanno creduto di militare in autentici partiti comunisti, che hanno creduto che essi si sarebbero battuti per l'abbattimento della società capitalistica e per la conquista della società socialista devono prendere atto della realtà e fare una scelta coraggiosa: rompere con essi e dare forza al PMLI che è l'unico Partito che ha come programma la realizzazione del socialismo.
Con la disgregazione di Sinistra arcobaleno, con la perdita di consensi e la crisi che ha investito i suddetti partiti si è ampliato un vuoto a sinistra. Un vuoto che noi vogliamo sia riempito dal PMLI. Per sviluppare la lotta di classe in difesa dei diritti economici e sociali delle masse lavoratrici e popolari, per sviluppare una forte opposizione politica e sociale contro il governo del neoduce Berlusconi e contro il progetto di terza repubblica in atto con la complicità del PD di Veltroni, per avanzare lungo la strategia dell'Italia unita, rossa e socialista.

La denuncia del governo Berlusconi e della terza repubblica
Sul IV governo del neoduce Berlusconi sin dal suo insediamento lo abbiamo denunciato non come un semplice cambio di governo borghese, bensì come restaurazione della dittatura borghese in camicia nera. Non solo per il passato e il presente fascista e neofascista dei suoi ministri e sottosegretari, non solo per il "passato" piduista di Berlusconi e i suoi rapporti diretti e indiretti con la mafia ma "anche e soprattutto - si legge nel documento dell'Ufficio politico del PMLI del 15 maggio scorso - per il disegno della terza repubblica" che altro non è che la realizzazione del "piano di rinascita democratica" e dello "schema R" della P2, in gran parte attuato nella seconda repubblica, che "porta - prosegue il documento - al cambiamento della forma del governo, col presidenzialismo, e della forma dello Stato, col federalismo, e al bipartitismo, con la 'riforma' della legge elettorale". Disegno condiviso dal PD di Veltroni. Il quale da mesi chiede il "dialogo" con il "centro-destra" per concordare "riforme" bipartisan. Èsignificativo che all'ex festa nazionale dell'"unità", ribattezzata "festa democratica" siano stati invitati e applauditi i vari Fini, Bossi, Tremonti, Frattini per la trattazione di temi che hanno attinenza con la terza repubblica.
Se un giornale cattolico come "Famiglia cristiana" analizzando le leggi approvate dal governo nei suoi primi 100 giorni, specie in materia di "sicurezza" e immigrazione, paventa il "rischio di fascismo"; se esponenti dell'Associazione nazionale dei magistrati (ANM) denunciando la "riforma" della giustizia annunciata da Berlusconi e dal ministro Alfano parlano di "ritorno al fascismo" vuol dire che la situazione è davvero grave e che la nostra denuncia della terza repubblica con caratteri capitalisti, neofascisti, presidenzialisti, federalisti e interventisti è ben fondata.
È in questo quadro che i fascisti di AN, a cominciare da La Russa e Alemanno, hanno alzato la cresta e premono per la riabilitazione della dittatura fascista di Mussolini e dell'esercito della cosiddetta "repubblica sociale italiana" di Salò, mentre le bande ultrafasciste e naziste aggrediscono e accoltellano i giovani attivisti antifascisti e danno la caccia ai Rom e ai gay.
Si assiste a una pericolosa accelerazione del revisionismo storico sempre più sfacciato, sempre più esplicito per riabilitare il fascismo in chiave anticomunista. Ad essa partecipa attivamente il neoduce: giovedì scorso, l'11 settembre, alla festa dei giovani fascisti di AN, svoltasi a Roma, in mezzo a croci celtiche e saluti romani, è arrivato a dire che Italo Balbo in Libia fece "cose buone e cose egregie", ossia bombardò, anche con armi chimiche quel Paese che Mussolini voleva colonizzare e massacrò il popolo libico.
Altro che "americanizzazione" come dicono gli imbroglioni falsi comunisti Diliberto, Bertinotti, Vendola, Ferrero, Grassi, Giannini e simili.
C'è da essere preoccupati? Noi pensiamo di sì e molto! Perché il governo del neoduce Berlusconi sta macinando provvedimenti di legge, uno dopo l'altro, uno peggiore dell'altro praticamente senza opposizione in parlamento, ma nemmeno nelle piazze. In questo pesano anche responsabilità e ritardi colpevoli dei vertici dei sindacati confederali, Cgil compresa. Cos'altro deve succedere perché costoro chiamino i lavoratori allo sciopero generale?
Le porcherie approvate sia dall'esecutivo con decreti legge, sia dal parlamento con disegni di legge sono davvero tante. A partire dalle legge "salva Berlusconi" dai processi pendenti. Inoltre, le misure liberticide e dittatoriali in relazione al problema rifiuti in Campania. Il "pacchetto sicurezza" fascista, razzista e xenofobo contro i migranti che introduce il reato di immigrazione clandestina, estende la detenzione nel Cpt fino a 18 mesi, rende le espulsioni più facili, conferisce poteri di polizia ai sindaci, e poteri straordinari ai prefetti contro i nomadi, impone le impronte digitali per i Rom e gli extracomunitari. Da non dimenticare l'uso dell'esercito nelle città con compiti di "ordine pubblico", voluto dal ministro della Difesa, il fascistissimo La Russa.
E che dire della manovra economica di 35 miliardi di Tremonti fatta approvare in parlamento in modo blindato all'inizio di agosto con le fabbriche chiuse per ferie. In essa vi è descritta la politica economica, sociale e del lavoro dell'attuale governo caratterizzata da un debordante neoliberismo, vedi in particolare la deregolamentazione del lavoro e la privatizzazione dei servizi pubblici comunali; con tagli devastanti alla spesa pubblica, vedi quelli previsti per la sanità, le regioni e gli enti locali i quali saranno costretti o a cancellare prestazioni fondamentali, oppure a aumentare le tasse locali. E i tagli alla scuola che porteranno a una gigantesca riduzione del personale docente e non, oltre 100.000 quelli a rischio; i provvedimenti sui pubblici dipendenti, considerati in blocco "fannulloni" e verso i quali si minaccia il licenziamento; l'ulteriore grave passo verso il secessionismo bossiano. Ovvero l'annunciato federalismo fiscale disegnato dalla proposta di legge Calderoli con conseguenze devastanti per le regioni più povere, per l'intero Mezzogiorno.

Tornare in piazza subito
Quello di Berlusconi è un governo spudoratamente dei padroni. Lo si è visto subito allorché ha detassato gli straordinari, reintrodotto contratti precari, eliminato misure che tendevano ad individuare e colpire l'evasione fiscale. Ciò è emerso allorché ha programmato il taglio ulteriore e infame dei salari stabilendo l'inflazione programmata all'1,7% mentre quella misurata dall'Istat ha superato il 4% e quella relativa ai beni di prima necessità e ai prodotti energetici è probabilmente oltre doppio di quest'ultima. Solo per pane e pasta, quest'anno ci sono voluti, secondo Federconsumatori, 400 euro in più per famiglia. È emerso nella trattativa per la "riforma" della contrattazione dove il governo ha fatto asse con la Confindustria per demolire il contratto nazionale a favore della contrattazione di 2° livello, aziendale e territoriale e per legare i salari alla produttività e agli utili d'impresa
Con Berlusconi al governo i padroni sentono di avere le "spalle coperte" anche per le azioni più infami. È il caso del licenziamento deciso a ferragosto dal vertice di Trenitalia, del macchinista e rappresentante per la sicurezza sul lavoro (RLS) Dante De Angelis, accusato di "gettare discredito sull'azienda" per aver denunciato pubblicamente le cause degli incidenti anche gravi e pericolosi per la vita dei viaggiatori, come lo spezzettamento di due Eurostar a Milano il 14 e il 22 luglio scorso, individuate nella carenza di manutenzione, mancanza di controlli, personale insufficiente ed errori di progettazione. De Angelis, verso il quale esprimiamo piena solidarietà, ha ragione da vendere. Viaggiare in treno oltre che scomodo e disagiato è pericoloso! Troppo lunga la lista dei disservizi e degli incidenti che si verificano con una percentuale impressionante anche nei "nuovissimi" treni dell'Alta velocità.
L'ultimo caso riguarda la morte di due operai delle Fs, Giuseppe Virgilito di 35 anni e Fortunato Calabrese di 58 anni, travolti da un convoglio il 1° settembre scorso a Catania mentre stavano lavorando tra i binari. Anche questi sono frutti amari delle privatizzazioni e della logica del profitto a ogni costo.
La medesima solidarietà militante la esprimiamo alla delegata Fiom della Piaggio, Rossella Porticati, che è stata sospesa perché denunciava problemi di sicurezza.
Il tutto accade in una situazione di pesante e preoccupante aggravamento della crisi economica e finanziaria, non solo italiana, insieme recessiva e inflattiva. Vi sono pesanti rischi per la tenuta dei livelli occupazionali.
Gli "esuberi" dell'Alitalia. Nel piano "Fenice", messo a punto da Banca Intesa San Paolo, si parla addirittura di 5-7 mila licenziamenti a seguito della svendita e della privatizzazione della compagnia aerea di bandiera a un gruppo di imprenditori italiani con a capo Roberto Colaninno e Rocco Sabelli. Fanno benissimo le lavoratrici e i lavoratori di Alitalia a scioperare e a manifestare, noi li appoggiamo pienamente. Questo piano non è in alcun modo accettabile: regala la compagnia di bandiera a un gruppo di grandi capitalisti, trasferisce i pesanti debiti della società sui contribuenti, riduce fortemente flotta e voli, taglia drasticamente gli organici, impone un nuovo contratto di lavoro capestro che prevede per chi rimane più lavoro, più flessibilità, meno salario, meno diritti.
Ma c'è anche il ritorno della cassa integrazione alla Fiat e in altre grandi aziende in difficoltà. Nel settore agroalimentare e del commercio, specie quello piccolo al dettaglio le cose non vanno affatto bene. Per i lavoratori dell'Electrolux di Scandicci, per dirne una, la perdita del posto di lavoro rimane un rischio molto serio
Il Mezzogiorno continua ad affondare in una condizione di sottosviluppo e di impoverimento rispetto al Nord e al Centro, riconfermata drammaticamente da una recentissima inchiesta di Bankitalia che, tra l'altro, denuncia un abbandono della scuola dell'obbligo vicino al 20% dei ragazzi meridionali, senza terminare le medie.

Salari e pensioni
Il problema sociale più grave di oggi è però la caduta verticale del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, anche a causa di un fisco esoso che pesa in modo abnorme sul lavoro dipendente, è la povertà che cresce senza sosta e attanaglia milioni di italiani che non hanno soldi per pagare l'affitto e le bollette, per mangiare, per curarsi, per vestirsi e altre elementari esigenze. Nello stesso tempo i profitti dei capitalisti raddoppiano e i ricchi diventano più ricchi. Intollerabile, del tutto intollerabile! Occorrono forti aumenti salariali, specie per i redditi più bassi, occorre adeguare le pensioni, specie quelle più povere, occorre ripristinare la scala mobile per i salari e le pensioni, occorre ridurre le tasse sui redditi mediobassi, occorre bloccare i prezzi e le tariffe.
Ora che la pausa estiva è terminata, ora che le attività produttive e lavorative sono riprese non c'è davvero tempo da perdere. La mobilitazione deve incominciare subito, la risposta di lotta alla politica del governo deve giungere tempestiva. L'esempio lo hanno dato le masse popolari vicentine che ieri hanno manifestato contro il raddoppio della base militare Usa al Dal Molin.
Sappiamo che i dipendenti pubblici hanno già deciso lo sciopero per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro (nella finanziaria non ci sono i soldi per chiuderlo dignitosamente); sappiamo che i pensionati voglio scendere in lotta. Ma è l'insieme dei lavoratori che deve incrociare le braccia e dare vita a forti cortei di protesta. Lo sciopero generale va fatto subito. La Cgil lo promuova senza indugi anche se Cisl e Uil non ci stanno, prima che "scappino altri buoi". Se i dirigenti dei sindacati di regime tentennano vanno pressati, se tardano o si rifiutano di indire la mobilitazione spetta alle rappresentanze sindacali aziendali, spetta ai lavoratori prendere le decisioni del caso.
Anche le studentesse e gli studenti, unitamente a docenti e lavoratori della scuola e università hanno molti motivi per mobilitarsi tempestivamente e scendere in piazza contro i tagli alla scuola e alle università pubbliche decisi in Finanziaria, contro la controriforma scolastica di stampo privatistico e di classe, federalistico, aziendalistico, meritocratico e clerico-fascista messa a punto dalla Gelmini. Bisogna impedire al governo del neoduce Berlusconi di distruggere il sistema di istruzione pubblica e di privatizzare scuola e università. Se passano i provvedimenti legislativi approvati in agosto, l'Italia torna indietro di 50 anni. Nelle elementari saranno tagliate le ore di lezione settimanali, disattivato il servizio mensa, cancellato il tempo pieno per reintrodurre il vecchio doposcuola e soprattutto tornerà il maestro unico. È inoltre previsto, anche per le medie, il ripristino del voto in condotta, come forma intimidatrice e repressiva per gli studenti più combattivi e meno ligi alla disciplina reazionaria.
Più in generale, sparirà la media unica per favorire la nascita di costose scuole medie per ricchi che garantiranno gli accessi alle scuole superiori migliori e poi alle università migliori. L'obbligo scolastico, dopo la terza media, potrà essere completato anche in centri di formazione professionale. Cosicché ci saranno giovani (principalmente di famiglia borghese) che continueranno a studiare e giovani (principalmente di famiglia proletaria) che saranno avviati precocemente al lavoro. In questo contesto e in questa logica liberista, le scuole e università si trasformeranno in fondazioni e si aprirà così il mercato dell'istruzione. Ci saranno scuole e università di serie A e di serie B. L'istruzione da diritto sociale si trasformerà in servizio a domanda individuale, ampiamente privatizzato, in base alle dimensioni del portafoglio.
Tutto questo va duramente contrastato. In particolare bisogna battersi contro le fondazioni e per la scuola e per l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti.
Il governo del neoduce Berlusconi va fermato! La sua politica sia estera sia interna, sia istituzionale, sia economica, finanziaria, sociale e del lavoro va battuta! Prima le masse lo mandano a gambe all'aria con la lotta e meglio è!
Il PMLI ribadisce in questo ambito quanto scritto dall'Ufficio politico:
"Siamo pronti ad unirsi in un largo fronte unito con tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali, religiose che vogliono impedire al IV governo del neoduce Berlusconi di fare un macello sociale, di lanciare l'Italia in nuove avventure militari e di realizzare la tera repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista.
Abbattiamo il governo del neoduce Berlusconi e la terza repubblica!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!".

Il 5° Congresso dei marxisti-leninisti italiani
L'appello forte e accorato che noi lanciamo da questa tribuna alle operaie e agli operai, alle lavoratrici e ai lavoratori, alle disoccupate e ai disoccupati, alle precarie e ai precari, ai giovani di ambo i sessi, ai rivoluzionari, a coloro che soggettivamente si sentono comunisti, ai fautori del socialismo, compresi quelli che ancora sono dentro il PdCI, il PRC e altre organizzazioni sedicenti comuniste, perché si uniscano al PMLI, cade in un momento di grande importanza politica e organizzativa del nostro Partito; per il presente e per il futuro. Sì perché dall'aprile scorso, con l'ottava Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI stiamo lavorando per celebrare entro quest'anno il 5° Congresso nazionale del Partito "che non può che svolgersi - disse nell'occasione il compagno Scuderi nella relazione - sulla base della seguente parola d'ordine: Avanti con forza e fiducia verso l'Italia, unita, rossa e socialista".
Non vi è dubbio, perché ci sono tutti i presupposti, che il 5° Congresso rappresenterà una nuova e ulteriore pietra miliare nella storia straordinaria e unica nel suo genere del PMLI. Non vi è dubbio che segnerà una nuova tappa nella Lunga marcia organizzativa per fare del PMLI un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista. Come ha scritto giustamente Scuderi, noi vogliamo essere non "pochi e buoni" ma "molti e buoni". "Nel fuoco della lotta di classe Il PMLI è divenuto un Gigante Rosso. Ma solo nella testa, grazie alla sua ideologia, linea politica e piattaforma rivendicativa. Il corpo infatti è ancora quello di un nano, considerando il numero dei militanti e delle organizzazioni del Partito. Dobbiamo quindi decuplicare gli sforzi affinché il corpo sia proporzionale alla testa.
Questo richiede che tutte le istanze e i militanti del Partito diventino dei punti di riferimento riconosciuti e stimati dalle masse del proprio ambiente di lavoro, di vita e di studio".
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Ci aspetta un autunno caldo, intenso, molto impegnativo. Non solo in campo politico e sindacale dove le contraddizioni sono esplosive e la protesta popolare incombe; ma anche per la crisi internazionale precipitata pericolosamente a seguito del conflitto armato russo-georgiano. Il presidente georgiano, il filo-Usa Saakashvili, ha compiuto un crimine di guerra attaccando a cannonate l'Ossezia del Sud, un crimine analogo l'hanno compiuto il neo zar Putin e il suo valletto Medvedev invadendo la Georgia. E ora le due superpotenze imperialiste si fronteggiano per il controllo del Caucaso.
La superpotenza imperialista dell'Unione europea cerca di interporsi a esse e di avere un proprio spazio e ruolo. Tutte e tre vogliono avere voce in capitolo per "mettere ordine" in quella regione in base ai propri interessi e per risolvere gli affari che riguardano il dominio del mondo. La pace mondiale è a rischio e potrebbero esplodere in Europa delle guerre interimperialiste. I popoli non vi devono prendere parte e non devono affidarsi a nessuna delle superpotenze imperialistiche per difendere l'indipendenza e la sovranità del proprio Paese. Devono contare soprattutto sulle proprie forze e abbattere i propri governi guerrafondai.
Noi siamo contrari a un coinvolgimento militare dell'Italia nel conflitto! I carabinieri che il governo vuole inviare nell'area, non devono andare, devono rimanere a casa e non partecipare alla missione in Georgia per conto della Ue.
Abbattiamo il governo del neoduce Berlusconi e la terza repubblica!
Avanti, con tutte le energie, l'entusiasmo e l'amore di classe che possediamo, verso il 5° Congresso nazionale del PMLI!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

17 settembre 2008


Note


1) Appello del compagno Scuderi. Bisogna studiare per trasformare il mondo. "Il Bolscevico" n. 3 - 18 agosto 1985
2) Mao. Discorso alla Conferenza nazionale del Partito comunista cinese sul lavoro di propaganda (12 marzo 1957), Vol V, Edizioni Einaudi
3) Mao, Circolare del Comitato centrale del Partito comunista cinese (16 maggio 1966)
4) Lenin, II Congresso dell'Internazionale Comunista, Rapporto sulla situazione internazionale e i compiti fondamentali dell'Internazionale comunista (19 luglio 1920)
5) Lenin, Le elezioni dell'Assemblea costituente e la dittatura del proletariato, (16 dicembre 1919)
6) Mao, Essere elementi di stimolo per la rivoluzione. (9 ottobre 1957), Opere scelte, Vol. V
7) Ibidem
8) Lenin, Le elezioni dell'Assemblea Costituente e la dittatura del proletariato (16 dicembre 1919)
9) Mao, Forze rivoluzionarie di tutto il mondo unitevi, combattete contro l'aggressione imperialista (Novembre 1948), Opere scelte, Vol. IV
10) Stalin, Principi del leninismo (maggio 1924), Piccola biblioteca marxista-leninista, Vol. III
11) Mao, Contro il liberalismo (7 settembre 1957), Opere scelte, Vol. II
12) Mao, Citato in "Il falso comunismo di Krusciov e le lezioni storiche che dà al mondo" (14 luglio 1964)
13) Scuderi, Editoriale per il 31° Anniversario della fondazione del PMLI, "Lavoriamo sodo per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, "Il Bolscevico" n. 14 -10 aprile 2008